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Titre : Verona illustrata. Parte Ia [-IIda].... Partie 1

Auteur : Maffei, Scipione (1675-1755). Auteur du texte

Éditeur : J. Vallarsi e P. Berno (Verona)

Date d'édition : 1731-1732

Sujet : Vérone (Italie)

Notice d'ensemble : http://catalogue.bnf.fr/ark:/12148/cb308567512

Type : monographie imprimée

Langue : italien

Format : 4 parties en 1 vol. : fig., pl., frontisp. gr. ; in-fol.

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Description : Contient une table des matières

Description : Avec mode texte

Description : Ouvrages avant 1800

Droits : Consultable en ligne

Droits : Public domain

Identifiant : ark:/12148/bpt6k54083259

Source : Bibliothèque nationale de France, département Philosophie, histoire, sciences de l'homme, K-471

Conservation numérique : Bibliothèque nationale de France

Date de mise en ligne : 05/08/2008

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SciPÏONE M A F F E1

IkJT^J* j'Opéra, che dopo moJt anni di non interH

interH rotta fatîca a quefto ecceljo Trono , Pf W^g PRINCIPE SERENISSIMO, ECCELLENTISSIMI SENATORI, io finalmente prefento,giovami di fvelare y corne non gia da ftudiofa induftria

* 3 pro-


(Vl )

promojfa, ma da un certo ingenito ardore eccitata venne, tramandatomi da miei TWaggiori col fangue, di contribuée aneorio nella mia te nuit h qualche coja allô fplendore delnome Veneto, e allagloria non mai a bajtan^a diffufa di quefia eterna J^epublica. U antica JJîoria di Verona, Citta Veneta fin dalla prima origine, ne fi potea continuaiamente or dire, ne propor fi potea con chiarezza, e con fondamento, fenza efîendere alla région tutta il Trattato, e fenza ram m entant i principali fatti in ejfa avvenuti, e délie Città nella Venezia comprefe le varie condizioni, e le vicende nefecoli de Romani, e pot de Got't, e de Longobardi accadute venirvi rapprefentando. In quejîo modo anche il nafeimento di quefia invitta Dominante , e le prime eta di quefio incomparabil governo fon ve~ nute a cadere nel mio argomento : con quai mia gioja non faprei efprimerlo ; impercioche certa cofa è, che non potrebbe mai con tutti i fuoi sfor^J ï arte Oratoria tanto coronar di Iode quejia tfepublica, quanto, fen^a aver tal mira, for%a e che venga a farlo la pura IJîoria s e che non faprebbe acuto ingegno recarie con ^ettorici elogi s) grand onore, quanto il nu do e femplie e racconto del fuo

prin-


( VII ) principio, e dette fue gejia le pub produire. Mi e

convenuto adunque far conofcere col tefiimonio de

Romani Scrin ori ^ e de' Greci , corne Je Colonie

délie Citta Venete erano illufiri fopra tune î altre?

altre? di nobilta Romana diftintamente ripicne ^

e corne dat fior di effe , concorfo a rifugiarfi in

\quefti fortunati ripojï del mare , nuova Citta , e

\nuovo governo fi vennero dipoi in brève tempo

la comporre , E la Citta perb , e la popola^ione

| da Romani fondata, e di Romani compofta, an!

an! uniforme principio con Roma ebbero , e cd

] Romani ; perche nate parimeme da gente in luo\

luo\ di ricovero adunata , e in fito di ficuro afilo

raccolta . Ma vaglia il vero, quanto pih nobile^

quanto pih pura , e riguardevole , e chiara fu

l mai la Ven et a origine délia Rom an a ? impercioI

impercioI î Afilo, cui per far moltitudine aperfe Rpmolo,

i

I chiamb , corne per gli Storici e noto , da piccoli

\ luoghi de circoflanti paefi gli efuli , e i malfatto\ri

malfatto\ri e ï Afilo per quefte Ifolette prefiato da famofijfime

famofijfime chiamb principalmente le primarie

primarie e le pih [celte Famiglie ; cioè a dir quelle,

che modo aver poteano, e fujfidj, per fottrarfi alla

ruij!&

ruij!&


\. i)

( Vlil ) ruinofa procella dé barbari eferchi, e cbe preqjofe

cofe premura aveano di porre in falvo . Quinci fu, cbe non cadde loro altramente nelî anlmo di eleggerfi un Principe , // quale con ajfoluto imperio gli altri reggejfe , corne nel fuo principio fece Jtyma , che fotto i ^e pafsb due fecoli, e quaji la meta del ter^o -, ma i ïor primi penfieri furon di libena, le prime leggi di commanda, // primo inJiituto di l^epublica . Continuando perb dalla Ve* ne^ia tutta a concorrer gente , con mirabil cambiamento il nome délia Provincia fi traslatb alla Citta ; ben da cib dimofirandofi^ corne per la quantita délie perfone pih degne venutevi d ogni parte, la Citta fi era refa un civil compendio délia Provincia ; e con faujiijfimo aufpicio al dover effa un giorno dicosi a m pi a, e cosi ubertofa regione diventar poi l^egina, in tal modo preludendofi. Vedefi in que fi' IJioria ancor a , corne fino in tempo dé Goti da Veneti legni gia fi fcorreva ampiamente il mare -, vedefi corne in tempo dé Longobardi co tfe d Italia, e con gï Imper a* dori Greci non fi temea d intraprender guerra. Quai piacere, e quai giubilo il riandare^ e î efporre si fatte cofe non dovea defiar nelî animo di chi non

vanA

vanA


***

( ÏX) vanta rniglior retaggio da gh antenatij cbe la dïvozfoffl

dïvozfoffl Veneto nome ? Nel primo ingrejfo del

Sereniffimo Dominio in Verona, ad Antonio Maffei,

ornato deî grado délia Milita , toccb la forte d

effere ektto a portare in fegno délia noftra dediizjone

dediizjone Venezja^ ed a prefentare a quefto medeMmo

medeMmo la publica Infegna , corne i noftri momumenti

momumenti TSLella battaglia al Taro Piemro

Piemro injieme co pih ri fol mi Condottieri reflb

mful campo, corne Àrnoldo Ferroni nelle fue Storie

mracconta • TSLella guerra di Gradifca Ficen^o Maf

mei ebbe forte con la fua Banda d uomini d armi

|^f fegnalarfi diftintamente ; in quella di Candia

mue delî ifieffa ftirpe làfciaron con gloria la vit a >

§(Jn mio fratello , cbe comandb le truppe di Baépiera

Baépiera Ungberia , dejiderando terminare in offeiio

offeiio natural Sovrano i fuoi giomi, offerfe il

rvigjo fuo, e la perfona, ma tradt morte la bra^

bra^ e troncb il maneggio , e 7 difegno . Cbe pofei

pofei io per infiftere nelî orme di tutti i miei , fe

non cbe confacrar me fieffo, e i miei tenui parti ?

Degna opéra far a perb délia magnanimita, e délia

clemen^a vojîra , fe al buon animo unicameme riguar-

riguar-

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( x )

guardando, e non alla povertà del tributo^ î umik offert a di quejio volume vi degnerete daccogliere^ e di fovranameme onorare.

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(XI)

AL BENIGNO LETTORE

Ï^TOn ti fembri ftrano, Lettor cortefe, fe l'Iftoria, che la prima parte occupa

M^ di queft'Opéra, efce talvolta quafi in Trattati, e pare a luoghi prendere

pel alcun poco faccia di Diflertazione. Mal potrebbe altramente avvenire, ove d'

aniichi fecoli fi favelli, e di controverfie, che dal vero fenfo di Latini, o di Greci

Iitori dipendano, e da quel giuflo raziocinio, che dal compleffo di moite notizie principalmente a produrfi; come altresi dove non le guerre folamente, ed i noie' dominant! d'età in età riferir fi vogliano , com'è in ufo , ma metter dinanzi i occhi il vero e divcrfo afpetto decollumi, e de tempi, e délie incrinfeche mumi alla noftra nazione generalmente accadute le origini fviluppare, e leragioni. tici un de motivi apparifce non meno del trattarfi qui aile volte délia Venezia i, e non di Verona folamentej eflendoche non in altro modo tefTer pof.rebbefi continuata Sroria di Città antica. Mifera forte hanno incontrata finora lepiù deltorie particolari 5 perche lafciando quante furono, opocoomolto, dalle foie d* îiocontaminate, non altro fapendofi de'Municipii ne'prifchi fecoli, che quanto jualche raro monumento, o da accidentai menzione, e da alcun paiïo d'antico 3 trapela, hanno con tutto cio molti Scrittori ad una fola Città huandoft, voluomporne Iftorie feguite e prolifle ; quafi come di Roma , cosi d5 o^ni Città îro ftati a que'tempi atti, e memorie raccolte. In quel modo per verita forza vorar d'immaginazione, e ajutarfi co'ritrovati, appunto come ne'Pocmi è cône : né potrebbefi per altra via continuare il filo a età in età, fe non le varie dizioni, ele vicende abbracciando, che ad un gran tratto di paefe furon cornut&* Si è procurato ancora di fcrutinare al poffibile Pintrinfeco del ^overno, e délie tmffime Romane, e Barbare, e cio con metodo da poterne rrar mitro pe' tempi nptri, ed ammaeftremento$non meritando approvazione il veder ridotto à una mer»e quafi inutile erudizione lo ftudio délie pauate cofe . Corrifponde cio appunto âyenir trattata anche la Morale, e dettata in modo, che affai più ferve per la ■olîj che per la vita, e la Politica in maniera, che fembra ordinarfi più tofto al|||iifputa, che allô Stato. Chiunque non per migliorar fe ftelTo, ne per promuoveijml publico bene, ma per fola curiofità di fapere j e non per prevedere i pericoli, e fjïali, che la rivoluzione, e il cambiamento délie umane cote, e de'tempi pofïon •durre, ne per mettervi con la ficura norma de gli efempj provedimento, ma per $|jcer d'eleganza, e di ftile, prende alcun' Iftoria per mano 3 quegli ne rinnnzia ^llità più importante, non ne comprende il principal fine, e dalla maeftra délia 'w, e de'governi niente maggior beneneficio vien a ritrarre, che da una pntura, ° fe una mu^ca ^ farebbe, cioè adiré un pafTaggero , e quafi infruttuofo diletto. .■$? fupplicato il Lettor gentile di non trafcurar le Addende polie nel fine di ci^|cun tomo, perche cofe aile volte molto importanti contengono. Anche con le Cçirezioni fi è talvolta rimediato a errori di 'confeguenza , che fono fcorfi nella itàmpa.

Dove


Giunta aile Àâdende

DOve trattando degli Scrittori Veronefi fi è pa.vlato d'Aleilàndro Radice, poteva aggiungerii, comegli fu, chc direliè ia grand' imprefa del nuovoalveo fatto alPo l'anno 1604, e detto il Taglio di Porrovero: opéra non inieriore aile Romane, e che cofto ai Principe feicento mila ducati. Impoffibile fe ne ftimava la riufcita per le gran ibrgenti, che s' incontraVano nel profondaru ; al che rimedio egli con una fua machina, che difeccava preftamente quant'acqua fapea dar fuori. L' ifteflb Radice incraprele, e conduilé a fine la Erenta noviffima, cioè il taglio che va dalla Mira al porto di Brondolo, e che fu il fecondo prefervativo délie Lagune, corne 1'altro taglio detto Brenta nuova, fatto da Fra Giocondo, e chefifpicca dal Dolo, era fîato il primo. La gloria veramente dell' una , e delî' altra imprefa vien contraitata al Radice in certe Contradizioni, che fece la noura Gttà alla fua propofta per la regolazione dell' Adige , cjuali fi hanno alla itampa, e fi tocca fpccialmenre in efie che 1' afciugar 1' acqua nel primo luvoro vcnifiè da cerf altro Veronefe , il quale fi valeflè délia ruota infègnata da Vitruvio nel libro decimo, e da lui chiamata Timpano:ma il Signor Bernardino Zendrini, giudice in quefta materia inappellabiîe,

inappellabiîe, veduto in originale gli artî ( que'tcmpi. e più fcritture faviifsme dci Radi ce per occafion del Po, e delîa Brenta , affici;. ra, che di lui fu l'un'opéra e 1'altra; c tantconfermano alcune fue lettere confervate dach fcrive, benchè di elfe non fi fbvveni/ïè a fuo lue. go. Alcunianni dopo fu il medelnno valentuomç chiarnatoa Venezia conftipendio di ducati 5 c; per iftruire nclla materia dell' aque, e per formare Per.ti, e Proti, corne qui fi chiamano.

Dove trattando de'Mufei di Verona fi è pa;-. lato délia Medaglia di Clodio Albino , che ha il nuovo riverfb de' Triurnviri, potea notarf corne fi allufe con cib fenza dubbio all'efler parimente allora divifo 1' Imperio in tre , coniç noto Dione, di cui fono quefte parole nel coiu pendio di Sifilino : itopercioebè ire furono allon che affunfero il governo, avenâo ciafcheduno fotti di fe tre Legioni Romane, e moki efterni ajtitl Severo , Negroy e Albino.

Da* Ritratti, nominati nella Prefazione ; gli Scrittori, fi levino i nomi de'due Zanchi, che fon Bergamafchi : i noltri Zanchi fono Le lio, e Aleflandro , corne è già detto , ove ii parla di effi : qualche epigramma fi ha anco ra ne' Mfs. d' un Baûho diverfo dal Bergarnafeo.

NOI REFORMATORÏ

DELLO STUDIO DI PADÔVA.

AVendo veduto per la Fede di Revifione, ed Approvazionedel P. F. Gio: Paolo Mazzôleni Inquifito tore di Verona, nel Libro intitolato Verona Muftrata, non V effer cofa alcuna contro la Santa Fede Cattolica, e parimente per atteftato del Segretario Noftro, niente contra Principi , ■*■ buoni coftumî, concediamo licenza a Jacopo Vallarfiy e Pierantonh Berno Libraj in Verona , chepoi. eflere ftampato, offervando gli ordini in materia di Stampe, e prefentando le foUte copie aile Publiche Librarie di Venezia, e di Padova.

Dat. 2x. Febr. 1730.

( Carlo RuzÀni JCan). Rif.

( Alvife Pifani JCav. Troc. Rif»

( Z* Piero Pafqualigo Rif.

ÀgofîMO G<M:tt!:£m Se?/-


DELL ISTORIA

DIVERONA

L I B i? 0 PRIMO.

1 'If^SÉ Ww *k$ vente imperfcrutabile o^ Wmm. SIRI tfitkr riSlne de^e P^ antiche nt wV\l frlli ^rTt Città preziofo rende, e

'M intorno a cosx rimote notizie ci fia rimalb. 'M Per quelle del noftro contorno lr unico rag,| ' gio è da Plinio, principe de'Geografi Latini; niun altro avendofi, che per quanto appartiene ail' Iftoria , partitamente , e con '% fbndameqto di foda autorità n* abbia favellato. Attribuifce egli adunque l'origine di || Mantova a'Tofchi, di Brefcia a' Galli CeP/iVi. /. Î. nomani, di Trento a' Reti, di Vicenza a' et'iï£ï?t Veneti> e di Verona a gli Euganei, ed Eugineo- Reti. Vano farebbe lo fperarne miglior rumVero- traccia altrove; poichè ail' autorità di Plinio fi unifce quella diCatone Cenforio, oracolo délie prifche età, che nacque ben duVer. Mujîr. Parts I.

gento vent' anni avanti la venuta del Salvatore, e che in due de' fette libri délie Originï piîi volte lodate, c citate da Cicérone , avea ricercato appunto, corne riferifceCornelio Nepote, donde ogni Città d'Italta avef- w*!>- <>• je aviito prinàp'io : opéra , che fn iingolar- Cal' mente commendata dall' infigne Storico Dionigi d'Alicamaflb, il quale per le antichità ItaViane da Catone fopra tutt' altri fi pregio di trarre le cognizioni migliori. In eiïb pefcb Plinio altresï più che in altri , . talchè dove di quefte noftre parti ragiona , in due pagine ben fei volte nominatamente lo cita. Ma tra gli Autori, de'quali per cosi fatte notizie nel terzo libro û era valfo domina egli ancora Cornelio Nepote tra' primi, il quai parimente per gli ftudj d' antichità, c d'Iftoria ebbe pochi uguali. Vegga(i pero , fe autorità trovar fi poiTa , fia per ragion di tempo , fia di dottrina, da contraporre in tal materia a quella di Catone, e di Nepote, e di Plinio; e tantopiù

A ove


DELL 1 ISTOIUA DI VERONA

ovc dell'Ifloria di Verona fi traiti, mentre fappiamo, corne due di queilî primarii lumi délie Latine lettere furono appunto di quefto paefe nativi.

Sopra inconcuflb fbndamento pofando adunque, a gli Euganei , ed a' Reti doverfi. riferire la Città noflra , non fi vuol lafciar d'avvertire, corne fembra perb, aver Pli- ' nio in tal luogo voluto indicar quelle origini particolari di ciafcuna Città, délie quali continuata tradizione era rimafa, e dalle quali l'ingrandimento loroavea forfeprefb cominciamento ; non già quella primitiva, ed ofcura, che fecondo il confenfo di graviflimi Scrittori a moite délie più antiche Città d' Italia fu comune , cioè dagli Etrufci, che noi perb nel Ragionamcnto fopra di effi già publicato, abbiam chiamati Itali primitivi. Moflrammo in effo aflài probabile, che cofloro da quelle genti procedeffero , le quali flettero un tempo ncl Canaan; c tal compleffo di congetture ci venne fàtto di por quivi infieme per convalidar tal fentenza, e fbndate fu tanta unifor mi ta d'inflituti, di coflumi, di governo, di Jingua, e di nomi d' uomini, e di Città, che infigni Lctterati dottc Differtazioni in favore, c per confirma di tal pcnfiero fi fon molli a fcrivere. L' antico grido, che foflero venuti di Lidia, nacque da cquivoco, per eflerfi nell' antichifïime ctà confufi talvolta, e ufati promifcuamcnte i /. 4.«io. nomi di Lidia, c d' Afia, corne da Erodoto fi pub raccoglicre , ove dice , che Afio fu Re di Lidia, e che alla terza parte del mondo diè il nome; e dagli Scoliafti d' Aad iib. 1. pollonio Rodio, ove dicono che la Lidia fi chiamava prima sifia;e da Seneca, chcfcrif*./ Heiu. fe arrogarfi 1* Alla l'origine de'Toichi; c c-6- da S'efto Ruflb, che chiamb la Lidia fcdc

antica de'' Regni, il che alla Lidia regione non competea certamente: corne non competeva a" fuoi abitanti, l'effere flati i primi a coniar monete, ne l'eflère flati i primi a far bai che, e ad entrar* in marc , che da Erodoto, e da Ifidoro a' Lidi fi attribui ; ma ben competeva a' Fenicii, e a gli altri Cananei. Percib Dionigi Alicarnafleo trovando , che con gli abitanti délia région particolare detta poi Lidia non aveano i Tofcani relazione alcuna ne per lingua, ne per inflituti, giudicb fàlfa la fama dell' effer venuti di Lidia gli Etrufci. Or qucfla gente in progrefîb di tempo, ma perb aflài prima che Roma, fecondo il comun grido, fiedificalle, occupb l'Italia da un capo ail' altro, cioè dall' Alpi allô flretto di Sicilia, di che i nomi dell'uno e l'altro de'no/tri mari, e Dioniiio , Livio, Plutarco, Servio , ed altri Scrittori fanno teflimonianza.

Corne tra cofloro niente mendie tra' Greci fioriflero le bell'arti, e corne da effi più. che da' Greci prendefser poftia i Romani gl' inflituti loro , e la difeiplina > abbiam brevemente éfpoflo in detto Ragibnamento, e dalle antichità Etrufche fFampate di frefeo a Firenze ampiamente fi pub raceogliere.-Qiielli, che vennero di qua dall'Apennino, occuparono tutta la pianurà tra '1 mare, e i monti, e' tutto il iungo tratto di qua dal Po, corne da Livio fingolarmente s' impara; e fi divifero in dodici tribu, o Rcpubliche , corne di là dall* Apcnnino , e di làdalTevere ancora avean fàtto. Non efTcndo improbabilc , che altrettante' Città edificaflèro, non è mancato chi abb>a voluto indovinar quali fbflcro . Tomafo /.4 ,..„ Dempftero ne' fuoi libri dell' Etrurià per « »c? una di efle aflcgnb Sarmione nella penifbla del noflro lago di Garda; ma i fuoi motivi per verità fon ridevoli. Che una di quelle dodici principali fbflè Verona, corne il Panvinio fuppofe, non fi pub con fleurez- Ant. 7V. za aftermare , benchè il fîto lo perfuada P"z- M per più ragioni: ma è bensi tanto più verilimile, che tal flto inoffervato da cofloro non rimaneffe, e che a moltiplicarc in ellb le abitazioni, e per confeguenza adar principio a quefla Città, non iafciafîero cii por mano: poichè il giro, e il ripiegar dcll'Adige, che abbraccia il giufi') fpaziod'una Città da tre parti, veniva a coflituirc un luogo moltoagevoîc a efier refo fîcuro dagl' infulti, e quafi natural Fortezza; c il trovarfî appunto, ovc final mente ha termine da quefla parte il lunghilïimo giego de' monti, fa participai-quefto flto, e de comodi, e dcll'ampiezza del piano, c délia delizia, c del bcncfizio de'colli. Egli è noto, corne i fuperiori luoghi frequentati furono avanti degl'inferiori, poichè ne'primi tempi le pianure lontane da' monti venivaj no ad efièr dall'acquc, e da'fiumi non an| cor regolati, ne per umuna induftria contenuti, occupate facilmente > e coperte. Concorre a far creder tenuto da quella prima gente quefto tratto, l'eflcrfi difotterrato anche nel paefe noflro qualche monumento Etrufco, e di quell' antichiffime, e ; ignote lettere incifo: parimente 1*antica, e \ comune opinione, la quai ben trafpira in ; Catullo , ove per la fama in que' tempi , I che di Lidia venuti foflero i Tofchi, chia' ma Lidio il noflro lago, corne per l'iflefla r,>./;.'• ragione Lidio da Virgilio , e da Sta/.io fi l"/'-'y ''' ' chiamb il Tevere, e Lidia da Rutilio Numaziano fi chiamb la Tofcana. Aggiungafi, che pochi anni fono due Ifcrizioni fi Lano feavate, l'una a S. Ambrogio, Paîtra poco lontano da Fumane, le quali ci hanno

feo-


LIBKO PRIMO.

fcoperto un nome all'antica Geograha prima ionoto, e ci hanno infcgnato, corne i nopoîi di quella parte del no 11 ro diftretto, ch'or diciamo Valpulicella, fi chiarnarono a tempo de' Romani Arufnates ; nella quai ]'crk. C voce par di riconofeere veftigio Etrufco, fapendofî , che Aruas fu nome in quella na•/ione molto ufitato, cosi effendofi decto il LtVê j. i. fratello diLucumone, e l'un de' Tarquinii, ilcimii. e narrando Plutarco , che cosi chiamoffi quel Tolco , il quai condulfe i Galli per vendetta in Italia,quando paffaronoaChiufi. Sembra ancora, che fofle cortume fpezialmente Etrufco l'aver Dei locali , cioè particolari, e ftrani,non folamente in ogni injbelog. gente> ma in ogni luogo: alquanti perb ne recita Tertulliano affàtto ignoti fuordiquel popolo , da cui erano venerati. Appanfce queft'inftituto nell' iflefla parte del noftro territorio poc'anzi mentovata: poichè abbiamo in una délie fudette Ifcrizioni la Dea 9.tnf H. Udifna, ed abbiamo in altra pur dagl'iftef•.Jb/Hl- fi colli venu ta, il Dio Cuslano, ne l'un ne l'altro de'quali da Romani, o in verun'altra parte fi fa che conofciuto fofle; ei quaîi nomi ne Latini fono, ne Grcci , ne di Scttentrional linguaggio . Non mancherebbe qualche inveiligazione fil quelti nomi, ma Ton cofe tanto arbitrarie , ed incerte, che non è d'alcun danno il lafciarle . Dica9tln[.iv. fi il medefimo del nome Ihamna, cheabbia- | mo in lapida trovata nell'alta cima del colle di S. Giorgio, e che pur vienc dall' ifleffo Ottavio Capitone, ilquale alla Dea Udifna o fimulacro, o Cappella erefle negli Arusnati . Anche il Dio Cuslano dall* ilteflafamiglia fu vencrato, la quale ncl diventar Romani quefli paeli , nomi Romani avrà poi ■"■ afsunti. Col noine Ibamna li vcdequellodi

Sqnna, impronunziabile, perche non avrà il lapidario con lettere Latine faputo efprimere il fuono orientale, e ftraniero. Lean;x tiche Ifcrizioni, che avverrà di citar più

voltc , e che faranno la maggior parte, o non più flampate, o non più riferite con verità, edefattezza, potrà chi legge, vederle a piè dell'ultimo hbro pcrordine,non effendofî voluto andar con cflè rompendo il ragionamento .Délie piètre medefime le più fi euftodiijono nel nttoyo, e publico Muieo .

Non è dunque da credere, ch' efeluda Plinio quella primitiva origine, quando attribuifee Verona a gli Euganci, ed a'Reti; ma che quefti nomi adduca, come ritenuti dalla tradizione dopo la mifchianza di quelle genti , e dopo l'ampliamento per effe a Verona uvvenuto;il che non credendofi a Mantova occorfo, délie Città meramente Tofcane quella fola difs' egh efler riraafa a fuo Ver. llktflr. Parte I.

tempo. Tal' efTere il fuo fentimento puo dedurfi daî dir lui, che gli antichi sboc.:hi del Po nella Venezia erano ftati lavorati da' /• 3. c. 1s. Tofchi. Ora degli Euganei ferive Tito Li- Hù. 1. vio, comeoccupandoefli quel tratto dipaefe, ch'è fra 'I feno Adriatico, e l'Alpi,ne furono feacciati dagli Heneti, venuti fotto Antenore di Paflagonia, dopo aver perduto a Troia il lorRe. Confia certamente, che fi ritiraron gli Euganei ne' monti, c in efli rimafero, come fi puo raccogîier da Plinio, il quale tra le genti Alpine gli nomina, e fpezialmente nelle valli Brefciane. Il /. z.c.ic. dir Plinio altresi, che fu degli Euganei Vcrona, mettra che qui ancora una parte di loro ii ricovero, come in luogo non lontano da' montij e per benefizio del fin me facile, come accennammo, ad efler difefo. Se 1' Hypfitbilla di Catullo era originaria di qui, potrebbe crederfi d' Euganea difeendenza, cflèndo nome Grecove/.zeggiativo, fattoda, Hypftclea, fîccome di Batbyc/esh diminutivo Batbyllus : fignificava il primo nome ait a gloria, il fécond o profonda .

Nondillimile fu il rnorivo, che fece di nuovo ampliar Veronadai Rcti. Regnando in Roma Tarquinio Prifco, i Galli a tantamoltitudine venuti,che per nodrirgli non baflavano più i lor paeli , cominciarono a valicar 1' Alpi . Condotti da Bellovefo in gran numéro,feacciaronogli antichi abitanti da buona parte délia più fertil pianura, e nel paefe,che ii chiamava anche per l'innanzi degl'Infubri, edificaron Milano: tanto ii ha da Tito Livio. Poco dopo feguen- !ib, j. do 1* iflefla traccia, fcefe novamente dall' Alpi una truppa di Galli Cenomani,laqua- L,v Cc"°' le col favore ed aiuto dell' iflefîb Bellovefo ,/,„„,.,. più innanzi trapaflando, quel tratto occupé, in cui come Plinio infegna, Cremona, l\ >■(- ,c>- 1 e Brefcia poi forfero. Gli Etrufci profughi B.-i"°,"a'> prefero, come gli Euganei, la via de'mon- c>-nomam>- ■ ci; e perche in tal ritirata cbbero Retoper """ a&r 0' duce, la denominazione di Reti neriporta- V,L c- zo; rono. Coitoro fabnearon Irento, e molto ampiamente nel tener dell' Alpi poi fi diffufero; ma il primo luogo, in cui parte di loro per la fortezza del fito cercaflè alilo, impariam da Plinio, che fu Verona, dove la cognazionede' più antichi abitatori ècredibile gli fàceflè ricevere di buon grado.

Ora neceifario è ragionar de" Veneti, nome più fortunato di tutti gli altri.In vano per una mera confàccn/.a di vocabolo fu chi gli fofpetto derivati dalla Gallia Belgica, e da' lidi deli'Oceano, per lo che in due manière Ce ne parlava, come dice Strabone; W. 5. mentre di taleefpedizione intutta l'antichi- f'rT9S iÇ' ta menzione non fi trova alcuna; e li hada Livio, come flettero fu 1' Adriatico, quanA

quanA do


7 DELL' ISTOiUA DI VER.ONA 8

do tutto dominavano i Tofchi, per confe- I 1 guenza avanti ogn' irruzionc de' Galli .11 1 Sir.u i}- Geografo délia veniitadegli Heneti nella Venezia , e preflb Adria con Antenore fa P/./.3. menzione altrove. Ch'erano di Troiana oric- * 9, pne y fcrifle Catone , concheforfê dir voile Ub. Î. Afiatica. Iniegna Polibio , ch' ebbero lin«»'n'xxo'çc gua da quella de'Galli diverfa. Il nome zttiftiioi. 5.' Heneti è Greco, e viene a dir lodevoli: la pronunzia Latina gli fece paflàre in CoiiJa Veneti, mutazione, che in piîi altre voi/^a\ ci è avvenuta. Il luogo per altro onde fi r5, »'?, fpiccaflèro, e il tempo non fono del tutto VtîoTfifc- m c^"aro » Penché la piîi comune fentenza ce Vejhz, fia quella di Cornelio Nepoteriferito da Sov^?t'Vr ^no>c^ie veniflcro di Paflagonia. Dion Crivf-fth,v>- follomo difle, che prima dell'arrivo d'An««'"• tenore erano già in quelle parti. Euftazio Or'J'.dT fiopra Dionigi Periegete prima dell' altre iito. opinioni porta quella di Arriano, che veT«-

veT«- «ifi^ro i" Europa i Veneti per efferc ilati •Â^Tj/fiss vinti, e cacciati dagli Affirj, e che prencff# deflero ad abitare preflb il Po. Sembrami

di riconofeer talvolta,che il nome d'Euganei da pochi ricordato, e che (îgnifica a/legri, ovvero illufiri , foflè fopranome, o a ghEtrufci, o a'Veneti dato, vuol'intenderliaquella parte di cfli ,chc al fieno Adriatico dimoro. Preflb molti antichi Scrittori Euçaneo.e Vcncto oflcrvafi valcr lo (leflb. Ma parlando il medefimo Livio dcgli Etrufei , dice, che di qua dal Po tutto occupa/'''• î- rono, eccettuato l' angolo de'Veneti, che abiVf'J,",„m tavasio intorno a quel Jeno di mare : ma cfienanguiotàc. do che i Veneti più Città o fabricarono, o tennero, ed avendo egli detto prima, che arrivandofeacciaron gli Euganei dal paefe, ch' è tra l'alpi, e'1 marc, corne potea poi confinargli in s) piccol fito ? Potrebbc qui dirfi ancora, che alcun monumento Etrufco C\ è fcavatoqualche volta non moltolun/. yc. 16, gi dal le marine acque,e che Adria ellèr Citvj't.in tàEtrufca, ed aver dato ail' Adriatico il y",,'('.in nome, infegnb Plinio, con più verifimigliDion. anza d'Aurelio Vittore, che dall' Adria del Piceno, e d' Euftazio, che fuppofe da un uomo denominato il Golfo: con che parrebbe, quell' angolo ancora efiere (lato una volta da' Tofchi occupato, i quali acquillaron poi forfe il Greco fopranome d'Eugar,b. i. nei. Ma che che fia di cib,ba(lici, duc I«r*,(H'. punti efler certiffimi intorno a' Veneti ; 1' , uno, che fu anticbiffima gente, corne anche -5. c. J"9. Polibio chiamolla; 1'altro , che alqLiante Città edificb , o tenne , corne fi legge in Plinio , tra le quali Padova , e Vicenza. A»-, v^. L'ordine délie cofe fufleguito poi ben faco-1-'-9- nofeere, corn'anche in Verona coftoro , o con nome di Veneti, o con nome d' Euganei, fi annidaflero : onde pofliam concliiuiere

concliiuiere fentimento del noflro eclebre Panvinio, tanto efiere in Plinio 1* aflegnar per autori di Verona Euganei, e Reti, quan- «■{/£»■ to fe Veneti avefle detto, ed Etrufci.Cosi ^u^,t"l. l'origine di Mantova per autorità di Ser- „;,,#« vio, e da Tofchi venne , e da" Veneti. Vtm-ti,.

Deefi rintracciar'ora, con quale di quelle due genti Verona fi computafiè, cncll* antichiflimo coftume di collegarfi i popolt d'un contorno, e di cofiituire unitamenté Republica, in quale avelTero parte i Veronefi. Filippo Cluverio , infigne deferittor dell'Italia antica, tenne, che Verona foffe già nclla Rczia comprefa, e per confeguenza che foiîe co' Reti congiunta. Non è da fàrfi punto befïedi quefl'opinione ,per cui militano ragioni non difprezzabili : che una parte del noflro Territorio per Reziafi computafle , vedremo altrove. Con tutto cib che la Città non fece co'Reti è indubitato, mentre nulla ebbero a far con Verona i Romani, quando in tempo d' Auguïlo aggredita fu la Rezia, e in tempo di Tiberio preflb i monti di Trento feonfitta. AU'incontro con la prof lima Venezia aver da immemorabil tempo fatto corpo Verona, tutte le memorie, e tutte lecongetture dimoflrano. Pcrb quando i Romani la Venezia ottennero, Verona ottennero ancora. Molto defiderabil farebbe adunque per la Storia nofira , di poter darc de' Veneti, c del governo, c délie cofe loro ne più antichi tempi contezza: ma non ce (lato cosi cortefe il tempo, di lafeiarcene arrivar memorie, o Scrittori. Leggcfi in Polibio, Ub. 2. che molto n' avean parlato 1 Pocti Tragici, e chegran cofe n'aveano dette: dache poffiamo arguire, corne famofa gente era cote(la , e nelle prifche età grandemence confiderata. Erodoto, il quai ne (èce menzione per occafion di certo coftume , che avea comune co' Babiloncfi intorno al maritar le (ànciullc, par che la (limaflè popolo Illi- j"'^';,., rico. Trovafi corne gli antichi Veneti gran- E'HTCC-, démente fi dilettavano di tener razze di caj valli, onde veniva addotto quefto contra1 fegno per giudicargli difeefi da gli Heneti j di Pailagonia , ne quali fimil cura indicb | Omero. Famofi eran perb in ogni parte i 1LF* i lor polledri, talchè Dionigi Tiranno di S'iI cilia, che tanto fi compiacque de'Giuochi | equefiri, e del corfo délie quadrighe , dal| la Venezia gli traeva, e per tutta la Gre- Suab. i-} cia ne durb gran tempo il pregio , e la (lima . Ch' erano eccellenti, didè anche Efichio, e gli chiamb portantkorona tra gli altri. ?****•*'-' L'amor de'cavalli , e infieme 1' Afiatica, { oGreca origine par fi riconofeano altresi da glionori, che i Veneti aveano in ufo di fare a Diomcdc , cui fagrificavano un deftrier

deftrier


3

LIBRO PRIMO. 10

(trier bianco , e dal racconto délie brave o'mmente marcate d'un lupo , che non îafciavano ufcir del paefe. Tutte quelle m. s- notizie ritraggoofi da Strabone , il quai pero rcplicatamente aggiunfe, che a fuo tempo quefto ftudio era del tutto mancato tra' Veneti: mâche fi rimetteffè ben tofto, fa ch'io fofpetti , l'oflcrvar denominata poi Veneta in Roma una dclle quattro fazioni del Circo. D'un bravo Auriga délia fazion v.Itf.V. Veneta Ifcrizione abbiamo, difotterrata a Roma poco tempo fa. So che fi denominarono dal colore , e che Vendus figniheava color di mare : ma quefto fignifîcato non fu naturale a tal voce, ne le f u dato da'Scrittori délia prima età ; onde parc poterfi credere, che dall'abito, e dagli ornamenti di tal colore, ufati nelleco rfc del Circo dagli aurighi , c da'cavalli Veneti, folle trafportatoil nome al color medcfimo . Comunque foffe, continua a' noftri giorni in quelle parti con molto onore , e con molto frutto I'ifteffa cura. Ma quai Città folle nella Venezia in quell'ofcure , ed inacceflibili età la principale , poflibile non è di rilevarc in alcun modo. Ove il /j|.io. Poeta nomino Ocno , che dal Mincio, e jïï^f"' dal Benaco ando con armata in favor d'Enea, diflè , che Mantova era capo di dodici popoli in tre genti divifi ; il che parrebbe doverfi intendere degli Etrufci diqua dall'Apennino: ma Serviointefeforfe de' Veneti , poichè da quefto luogo par ch'ci prenêdJEn^,. delfe motivo d'allerire , che tutra la Veneta Mti-i SE- ad Enea diede aiuto. Comunque faperb,tutto mt?rejm queftofinfe Virsjlio in arazia délia patria fua. ranucio Campano. autore di lodata opéra, ma non divulgata, unpaflbharcplicatamenMw.i.; i IL te addotto, ed approvato dal Dompflero, in . têm.z.p.K)-}, cui ii aflerifee , s}i Euganci eflerc ftato nobiliffimo popolo originato dagli Etrufci , e che di efli Metropoli fu Verona. Ma per vcrità ne gli autori, che quivi fi citano, dicon tal cofa , ne fondamento faprei penfare per comprovar tal prerogativa . Forfe nonunafola, ma più Città principal! cbbero i Veneti , corne dodici abbiam veduto, che n' ebber gli Etrufci : e le pure in una vollero coftituire quafi. il centro délia lor Republica, e délie ailemblee loro , non Verona, ch'era ail'eltremità, ma più tolto Padova par da credere avcfîèro eletta, ch'era nel mezo del lor paefe, e pero a tutte le parti più comoda.

Con quanto il è fin qui detto le origini di quefta Città fembrano fviluppate in modo, e fopra autorità incontrallabile lbndamentate s) ftabilmente , che foverchio dovelîè crederfi il far più di quefto argomento parole. Ma errori giàda gran tempoinvalfi

tempoinvalfi talmente travolti g!i animi , e occupate lefàntaiie, che in mille îibri non Etrufea, o Rctica, ne Euganea, o Veneta, ma Cenomana/ï predica, eii aflerifee Verona,ed a'Cenomani francamente tutto il paefefiaffegna, Noftro pefo adunque farà lo fgombrar pienamente si fâtto inganno, epiùcofe non poco ail' Iftoria, ed a 11' erudizione importanti con tal'occafionc mettere in chiaro . Prima feorta di quantofiam per dire farà il più lodato fra gli Storici ; quegli , di cui. non fi troverà torfe il più faggio, ne il più veridico ; che fu il pnmario fonte di Tito Livio, e che non folamcnte con lo ftudio, ma con lunghiftîmi viaggi alf curar fi voile per quanto fu poflibile di quanto ferifie. Ognuno intende già di Polibio , i' quale, ove dàinformazionediqueftc parti d'Italia, dopoaver narra to, corne tennero tutta la pianura gli Etrufci , e corne commerziar.do con cfii i Galli per la vicinanza,adocchiatala bellezzadei paefe, gli affalirono d'improvifb con grand'efercito, eda i paefi circoflantial Po gli feacciarono, adutu/ue, dice, »<?'primi piatii dalla part? orientait' del Pojipof'ro i Lcbecu\ dopo quellig!' In [ii '>ri, cl? è il popolo pi à gran- m,.r. de tra i G al lu i ; ai là c'a que'?.} apprefjh il Hume ï ~J '} ""* Ctnomanr^mai paeji ihe couygi.ono pno al mare K=..= U~_ Adriatico juron''occupât/ da un' al tra antiebif "'■ fima gente chiamata Veneti. Quai più chiara pruova , che non fi allontanaiîero dagl' Infùbri, ne dal Poi C-iiomani? ma corne anche da Plinio fu fciitto , di quel tratto s'impofleflàfiero, ove Cremona, c Brcfcia poi fùrono ? Di quclla fi feccro autori molto tempo dopo i Romani ; ma che quefta cdiiîcata vifôflèda'Galli, il nome Brix palefa, allungato poi nel Latinizarfî; veggendofi inCefare,einaltri Scrittori, coine il terminare in >v'x- era famigliare a'nomi Gaiiici. Qiial pruova parimente piu manifèfta, che Verona iniieme con turti gli altri luoçhi infino al mare deli'antica Vene/.ia folle ? Mantova alcresi fu Etrufca , c Veneta, corne Verona, ne mai Cenomana: pcrb nella Venezia polla la difie S'ervio , e «J^E»- Veneta la chiamb Sidonio Apollinarc . e Veneto fu. detto Virgilio da colui prcf'lb ^•*/>-j-- Macrobio . I Cenomani ne pure tutto il Brefciano occuparono , mentre tanta parte di quell' infigne territorio fi formb poi dalle Valli, nelle quali efli non pofer piede. Infegnano Strabone, c Plinio,che que' ^.4. popoli montani parte Euganei erano d'ori- t.^.e.zc. gine, e parte Reti : e cosl tbrza è che foffe, mentre ne'monti fi riduflèro, e fi fecerofbrtigl'Italiantichi dalle pianure feacciati. Quindi è, che quando i Romani fnttomifero i Cenomani, non toccarono pinto le profhme parti montuofe, ch' erano d'.11 rro

popo-


ii DELL' ISTORIA DI VERONA n

popolo,e d'altrocorpo, erimafero perb nel primiero ftato ,e fblamente dugent' anni dopo aflalite furono, e conquiftate. Or corne dunque faranno arrivati finoa Verona i Cenomani, mentre ne pure nel le contigue, e floride Valli, e in tutto il diftretto, ch'ora è Brefciano , û rtefero ? e corne pub eiTere lib.w. che tenelTero Verona, ed altreCittà, menBrixhma- tre Gain Brefciani gli chiama Livio ? Ac""",>»? ' corda Plinio perfettamente , ove par , che I.T,c tg. f'accia intendere quel de'Cenomani non ef^oTum"' fergiàftato unlmperio, corne ora c'è chi agro. lo chiama , ma un territorio.

Strano parrà tutto quefto a chi dell'ampio dominio , e délie moite Città de'Cenomani per tanti libri va impreffo : ma per fermo tengafi , tutti coloro che cosî hanno fcritto, o creduto, fopra le cfpedizioni di que'tempi , e fopra la più remota antichità poca conflderazione aver fatta. Quanti gran nomi fi riftettero già in poco llto ! Per Fit.i. teftimoniodeIl'AIicarnafTèoEnea,e iTroiani in un colle ottenuto da«Ii Aborioini fi allogaronoper quarantailadiidi terreno ail' intorno : fu un tratto di fettecento iugeri, cioè campi, per autorità di Catone citato da Servio. In quanto fpazio crano Marfi, Veftini , Marrucini , Peligni , Equi, Sabini, Gabii, Aurunci, Ol'ci, Volfci,qua11 tutti nell' Iftoria rinomati per guerre ? li più di quefti o ebbero una Jfbla Città, o veramente niuna , e/îendo Comunanzc da più terre, o borghi comporte. De' Romani quanto parlano IeStorie ne'primi tre fecoli ? épure correa già il quarto, ch' afpra guerra aveano ancora co'Vej, la cui Città era a venti miglia da Roma, corne pref;,A fo Livio rimproverava Appio Claudio. Ma

parliam de' Galli. Otto genti Galliche annovera Polibio, allogate nell'ifteflb tempo in quel piano, ch'ora èLombardia, e parte di Piemonte; e pure n'eraoccupata una porzione da Liguri , edichiara loStorico, corne quelle otto erano le principal!, onde ,VA-4. pi ii altre minori ve n'erano : veggafi dacib fe niuna di elle occupar potea gran paefe. Tel. ?,'«- Offerviamo la maggior di tutte , cioè gl' ''£""" Infubi-i . Como appare, che non fu dielli, L'v.f-is. P°^cnè Marcello degl' Jnfttbri, e de' Comajebi trionfb corne di due -jenti ; Bcrgamo infegna Plinio , che fu degli Orobii ; Novarra fu da Catone detta de'Liguri, da Plinio de'Vertacomari ; Ticino da genti Liguftiche fu edificato fecondo Plinio , e Liv.!.5. che^ da eue foflè tenuto,conferma Livio; Mifci. 4- la Storià Mifcella l'attribuifee a'Boj: ecco perb com'altra Città non ebbero glTnfubri che Milano da loro edificato . Or corne dunque i foli Cenomani dovean diflinguerfi talmente da tutti gli altri Galli con occupar

occupar Città , e tanto paefe, quando ad e(iï appunto cib competea molto meno, perché non vennero in moka turba , non eflendo paflato in Italia il popol tutto, ma confervato fempre il nome, e la nazion loro oltra l'Alpi ; venne una partita , corne Liv /.s da Tito Livio s'impara , cui forti d'anni- cne™™*" darfi col favore di Bellovefo , e degl'In- manus. fubri. Ne bifogna immaginarfi, che veniffero quelle genti allora a cercar dominio, ma pane, che lor mancava per la moltitudine ne'lor paeli, cibe terreno da coltivar per nodrirfi, contente perb, quando n'aveano a fufhcienza occupato. Infegna Strabone, li tre più confiderabili tra popoli Gallici cifalpini eiTere ftati Infubri,Boj, w.s< e Senoni: a tempo fuo le genti confiderabili in tuttaquefta parte dTtalia erano Veneti , Infiibri, e Liguri. De'Cenomani in fàtti, corne di piccolpopoio, dopo il dominio Romano fi fperfé, e fi fmarri anche il nome. Tacito, che tanto parla del lor paefe nella guerra di Vitellio, rai nome non usb mai. Non cosi quel degl'Infubri , che continub fempre , nominando la région loro Appiano in tempo de'Triumviri, Tacito intempodi Claudio, e dell'avo di Didio Giuliano di- £.;„./.5. cendoSparziano, ch'era Infubro Milanefe. Ana.l.xi.

Che Brefcia , e Verona da nazioni diverfe tenute già fofiero , e quella da Galli quclla da Veneti, altra grandiflima pruovu ne dà tuttora il linguaggio dell'una c l'altra, e lafomma divcriità di pronunzia, edi troncamenti, e la contrariété d' accenti, edi fuoni , eilritenere i Brefciani ancora non fo quai Gallicifmo, uniformandofi co* dialetti di Bergamo, e d' altri Lombardi, dove i Veronefi hanno la favella , ed il fuono iftcfib di Vicenza, e di Padova,che n'è si alieno. Quefto per verità è un tefrimonio fenfibile , e ancor prefente ; certa cofa efièndo , che i nofiri odierni dialetti non altronde li fbrmarono, che dal diverfo modo di pronunziare negli antichi tempi, e di parlar popolarmente ilLatino; laquai diverfità non altronde nafeeva, che dalgenio délie varie lingue , che avanti la Latina correvano, veltigiodclle quali refib pur fempre, ed c quali indélébile. Perb difib Livio, che Marfiglia colonia de'Focefi ne Liv.i.v;- riteneva ancora dopo tanti fecoli l'accento nella favella, e che i Reti Alpini, trasfbrmati a iuo tempo interamente per l'orridezza de i luoghi, ne ritenevanoperban- ; •- cora nella lingua il fuono. Oiîèrvb anche *»*»/»'<;.«.•' Platone , corne le colonie fon sente uni- Pr/3e'"■'■' lingue : corne potrebbe dunque eflére avve- piaetoc nuto, che fe ibile Verona colonia de'Gai- Viat.di li, niun vefiisio ritenelie de'dialetti, e de' ,eWJ\AI fuoni a'diicendenti da Galli rimai!, ma f«.--

alla


1}

LIBRO PRIMO.

»4

alla favella délia parte di qua verfo il mare qual'era di lingua certamente diverfa, iib. Î. poîchè lo dice efprefîamcnte Polibio , folle iatutto uniforme ? Indizio di tal diverfità trafpira anche da i nomi rimaftici nelle Lapide ; perche trovanfi nelle Brefciane Vefcaffonî, Endubronif, Biveioni, Madkonïs, Berfimes, e altri tali, che fembrano ricordare non fo che di Gallico , e ne'marmi di qua non s'incontrano. Pochi anni fono due lapide Ci fcavarono in Pefchiera con nomi gentiliz,ii non più veduti, chefembrano aver dcllo ftraniero nell'origine ; Publio ifaVI. Virucate Maflimo, e Marco C'o»fwrfoMaret VU. cellino : ma benchc il luogo guardi i Cenomani,per eflèr nel diftretto noftro, lontani dalpoterficreder Gallici Ton que'nomi. Coloro, che foglion maravigliarfi., corne venendo da Firenze , e trapaflato appena 1' Apcnnino , dialctti trovinli cosî ftranamente difiêreiui , e dopo tanto intervallo làvella s'oda a Verona tanto men tronca , men dalla Tofcana diverfa , ne avranno forfe nclla riccrca diquefte origini la ragion prima, e radicale. Addurrem noi un altro indizio ancora délia diverfità di quelle nazioni, c del limite di effe ? l'addurremmo; ma con efprefià protesta, che niun pregiudi/.io s'intenda infèrir con queflo alla gloria degli fludj, e dell'arti, di cui Brcfcia, e l'altre Galliche Città poffono con ragione vantarlî, niente influendo a i poftenori tempi la prima, e rimotilfima origine. Adottata da quelle noflre regioni per virtù del dominio, o fia del conforzio Romano la lingua Latina , a tempo di Vefpafiano ici Serittori conrava già Verona , de'quali vive ancora la memoria , e la fama : Brcfcia niuno n'ebbe fi no alla fine del quarto fecolo Crifliano. Prcfib al termine de'Vcronefi , e verfo il tener de'Brefciani fiorirono Catullo, c Virgilio, che natoful Mantovano al con fin Veronefe moftreremo ove de'Serittori : fembra perb di riconoicerc, che in altra gente fi andafle, pafiàndo dal Veronefe al Brefciano. Se duc foie Città de'Vcneti noi prendiamo a confiderarc , Verona, ePadova, nel giro di poche età più Serittori ebbero eccellenti, eprimarii, l.i.aVt- che la Gallia e cifalpina , e tranlàlpina in îîC'1""- più fecoli. Infegna Polibio , corne i Galli, fik^^f. quando pafîarono in Italia ne di feien^a , ne d'arîe alcuna cognizione aveano , fuor dell' agricoltura, e délia guerra. Vedefi poco dopo nell'ifteilb Autore, come ne pur fapeano dar la tempera aile fpade ; per lo che come gli uomini erano da temer folamente nel primo impeto, cosï le fpade non fervivano che al primo colpo. Notb Servio, proprietà degli antichi Galli effere

flata l'ingegno tardo , come degli Africani *<//£*-fila finzione, e de'Greci la leggerezza. /f/.//v.-T Ma fe nulla foflbtuttoil complefib d'au- Grtco* /.- torità, e di fatti, con cui abbiam pofto te.->G"l'oS quelto punto in tanta cniarezza, non le ne videmUs potrebbe con tutto cib dubitare ancora per '"S""'"'' niflun modo, poichè per rara forte abbiam nell' Iftoria il precifo termine , ed il confine, che nell'antiche età feparava i Cenomani da' Veronefi. Cosi bella particolarità ci è rimafa efprelfamente in Polibio; e non cadde certamente tal pafio fotto gli occhi di coloro , che délia région de'Ccnomani parlarono si erroneamente , imperciochc da eflb ogni dubbietà fi fgombra, ed ogni fofifticheria fi recide. Vi s'impara adunque , come confin de'Ccnomani dalla parte del Veronefe era quel fiume , che feendendo dalla Val Sabia va a metter capo nell'Olio, e in volgar Brefciano fi nomina Ch'tès, per lo che da Greci e da'Latini è da credere foflè detto Clefio, benchè in tutte le frampe Ci legga. Clufioy avendo il volgare fatto Chicfio da Clefins, come ch'iaro da clarus. Di Flaminio , e Furio Confoli nel 531 di Roma , ferive quel grand'Autore, per efattezza e fedeltà incomparable , e quafi contemporaneo, come nclla guerra co' Galli , levato il campo dal Po prellb al luogo ove sbocca 1* Adda, dopo aver girato , e condotta qua e là per più /;/.. 2. giovni l'armata, final mente paffando il fin- f'"^.?: Mt;Clefioy vennero nel pacfc de'Ccnomani, e a„,v,r^. da luoghi vicini a'monti fi portarono di ;<■■■■■>•''■'■■>■■ nuovo ncgl'Iniubri. Si entrava dunque ne' f^E"e,,''_ Cenomani pafîàndo il Chicfio, flume, che Y™^-^.-. feorre a dieci miglia da Brefcia , e com' ampio ha il letto, cosi era allai più ricco d'acque, avanti che per benefizio di quel pacfe ne venifse derivato il Naviglio. Chiunque dopo autorità cosi venerabile, e cosi precifa voiciiè difputare rn contrario ancora, pare a noi non meriterebbe ne o(- fervazion , ne rifpofta . Non dobbiamo lafeiar d'aagiupnere una bella conferma di quefto fatto, ed un infallibil rifcontro,che n'abbiam tuttora dinanzi a gli occhi. La più certa, e quafi unicafeorta per rintracciarc l'antica eltenfione de i territorj, noi troviamo efsere l'ofservazion délie Diocefi ; pofeiache la civil giurifdizione a perpétue mutazioni fu fottopofta , o per guerre fra popoli, e fra Principi, o per contratti, o per varj accidenti : ma non cosi l'Ecclcfiailiche , quali perfifiean fempre , e con tutte le variazioni délia podeîlà fecolare religiofamente fi mantenevano, ond*c,che veggiam si fpefso , diverfi efsere i conrini délia giurisdizion de i Vefcovi, e délia temporale. Or la Diocefi Veronefe arriva appunto

anco


DELL' ISTOKIA DIVERONA

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anco al bel giorno d'oggi perfino al Chiefio. Notifi in oltre, corne anche nel civile le due nobili Caftella di Defenzano , e Lonato , che fono i maggior luoghi tra 'iChiefio, e'IMincio, furono di giurifdizion Veronefe fino a gli ultimi proffimi fecoli, corne con autentici documenti farà vedere a fuo luogo . Ecco pero dimoftrato evidentemente , che dal Chiefio fi feparavano il Veronefe , e '1 Brefciano , e che de' Cenomani era il Brefciano, ma non il Veronefe, mentre non fi entrava nel paejfe loro, fe non col valicar detto fiume. Non vi è dunque cofa in tutta l'antichità piîi manifefta dell' efïèrfi contenuti i Cenomani inquella pianura, ch'è tra i monti, e '1 Po, e tra 'IChiefio, e l'Adda.

Non poca difficokà ho ofservato fvegliarfl a molti, nel fentire i Cenomani riftretti in un territorio folo, per raccoglierfi dall' Ifïoria, che Republica erano molto forte, e da non temer facilmente infulti , e che ad ogni occafione confiderabil numéro di truppe avea tofto in armi. Ma quefto nafce dalle idée moderne , fecondo le quali bifbgna mifurar le forze d'uno Stato dall* eftenfione : perche mancata l'arte d' interefsar tutti, con che ogni piccolo Stato diventa grande, non fi acquitta forza che con vaftitàdi dominio, econprofufionediquanto è in eflb. Non pub negarfi, che dove in quegli antichi governi non foilero ftati con qualche forte di comunanza , e di participazione vincolati tutti i cuori , non folamenteincosj angufta condizione,maavrebber potuto anche con afsai più ricchezza efler poveri, e con afsai maggiori forze efier deboli. Non pub negarfi , che dove il frutto de'pericoli, e la capacità del beneficio non fi i'oCsc conofciuta comune, ma determinata al maggior luogo, perpetuo rifchio farebbe rimafo dalla maggior forza , e in grandifïimo numéro d'uomini non fi farebber trovati foldati, e in urgente occafîone fi farebbe convenuto cercar mercenarii di fuori, con difperdimento infinito, tardi, freddi , poco utili, e mal* affètti. Mapoichè allora confiderava ognunocorne aflàr proprio tutto cio, che avveniva allô Stato, in qualunque cafo tanti eran tofto i foldati, quanti eran gli uomini; ed effendo dapertutto ugual la premura, in tutti i borghi, de'quali folean comporfi le Republiche de'Galli, ognun prendea l'armi . In quefto modo facil cofa a ciafchedunaera, il mettere tofto in armi uncorpo di gente confiderabil per numéro, ma molto più per valore ; correndo tra que' foldati , e i modérai generalmente quella difièrenza, che fuol correre tra chi opéra

per interefsc proprio, e chi per altrui. Cosï tra Germani abbiam da Tacito , corne DeMor. nelle terre tutte ciafcheduno, che dal Publi- **"' co fofse giudicato non inetto all'armi, arrivato a giufta età le afsumeva folennemente. Ne iï creda, che cosi i Barbari folamente. Non fappiam noi, che a Dario , aSerfe, e a tutta l'Afia fecero fronte, anzi fiaccaron le corna Republiche Greche di piccol tratto, e d'angufti confini? ne feemerà la maraviglia, s'altri prenderà ad elàminare ilfiftema loro. Ateneaveain poco giro quantità di Città minori, o più tofto di terre : da quefte , chiamate Popo- A">" ' li non meno che dalla ftefsa Atene fi traevano con la dovuta proporzione coloro, che componean le tredici Iribù, da ciafcheduna délie quali fi contribuiva un numéro di Soggetti di tempo in tempo algoverno. Tanto fi raccoglie da molti, e gravi Scrittori Greci , de'nomi de'quali non accade ora far pompa. Quindi è,che nelle antiche lapide Ateniefi veggiam profefsarfi il Popolo, corne nelle Romane la Tribu fi appone. Nafcea da quefto , che non chi era nato in efsa folamente, ma flimando ugualmente ognuno fua patria Atene, giunti all'età di dieciott'anni fi legavano col militar giuramento , la di cui fbrmola fi ha in Polluce, ed avean tutti ugualmente /-8,f-9' a cuore la fua gloria, e la fua difefa. Quai maraviglia pero s'anche i Cenomani, non meno de gli altri Galli, in poco difîèrente fiftema corpi foflero cosi fbrti, e cosi terribili, benchè piccol tratto di paefe occupaffero ?

Ora egli è forza di far conofeere !• infuffiftenza di que' motivi, per cui 1" error s' introdufledi creder Verona Cenomana . Primo fonte di tanto inganno f u il leggerfi in un'elegia di Catullo, dopo nominata Brefeia, quefto diftico:

Flcivusquam molliperciirrit flumine Mello, Brixia Veronae mater amata meae. Ma quefto diftico nellibrettointitolato Dell' antica condition di Verona fu già moflrato da noi adulterino, ed intrufo. Grave feandalo è paruto quefto a molti; ma e' fi converrà pur loro fofïrirlo inpace, perché le ragioni ion troppo manifèfte, e fattafi poi diligenza ne'manufcritti, quali ne' venti giorni , in cui quel libretto fu fiefo, non permife il tempo di ricercare, due fe ne fon già trovati, che que7due verfi non hanno.CûnvJen prima di tutto fgombrar 1' orrorc, che gênera in molti il fentir cacciare a bruttoonore due interi verfi. Qiiefto non dee recar maraviglia alcuna in un Poeta, che C è arrivato cosi lacero, e cosi mal concio, enel quale alquanti altri interi verfi fappiam di

cer-


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L1BRO PRIMO,

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certo, e fi conteiia do. tutti, cne moaerni eruditi fi fecero iecito d' infcrire, benchè Come di Catullo tuttavia fi leggano. Cor/. 7.f.io. rotti efemplari diquerto Poeta nominaGellio fin ne' tempi antichi. Alcuni de' componimenti, che nelle ftampe abbiamo, e ne' codici, fono enigmi ridicoli, e non fanno fenfoalcuno, come quello, che incornincia Otbonis caput. L* ultima ftrofa dell'ode prefa da Saftb va afïàtto fuor di propofito , e niente ha che far coI.Greco confervatoci da Longino, onde o fu aggiunta efTa ancora, bcnchccon moka eleganza,da qualchemoderno, o apparteneva ad akr'ode. Vien lodato il Pontano dal Sannazaro, perché aveffe fupplito Catullo si bene, che quel gran n x Poeta dovefie anteporre a proprj i ver fi di Mtikt et lui. Nell' iftefla elegia, di cui fi tratta, il btsmimc- duodecimo verfo è già conofciuto perintrummin-jj'c fo da tutti, e per fabricato dall ingegno de' /»«•« correttori, come difle Giufeppe Scaligero, -onde tanto variamente vien letto; perché dunque dovrà parer si ftrano, ch'or fifcuopral'ifteffo in due altriPanzi per eflerqueft' elegia si imbrogliata , e fcompofta , e lacera , alcuni copiatori la tralafciaron del tutto: non apparifce pero ne punto , ne poco ne'trc Catulli Vaticani, che fembrano i migliori, e un de'quali f u di Fulvio Orfino. Decifione di quefto punto non ci puô dare niffun de'Mfs finora noti, perché Ton tutti di poca età, e i più vecchi non paiono oltrepaffar di molto la meta del decimoquinto fecolo. Furon perb fatti difperdere que' primi efemplari, da'quali in quel tempo fu traferitto, e mokiplicato Catullo. Tra'primi , che s'accingeflcro a emenda.r queft' Autore ,fu il Calfurnio Letterato Brefcianodi moka vaglia, che un'edizion ne fece in Vicenza l'anno 1481, ma era già molto vecchio, e potea molto prima averci porto mano. Dice Gerolamo Avanzo nelle Emendazioni ftampate l'anno 14.94, che avanti i f racconciamenti del Calfurnio non fi potea

iénza naufea prendere in mano Catullo.

Ma confideriam brevemente il ténor dei verfi. Come potea il dotto Catullo dar qui per indubitata e trita la fondazion di Verona da'Cenomani, che ripugnava efpreflàmente a Polibio, a Catone,a Cornelio Ne■■■„ pote, ed a quella univerfaî tradizione,che

; poffiam riconofeere in Plinio? come potea ^ contradire a fe fteflb si efpreflamente, dove chiamando Lidio il noftro lago, fia per i' origine Etrufca ? come potea cosi faggio Poeta metter due verfi, che ci ftannoa pigione, c fuor d'ogni propofito ? non fono effi una continuazione del concetto ne' precedenti efprefso, o una di quelle parentefi , che tutto giorno cadono ne' difeorfi , come gli Ver. Illufir. Parte L

I efempi, che per cooneftargli vengono addotti, ma interrompono il favellare con cofe, che niuna legatura hanno col foggetto, ne col ragionamento che fi fa : il che tanto più difdice in un dialogo, dove non vi è la libertà in cio degli akri componimenti, ma *fi convien rifpondere a propofito dell* iftanza dal compagno fatta . Parla qui 1' ufcio d'un'impudica donna , e narrando le di lei feeleraggini, dee dir cosi: or Mon fol quefto profeffa Brefcia di fapere, e d' avère o(fervato dalhalto del fuo colle; ma racconta ancora gli adulter) con Pofîumio, e Cornelio da coftei commefJî.M.a. fecondocheci vien'ora fattoleggerc in Catullo, l'ufcio parla in quefto modo: or non fol quefto profejj'a Brefcia di fapere, e d'aver' off'ervatodall' alto del fuo colle; per la quai Brefcia feorre il giallo Melone con placido corfo, Brefcia, ch' è amata madré délia mia Ver on a; ma racconta ancora gli adulter) con Poftumio , c Cornelio da cofiei commejft. Giudichi ogni lettor difereto, feinferimento pofsa vederfipiù importunamentefituato.Ma fe la porta che parla, era in Brefcia, fecondo chemoftraficuramente il conteflo, come potea dire délia miaVerona} quefta fola ofservazione mette il fatto a baftanza in chiaro.Che fe akri la vole£ fe in Verona,come dunque fa, quai' acqua paffi per Brefcia, e in quai modo vi feorra, e con quai colore? che fapefle le faccende délia fua padrona, va bene , ma il faper le particolarità minute elocali d'altrc Città,che non fi fanno fe non da chi vifu, fenza impropriété grande non le fi poteva attribuire. Potrebbeaggiugnerfi ancora, che chiunque abbia delicato orecchio, e vi faccia fingolare avvertenza , conofcerà non aver fuonô , ne aria Catulliana que' verfi : il modo , e la diftanza di quella ripetizione la rendono troppo diverfa dalle leggiadriffime di Catullo; poco acconciamente fi congiunge il paffar del Melone coll' effet* madré di Verona; poca grazia hanno quelle parole, mater amata Veronoe; poco propriamente, e poco Latinamente anepra dicefi, ftttmen molle ;il quai parlare non credo fi trovi in Autore antico , e tanto meno d'un torrente. Il fiumeArari di lento corfb fu detto lents da Cefare, fegnts da Plinio, ma da niuno mollis.Pliniousbunavolta molle in modo, che non fi vedein akri, cioè foftantivamente per molle di pane , come i Veronefi ufano J^.C.U. ancora per cio che i Tofcani dicon midolla; moia ma non per quefto diffè egli mai molle ileorfo tcf'"''"'_ d'un' acqua. Or che più ? lo fteflb nome dell' K,t : ',/oa acqua èmoderno, ederrooeamente pofto. Il "lo!!iifiume, che feorre a un miglio da Brefcia, fu detto Mêla, e non Mello da Virgilio, e da' fuoi Scoliafti Servio, e Filargiro . Il nome poi del piccol rivo , che pafla per Bi'çfcia,

B ede!


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DiaL' ISTOKIA DI VERONA

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c del quale parla il Diftico, fu C^rt/a^come moflrammo già con loStatuto di Brefcia, e con più carte del 1100, e anteriori, da, noi vedute in originale. Prima del 1400 il nome di Mello non fi vede. Dopo intrufo quel verfo in Catullo,fi comincib a dire Carùam, alias Melonem, come parla il Capriolo : e per adattar quel nome alla Mêla , che fcorre fuori, fu chi voile emendare il percurrit in praecunit, come fa il dottiiïimo Cellario ancora, quafi praecurrit potefie mai avère il fignificato di praeflitit , e di praeterfluit ; ma tutto per verità vanarnente , eflendo già accordato anche per 1' indizio del color dell'acqua, che dee intenderfi non di quella , che praeflitit , ma di quclla che paffa perla Città, il cui nome in latino fu fcmpre Cartia^'m volgare Gar^a,corn' è tuttora. Ridicoloin verità è pero quel diftico per tutti iconti; e pendiamo ora a non crederlo ne del Calfurnio,nè d'altro Brefciano, ma di perfbna che poca notizia avefle dell* acque diBrefcia, ede* nomi loro. Finalmente moltoènotabilel'eft'erfl giàoftervati duetefti a penna fenzaquel diftico : l'uno in Padova nella Bibliotcca Capitolarc, che non 1' ha in nilïun modo; i'altro in Verona, cioè il 319 del Mufeo Saibante, che par venuto da buon originale, e che l'ha folamente aggiunto fotto d'altro inchioftro, e per altra mano. Ognun vede valcr più in quefto cafo un codice che non abbia, di centoche abbiano, perche non fi tratta d'una o due parole, che poteflero crederfi sfuggite involontariamente a* copifti, ma di due inceri ver/i. Dover vuole, che fi renda qui giuflizia al noftro dotto Avverfario in tal controverfia, poichè da lui è venuta la prima notizia di detti codici , quella candidezza avendo in cib fatto conofeere, che da' veri Letterati non va mai difgiunta. Ne punto è nuovo, ch' altri per uno, o per altro fine fi fia prefo gufte di cacciar quaîche verfo ne' Poeti : il fegnar gli fpurii fu perb appunto infpezionprincipale degli antichiflimi Fnm.i.<). Critici, onde effendo ftata in Cicérone riep. 10. niella una controverfîa fîmile fopra alcuni qwtm Cri- verfi, h, difs' egli, quafi antico Critico giit■ticutanù- dicar debbo, jeften del Poeta^overo mal' infel'â'tuZ: '" ritlPer fïne y poichè fi pugnava al prefumutrum fente con un verfo di Catullo per moftrar JlVln' Verona de' Cenomani, come fi pugno già ■B-art!jf=i- con un verfo d'Omero per provar Salamina &«(«■>«' dell'Attica,leggiadra cofaè, come l'ifteffo appunto fia ora in quefto cafo avvenuto, ch' allora avvenne ; cioè che tal verfo per intrufo e falfo fiafï finalmente feoperto. Strab.iib.ç,- Strabone aflerî, che non fi ammettea quel verfo da'Critici (benchè pur' anco fi legga nel Poeta) per contener fentimento ripugnante

ripugnante verità, e per effer contrario ad altri luoghi d' Omero fteffo : o Pififtrato, o Solone fe ne imputavano fecondo lui; fecondo Plutarco, e Laerzio fi attribuiva la fraude a Solone.

Altro motivo di creder Verona de'Cenomani fu il Ieggerfi nelle ftampe di Tito Livio, ch' effi riftettero , e fi allogarono, /■ 5- * ove a tempo di quell' Autore eran le Cit- """l/r ta di Brefcia , e di Verona . Ma egli è ro»,> , ..." certiffimo, che chiunque aile autorità fo- bt>l'""- praddotte vorrà por mente, e fopra lecofe da noi finora efpofte farà confiderazione , vedrà più chiaro del mezogiorno, che in vece di Brixia ac Verona va letto Brixia ac Cremona. Non ci fu mai emendazion più infallibile, ne più manifefta. Che Cremona nel tener de'Cenomani fofle poi da Romani eretta , Polibio,Plinio, Livioflefîo, e e tant* aitri infegnano,ed è a tutti noto: or perché dunque mai farebbe ftata da Livio tacciuta? le avrebbe nominate tutte e tre. Ma c'infegna quefto paflb,come occuparono untratto di paefe, ove allora Città non erano, e poi ne fbrfero, non tre, o moite , coin' altri décanta, ma due : non occuparon dunque il fito di Verona , la quai già c'era, e nella quai pero i lor nimici Reti fi ricovrarono da etli fuggendo, e nonoccuparono fe non quel di Cremona, c di Brefcia. La miglior via per accertar délia lezion vera di qualche Autore, fi è d'offervare i fontijdond'egli attinfe; noi fappiam che Livio da niflun altro più che da Polibio prefe , e traferiffe : infegnb Polibio , che i Cenomani fi pofero di là dal Chiefio, e lungo il Po: come dunque avrà Livio aflegnatoloroil fito di Verona in vece di quel di Cremona ? Altra via per ifeoprire la lezion fana d'anticoScrittorefièquella dirifeontrarlo co' pofteriori, che da eflb prefero. Plinio percompilare ilfuoterzolibro, di Livio fingolarmente fi valfe , recitandolo tra'primi; aflèrma in quefto libro, che nel tener de' E>;*«?::• Cenomani erano Brefcia, e Cremona ; è dun- r,t"" '.' que patentiflimo, ch'egli non avea letto in pote, yLivio Brefcia, e Verona. Finalmente peraffi- vi 0 ' c(, '" curarfi del vero in si fatti cafi, bifogna efaminareilcontefto, e sli altri luoshi dell' Autore medeumo.Or fe Livio aveffe qui feritto Verona, avrebbe contradetto a fe fteffo, /. 32. y,. ove dichiara, che i Cenomani avanti il do- "> Ctncminio de'Romani non avean che Vici, con ^"^,"î',r,- Brefcia che di effi era Capo; e fi farebbe que qui contradetto in quefto ftellô periodo , poi- '".P"1^'" chè dice in eflb, che dove fi arreftarono i Cenomani, erano ftati i Libui ; parrebbe doverfi legger Levi , genti Ligure: ne Libui, ne Levi ftettero in quefta parte mai ; j ma bensi di là, epreffo ilPo. E'dunque

indu-


indubitato, ch'error de'trafcrittori, e non dellTftorico è in quefto luogo Verona; e chi voleflé perfiftere in attribuirlo a lui, indifcretezza gli uferebbe, ch'ei non usb con al tri, quando trovando numeri, e fomma inverifimile ne' libri di Valerio Anziate, m. JK. ciifïè, voler più tofto credere error ml copimaiim

copimaiim l}a ? çfoç buglA mil* AutOVe .

Vbflrîi Coloro che vinti dalle ragioni per impemmJum

impemmJum ono non pertanto ripugnar vogliono , milVnînda- lantcranno qui i manufcritti, e il non aver dumScri- noi tratta queft'emendazione da niffun coftarit' dice. Ma quai bifogno vè mai di codici, dove tant' evidenza rifplenda ? non per autorità d'efemplari gliantichi Critici rigettavano quel verfo d' Omero in propofito di Salamina, ma perche contenea fentimento falfo, e ripugnante ad altri luoghi del Poeta medefimo . A mal partito farebbcr le buone lcttere, fe non fi poteffero emcndar mai gli Autori antichi, fe non per manufcritti. Leggeû* in tutte le (lampe, e ne'tell i a nenna di Tolomeo, ch' era ne' Cenomani Budrio, luogo, cui Strabone, e la tavela Peutingeriana mettono a fei miglia da Ravenna . Non pot rem noï fenza manufcritti dir che va letto Bedriaco, ch'era lu l'Olio, e nel cuor de'Cenomani? In tutte le Hampe di Strabone tra le Città Vcnete, e in Greco,e in Latino fi legge Ordia, Epilit, j, terpo, Ucetia , e tra le genti Galliche fi trovano Ifombri, e Sumbrii: non ci farà lecito fenza appoggio di manufcritti di emendarc mConcordia , Opiîergh , cioè Oderzo, Vicetia, cioè Vicenza, ed Infubri} La Novcllaundccima diGiuftiniano parla alungo délia Città di Firmo, doveognun fa, che doveafi fer i ver Sirmio. In Aurelio Vittore, benchè dato fuori con tanto merito dal P. Scotto, leggefi, che fu vinto Ottone Veronenfîpraelio: fenz'altro ricercar codici, chi potrà negare doverfi legger Cremoncnft ? poichc fappiam da Dione, che quel fatto d'armi fegui prefîb Cremona , c fappiam da Tacko, che fcguï a Bedriaco , il quai luogo poco lnngi elfere ftato da Cremona infegna Plutarco. Leggefi in Zofimo, che Alanco mardiiando in fretta a Roma con l'armata, parte d'Aquileia, e per indirizWj.y. zarfi verfo il Bolognefe, ed a Rimini,paf<mrfxvi. la a Concordia, indi in Altino, e dopo Al/"»'»•• tim a Cremona. Che {"alto è cotefto? e quai via per Rimini? chi non vede doverli legger Verona} dove (i paflàva 1' Adige, indi il Po ad Oiliglia, prendendo si alto per isfuggire le moite e greffe fiumane , che farebbe convenuto valicare tenendo più vicino al mare. Altre fimili emendazioni accaderanno nel décorfo di queft' Iftoria, per le quali agio non abbiamo avuto di confulVer. Ilhfir. Parte l

LIBRO PRIMO.

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tar manufcritti, ma fon si neceflarie, epatenti, che la ragione fupera in elle ogni autorità . E quai maraviglia , che feorreffe un cosi fatto errore ne'tefti di Livio? non lappiam noi dal Sigonio quanto deformi ei ne trovafTe i manufcritti, c leftampe,quando prefe a emendarlo, lîngolarmente w'/zo~ mi délie Città>e de' luogbi? il periodo appun- v.Eptf.. to, del quai 11 tratta , non fappiam noi, »'•«-¥• che feorretto, e guafto fu riconofciuto da tutti i Critici, e perb in più manière fu trasformato ? non fappiam noi ancora, che molti codici vi leggono Germanorum in vece di Cenomanorum ? Ma quai' errore videfi mai più facile, che tra Verona, ç. Cremona, dove fe riguardiam 1' ufo del dettare, il fuono è cosi uniforme, e vicino, fe quello del ricopiare, la diverfità non è che di duelettere ? oltre a gli accennati luoghi di Zofimo, e di Vittore , o in documenti , o in moderni libri c'è oecorfo d'avvertire feambiato ben fei volte tra quefti due nomi.

Pafiiam dunque a quell'autorità, che in favor di queft' errore con alquanto più di verità fembra addurli, cioè di Tolomeo, il quale nella fua Geografia e Cremona, e Verona mette tra Cenomani. Ma quai pefo pub aver mai qui Tolomeo, di cui avverti l'Oiile- «JCL, , nio, ufo efl'er folenne nella deferizion del P'I?* mondo d'imbrogliare ognicofa, e del quale benlî fa, corne di quelle parti da lui ranto rimoteconfufiffimanotizia ebbe? Anche Bcrgamo,e Mantova,e perfin Trento pofe ne' Cenomani quell'Autore; ma chi potrà mai addurlo con riputazione ove de' Cenomani 11 tratti, dopo che Cluverio, e Cellario, uomini da non raiTimentare in queftamateria fenza fomma Iode, e de'quali pubdirfi, che all'antica Geografia fagrificaflero lalor vira, hanno efpreflàmente, e concordemente infegnatOjCh'ei diede a'Cenomani ciô ch'c Cdi. i. s, deoliEuaanei,de'Reti,de'Levi, e dc'Boj, c-v- c<- e ch'ove tratta di quelle parti con tonde tut- *,#„,> to ? Scufabile in cosi vafto aflunto. fu for fe uno i"* P'^ Scrittore Egiziano di molti sbagli; ma feu- ru'^'iïClàbile non ci parrebbe , chi volefï'c ante- torui»v.-. porre la fua autorità a quelia di Plinio,ove dell' Iftoria , e délia fituazion di Verona 11 tratti, iiccome bizarro converrebbe dire chi anteponefle quelia di Plinio alla fua, ove d' Aleffandria,o di Peluflo foffe quiftione . Noi per altro abbiam per certiflimo, che non di Tolomeo, ma de' traferittori , e de' confufï , e trafpofti efemplari molti e molti flan degli error i, che nella fua Geografia fi veggono. Chi potreb^ bc attribuirc a un tant' uomo tutte le pazie , che nella fola iftefîa pagina, ove mette tra Cenomani Verona , fï ofîervano ? Vi fi legge, che il Po ha fuo prinB

prinB cipio


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DELL' ISTORIA Dl VERONA

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cipio preflo il lago di Como; che la Dora del Piemonte 1' ha preflb il lago Penino, e che piega verfo quel di Garda . Dopo le foci del Po fi pongono quelle dell' Atriano ; col quai nuovo nome fe s' intende il Tartaro , che paflava pçr Adria, mal vien dimenticato l'Adige, fiume tanto maggiore ; e fe s'intende 1' Adige, erroneamente gli fi dà tal denominazione. Si regiftran quivi tra le mediterranee de'Carni Aquileia, eConcordia, e de' Veneti Altino, ed Adria, Città , che quafi bagnavano il pie nel mare . Dopo Cenomani a occidente délia Venezia fi pongono i Becuni, inaudito nome , del quale non fi è mai trovato rifcontro alcuno: o Camunï fi dovea fcrivere , oBreuni, che refiavano a occidentedélia Venezia; e tanto più fe con fbndamento è ftato detto, che nel fito ove oraè Cividate, foflè già Vannia ,infieme con altri tre luoghi a cotefti Becuni da Tolomeo aftègnata. Per Sarraca , che quivi fufleguita, fu intefa la Sarca dal Cellario, ma quelli Ton nomi di terre , e non di fiumi : per gli altri due luoghi, feguendo il veftigio délie voci, voile il medefimo intender villaggi ,chefarebberoafettentrione délia Venezia , non verfo fera. Bizarro ancora ili il porre in uguaglianza con popoli, a ognun de' quali più famoie Città fi danno, quefti Becuni , cui non fi aftegnano, che quattro borghi . Ma in fomma da cosi bella pagina è tratta 1* autorità, con cui fi prétende di trasfigurar 1' Iftoria tutta per quanto fpetta alla dilatazion de i Cenomani.

Nonrefta più che Giuftino, Scrittoredel fecol baflb, il quale ci lafcio un compendio délia voluminofa Ifioria di Trogo, autore di Gallica origine, che del Regno di Macedonia principalmente trattato avea, toccando perb quafi a modo di Storia univerfale anche dell'altre genti. Noi abbiampoco fa accennate le prime invafioni de' Galli. Leggefi in Tito Livio , corne andaron libère- fufleauendo Salvii, Boj, Lingoni, e ultïm'i advena- di tutti i Senoni, che h avanzarono Iungo il mm. mare fin preffo Ancona, ed ofaron poi di pafî'ar l'Apennino, e d'afiediar Chiufi, dugent' anni dopo , corne tnfegna lo Storico dalla calata degMnfubri, e de' Cenomani. L!v'f.re»S Qiûnci pa(faronoeftoro,comandatida BrenTil-Gàiio- no anche ad aifalire, ed a prender Romà mm. fuorchè il Campidoglio , donde feacciati, fecero lega con Dionigi Re di Sicilia, ch' era allora con efercito nella magna Grecia . Ora nel far menzione di queft' avvenimento Giuftino, tre verii aggiunfe , che mifW.20. chiano infieme i fatti di dugent' anni , e impaftando infieme la prima calata de'Galli,

de'Galli, di Bellovefo, 1* altra d' Elitovio , e 1' ultima di Brenno, attribuifeono a'Senoni cib che avean fatto gl'Infubri, ed i Cenomani, e di più anche i Veneti, e i Reti; poichè narrata la legazione a Dionigi di coloro, che avean poco prima incendiata Roma, da que'Gaili difte, efle- lï.W,,,. re ftate edificate Milano , Como , Bre- Gahis feia , Bergamo , Verona , Trento, e Vicenza. Fatale oltre ogni credere ail' Ifioria di quefte noftre Città fu quel paflb ; poich'eflendo Giuftino autor più degli altri aile mani ne' baffi tempi, ed anche nel primo rinafeere de'buoni ftudj, ed effendo non fo corne entrato a tutti maravigliofamente in grazia il nome di Brenno ; e Storici, e Poeti non aîtro rifonarono per dugent'anni. Ci fu chi per fin ne trafte Verona eflerfi avanti chiamata Brennona . Cosi di Brefcia il primo de' fuoi Storici, *^' \'"" cioè Giacopo Malvezzi, afferi, che fu edi-. Gain s - ficata da'Galli Senoni, e dal Re Brenno. ""/'"«"• Per far creder coftoro, che cutt'altra ftra- civn,i,cm da tennero, venuti a quefte parti , fi ac- i°r»"'»- coppio un errore in JLivio, limile appunto RrX al poc' anzi avvertito ; poichè dov egli Bnnmir fenza dubbio ferifiè , che tennero i Senoni tifque ad Aefim , le (lampe anteriori aile emendazioni dçl Sigonjo , e del Panvinio portarono ufque ad Atbefim. Ora per falvar Giuftino, fi vorrebbe interpretare, ch' ei parlaffe quivi de' Galli in génère, e non de'Senoni, ne di Brenno; ma non cosi fu intefo mai , corne 1' opinione per tanto tempo invalfa ben dimoftra , e non cosi '•'"•••• fuonano le fue parole . Fors' egli, corne facilmente a' compendiatori avviene , nel voler ridurre in poche parole il difeorfo del fuo Autore, fenfo, e fembianza mutar sli fece . Fors' anche Trogo in favor délia fua nazione avea cercato d'amplificare le fondazion de' Galli. Ma comunque fia, quai confiderazione meritar pub mai un paflo di falfità si ripieno , e nel quale contra 1' autorità degli Scrittori tutti , e contra il manifefto ordine délie cofe fi attribuifee a' Galli anche la fondazione di Trente? Non fi troverà, che i primi Galli paftati in Italia fi allogaficro fe non nelle pianure; si perché cercavan terreni ricchi di grano per la lor moltitudine , e si perché ne' paefi montuofi faceanfi forti i popoli da loro aflaliti , e feacciati . Non che Trento perb, dove fi convien'ire per lungo tratto tra le fauci, e tra le angufiie de' monti, ma ne pure a Verona anche fenz'altre pruove farebbe da credere fi portaflero i Galli, per efîèr'efla aile falde de' monti, e per aver' innanzi ampio I tratto di paefe afpro, incolto , e faflofo,

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LIBRO PRIMO.

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Tanto adunque plaufibil fuquefta afTerzion I diGiuftino, quanto 1' altra Tua , che co/■* » loro i quali perfeguitavano gh Argonauti veniffero a fermarfi preflo Aquileia , che folamente nel fefto fecolo di Roma fu edificata. Non dee per altro taccrfi, corne non mancarono in Italia anche nell' ctà meno illuminate acuti ingegni, che il vero, e '1 falfo difeerner fapeffèro . Triftano Calco per cagion d'efempio nel pri-1 mo libro délia fua Storia Milanefe, e fi rife délie finte Origini di Catone, che pur' allora eran date fuori, e dell' attribuire tante fondazioni a Brenno contra cio che fi puo imparar da Polibio, e da Tito Livio: refe egli perô le Città a fuoi veri autori, e tra quefte Brefcia a' Cenomani , a gli Euganei Verona.

Non lafcerem per ultimo di ricordare , corne non pochi anche furono, cui Verona parve nome Gallico. E' afsai che a coftoro nome Gallico non pare fse anche Roma, che poco fe n* allontana . Ma Cortona ebbe pure il nome dagli antichi Tofeani, Ancona l'ebbe da Greci , Crcmona l'ebbeda Romani: e acciochè di quefr.' ultima non fi dubiti, per afscrirla anche il Cluverio di nome Celtico, veggafi efpref/. 3.^.40. famente in Polibio , corne quando i Romani coilocarono contra i Galli le due Colonie, l'una di efse nominaron Piacenza, 1* altra Cremona . Più Città di tal definenza furon nelle Spagne. Non occorre in cib perder tempo; corne ne pure in ofservar gli sbagli nati dal venire il nome di Verona variamente feritto negli Autori oy»«» ' Greci. iStefano, o il fuo compendiatore , BrfCV- regiftrè VcrunoCittà d'Italia ne* Norict. Se Bn'p'K' intefe di Verona , equivoco nel fito, fe di Viruno Città Norica al Dravo, non potea dirfl Italiana. Anche una Verona in Francia vien'introdotta per alcuni da una legge di Valentiniano, al tempo délia quale data

data Città d' Italia pare , che non corn- Gotef. a.i'L peta ; ma fàrà forfe qualche ftroppiamen- 9-«^/'««•• to di nome, corne nell' iftefso Codice di Remis più d'una volta fi è fatto Romç. Cosî la Verona nominata da Paolo Diacono nell' Apennino è feorrezione in luogo di Vetona, cui la Tavela Peutingeriana mette tra Perugia , e Todi : Vettonenfes Plinio . /•?. *.r4. Trapafsercmo Vera Città délia Media nominata da Strabone : il Vefcovo Verronefe in Africa,nominato tra Donatifti nella Collation Cartagùefe; ed akre si fatteof- Conc.veK. fervazioni, che per verità non fervono a''i-fll9nulla: ed aggiungercmo folamente ancora, corne motivo di fofpettar Verona Gallica avrebbe bensî potuto preflarc una lapida votiva al Dio Ber^imo, che Fabretti, e c- ,

i ~ ' > rai}) 1, p.

Torre difsero in Verona : pofciachè dal G56. nome pare , che tal Deità per venuta in I,I//-VIIt* Italia co' Celti fi manifefti. Berg , o perg m Iingua Germanica, che anche da cio fi puo arguire non diverfa dalla Celtica , o Galiica, vuol dir monte ; onde Pergamo, o Bergamo pel folito feambiamentodi pronunzia, cosi forfe fu detto per efîer Città montana: ma quella lapida ftette fempre, e fia pur' ora nel Caftel di Brefcia , dove da noi dopo lunghe ricerche fu rinvenuta. Tanto ornai balti per mettere in chiaro le origini, e per fermai- fenza rcpîica con le autorità incontraftabili di Polibio, Ji Livio, e di Plinio, che racchiude anche quella di Catone, e di Nepote, e infïeme col ficuro complefTo délie cofe, e rifeontro de* fatti, corne Verona fu Etrufca, e Vencta, e corne i Cenomani a Verona non venner mai, ma di là dal Chiefio fi tennero. Ci fiamo alquanto diffùfi fu quefto punto, si per l'utilità générale di cosi fatte ricerche, e sï perché un' Utoria , che vacilla nelle origini , è corne una fabrica, che pecca nel foni damento.

FINE DEL LIBRO PRIMO*

DELL'


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DELL ISTOR1A

DIVERONA

L I B 1(0 S E C 0 K D 0.

*>>. 364. ^^^^»>f^^^^^n p°teano i Veneti non ffël I^^W^^J^Î) e^el naz^one di molto

fsJ^Owï^Jl^ grïdo, e non c^er Soî^^Èbs^ÊÂWï z'eta di gran fbrza , ^I^P^TMWNI^ mentre si ampio paefe vlflf^Wi^wli: occuPavanoJ quanto c h'&^^^^^^W^^, dal Chiefio al mare, e

quanto c tra 1 Po, e 1' Alpi , e regioni teneano, délie quali diflicilmente in qualunque parte fitroveranno le più fertili, le più deliziofè, c le piîi felici . La prima notizia de' fatti di quefta gente, c per confëguenza de' Veronefï, fi ha per occafion délia guerra de' Galli Senoni contra Roma, già che per lo più tanto fappiamo degli antichipopoli Occidentali, quanto ebbero a far co' Romani. Bella memoria adunque ci ha iinicamente confervata Polibio ; cioè, che quando i Senoni con l'aiuto degli altri Galli Ciialpini entrarono vittoriofi in Roma, l'anno 364 dalla Tua fbndazione,furono al fine cofiretti a Toi.ub-t. ritirarfi, e a far pace, per aver prefe l'arTZT, 0" 1' »ii i Veneti contra di effi, ed eflêre entra-. inHa\oV. ti ne'lor confini. Gran corpo , e gran CoTUV&C. munanza ftn dai quarto fecolo di Roma convien perb dir fofse quclla , che contra i tanti popoli Gallici nondubitava intraprcndcr guerra, e la quale a fronte di cosi feroci confinanti, e invafori in pofléffo délie fue Città , e de' fuoi paefi fi mantenne fempre.

Nello fpazio delli cento fettant' anni, che corfero dalla detta guerra alla Punica féconda, non lafciarono i Galli d'infeflar ben fovente i Romani, avendogli più volte vigorofamente afsaliti. Molto fpelso in tal tempo ebbero guerra co'Galli anche i Veneti ; o fofse cib un eitêtto di perpétua legs, chequefti aveflero co'Romani, o fofie che altramente non pote (Te avvenire nella vicinanza di due nazioni 3 1' una formata

formata età d'un compofto d'Etrufci, e d'Afiatici, o Greci, 1' altra Settentrionale , e barbara , e dalla quale altra leçwe «on fi riconofcea che la fbrza . Tal frequenza di guerreggiare tra Galli, e Veneti noi ricaviamo da un luogo di Tito Livio, in cui raccontando lo sbarco alla meta del quinto fecolo di Roma fatto fui Padovano da una partita di Greci , che cominciarono a predar gli armenti , e a faccheççiare i Vici, dice, che "iuntone 1' avvifo a Padova, per reprimer tal'incurfione in poco d'ora, e con poca fatica fi pofc gente in ordine, liante che i vicini Galli te- Ub. ic. neangli fempre in armi. Malam ente è fia- "'"fH" to intefo quefio pafso da chi ha creduto ritrarne, che il tener de'Galli arrivafse fino a Padova. Le guerre de'Galli , corne appare dal confenfo deîl'Ktoria , non erano co'Padovani in particolare, ma co'Veneti tutti : perb manifeftoè che tenuti fempre in armi da Galli non intende qui Livio , fbiîcro i Padovani folamente, ma generalmente i Veneti ; quindi è , che col geneneral nome di Veneti chiamb in quell'ifief- G™-*-/.- fo luogo coloro , che fi oppofero a' Greci fus- v*"e<' gitivi. Jb dunque patente , che vicini, o u contermini chiama Livio i Galli alla Ve- Ub l0 nezia, non a Padova , appunto corne po- «<-«/<«■■ co dopo con l'ifiefib vocabolo contermini G"!"" gli chiama all'Etruria , e corne fignifica lr ,.. altrove, che il regno d'Eumene era confi- r,-;:■•«» ■■• >• nante con quel d'Antioco. (oLm•

Scacciati finalmente del tutto i Senoni, e feonfitti i Boj da'Romani, ftettero cheti i Galli per quarantacinqu' anni : dopo i quali confederati i due Popoli fin fotenti Po.'. . 1. Boj ed Infubri , chiamarono in aiuto i T" ■."'"' Gefsati di là dall' Alpi, e unita al Po una grand' annata , marchiarono nell' anno di RomaVarroniano 529 verfo la Tofcana, e verfo Roma. I Veneti anche in quel'00cafio-

quel'00cafio-


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L1BRO SECOND O.

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calionc tcnnero co' Komani , ncevuta da Roma una legazione, talchè pofero infieme vcnti mila uomini per entrarnel paefede'Boj, e richiamar come l'altra volta i Galli a difendere il proprio. Uniti a Veneti furono in queft'incontro i Cenomani, quali come prolfimi alla Venezia , e più deboli, per non reftare efpofti, fi congiunfcro co'Veneti contra i lor nazionali. Ma ottenuta dal Confole Lucio Emilio una infigne vittoria in Tofcana, e trucidati i nemici, e difperfi , venne in animo a' Romani di domare interamcnte i Galli cifalpini, e fpedirono contra Boj , ed Infubri ambedue i Confoli. Paffarono allora il Po per la prima volta 1* armi Romane, e termina la guerra con la efpugnazion di Milano, avendo percio Claudio Marcello trionfato degl' Infubri, come infegnano i marmi Capitolini, Fino a quefto tempo, chevuol dire fino ail'anno 532, appar chiaramente , che ne Veneti, ne Cenomani furon foggetti a'Romani. Quando, e come paffaflèro quelli , e quefti fotto la Romana Republica, è da porre in chiaro , e prima quanto a'Cenomani. Ptl't.i. Si ha in Polibio, che debellati gl' Infu<■•

Infu<■• brj} poco tempo dopo furono anche difcacciati i Galli da tutte le pianure d'intorno al Po, eccettuati folamente alcuni luoghi pofti aile radici dell' Alpi . Impariam da quefbo, che tentarono ben tofto i vinti di fcuoter 1* impofto giogo, e che tumultuarono in lor favore con gli altri popoli Gallici anche i Cenomani, quali come poflefibri di bella pianura, e adiacente al Po, non ;,% ha dubbio eder de i comprefi quivi dall' Iftorico fotto il gênerai nome di Galli, e degli fcacciati, e foggiogati allor da' Romani . Avvenne cio ne' quattro anni che paffarono dalla depreffione degl'Infubri, al principio délia féconda guerra Punica ; e — conferma incontraftabile ce ne dà l'Epi tome Liviana, incuifiha, come immediatamente avanti la guerra Punica furono da ,; Romani condotte le Colonie di Piacenza, Epibjiï e di Cremona, e quefte nel terreno prefo a' AGéfir Galli. Taie era l'ufo Romano, e perô vegeaptt. giarno in Livio, come aile Colonie mandate a Modana, a Bologna, a Parma fi diflribui terreno tolto a Boj , e a quella di L'»«''37> Lucca terreno tolto a'Lisuri . Ecco vcib "" ■ come in pena furon parimente allora privati i Cenomani di buona parte del territorio loro con l'edificazion di Cremona ; poichè i Romani per imbrigliare i Galli , la forza de* quali era d'intorno al Po, fui Po piantarono due Colonie, una délie quali fecondo il buon ordine fempre tenuto, e moftrato poco dopo nel fondar la Colonia Aquileia,

Aquileia, nell' ultimo diftretto da tal gente pdfïèduto, cioè nel Brefciano. Non fi puo da chi abbia lume di conofcenza dubitar punto, che queita nel tener de' Veronefi non fi fbfïè più tofto condotta, s' anche quefta Città foffe ftata di ragion de'Galli; mentre il Veronefe ancora arrivava al Po, ed avea Oftiglia , ch'era fito niente meiv opportuno: o ne farebbe certamente aimeno data quivi condotta un' altra, per tener Verona a freno , come con Cremona fi tenea Brefcia, e per guardare il confine, e far fronte non meno a' Galli, ch' eran di qua dal Po, che a qualunque altra moleftiadalla parte dell' Alpi venir potefle,che H'f-J:^- fu il fine délia Colonia Cremonefe, come haZ"' Tacito efpreffamente dichiara. Ma appena traHI p*- nell'anno 536 fi fparfe il grido délia mar- ,""«""/; chia d'Annibale verfo l'Italia, con la qua- </"<* «a* le alla guerra Punica féconda fi diè princi- ^'/v'"'^_ pio, che Boj, ed Infubri prefe l'armi fi rel. ribellarono. Non ebbero in cio parte i Galli Brefciani, come parla Livio, quali tenuti t"v./.zi. a dovere dalla Colonia Cremonefe , diedero anzi aiuto a Lucio Manlio Pretor délia Gallia, e foli de' Galli, nel prinv anno fcnza ribellarfi mantenner fede, e nella battaglia al fiume Trebia fiettero co'Romani. Ma cambiarono ben toflo anch' effi al vedergli allontanati, e dall' avverfa fortuna abbattuti: pero nelle giornate al Trafimeno, ea Canne non fi veggon più Galli, fe non nell'efercito d'Annibale, e tra popoli paffati allora al fuo partito , dichiara lo Storico, che furono i Galli cifalpini tutti. Liv.Ub. Quindiè, che nel 548 Piacentini, e Cre- **•.'.'"'*

^"» r \ T ■ r» [iilptm ont'

moneli mandarono Legati a Roma perque- »erGaii>. relarfi délie incurfioni, e de' facçheggi, che #*• 1*. da'vicini Galli foftrivano. Terminata con tanta gloria de'Romani quella guerra, l'anno fuflèguente 554 Infubri, Boj, e Cenomani fàttofi duce Amilcare , che rimafo era fra loro, e fufcitati più altri popoli, abbruggiaron Piacenza , ed invafer Cremona; rotti pcrb , e disfatti da Lucio Furio Pretor dclla Gallia, che n'ottenne a Roma il trionfo. Tre anni dopo ribellaron dinuo- Liv.1.31. vo: feparatifi pero i Confoli, Cornelio Cetego marchio contra gl' Infubri, i quali prefifecui Cenomani, come parla Livio, s' nb. 31. erano ritirati al fiume Mincio. Il parlai- di Centmanis Livio ben moftra, che i Cenomani non fi aJJum'"' ftendeano fuor del Brefciano , poichè nel marchiar gl' Infubri al Mincio , gli prefero feco. Quivi Cetego , avendo col mandar ne' v'dlaggi ds Cenomani, edin Brefcia ,cbe di quella gente era capo, comprefo , non effer' edi in armi per publica deliberazione , gli follecito nafcoftamente ad abbandonare i compagni , come nella battagiia fecero ;

aven-


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DELL' ISTOIUADI VERONA

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Liv. m. avendo non pertanto degl' Infubri , e de» rXllJsl' Cenomani il vittoriofo Confole trionfato . c'enoma- Con quefta vittoria rimafero finalmente i *i\que, fudetti popoli fottomeffi. De' Cenomani perb in avvenire non fi trova più nell' Iftoria ne pure il nome; fê non pochi anni dopo, allorchè avendo il Pretor délia Gallia fenza giufto motivo tolte loro 1' armi, querelandofene a Roma in Senato, le riebbero, e fu in pena richiamato dal governo il Pretore.

Or veggiam de' Veneti , quali mirabil cofa è, che quando, e corne veniffero alla divozion de'Romani, ne in verun Iftorico fi legga, ne alcun finora fi fia dato penfiero d'inveftigare . Quefti ancora, e Verona con effi , ne' medefimi quattro anni , che precedettero alla féconda guerra Punica , noi crediam, che pafTafTero fotto Romani. C'inclina a cosi credere l'ofTervare nell'EEpitJ.to. pitome Liviana, corne dopo fottomeffi i Galli, e avanti la venuta d'Annibale, furon debellati gl'Iftri, fituati di là da' Veneti: benchè per verità fia credibile foflèro lib.i. quefti affaliti per mare , riferendo Eutropio, che aveano infeftate a modo di Corfari le navi frumentariede'Romani. Ci muot» _ ve ancora più il vedere in Silio Italico annoverata la Venezia infieme con l'altre parti d'Italia fbttopoftea' Romani, che contribuiron gente avanti la battaglia di Canne: e molto più il non veder parola in Tito Livio d'un cosi grande, e cosi importante aumento di Stato; la quai cofa dimoftra fecondo noi, ch'egli avea ciô riferito ne' libri fmarriti, dove le cofe fi narravano alla féconda guerra Punica antecedute . Nell'anno 568 fi conofce con ficurezza la Venezia tutta già fbggetta a*Romani, per tiviib.19. aver'effi impedito ad una truppa di Tranfalpini pafïàti nel territorio, che fu poi Aquileiefe, di edificar quivi. Dalla mofTad* Annibale al detto tempo racconta Livio a diftefo, e con diligenza quanto di notabile a' Romani avvenne : non è dunque mai da credere, che sfuggito gli fbffë un tanto ingrandimento , e 1* acquifto di cosi illuftri Città, e tanto più, che fi trattava anche délia patria fua , effendo appunto lui di quefta regione nativo. Manifeflo è perb 1' indizio , che il racconto di quefto fatto cadeva nel fuo vigefimo libro dal tempo involatoci.

Quefto è quanto al tempo ; ma quanto al modo, quafi per certo abbiam noi, che non per forzad'armi, ma per volontaria dedizione all'Imperio Romanos'incorporaflero i Veneti . Primo indizio ci par di trarne dal non vederfi il lor nome ne' Fafli trionfali ; e poichè tanto i

rnarmi ne fon mutilati, ancor maggiore, dal non farne menzion'alcuna Polibio,il quale nel fecondo libro le guerre alla Punica féconda precedute , tocca diligentemente . Non avrebbe ancora l'Epi tome di Livio trapafTata in filenzio cotai conquifta, fe per guerra fofse avvenuta . corne non vi trapafsb poco appreffo il foggiogamento delMftria; poichè le guerre non foglionoda gli Storici anche ne'compendj trafcurarfi. Cosi Floro di Guerra Veneta i non fa motto. Ma prova in oltre più cer- s ta ne dà il coftume inalterabile de' Roma- ', ni , che in que'fecoli non portaron mai ' l'armi contra chi che fia , fe non provoca- \ i\, e non le avran perb moffe contra Veneti lor perpctui collegati, ed amici. Dimoftrazione in fine certiffima ne fa l'ofler" vare, corne Colonia non fu condotta allôra, ne per cento trent' anni apprefso di qua dal Chiefio; dal che apparifce x che non fu acquiftata la Venezia per fbrza d'armi ; infegnandoci Appiano , che Roma nelle re- BI gioni dentro 1* Alpi in tal guifa fbggiogate '•»■< coftumb di far Colonie in vece diFortezze, mandandovi Cittadini fuoi, per abitar nelle Città, o di nuovo quivi fabricate, o co* proprj abitanti divifê ; il che non potendofi efeguire fenza torre a i popoli buona parte del lor terreno, inftituto de'giufti Romani fu, di non mandarColonie fe non in paefi prima nimici, e fatti di lor ragione per gius di guerra ; di che le Colonie nella cifalpina Gallia condotte fpezialmente fanno fede . Narrando lo Storico , che 1, nell'anno 565 fu condotta Colonia Latina »i< SL Bologna, foggiunge fubito: il terreno fi û, era tolto a'GalliBoj. Offervifi adunque, « I corne nelle parti di qua fu unicamente edificata , e fatta Colonia Aquileia ; ma oltre che quello era paefè non de'Veneti,ma de'Garni, avvertafi ancora corne fu terren di conquifta : poichè nel 568 uno ftuolo di Tranfalpini, penetrati per bofchi, e disufate vie fin preffo al fito , ove, corne dice lo Storico , poi fu Aquileia , fe ne impof- /. fefsb, e comincib a fàbricarvi una piccola " Città : coftoro da Livio fon detti Galli ; ^ potrebbe darfi con tutto cib fofser venuti di men lontano , poichè il nome di Galli, corne quel di Celti, fu dato anticamente talvolta a tutti i popoli tranfalpini : ma forfe ancora fu gente ftaccata daJl'Alpi Galliche. Mandarono i Romani a dolerfene; ma nell* anno57i continuavatuttavia illavoro: ordinarono perb al Pretore Lucio Giulio d'impedirlo anche con l'armi oceorrendo, e di cacciargli : cosi fu fatto, accorfovi anche il Confole Claudio Marcello ; fenza perb fpogliar coftoro, ne ofîèndergli, effendofi

fcufati

Btl

liL.x


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fcufati con dire , che fpinti dalla penuria fj.clor Paefi> non aveano creduto di far'erjfcre occupando un terren folitario, ed indplto. Marcello chicfe poi licenza al Senajp di portar la guerra nelMftria tumulliante ; per la quale molto opportutio efjjpndo di pîantare una Colonia fu la fronJjjjaiera , fu deliberato di fabricare Aquileia IXoco lungi dal luogo , ove poco avanti a«reano prefo a fabricare i Galli. Eretta contra i Barbari confinanti la difse perb Stramionc. Forfe come a molralcre Città avISarenne, fi denominb dal fiume, che le fcor[Ëreva a canto ; poichè Aquilo par che Zofi«rno chiami quel fiume iftefïb , che fcende Kdall' Alpi Noriche , e il cui nome in Pliffinio, e ia altri fi fcrive Katifo. Si oppofero Bgi' Iftri, e fu necefsario che l'akro ConfoHlc Fabio Labeone guerreggîafTe con élu : Mina nel S7i vi fu finalmente da'Triumvirari, eletti due anni avanti, condotta una m Colonia Latina. Ecco perb corne in paefe H prima da nimici tenuto anche quefta Co||lonia fu pofta , ond'è , che dice lo Sorico, Refsere ftata nel terreno de*Galli condotta: m avendo i Romani avuto in ufo di confidep rar corne paefe di conquifta qualunque foff$.-fe (lato avanti da ftraniere, e nimichegen: ti occupato. Comprovafi da tutto quefto, che non eiïendo altra Colonia per si lungo tempo dopo il dominio Romano data in

Itutta la Venezia condotta , non fu altra parte in effa, che fbffe da* Romani con l'armi acquiftata : e fe ne prova in oltre con piena evidenza , che quefta Città fingolarmente fu fempre Veneta, e non mai Gallica, indubitato effendo , che in Verona, o nçl Vérone (e fi i'arebbe fondata Colonia , fe quefto paefe fofte ftato prima de* Galli i e tanto più in quefta che in altra parte, quanto che aile ftraniere nazioni, e a un si frequentato varco dell* Alpi fi fa qui frontiera. Preflb chiunque abbia lume de gl» inftituti Romani, e dell* ordine perpetuamente da lor tenuto nelle conquifte in tempo délia Republica fatte , e ne'paefi a Galli tolti , niun altro argomento abbifogna per ficuramente conofcere, che ne de' Cenomani, nç d'altra gente Gallica fu niai Verona. Ma venuta adunque la Venezia fpontaneamente alla divozion de'Ro„mani, non per quefto smarrl mai l'antiço Wnome, o l'antica ftima . Fino in tempo ■Hdell'Imperador Claudio, tutti i popoli CiHBfalpini venivan dinotati co'due foli nomi iJidiVeneti, e d'Infubri, corne i piùi 11 uftri, $He diftuii : per Inlubri s'intefero tutti i Galli ; ;3pei Veneti coloro, che fin nell' ultima età fMdelMmperio una délie più nobili Provincie f ffd'Italia da feçompofero , e denominarono. ;;. Ver, Jllujir. Parte 1.

Benchè tanto chiaramente fi fia dimO' ftrato, che la Venezia non per forza d" armi, ma per volontaria dedizione s'incorporb ail* Impero Romano; alcuni fon tuttavia , che non vogliono perfuaderfene , e non fannoindurfi a credere, che corpo tanto potente confentifle mai per elezione di pafsare in poteftà altrui. Ma per giudicar di cio rettamente, converrebbe a ver fatta confiderazione fui fiftema de'Romani,che fu diffèrentifiîmo da tutti gli altri. 1 Rc conquiftatori coftumarono di porre i po» poli in mera condizion di foggetti : ma î I Romani confiderando, che il far compagni era un farfi altrettanti aiuti ,e il far fervi era un prepararfi altrettanti nemici, fpezie d'Imperio vennero componendo, che riufci una Sozietà di tutte le genti vincolata infieme dal comun benefizio. Oflervifi perb il linguaggio Romano , che ben ci apparifce negli antichi Scrittori. Non iblamente trattando d'Italiani, ma trattando parimente di Provinciali , il termine non fi ufava di fudditi, che quafi era ignoto , ma di Sozii : ne fon piene l'antiche carte,e bafta j^,;, fcorrer tra gli altri Cefare, Cicérone, e Tito Livio . Ex ftato per alcuni creduto, che di tal denominazione veniflero folamente onorati i Latini , e per altri, que' popoli ancora, ch'eran privilegiati di liberté : ma con grand'errore ; poichè de' Galli , degl' Ifpani , de'Cilicj , e d'altre Provincie cosi parlano gli Autori regolarmente. Tullio fpefliftimo i Pretori, e i Magiftrati d'ingiurie a1 Compagni fatte ri- Sociit. prende , e accula , e più volte i Provinciali d'efler cattivi Compagni rimprovera. Ove difputa in favor délia legge Manilia, noi, dice, per l'innan^i potevamo con l'an- omnnSotorità del nojlro imperb far ficttri i So^ii "'""''" "'- tutti anche delheftreme regioni ; e fbrfe die- #"[' °r'r ci volte nell'iftefta Orazione cosl nomina i feggetti popoli. Ravvifafi taie inftituto ne'GreciScrittori ancora, benchè ufati ad /;{,,{./. abufare affai fpeflo i termini Romani. Di- w^rceDione, che i Corfari infeftarono l'Italia %/**lT fiejfay nonebe lïCollegati: cosl fiiona il voca- V^IIKbolo, ch'egli usb per fignificar le Provin- x'"" "'" cie. Strabone più volte per dir d'una gente, ora c fottopofia a' Romani, cosl fi exprime: ora fono Romani. QuintoCurziochia- vi/V^v»/- mb il dominio Romano tutela, ove difle *a,u°"°' ■ di Tiro : ora fotto Ja tutela délia manfue- lih tudine Roman a ripofa . Cos) afïèrmb Cice. oj'.!. i. rone, che potea nominarfi anzi protezio- e- sne, e difefa , cheimperio. In quefto modo non è da far maraviglia, che i Vençti, benchè di tanta forza , fpontaneamente fi defsero a'Romani ; anzi niuna maraviglia è da fare, che çon si fatti inftituti

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DELL' ISTORIA DI VERONA

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occupafTero tutto il mondo i Romani, dove gli altri domina dentro angufti termini fi rimafero : perché giovava più. a'popoli d'entrare in conforzio con una si grande, e infuperabil Republica, che di tare un piccolo , e debil corpo da fe . Di un tal fiftema confeguenza era infallibile , e pur' ancor farebbe, il fignoreggiar la terra : perché l'utile, e l'intereffe furon fempre , e in ogni età faranno, il gran movente degli uomini ; e ben fi mutano le perfone , ma la natura, e la ragion délie cofe è l'iftefla. Traluce cosi fatta idea de'Romani anche nell'ufo, fattoci poco fa avvertire da Appiano ; che ne' paeû* foggiogati faccan Co* lonie in vece di Fortezze . Cosl Aquileia contra gl'Iftri, cosï Eporedia, oggi Iurea, dice Strabone, che fu fbndata perché fêrvifle di prefidio contra'Salaffi. Non per Fortezze adunque afficuravano il loro.Stato i Romani, ma con popolazioni bénévole, e intereflate nel dominio, o per fangue , o per legge : cioè o per eflèr nate Romane, o per efîer fatte. L'effetto di che videfi fin ne* primi tempi , quando gli Equi mal foft'rendo , Liv.i.xc. una Colonia quaft rocca impofia fu i lor confini, l'attaccarono con gran forza , ma furono da* Coloni bravamente refpinti. Continuaron fempre in tal coftume i Romani , per avère offèrvato , che le Fortezze occupate da nimici talvolta , diventano lor perpetuo nido ; là dove gli uomini ben' affètti , e con qualche fpezie di comunanza vincolati, o non fi efpugnano da gli eftranei già mai, o tanto fi tengon da effi in catena, quanto tarda 1* occafione , e la poffibilità di redimerfi.

Nel modo che abbiam veduto , intorno all'anno di Roma 534. , infieme col rimanente délia Venezia pafsb la Città noftra ancora fotto'Romani. Ch'efla fin d'allora molto fi diftingueflé tral'altre, Silio Italico palefa, quando i popoli annovera, che contra Annibale mandarono in quella guerra, e prima délia battaglia di Canne, a' Uh. ». Romani aiuto ; poichè Verona daW Ad'tge TumVe- circondata diftmtamente vi nomina . Ove 'fltcunu ai tanto rimote età fi favelli, cosl rare fon le fitu. menzioni, che di quefte Città in antico Scrittor fi rinvengano, che non bifogna lafciarfi fuggir fenza rifleffione la récita , che in quel luogo fa il detto Poeta di moite . Ofierviamo adunque primieramehte, corne fi fegnalb Verona mandando aiuto a' Romani nel maggior' uopo ; con che d' altra progenie che Gallica par fi moftraffe, precifo carattere de' Galli , corne attefta Livio, effendo ftato allora l'odio ingenito ub.-i.pro- verfo Romani: dal che forfe nacque, che PiïfaiT furon S 1' Infabri tra que'popoli, nelle anUh.

anUh.

TumVcrtmmAtbi-

TumVcrtmmAtbi-

ficircumfiua.

ficircumfiua.

vdio,

Cù.p,t Bail,

ad lib.f fiant ai. bue civ„ tas NeMentant

tiche paci , ed accordi co'quâli fi fermb , *«».,. che niun d'effi alla Romana cittâdinanz* 9d">- fbfse ammefso, corne da Cicérone fi iica« jy, va. Ofîerviamo in fecondo luogo, che fe ai' bene non poche Città di confidërâarone erano nella Venezia , corne Vkenza, Concordia, Altino , e più altre, non altre per6 fi nominano dal Poeta , che Verona , Padova , e Aquileia, con Mantova ancora permerito dell'immortal fuo Virgilio. Ben da cib traluce , corne quelle tre confiderava egli per le maggiori, e per le più illuftri di quefto tratto. Dal modo, con che Silio nomina Aquileia, ePadova, par ch'eirù put-afle principal Città de' Veneti la prima, e degli Êuganei la féconda : ma noi fâppiamo, ch'Euganei, e Veneti cran l'iftefso; e fappiam di più, che Aquileia inquel tempo non c'era ancora , onde non potea far gente in favor_.de' Romani, ne computarfî per diftinta Città. Cosi Virgilio tra quelle, adUh che furon del partito d'Enea , annovero nam '„]■ Nomento, quale avvertï Servio corne non e- *%''* râper anco in eflere : ma bifogna perdonar Je„,°„s quefti anacronifmi a' Poeti, e prender da *«*/<«™ loro quel che di certo fe ne ritrae. Ofièrviam dunquein terzo luogo, corne tra le favorevoli a' Romani non mette Silio Brefcia; non Bergamo , non Milano , perché i Galli, corne abbiam veduto furon del partito d* Annibale ; ci mette bensî Cremona , e Piacenza, ch'eran Colonie Romane , e mettendoci Verona, e Mantova , indifputabilmente dimoftra , che quefte non eran Galliche, ma d'altrocor-, po, cioè del Veneto.

Si afpetterà qui fenza dubbio , che paffiam' ora a ragionar délia via Emilia , che laftricata nell'anno 567 fino in Aquileia dal Confole Emilio Lepido , hanno feritto molti grand' uomini, e il Panvinio ancora, e fi legge in Strabone, e comune mente fi crede. Di quefta via non poffiam rimânerci di favellare, perché fi tiene pafsâfse per Verona, e più cofe per cagion di efla fi fono affermate da noftri Storici. Ma fia detto con tutta pace di chi a tal'equivoco avefse prefb aftêtto, via Emilia per Verona, o ad Aquileia non fu mai; il che con pochi verfi farem conofeere. Provincia del Confole Emilio Lepido fu in quell'anno la Liguria , non laGallia,qual toccb in forte al Pretore Marco FurioCraffipede, corne fi pub leggere in Tito Livio; I/C./.3! non potea perb Lepido por mano in giurifdizion non fua, e far lavorafe una ftrada a tra verfo délia Provincia altrui . Ma che occorre ? non potea condurfi ad Aquileia una ftrada, quando Aquileia non c'era ancora. Abbiam veduto diftintamente poc

anzi


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LIBRO SECOND O.

anzi eome ad Aquileia fi pofe mano folamente nel 573 , cne vuo 1 dire fei ai?ni dopo . Con le ragioni cofpira 1' autorîtà , poichè narra Tito Livio, corne Lepido una ftrada fece, che dal fuo nome gentilizio fi ; diffe Emilia, non da Aquileia, ma da

I Piacenza fino a Rimini, acciochè quivi con la Flaminia fi congiungeffe , che correva da Rimini a Roma. Fonte di tanto inganno fu il leggerfi prefso Strabone, che la via di Lepido da Rimini , ove terminava la Flaminia , procedeva ad Aquileia : perb il Cellario , oflervando venir diverfamente da Livio , e da Strabone indicata, lafcib la cofa indecifa : ma è patentiffimo, Putcenxjt doverfi leggere in quel pafso di Strabone , non Aquiteia, e de'fcrivani,non dell* accurato Geografo efser l'errore. Diraffi di nuovo , che tal'emendazione non ha fondamento di manufcritti ; ma tanto c' è per quefta bifogno di tal fuflïdio, quanto nell'altra di Cremona cambiata da copifti di Livio in Verona , non eflendo qui niente meno da fe patente la verità: si perché d'un cosi grave, e pefato Autore non fi pub credere , che fcrivefse condotta una ftrada ad Aquileia, quando Aquileia non c'era ; e si perché ripugna quefto errore al contefto fuo . Defcrive quefta via Strabone, e dice , che da Rimini andava a Bologna, e di là (com'or fi legge) fino ad Aquileia , lungo k radici r dell* Alpi , rigirando intorno aile paludi. Quai* Alpi , o quai montagne trova mai chi va da Bologna in AqSileia ? e che paludi incontra, intorno aile quali rigirar debba ? Ma per paflàre da Bologna a Piacenza, lungo i monti Apennini fi marchia non poco fpazio; e ben fi fa, che ad ogni alto giogo di monti nome d* Alpe fu dato talvolta : indi intorno aile paludi adiacenti al Po era forza rigirarfi allora, perché gran tratto di paefe occupavano nel Parmigiano, e nel Piacentino, come dal medefimo Strabone s* impara , ed impedivano perb di portarfi dirittamente a Piacenza. Manifêfto è dunque , che Piacenza fcrifse il Geografo ; e perb pochi ver fi prima délia diftanza fra Rimini, e Piacenza fece due volte mcnzione. Quelle paludi fono le iftefle afciugate poi gran tempo dopo da Emilio Scauro con aprir canali navi^j» gabiii, in cui l'acque fcorrendo f\ racccgïief:WÊ fero. Che Piacenza fcrivefle Strabone, e ;%jm che da Piacenza a Rimini procedefse la via ■ d||| Emilia di Lepido, fi dimoftra ancoradall' « Emilia Provincia, la quale da quella ftra;|| da poi prefe il nome, e i due termini délia ^ quale furono appunto Rimini , e Pia. ''$ cenza. I Ver. Ulufir. Parte 1.

Convenevol cofa è, prima di pafsar'oltre nelMftoria noftra, di fifsare la pofitura, e 'Jfito délia Città ne'più antichi tempi; moltiflîme efscndo quelle, che col volger de'fecoli l'hanno del tutto, o aime» no in gran parte eambiato . L* Adige, ch'è il maggior fiume d'Italia dopo il Po, fa ora dentro Verona quel giro, che pub nella premefta Pianta ofTervarfi . Ma fe noi ce ne riportiamo a gli Storici Vcronefi, non facea già cosi anticamente ; ma giunto prefso al fito , ov'ora abbiamo il Cartel vecchio , profeguiva per la linea, che fa ora quella fua piccola derivazione, che chiamiamo Adigetto, e fenza accoftarfi alla Città, la lafciava a finiflra dalla parte del monte. Cosi prima degli altri fu fcritto dal Saraina, e confermatodal Panvinio,fêpure del Panvinio fi ha da credere Ant. v»r: tutto cib, che in quel capo délia fua poftu- l-u '' "• ma opéra fi legge, facendovifi per fin dire a quel grand'uomo, che la Sarca, cioè il fiume influente del noftro Iago, entri nell* Adige. Ma in fomma reftb fin d* allora fèrmato, che il prcfente corfa fofse prefo dal noftro fiume folamente nella picna mentovata da S. Gregorio ; e tal'opinione da dugent'anni in qua è cosi radicata, che pafsa per principio primo nelle Antichità Veronefi , e ad efsa , fidandomi del comun grido, m'attenni io pure, ove feriffi dell'antica Condizion di Verona. Ma cosi piaceife a Dio, ch'anche degli altri errori miei mi venifse fatto d* illuminarmi , come di quefto fon' ora venuto in chiaro , e folfi a tempo di ritrattargli tutti, come quefto al prefente ritratto : poichè ne fondamento c'è alcuno per afserir taie ftravaganza, ne fi pub farîo fenza ripuena.r direttaments aile autorîtà degli antichi Scrittori, ed a cib che tuttora apparifee. Da Silio Italico poco fa addotto chiamafi Verona Atbefi circumfiua , che viene a dire dall' Adige circondata ; avendo lui ufata quella voce poeticamente, e alla Greca in fîgnificato *,f./pfV paflivo, come ufolla Ovidio parlando dell' Af«./.isIfbla del Tevere. Servio parimente ferif clrcumr. fe, che l'Adige fiume délia Veneva rigira- Jl" a]ti'' va d'intorno la Città di Verona. Or chi non infuia. vede, che fèce adunque fempre Wfteffo „</. JE* giro , e che 1» antica Città iïettç dentro '• 8 v<r il feno da effo formato, come il fuo fol- rv°?t""J" to fia pure ançora ? Non fi farebbe mai amèient potuto dire, che il fiume la circondafse, quando le fofse folamente pafsato a canto, anzi buon tratto lontano da efsa , e dalle fue mura ; ma ben potea dirfi, rigirandola, e quafi abbracciandola da tre parti.

C z Te-


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DELL' ISTORIADI VERONA

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Teftimonio in oltre abbiamo diqueftave- \ rità ancor prefente ; cioè il ponte , fituato I nell' ultimo ripiegar del fiurae, e detto del-1 la Pietra, quafi la meta del quale dalla parte del colle, è un' infigne avanzo d'antichità. Il fecondo arco è confervato per modo, che fi riconofce tutto d' opéra antica > ed intatto da riftaurazioni, fenza pur* una pietra rimeffa. Tanto bafta a render manifefto, che l'ifteffavia fèce pur fempre il corpo del fiume ; poichè si fatto ponte, detto da Liutprando novecent' anni fa, .z.t.tu amp'tOy mdrmoreo, di maravigliofa opéra , e dï mirabïl grandc^a , non fu certamente edificato per rufcelli, o per rami d'acqua, corn' altri ha fcritto. Ma gioconde cofè fi fon qui immaginati i noftri : che fbffe altro fimil ponte in poca diftanza; checonacque quivi condotte nello fpazio fra l'uno e 1' altro fi forma fie un lago; e che in effb fi celebraflero Naumachie , cioè fpettacoli di combattimento navale . Per gli fpettatori poi di maggror conto fontuofo edifizio fenza rifparmio alcunoin forma di gran Palazzo inalzaronocoll'inchioftro,c nelle Antichità Veronefi del Panvinio intrufero. Ma tutte quefte, fecondo 1* ufo miferabile, e pur troppo comune di far dell* antichità un'arbitraria chimera, fon fa vole, e fogni, ne provati per monumenti, o Scrittori, ne verifimili per congetture, o veftigi. Difficoltà ho trovato nafcere in alcuni contra il creder laCittàabbracciata anticamentcdal fiume, per averfi da Latini, e da Greci Scrittori, ch'efla anche ne* tempi antichi

era grande, parendo in tal modo, che troppo venga a riftringerfi. Ma in primo luogo a baftanza grande era allora un tal circuito a paragone dell» altre Città, benchè angufto cipaia inoggi a paragon del moderno eccefiivo, ed inutile. Secondariamenteconforme ail'ufo anticomolta gente abitava in poco fito, dov'ora in molto fito fuole abitar poca gente; e llattributodi grande non tanto derivava dall' ampiezza del recinto, quanto dalla popolazione, e dallo fplendore. E' da confiderare in oltre y che poco fiette dopo le prime fondazioni la Citta ad ampliarfi, la proffima collina occupando, edi parte,ed'altra aflai fpazio\ onde tanto più firano fu il credere, che il fiume fui fine del feflo fecolo a traverfo di effa fi fofTe fatto ftrada, sbaragliando le café, portandone via anche i fondamenti, e a difpettode* continuati edifizj accomodandofi. il letto. Non è anche da penfare, foflèro le Città benchè ferrate di mura, comprefe tutte dentro le mura. Molto fabricavafi allora fuori: fi vede in Vitruvio, che fuor di Città anche per difeiplina Etrufca era appro- '. ».r vato di fare i Tempi di Marte, di Venere, di Vulcano, e di Cerere. D' edifizj affai lontani dalle prime mura gran rcliquie fi fon qui vedute. Quinci fu, che per comprender tutto, fi fècero poi gli altri recinti; anzi tanto venner crefeendo le fabriche di là dal fiume, che non più circondar la Città , ma parve dividerla ; perb già da molti fecoli ferifle Liutprando , ch* efib le pajfavaper meço* corne il TevcrcaRoma»

FINE DEL S E C O N D O LIE RO»

DELL'


DELL ISTORIA

DIVERONA

L I B % 0 T E % % 0.

i^Mg^^|I2§l?) Enuta intorno air anno

"Wk^^tiÊ^^ÈéÊx S 24 ^a Città no&ra-a^'a

^M^^^^J^^Sk divozion de' Romani ,

qËftS^îw$ÊÈÊ& ^°P° ^ f°ccorfo man£iajêfrg^LX/ffwl'iSl

man£iajêfrg^LX/ffwl'iSl l°ro> corne abbiam \8I^ J^ 2^»n!ir veduto, prima délia batSsÈtÊtgW^Ê^ taglia di Canne, nel corfo d'affai tempo apprefTo nulla poffiam dir di efla, che non fia comune alla Venezia tutta, anzi in gran parte alla Gallia cifalpina ancora. Ma per indagare quanto. fpetta in quefte noflre parti al governo, alcuna offervazione è neceffario premettere fui modo tenuto da' Romani ne' paefi, che andarono incorporando al dominio loro. Mirabil cofa è, corne aile regioni, ed a' varj popoli, per cinque fecoli con tanto fudore, e con tanto fangue vinù , e fbttomeffi, Prefide, o Governatore alcuno effi non ebbero in ufbd 1 imporre. Çontinuavanoquel- [ le genti nella lor libertà, e nel lor governa corne per 1* innanzi ; e generalmente poco altro ne tornava d'aggravia, che il contribuée armi,gente,danarain tempo diguerra, corne da ogni buon confèderato fi farebbe dovuto fare. Alcune Çittà debbono folamente eccettuarfi, aile quali, avendo demeritata 1* umanità de' Romani, fi, mandava quafi per caftigo ogn'anno il Prefètto, ond'ebbero nome di Prefètture. Ma altro metodo fu prefo, quando fi comincib a ftenderefuord'Italia il dominio. Conquiftate perb Sicilia, e Sardegna , nell'anno s 2.7, oltre alli due, che teneano ragione in Roma, altri due Pretori fi comincib a creare, i quali d'anno in anno ail 1 amminiftrazione 1 di quell* Ifble, e a giudicare in efTe fi trafI metteano, il che fu poi dctto ridurre in | Provincia : dovendofi oflervar pero, che non per quello minor Prefètto, o Magiiïrato alcuno fi mandava nelle Città, le quali generalmente parlando, in ogni Provincia fïnq

all'-ultirno refpirodel Romano ïmperiocon fubordinazione al Prefide générale fi reffero da fe, e col proprio ConfigIio,e per lifuoi proprj Cittadini; ne regolarmeqte fi vide Prefètto nelle Città fe non per occafion di guerra, e per comandarvi Prefidio, otruppe. Con la fconfitta de gl* Infubri, fi feçe poi ftrada alla çonquifta di tutta la Gallia çifalpina ; e quinci datafi, come fi è detto, volontariamente alla Romana Republica la Venezia ancora , il nome Romano occupé finalmente quanto era dentro 1* Alpi . Qui bifogna avvertire, che la Venezia tutta acquitté allora nome di Gallia, anzi 1* acquiflaron poi anche la Carnia, e 1* Iftria, come incorporate per ragiondi governo alla çifalpina Gallia, poichè quando avveniva, çhe per guerra, o per occafioni nate Pretore, o altro MagiftratQ mandaflerp nella Gallia i Romani, comandava quefli fino ail' Illirico, come dali'altre parti fino al Rubicone, ed al Varo. Dove perb particolar motivodifeparazionenon nafcefIç,com> prendea lafua giurifdizione Liguri, Galli, e Veneti;ma fi continué da Romani a tutto il tratto la denominazione, ch* era prima invalfa, per elfere ftati primi in quefla meta d'Italia i Galli a venire fottoil dominio. Quindi è, che fi trova aver Cicérone -phti. n. tra le parti délia Gallia computato il Pado- A 7. <•*• vano, e arment i Gallici chiamar Columella quei d'Altino, e paludi Galliche Vitru- /. i.*.* vioquelle, ch'erano intorno Aquileia.

Per far'aduoque ricerca de' Rettori noftri, fi arebbe qui a teffer la ferie de*Prefidi délia Gallia çifalpina; e tanto fi potrebbe agevolmente fare, fe veramente Provincia a ténor dell'altre foffe ftata quefta, come comunemente fi penfa. Ma che in fàtti non fofse, appar dal confiderare , che non sv accrebbe il numéro de' Pretori nell' [ acqmfto dclle regioni Cifalpine, come s*

era


DELL' ISTORIA DI VERONA

era accrefciuto nell'acquifto délia Sicilia, e délia Sardegna, ma fi continua a crearne quattro fino all'anno 557, quando dilatato nelle Spagne il dominio, fi amplib il numéro de' Pretori fino a fei,reftandoperbi due aggiunti, quando accidente nol vietafse, regolarmente afsegnati alla Spagna citeriore, ed all'ulteriore. Noi veggiam dunque fino all'anno 588, ch'è quello in cui per fomma fventura Livio ci abbandona » non altre Provincie efserfi annualmente fortite in Roma, oltre alli due Pretori urbani, che le due Spagne , e Sicilia, e Sardegna. Si praticbl'iftefso ancora per afsai tempo; onde ben fi vede, corne fra le Provincie, il governo délie quali d'anno in anno col me2.0 délia fortizione a un Pretor fi afsegnava, la cifalpina Gallia non era. Ma ch' efsa, corne dentro l'Alpi, in condizion di Provincia non fofse, apparifce ancora dall' efser tutti quefti popoli ftati fempre ricevuti nelle armate Romane, nelle quali non militavano ne'buoni tempii ProvinciaIi,edefterni. Di Legionarj, e d' Aufiliarj fi componevail Romano efercito: anticamentequelli erano Cittadini Romani, quefti Italiani: a. t. perb fi ha in Polibio, che quando i Confoli per occafion di guerra avean bifogno d' aiuti; ne mandavano 1' avvifb aile Città fozie d'ltalia, ed a'que'lor Cittadini da quali erano rette : ne avanti le guerre civili, e il declinare délia Republica, Provinciali ci furon regolarmente ammeiïi . Ail' incontrode' popoli diqua dall' Alpi quattro Coorti aufiliarie di Liguri fi nominano in Salluftio,ch'eran nella guerra di Giugurta; c quando fàlfâ voce fi fparfe d'efser rotto, e disfatto dagl* Iftri Aulio Manlio Confole, il collega ebbe ordine di levare quanti fbldati aufiliarii fofse poffibile da tutte le Città délia Gallia; il che fece eglifubito dalla Liguria fino in Aquileia, e perb in tutL>v. t. 41. ta la Venezia ancora. Del non efsere queûo paefe ftato computato tra le provincie, bb. x. P'"- ^orte Pruova ancora ci fomminiftra Patercolo, il quale annoverando le Provincie tutte dell'Imperio, e quando, e da cui,di parte Cifalpina aleuna non fa menzione,nè altre Gallie regiftra, che la tranfalpina da Domizio penetrata, e da Cefare al fin fottomefla. Ecco perb corne diftinte, e confiderate fbrTero da Romani nelle prime età del dominio quelle regioni tutte, che furon nell' ltalia comprefe.

Spicca da quanto fi è detto 1* error di coloro, che non folamente amminiftrata ne* primi tempi da ordinario Proconfole la cifalpina Gallia, ma hanno creduto fottopoita fempre a Prefidi Romani anche l'ltalia ânteriore, ocontitolodi Proconfoli, o di

4 +

Queftori . Quefto farebbe un confondere tutto il fiftema de' tempi Romani, e uno ftravolgere aftàtto l'antica idea del governo. Sottoporre a un Prefide tanto era, quanto ridurre in provincia : ma chiunque fu gli antichi Scrittori gettb mai gliocchi, fa, che ltalia, e Provincie, Italiano, e Provincia- ''

le fi difTero perpetuamentequafiper contra- d,

pofto. Fin quando i Triumviri ripartirono "

trafe le provincie tutte, e l'imperio fi divifero, e quando poi vinti Caflio, e Bruto, nuova divifion (i fêcero Antonio, e Cefare, ''

non oceorre, dice Dione, che dell* ltalia io m.., I parli, imperocchè rimafe in tait contingente ec- '""« " cettuata fempre, profèflando effi contendere ,•

nondieffay maperejfa; cioènon per figno- *

reggiarla, ma per difenderla. Un paflb è \

in Appiano, che ha fattoinganno a molti, ove narrando quell'uccifione in Afcoli,che fece fcoppiar la mina délia congiura Soziale, dice, che 1* uccifo fu Servilio, il quale in quel paefe era Proconfole; e da cib crede poterfi congetturare, che in quel tempo C;vX fi aifegnafle l'ltalia divifa in parti a varj s™» Proconfoli da reggere: ma errb quivi Appiano ^ ' prima nel fatto ; poichè fcrive Lucio Floro, che gli uccifi allora dagli Afcolani furon Légati mandativi da Roma, e non Proconfole /?^. alcuno ; ed errb ancor più nella congettura, 9»> »t-â poichè s'anche vi fi fofle uccifo un Procon- aclernr' foie, coteflo farebbe ftato Magiftrato ftra- °L(làL ordinario mandatoperla nuova inforgenza; ne era mai ragionevole il penfare,che diun tal* ufo, e di tanti annui Proconfoli dell' ltalia nonfbfle rimafanell' Iftoria memoria alcuna. Non fi pub dire quanta confufione, e quanti errori abbia nell' erudizione introdotti il fbndarfi talvolta in paflb unico, ed in ambiguë parole d'un Autor fblo, fenza confiderare il compleffo délie cote, e fenza rifguardo al gênerai rifcontrodellcpiùficure notizie. L'ltalia in tal modo farebbe ftata nell'iftefla condizione délie Provincie: ma perché dunque fi farebbe continuato perpiït fecoli ancora dagli Scrittori , e ne' monumenti tutti a diftinguer fempre ltalia , e Provincie, e a fuppor diverfa la condizion degl'Italiani, e de'Provinciali?

Quelle parti pochiffimo ftettero a diventar'interamente Romane. La lingua Latina par che molto prefto ci fi adottafle, poichè a tempo di Cicérone obliterate già ci par qui di riconofcere l'antiche lingue, e la Romana fatta comune, benchè non cosi colta, ne cosi pulita, com'era in Roma. In tal congettura ci conducono le parole di Cicérone a Bruto nel dialogo de'Chiari Oratori, ove narrando, corne oratori di vaglia fi foflèr trovati anche fuor di Roma tra Sozii, e Rufticello Bolognefe tra gli altri,

aggiu-


ftftoiugne, ch'era lor mancato perb il falc urbano, per dir cosl, e quel non fo che a gli efterni non poflibile:e chiedendo Bruto, che fpicgaffe ci6 più chiaramente ; h cono'< kerat tu ftejfo, rifpondc Cicérone , andando etiam in Gallia ^ e vi udirai ancora vocaboli poco ufavfiaquif^ti a Rama. Non cosi fa nella vera Gallia, ÏZiïiÈc tranfalpina, poichè quivi al principio del Rome. M quarto fecolo Criftian© la lingua Latina non Ifera accomunata ancora, avendo detto 1* . . <lll anonimo Panegerifta di Coftantino : fo molquiJtmtM to bene quanto mfertort fieno grtngegm nojtrt a *',"/ **M i Romani, effendo che il parlar Latino, e con lojui-i/m' eloquenia ad cjfi e naturak, e da not conjatting*âm ca *'axquifta. Àggiungaû. l'ufo del veftirRo2*flB mano> bentofto m quefte regioai abbract»'H*m ciato : il nome di Gallia Togata perb ne

venne » cos* Per e^ei' P'u Pacifica > ^ifle

nbjm Dione, corne per ufare il veftir da Città de

II i Romani. Tolomeo veramente riftrinfe il •M nome di Gallia togata, al paefe ch'ètra'l « Po, e 1* Apennino, ma non cosî gli altri

J|| Autori tutti; tra quali fcrifte Pompeo Fe'"WÈ

Fe'"WÈ nella Gallia cifalpina, cbe fi chiama To*$ïi

To*$ïi t effere i Milanefi; e fcrifte Pomponio

'. Mêla , abitarfi la Gallia Togata da' Veneti,

fonde all'incontro parrebbe eflere ftaf.o fpezial diftintivo noftro la toga Romana. Mérita offervazione la diflèrenza ufata da'Romani verfo gl* Italici a diftinzione ■fj|t dell* altre genti. Mandavano a quelle il Pre?|p tore, che le reggefle; ma 1* Italia lafciavan

III libéra, e niun Magiftrato ordinario in efla « fpedivano, ne aile fue Città, e regioni fu^IfP

fu^IfP imponeano, fè non a Roma.

w Parrebbe, che avefTero apprefb dal docu«^lÉ

docu«^lÉ lafciato da Platone a gli Ateniefi, di

;M non voler mai porre in fervitù niflun Gre^

Gre^ Per verità e la prolfimità al centro ,

I'.MjjÊ e la conformità del clima, e la fvegliatez|Pr za délia mente efiggean privilegio per natura. Fuor d' Italia ancora diverfamente trattarono i Barbari, e i Greci ; perché governavan quelli conforme ail* indole fi conveniya, togliendo loro per lor bene il poter far maie; e lafciavan quefti ail* arbitrio del proprio governo, poco altro efiggendone, che aiuti, e configlio. Anzi gratiflimo era a' Romani di udir fentimenti generofi, e di vedcre i popoli amanti di libertà, corne appare tra l'altre occafioni preflo Livio dalgraaimento, con che udirono il parlar franco de'Legati di Rodi in Senato. Intendean* eglino, corne da gli uomini aduîatori, e vili, e pronti alla fervitù, ne fi pub afpettar valore, ne feàe} fe non forfe fino F al punto del maggior' uopo. Quinci è, che ; >-, ftimarono di loro interefte il lafciar libère più Città in Grecia, e in Italia tutte; molto maggiori, e più pronti, e più vivi focL1BRO

focL1BRO

46corfi

46corfi in quefto modo ad ogni occafione.

Più difficoltà potrebbero fvegliarfi contra quanto abbiam qui afièrito in coloro, che negli ftudiatiffimi volumi de' moderni dotti fbfler verfati; eflèndo che, s'c lecito dirlo, il privilegio di Libertà non èancora ftato ben comprefb in che confiftefle precifamente; almeno n* è fempre ftato parlato in modo da confonder cofe per fe dive.fe. Autori di primo grido,e Spanemio tra gli pr*ji. altri, fi fon diftufi in moftrare, che confi- N""'- ftefle nell' avère i proprj Magiftrati, e nel vi- D'" 'IX' ver con le fue leggi ; nelle quali due cofe 1* eflenza délia Libertà non fi comprendeva altrimenti. Da' proprj Magiftrati, e dal lor Configlio fi amminiftravano le Città tutte nel Romano Imperio, e non le libère foJamente: fpicca cib fingolarmente dalle lapide, e dalle medaglie, vedendofi ne'marmi Latini, e Greci di qualunque Città menzione de'loro ufizj, edignità, e del lor Senato , o Popolo, e altresi i lor decreti con le forme ifteflè de' S'enatusconfulti Romani ; e vedendofi in tante monete Greche, battute da piccole ,enon libère Città, il nome del lor cittadinefco Magiftrato. Ma ne pur confifteva nel viver con le fue leggi. Cotale indulto non fi chiamb Libertà, ma Autonomia-y e quefti legali nomi non fi ufarono a cafo, e promifcuamente dagli antichi ne'monumenti, o nelle leggi ;ma per fignificar con ciafcheduno cofa diverfa : nulla oftando, chequalche Scrittore n* abbia ufato talvolta alcuno per affinità >o perraffomiglianza ; e molto meno che nelle Latine verfioni degli autori Greci tutte quefte cofe fi trovin d' ordinario confufe. Più Città goderono l'Autonomia anche fotto iRe, negli Stati de' quali dopo Aleflandro non fi godé mai libertà. Autonome fotto i Romani veggiam nelle Medaglie Città, che non fur mai libère; libère furon poche, e fuilege furon moltiflime, corne parimente le Medaglie cimoftrano;anziricavarfi pub i da un'Epiftola di Cicérone, aver giudicato A».vi 1 • Scevola, che 1' autonomia fofle privilegio di tutti i Greci ; ma fpiegando nell' ifteffo tempo, che null'altro infèriflè, fe non di lafciargli litigare con le lor leggi. Legati di genti libère nomina Svetonio , ed altri, Aug. 44ma non d' autonome: Perb d' Atene difle /,-/,. 9. Strabone, che i Romani le avean conferva- ^^ a'</T<'* ta e 1» Autonomia , e la Libertà ; e a Mo- v^'l^,l/^ pfueftia 1' uno e 1' altro titolo fi dà in lapi- eif/»». da , ed in medaglia. A quante Città oggi giorno ancora fi lafeiano i loro Statuti, che non per quefto fon libère? Provincie e Città libereJ diftinfe Cicérone, corne cofe eflen- v*rr.7. zialmente diverfe. In che dunque confifteva,


47 DELL' IST0K1ADI VERONA 48

va, e çhe inferiva propriamente la Libertà? Inferival'efenzione,el'indipendenzada'Prefidi ; talmente che, o a quel paefe Prefidc non s'imponefle, corne per tutta Italia non S' imponeva, ovcro a quelle Città di provincia, ch' eran privilegiate di libertà, il Prefide non fovraftafle;onde quando fecondo l'inftituto vifitava 1' altre per efaminarneilgoverno, e far ragione, nelle libère o non entrava, o non efercitava giurifdizior/.. /. 4. ne. Di Marfiglia perb , ch' era Città libère p* ra fcrifle chiaramente il Geoerafo, che a? !««!TA Kettori mandati nella Provincia non era Jotto,jyX''«> pojla;e di Pifone Rettor délia Macedonia, J.;[Z ' difie Tullio, che contra le leggi, e i Senaiyrnysv, tufconfulti operato avea, quando in Bifançjr™"' zi° Città poco avanti fatta libéra, efercit6 giurifdizione. Riconofceremo tal verità di nuovo nel proflimo libro. Ma fînalmente apparifce da quanto fi è detto, corne in Italia furon libère le Città tutte, ond' è, che niuna Città Italiana fi dàcorne alquante Greche ne'monumenti tal titolo, ficcoanecofa,che dentro l'Alpi era generalmente comune . Altro privilegio era proprio délia Libertà, di cui caderà altrove menzione. E quefto è il modo, con cui credettero i Romani , onefto eflère, ed al loro interefle ,edalla lorficurezza proficuo, di fecondar la natura , diftinsuendo gl'Italianidall'altre genti, e facendo di tutta 1' Italia unaRepublica foîa.

Benchè quefti paefi non fbflero in condition di Provincia , molti non pertanto furono i Perfonaggi, che fin da primi tempi con imperio, corne allor fi parlava, ci venneroj poichè due forti di Provincie aflegnavano i Romani ; ordinarie , corne Sicilia , Sardegna, e le Spagne , dove fi manda va Pretore annualmente ; e ftraordinarie per occafion di guerre, o di tumulti, o d'affàri ; nel quai modo potea per accidente qualunque parte diventar Provincia. Molti equivoci ha prodotti anche quefto nome. Provincia latinamente volea dire impiego , negozio, imprefa, e con tal nome fi aflegnava a'Confoli l'incombenzadel lor'anno. Non bifogna perb credere, che foflè ridotta l'Italia in provincia , quando fi legge in Tito Livio, che tocco ad alcun Confole la provincia Italia, perché cib volea dire la guerra, ogliaftari, che correano in Italia allora; corne h vede efpreflb, ove leggefi, Liv. t. che ail' un de' Confoli fu provincia t Italia, e ÎO. éfr. ia gUerra con Anniyaie ç0£ fu qlialche volta

volta l'Erario; el'anno Varroniano '•/■3?; ^ 567 a due Pretcri fu provincia il tener ra**■ W gi°ne in Roma, di due altri fuor d' Italia fur provincie Sicilia , e Sardegna, e deglialtri due in Italia la G allia , e Taranto, Non

vide perb ne pur Lipfio ben chiaro,ove întefe l'eflere afTegnate a Confoli, o a Preto- % ri le lor proviocie col nome di Pifa, o di ^ Sueflula, quafi efli, o Queftori doveflero '7 andare a rifeder quivi; là dove intender fi dee délie guerre co' Liguri,e con Annibale, aile quali allora quelle Città facean frontiera ; corne pure col nome di Rimini fu data la provincia altre volte, perché in quel tempo quivi era contra Galli la piazzad' arme. Ma per qualunque motivo fi portafle in alcuna parte il Romano Magiftrato con imperio , cioè con militar comando , comandava allora in quella regioneaflblutamente, e difponeva anche di quelle cofe , che dipendevano per altro da Roma. Nella Cifalpina fu mandato l'anno 536 il Pretore Lucio Manlio con armata ; e due anni appreffo Pofiumio Albino , che vi fu uccifo in battaglia da 1 Galli. Cosi più altre volte reftb decretata quefta Provincia or con nome d'Italia, or di Gallia, corne in Livio pub vederfi , ma appunto corne l'Etruria, ed altre interiori parti d'Italia per ifpezial motivo. Anzi le continue infurrezioni de'Galli fecero, che quefto fofî'e il campo , dove più fpeflb,che in altra parte avveniflemaffimamente a'Confoli d'adoperarfi. E1 notabile, come ne pure in quefto tempo veggonfi mai nella Venezia follevazioni contra Romani, i quali moka briga ebbero bens\ dagl'Iftri ; onde nel 576 vi operarono ambeduei Confoli , che ritirarono poi le Legioni a fvernare in Aquileia .

L* anno fuffeguente in due Provincie divifa Liv.i. fu da' Confoli fbrtita la Gallia ; e due anni apprefso efsendo efla toccata ad Emilio Lepido, e la Liguria al collega MuzioScevola, reprefli da loro nel principio dell'anno i moti in dette parti inforti , fu data a Lepido fpezial commiflione dal'Senato di acquetare i tumulti in Padova nella Venezia talmente ardenti, che per la forza, e rabbia délie fazioni erano venuti a guerra ib;J. intefiina, di che il lor Comune iftefso avea ""^ mandato per Legati notizia a Roma. La venuta del Confole fu falute de'Padovaniy pam\ come parla Livio; dopo di che non avendo f»i«« egli che operare nella Provincia, fe ne torno f""'c a Roma. Impariamo qui , quanto floride fbfsero quefte Città , e come da i proprj Cittadini erano amminiftrate ; ed impariamo, come non era in quefte parti Magiftrato Romano ordinario , e lo ftraordinario fol tanto vi dimorava, quanto la fua particolare incombenza , e l'impofto negozio efiggeva. Altrettanto fi riconofcerebbe nel fufseguito tempo , fe Scrittore avefllmo, che d'anno in anno la fortizione , e deputazione délie provincie ci recitafle , come

Tito


LIBRO TERZO. 50

49

Tito Livio ebbe faggiamente in ulo di faVera

faVera perb è , chc probabilmente

non tutta la Gallia avrà goduto delNftefle

condizioni délia Venezia, non eiibndo liato

liato de'Romani, corne Sic.rho Macro

4>recifamenteavvcrte, d'accorJark ikeffe

£ chi di buon cuore, e per auior d: virIJftù,

virIJftù, di giuftizia fi era lor dato , ed a Jfchi'rornpendo più e più volte la fc.le, avea llpalefato odio implacabiîe vcrfo Roma ; J ''ifima di tali particoiarità niun Autorc ci ha ||§lafciato memoria. Il fatto di Padova bcn fa cor»of < e, quanto errafscr coloro, che nati uv: •-'' Roraa , odiavano la fua i"upc"-ir.v;t;i-t bramavano indipendenza . Q.:e '' ' '-' ', che coftoro avrebber volute abb- -; -'c a feftefse, da fe ftefse lî fare!-J-.-O vito diftrutte, fe fbfsero ftate qua< '■ -o:e;ir.o. Padova era perduta , fe v- !-• cceiKicva tal fuoco , avanti d'efserG ■; < ■■'Romani. Poche Ton le Città , chv ! no dalla natura , e dalla fortuna ibte ;:datrite a poter vivere indipcndenci. Pcro poichè Ro- | ,„ ma per rarità d\ prérogative, pcr im;>ola*$ rità di condizioni, e fopra turto per coai^ plefso di virtù ne* primi tcmpi fepza ckmJ,;.« pio, era veramente taie, non dovca dalle inferiori efsere invidiata , ma ail' incontro efaltata , e prediletta , confiderando , che \$ nella fua erandezza, e félicita a..-che queltM la délie fubordinate veniva a coiin-reader$fi fi. E' molto più utile aile Citià di ininor J|| condizione l'averne una fuprema, che in■w£ X1è1^ a^a ^or Pace > provedy alla ficurez■tw za> e 8^ umori peccanti ne rdlreni,ch'eft« fer libère fenza difefa , e di proprio arbitrio per lor ruina. Molto meglio perb l'inItendean

l'inItendean , i quali di que!la participazione fi appagavano , e diqucl vincolo, che lcgar potefle indifolubilmcntc ie minori Città alla maggiorc -, ne afpiravano, fe non a tal grado,che da una parte per l'immaginazione di fozietà baftaffe a dcftarein tutti verfo il comun centre perfetto amore. e dall'altra al civil filtcrna di Roma non potefse recar turbaziene alcuna. Nell'anno 591 fi ha dalle Legazioni di Polibio, come il Confole Tiberïo Gracco dcbellb iCammani, quali perb faranno llati motivo dell'unode i due trionfi da lui ottenuti , e menzonati da Plutarco. Ma ficcome Cammani è nome ignoto ail' antifea, e moderna Geografia , cosi pub fadlmente crederfi fbfsero i Camuni, popolo ->Alpino, ch'ora forma una principal parte '^ del terri torio Brefciano. Lapida conferva.*ta in Brefcia ferive due volte Camunnï\ • potrebb'egli da quel raddoppiamento arguai! un certo veftigio di Retica, cioè Ver. Muft. ParteI.

d'Etrufca origine ? mentre veggiamo fino in oggi i Tofcani a calcar la pronunzia molto inclinati. Contra coftoro convenne un' altra volta prender Parmi affai tempo dopo, corne vedremo a fiio luogo.

Durifïima, e rotonda pietra, quafï pez| zo di gran colonaa , fi euftodifee ora nel publico nollro Mufeo , nella quale memoria fu ii-i.";fa deîi'avere il Proconfoîe Sefto Attilio Sarano pet decreto del Senato flabiiiti i conflni> e fatto pinutare il termine fra'i territorio d'Efte, e quel di Vicen- v.inf.iX. za .t le quali Città per ragion di confine doveano effer venute a contefa. Moite volte, i e da molti quefto preziofo monumento , e j da cui più cofe s'imparano, è ftato ftampato, ma non ancora mai fedelmente. Sarano fu Confole nell'anno di Roma 618. l'r.nno ièguente adunque, o per fianchegS giar Fulvio r/lacco , cui la guerra fu coin' meifa . che fi avea nel proffimo Illir:co,o j con^: più probabile , appunto per fedar i ou-fut r'te , lu mandato ne'Ia Venezia ; i tji:al pcro appar chiaramente di nuovo, j ncr. avère avuto ordinario Prefide . Si rifeontra qui la verità di quanto ferive Polibio.. il quai fioriva appunto di que'tempj, che fc ttkuna Città d'ltalta , 0 di quai- l-6.p-46i. che deoftone , 0 di quaîcbe foccorjo avea l'-- ?, ^à**- fovno, ne prendea cura il Senato: dal quale iiueonamento di Polibio confcrmali ancora indifputabilmenre , chc non Queftori , ne ordinani Proconfolneggean l'Jtali-:, rna fi reg^ean le Citrà da fe con la fovranità del Senato. TlSenn^otrattandoîi di confini, che pcr lo piùncercanooculare infpci-ione, appoggib a Sarano la cura di quefta «iiffèrenza tra le due Città, mandandolo in quaîità di Proconfoîe perefferc ftaco Confole i'anno avanti. Incombenza fimile ebbe da poi Cecilio parimente Proconfoio , di cui un fi mil termine con iferizionc appar tuttora nel monte Venda, pofto da lui tra gli Ateflini, ed iPadovani. QueftoCecilionon fuilDaimatico nominato in un framinento di Fafli trionfali prefïb il Grutero ; ma corne fi ri- GMQS.J. cava dal prenome diverfo del padre, fu il Confole dell'anno 637 per nome Diadcmato. Nel 639 fi conofee toccata îa Cifalpina ad Emilio Scauro, mentre abbiamda Strabone, afciugafle le paludi d'intorno al /;i Po, non lungi da Piacenza. Di coftui fi legge, che trionfafle de' Galli, e de'Garni, genre, il cui piano era tra la Venezia , c i'Iftria, e che nella parte montana non dovea ancora effer fo«!MO<rata. Les^di in Aurelio Vil:tore, che triontb de'Li^-...', ( ;;;•' Fafti per la ragion fopradetta ch'.:>:,!,•.■ ■.".. • ' j li) e dc'Gantifri, inaudito noiru -■.;•.:

j trebbe coa la feorta de'marnii (./;•: • i-v:


5i DELL' ISTOR.I A DI VERON A 52

emendarfi in Carnï. I Romani fra ranto pcr occafione di portar' aiuto a' Marfiliefi, ed a gli Edui, aveano incominciato ad avanzar le conquifte nella Gallia tranfalpina. Ma avvenne non gran tempo dopo la calata de' Cimbri nel Veronefe , quai fU uno de'piîi fàmofi fatti, che nell'Iftoria Romana û abbiano.

Quella guerra porto a' Romani la prima notizia délie genti Germaniche , e per efî'a trovanfi quelle nominate la prima volta da'Latini, e da'Greci Scrittori. Ufcirono î Cimbri da quella Penifola del nome loro, che dalle foci dell'Elbafi ftende verfo fettentrione, mentovata da Strabone , da To/. 4 e. 13. lomeo, e da Plinio, in cui fi legge fofïe chiamataCartris. Sicongiunfero con effi iTeutoni, cheabitavano l'Ifole Danefî nel Baltico, e il primo lembo délia Scandinavia , e probabilmente la terrafêrma littorale prefïb a i Saflbni, che Tolomeo mette proffimi alla penifola Cimbrica. Motivo d'abbandonare ilorpaefi fuquel medefimo, che avea prima condotti inltalia iCelti, o Galli ; cioè la moltiplica/ione, e la penuria, accrefciuta forfe dalla poca cognizione di ben coltivar la terra. Fu chi fhmo, avère avuto parte in fargli rifolvere , il danno délie inondazioni per l'ingroflamento maravigliofo del mare, cagionato talvolta in que'luoghi dalla fbrza, e dalla pertinacia de gli rleffi vcnti. Sloggiarono in grandi ffimo numéro, ma non già tutti ; poichè i Cimbri fuffifteano ancora nell' antiche fedi a tempi d' Augufto, cui mandarono Lega!•!>■ 7- ti, e doni, corne fi ha in Strabone ; e a tempi di Traiano, benchè ridotti in piccoyior.Ger. la Republica, corne abbiam da Tacito . c' 3 ' Narra Plutarco", aver coltoro avuta in animo l'Italia, e Roma , e l'efempio degli antichi Galli. In fatti nell* anno 640 erano già approffimati ail' Italia dalla parte del Norico. Andb per refpingergli il Confole Papirio Carbone : feguï battaglia poco lontano dalla Città di Strab.1.5. Noreia, che dovrebbe crederfi quella de' Carni, e non !• altra di tal nome, ch' era n. 9s. nel Norico, volendo aver fede a Giulio Oflèquence, che fcrive avveniffe il fatto di qua dall' Alpi. Li più degli Autori dicono, che Papirio fu rotto, e polto in fuga; /;/. 5. tièv ma Strabone dice folamente, ch' ei prefi-*!«i,tv, f0 Noreia combatte inutilmente co' Cimbri j e Appiano, il quai nelle Legazioni date fuori da Fulvio Orfino è l'unico, che ne parli con diftinzione , racconta diverfamente : cioè che vennero i barbari faccheggiando fin nel Norico,onde Papirio temendo non penetrafl'ero in Italia , û pofe al varco dell' Alpi , dove il paffaggio è piîi

angufto ; e non avanzando efll, s'incammino verfo di loro , adducendo non dover £o;, permettere , che danneggiafsero i Norici, tra quali , e Romani amicizia correva , e ofpitalità . I Teutoni allora fpedirono al Confole, aftèrmando aver cio ignorato, e promettendo non moleftar più i Norici in avvenire : di che lodatigli Papirio , diede ui a'Legati guide, che con lunghi girigli traviaflèro, e marchio intanto con l'efcrcito fopra coloro , che quetamente û flavano attendendo nfpofla : molti n'opprelfe, e gli avrebbe fterminati tutti , te non che quafî in pena délia mala féde ne' Romani infolita, Ievatofi un furiofo ventocon caîigine, e pioggia, etuoni, ne reftarono feparati i cornbattenti, e talmente per le felve difperfi i Romani, che appena fi riunirono dopo tre giorni ; ritiratifi intanto i -fl

nemici, che prefero la via délia Gallia. h

Quefto racconco vien convalidato dall'effetto ; poichè le i barbari foffero flati vittoriofi , non fi farebbero allontanati dall' Italia, cirera il loro fcopo ; ne farebbero tornati addietro vagando, e predando per allai tempo in varie parti dell'Europa. Si llrinfero pofcia in lega con due genti Galliche, Ambroni, e Tigurini , e nel 644 1

fortunatamente combatterono nella Gallia j

col Confole Giulio Silano . Altra vittoria ebbcro i Cimbri nel confolato di CaflioLongino ; in quefta reftb prigione Aurelio Scauro fuo Luogotenente , il quai diffuadendogli dal palfar l'Alpi con dir che i Romani erano invincibili, dal Re Bolo fc- r, rocegiovane fu tolto uccifo: ma affai mag- /<«•< giore la riportarono al Rodano l'anno 648 fopra Manlio Confole, e Servilio Cepione Proconfole, efièndofi congiunte le quattro genti confederate. Che vi periilero ottanta mila tra Romani , e Sozii , da Valerio /.-,.. Anziate traflè Orofio. Reftarono all'arbitrio de'nimici 1* uno e l'altro campo, e gli alloggiamenti ; e tutto cio per la difcordia de'Capitani , e per la fomma tcmerità di Cepione, il quale ne fu atrocemente cafligato a Roma , di che allai parla Valerio •'•<>• Maffimo ; benchè paia fcufarfi da Cicérone nel libro degl'illuftri Oratori.

Ma il rumore di s.i gran rotta mife fcompiglio in Roma; talche avendoMario terminata appunto allora felicemente la guerra in Numidia , e prefo il Re Giuguria, lo eleffero Confole la féconda volta ben- 5. ' chè affente , e decretandogli la provincia J!i' Gallia, lo chiamarono a queft'imprcfa. L'efîere i vincitori pafsati fin nellaSpagna, quaii con un ccrto moto di riflufso, corne dicegraziofamente Plutarco,gli diede tem- •' :! po d'efercitare in Gallia i foldati , e di ridurgli

ridurgli


LIBRO TERZO. 54

EpiU.tr durgli a rigorofa difciplma . Silla fuo Le•ato cioc Luogotenence , iece prigione il Duce de* Galli Tettofagi : egli col grido di çerta giufta fentcnza in fàtto , fopra il duale è la terza declamazione di Ç)uintiliaÉ,

Ç)uintiliaÉ, per afpettarfi i barbari a Primavera, tenne il terzo Confolato , che riferifce itercolo efferfi confumato in apparati di yguerra, e nel quale pero 1* ifleflb Silla co"Utrinfe i Marfi, nazion Germanica a chiefder l'amicizia de i Romani. Ma rcfpinti i fCimbri nella Spagna da'Celtiberi, e forfe Ida quel Fulvio , di cui racconta Frontino lllo ftratagema per occupare il campo Cimabrico, tornarono addietro, e lacerata la! 'M Gallia Romana in ogni parte , benchè coj|f ftantemente fi mantenefîèro leCittà,diche B,tté|| û ha memoria in Cefare , fi ricongiunfero W.««flf a'Teutoni, efinalmcnte deliberarono d'inf% vader con tutto lo sforzo l'Italia. Allora, Sg si per divider le fbrze de' Romani, esl per 'V?|; la difficokà di marchiare unitamente con '■>Ç$ tanto imracnfa turba per 1' anguftie de'

• ■'■> monti, fecero due corpi, dovendo i Teur* toni con gli Ambroni prender la via dell'

Alpi Liguftichc , e Galliche , e i Cimbri co'Tigurini rigirando venir nel Norico, TUtt.e an> Alpi Retiche. Mario paflàto a Roma per li comizj Confolari,fu eletto Confole la quarta volt a conLutazioCatulo. Quefli andb fubito a munire , e ad occupare i 'i',.; paffi contra Cimbri : Mario pafsb frettolo■*|^ famente l'Alpi, e per trattenerc i Teuto^ ni, che ail" ltalia erano già imminenti, fi

# accampo al Rodano ; dove per afficurarl' fide'viveri, e non efTer mai coftretto per

mancanza di efïï a combatter contra fua

voglia , lunga e difficile riufcendo la navigazion

navigazion mare per efser le foci del

'% Rodano interrate, e impedite, fece tofto

>s feavar da'foldati un canale di nuovo sboc.>*>

sboc.>*> capace délie maggiori barche,derivan'*

barche,derivan'* una gran parte del fiume . Per aver

•' *t$& de' nimici notizie certe, fi valfe diQuinto

*$■ Sertorio , che con veflimento Gallico , e

J con l'ufo di quella lingua , ebbe ardire di

$, pafsar tra nimici, illuflre già per avère dof

dof po la feonfitta di Cepione pafïàto il RoP/«*.^'-

RoP/«*.^'- a nuoto con lo feudo , e con la lorica,

lorica, in più parti. Non riferiremo

iqui le particolarità di quell' imprefa,, poichë <i pofïon leggere unitamente , eif a lungo efpoite in Plutarco . La foftanza fu , che '^^ftancatigli prima, poi lafciatigli incammina+ ^re per patfar l'Alpi, Mario in due combatnimenti

combatnimenti gli Ambroni, e i Teutoni interamente , grandiflima ftrage facendone. Sagrificava egli dopo la vittoria, :! quando giitafero da Roma i meflï dell'effergli

dell'effergli , benchè afsente , conferito il Ver. llluft. Parte L

uinto Confolato : la quale allegrezza fu mareggiata ben tofto dall'avvifo dell' ef;re i Cimbri penetrati in Italia , non aendo potuto il collega Catulo refpingerli, ne trattenergli.

Conofcendo quefH di non poter difendee tutti i paffi délie montagne , e non voendo divider le fue truppe in più corpi , îoichè gli vide indirizzati al più aperto ,'arco, ch'c quello dell'Adige ne'monti di Iïento, calo dall" Alpi, e ridottofi nel Ve- Vint. •'» •onefe , fi appoflo a queflo fiume, accam- ^'^Xe pandofi nella parte di effo deftra rifpetto TOT»^» al corfo ; e probabilmente non lontano da' ^'j?** fiti di Rivole, e di Canale. Il villaggio di Cofterman, che abbiamo in quelîa parte, fi ricava e da vecchie pergamene , e dal nome, che fidiffe in latino Cajlra Romana., ne in altra occafione più che in quella troviam credibile, che quivi fi piantafsero alloggiamenti Romani. Tra Rivole , e Canale, e negli fleffi Iuoghi abbiam veduto a giorni noflri nel Maggiodell'anno 1701 porfi il primo campo , ed aprirfi la guerra per la fucceffione alla monarchia di Spagna. Ma i Gallifpani dal Marefciallo di Catinat comandati , e dal Principe di Vaudemont , altro non curarono che di fèrrar la via délia Ferrara, e l'altre del deflro lato , e di baitere, e render' inacceffibile la comune , e frequentata , ch' è prefTo al fiume fui finiflro, abbandonando a nimici le fuperiori , e tutto il paefe di là : i Tedefchi per5 vennero nel Veronefe fenza contralto , benchè non fenza difficokà, per la flrada poco nota délia Valfredda , che di qua da Ala fale con tortuofo giro di cinque miglia per la cofla d'alti , e felvofi monti , e viene a riufcir ne" Leffini . Praticabile dalla Cavalleria , e tranfitabile da piccola artiglieria fu refa a forza d" uomini , e di lavori ; i carriaggi furon disfatti , e portati a pezzi, poi ricommeffi . Dali' alto délia montagna la maggior parte dell' armata andb calando al Faedo, e a Breonio nella fommità délia Valpulicella , dove fi fcrrnb il Principe Eugenio alcuni giorni : afficurate di quefti Iuoghi prefero poi fucceffivamente le truppe la flrada men difagiata , e da Péri con falita di due miglia porta parimente fu i monti di Breonio , e Faedo . Ma non fu Catulo délia medefima opinione di lafeiare in arbitrio de'nimici il paefe di là dal fiume , anzi volendo poter dar loro addofso , anche fe avefser prefe le fuperiori vie del finiflro lato , colloco dall' altra parte ancora prefidii , e guarD

guarD die j


55 DELL' ISTORIADI VERONA 56

die, e coti ponte ben munito fi afficurb la comunicazione, e '1 pafsaggio . Tanin Uar. to fi ricava da Plutarco ; ma il precifo fito del ponte, i movimenti varj , e l'altre particolarità di tal fatto, corne ben fi eu-, in vedrebbero nel libro fcritto da Catulo delBr'"' le fue gefte, e mentovato da Cicérone, cosi non apparifcono negli Scrittori , a'quali Eph.i.6%. o la notizia de'paefi, ede'fiti, o la cogni"Âtù'efim" zione dell'arte militare per lo più manca, Cafieiium Tocca il compendio di Livio , corne Catutdtiwn. j0 particolarmente occupo , e fi fece forte in un alto Caftello vïcïno ail' Adige. Tal Callello afsai verifimil fembra , fbfse verfo la fommità del monte Paftello in Valpulicella; poichè fi vede in Plutarco, ch'era di là dal fiume, eflèndo poi flato prefo da Cimbri vittoriofi ; e il fito è inolto opportuno per dominar d'alto in baflo , e vi fi veggono ancora fonda menti , e reliquie d'antichi mûri. Abbiamo in quel monte il villassio detto Cavalo: chi fa non gli rirnanefse da Catulo cotai nome?

Avvicinati i nemici , cominciarono per facilitarfi il pafl'aggio del fiume a gettar nell'acqua pictre grandiffime, ed alberi, e travi, da'quali urtavafi con violenza , e fi conquaflava il ponte de'Romani. Lepida cosa è , corne il faltar nell' Adige con gli fcudi, e il rotolarfi giù dalle cime perle nevi, cbe dovean fare alcuni giovani per bizarria, c per brillo, da più Scrittori è poi flato addotto, e ricevuto , quafital fbffe la gênerai condotta de'Cimbri, e il modo di calare in Italiadal loro efercito tenuto. Verocbens), tali mo.'tre efferfi da cofloro fatte di ferocia , e di furore, e di forza , cbe impauriti i foldati Romani , cominciarono ad abbandonare il maggior campo, e a dar volta. Catulo fece in vano ogni sforzo per ritenergli ; e quando vi. de non eflêr pollibile , con prudcntiifimo ripiego fi ando a mettere con le infegne alla tefta di quei cbe sloggiavano , per ifeemarne il difordine, e far'apparire, che feguitaflero il Comandantc , e fi ritiraffero. Fn in queft'occafione , ch'eflèndo una Legione rimafa feparata dal groflb dell' efercito, e circondata, Petreio Atinate un de' Centurioni, propofe di farfiflrada a traverfo il campo de'nimici ; e perche ripngnava il Tribuno, 1'uccife , e poftofi alla tefta egli îteffo, la conduffe a falvamento ; !.zi.c.6. délia quale azione Plinio ci fe con fer va. All'incontro fu tra quei che fuggirono un figliuolo di Marco Scauro ; per lo che ricufando poi il padre d* ammetterlo alla fua prefenza, per dolore, e vergogna û diè da fe flefso la morte. Narrafi quefto fatto da Valerio Maffimo, che dice avvenuto preffo

preffo Adige l'incontro de' Cimbri ; e da Fron- / . tino ancora , che lo dice avvenuto nellc ffelve Trentine. Abbiamo dall'ifleffo Au- '" tore, corne Catulo inganno i nemici con far loro apparire di mettere il campo in •''■'>■ \ certo colle ; per la quai cofa fi levarono efli dalla riva d' un piccoi fiume, che occupavano, e gli diedero agio di paffarlo , e d'infeftargli ancora . Oilerva Floro , che fe i Cimbri dopo tal fucceflb , e dopo ef- u:>-~, fergiunti felicemente nel piano , marchia- J7

vano fubito rifolutamente a Roma, non farebb' efla flata in legger pericolo ; ma prefi dall'incanto del paefe , in cui fi trovarono , arreltaronfi , e tra per l'ufo del pane, e délie carni cotte, e del vino, tra per la dolcc/.za del clima , nella Vene^ia, ove /' ltahu è più cbe altrave morb'uia , e '"v ddizjofa, // lor v'igore fi rallento. Cosi par- t'■ "_' la lo Storico . Non è da tralafeiare , che ti■< i dopo la ritirata de'Romani, attaccarono i "„.,, Cimbri quel Caftello prefidiato da Catulo p■■.-.'■ di qua dall'Adige, e lo prefero : ma fece- ";f' ro in e:f) i R.)iini cosi brava rc\'i;tcnza , ^ che per maraviglia deila virtù loro otten- f"-^"- ncro da'Cmibri patti onorevoli , giurati fopra un toro di métallo , che per Deità, o per facra cofa dovea da lor venerar;i .

In tal pericolo fu chiamato Mario a Roma. Gli eradeerctato iltrionfo, ch'ci voile fi rimetteffe ad altro tempo ; si perche lontano era il O.io efercito , che dovea efïernc a parte, e si perche i Cimbri lo faceano penfare ad altro. Si porto egii ben tollo all'armata di Catulo, cui era prorogato il comando in qualità di Proconfole. Chiamo le fueLegioni dalla Gallia, quali arrivate pafso il Po , e fi mife in politura di tener lontani i barbari dall'Itaha ince- l™'"'" riore. Catulo, il quale fecondo ogni apparenza s'era ritirato dalla parte del Brefeiano , e quivi avea pafsato l'inverno, affai valeafi. fra tanto dell'opéra di Silla, p/m.;■. che fi refe poi si famofo ; e col fuo mezo •*>'• tenne a freno alcuni barbari Alpini, e fi procaccib taie abbondanza di viveri , che potè darne anche al campo di Mario. I Cimbri ftettero aflai tempo nel Veronefe da loro occupato, enel rimanente délia Venezia, afpettando l1 arrivo in Italia de i Teutoni ; e veggendog'i' difièrire , mandarono una legazione a Mario, chiedendo per fe e per li fratclli loro terra , e luogo per vivere , e per abitare , Ricereati di quai fratelli s'intendeffero , e udito , che de'Teutoni, rifpofe Mario tener già quelli la terra lor data , e doverla tener per fempre ; facendo nell'iftefso tempo co:nj panre alcuni de'lor Capi incatenati, percha

s'ac-


LIBROTERZO. 58

s'accorgefsero di quanto era avvenuto. Dopo il ritorno de'Legati s* încamminarono 1 Cimbri verfo Romani, che fi tenean fermi nel Ioro campo . Accoftatofi il Re ^onpochi de'fuoi a gli alloggiamenti, inWo Mario a ftabilir concordemente batv :Iaglia • In Plutarco nome fi dà a quefto Ltv l 3#&c di Beorix, attribuito in Livio anche a Sun Regolo de* Boj nell'Italia. Provocato P .Mark Mario a fingolar certaine da un Teu/^^ttone, gli diè per rifpofta, che Ce avea fretItadimorire, potea valerfi d'un laccio , I| rimettendolo nell' ifteflb tempo a un GlaMdiatore, corne quello , cui più convenif1 Ce firaile invito : ma a quefto Re rifpofe, :I non efler veramente ufo de' Romani di |§ prender configlio da' nimici , voler tutta• -JE via compiacerlo . Accordarono dunque di ■jM combattere il terzo giorno , che vcnnc a vfi cadere nel trentcfimo di Luglio , e per ■■SMÈ luogo ftabilirono , fecrediamoalie (lampe 1jBj di Plutarco, la pianura/>«/o Vendit. Que. ".' "fM fto paflb ha facto credere a molti, che feJjf

feJjf quella battaglia nel Vercellefe , e : 'V& non è mancato chi in favor di tal fentenza

con calore abbia fcritto ; ma avvertiron già il Panvinio , e '1 Sigonio, error de'copifti eflère in quel luogo di Plutarco , e doverfi leggere preffo Verona . Il compleffo délie autorità, ede'fatti, e il contefto di Plutarco ftefïb , rcndono tal'emenda;;|È zione qnafi indifputabile. Vera cofa è, che ,-|§ Claudiano Pocta del quarto, e del quinto BttU0h fecolo, difse , eflcre ftati i Cimbri vinti, e ■>T disfatti a Pollenza, fin fotto l'Alpi mari);t' time , e Liguftiche ; ma ripugna cio pa% rimente a tutti gli altri Scrittori , niun |s de'quali ha mai detto, che per quella par::0, te calaffero i Cimbri in Italia. Plutarco ';' 'tt:' Poco avanti il fudetto paftb fa menzione

A *'*" del l'Adige da lor valicato, e del volerc in *,i^^', vece dell' Adige intender la Tofa, con ragio,f& ne fi rife ilCluverio. Aveanoi Cimbri fver:$j$k n^to nel la Venezia , corne abbiamo intefo

fit.!' ?t(%. .

/. ■>$$! da Floro, e il difegno era d'inoltrarfi ver'.-^à

ver'.-^à Roma. Chi potrebbe adunque credere,

:||| che principiafsero la campagna dal portarfi

:;||| cosi a ritrofo fin preflb Pollenza , o Ver•

Ver• celli ? e che di cosi lunghe marchie d'am3^v

d'am3^v le armate niun cenno defiè Plutarco ? il

Iquale afferma all'incontro , che Mario nel fuo campo fi tenue ? Appreiïb, a niun luogo in Italia più, che alla noftra fterile, e vafta campagna , quale fino a memoria 1|| de'padri noftri fi mantenne per moite %» miglia fenza un albero , e fenza un foffo, {.3. «.j. fi adattava il titolo di patentifjbna , che le

'"ijfim'T d* Floro > e ^c^cvc ftimata"opportuna da quem Cimbri per difpiegarvi la gran moltitudine Rauditm di gente, e da' Romani per farvi giuocare

a lor Cavalleria , corne ferive Plutarco. tocant Si aggiunge il leggerfi nell'emendato Vit- cam?\[ tore del P. Scotto , che fegui quel corn- l^Z:l'L battimento ne'campi Candj , e il chia- SM&C marfi Cauri fino in 0221 il bel mezo délia *><• v;r. noftra Campagna. Ma oflervifi fopra tut- ?„'";,£; to in Floro, corne un corpo di Tigurini, Candi». che dopo la battaglia fvani da le , e Ci difperfe , ftava quafi per faffdio de'collegati ne'colli dell'Alpi Noriche . Ben da lr\: fr' cio apparnee , che da* monti Nonci ana y:„:-0O'f. Venezia adiacenti non tanto mai fi discoftarono i Cimbri , ne andarono cosi Icitano a combattere. Nel cronico Eufebiano fi mette al Po quel combattimento , il quai fiume iëgnava il. confine del Vcronefe.

Nel piano adunque, ch'èa poche miglia da Verona, Ira l'Adige, e '1 Mantovano, fegui il ihmofo conflitto . Ebbe Mario, corne Confole il comando fupremo. Venti mila , e tr-ecent'uomirai cran quei di Catulo, che ri ma fer collocati da Mario nel mezo , facendone il corpo di battaglia : trentaduc miia erano i fuoi , che furon divifi da lui nelle aie , formandone dritta , e finiftra . Fu interpretato, che maliziofamente ei voleffe tal'ordine di battaglia , e per efrètto d'emulazione fatale nelle Republiche ; perché curvandofi affai la linea, com'è folito nelle gran fronti, e molto avanzando le aie, fperaffe , che i fuoi di parte e d'altra urtaifero, e sbaragliafsero i nemici , avanti che quei di Catulo arrivaffero a mifchiarfi con efli. La Fanteria de* Cimbri ufci del fuo campo compoftamente, e in ordinanza , fbrmando un quadrato per fetto dï profondit à ugua- ff^of"'^ le alla faccia , ed occupando con ogni lato rJy^'g',"~ preflb a tre miglia di paefe délia moderna nwv mifura ; da che Ci pub raccoglierc, quanta foffe la lor moltitudine. I Cavalli in numéro di quindici mila fecero bella moftra , e viderfl allora campeggiar que'cimieri, che in molt* armi gentilizie fpezialmente nellaGermania durano fin'oggigior- tt-J*» $0no i poichc le eclate rifplendenti erano in 7eJ^vtUTl forma di fpaventofe fiere, con bocche fpa- ,g\ '^0^- lancate. e bufti , e figure lor proprie fo- ^ iilJr prapofte, e con alte penne, che facean parer gli uomini afsai più grandi . Loriche avean di ferro, e rilucenti feudi, con afte di doppia punta ; ma venuti al nimico fi valeanodi grandi , e pefanti fpaile. Se abbiamo intera fede a quella deferizion di coftoro, che ci fa Plutarco, noi pofhani riconofcergli a diftinzione di tutti gli altri popoli Settentrionali per iftruiti in moite arti, e per molto colti. D'unofcudoCun- D:'°"'7rbrico confervatoa Roma, in cui era dipiu- "!'-z'

to


59 DELL' ISTORIA DI VERONA 60

to un gallo, fa menzion Cicérone. Quefla Cavalleria non venne per diretto contra Romani, ma piegando a deftra, pafsb oltra con animo di ferrargli in mezo : ben fe n'avvidero i Comandanti , ma eflèndofi un foldato meffo a gridare che Cimbri fuggivano , fi mofsero tutti gli altri a furia per infeguirgli, ne fu poifibile a gli UfiziaxaBdrtf h di rattenergli . La Fanteria de' barbari Ti'xajof; avanzava intanto francamente verfoRomao-^tvff «/. • qua(iunVafto mare, che folié in moto. Pochi fatti abbiam nell' antica Ifloria rapprefentati con le particolarità qui fopra accennate dell'ordine di battaglia , délia figura , e de' movimenti. Il non efïère per lo più ftati uomini di guerra gli Scrittori ne'racconti délie azioni militari fuol privar chilegge, e del diletto , e del profkto. Con tanta intelligenza parlb di quella battaglia Plutarco, perché vide le memorie di perfona del mefriere, cioè di Silla, che fi trovô nel fàtto, e lo fcriffe : flrano avvenimento narrando ancora ; cioè , che j Mario , il quai prima d'attaccare il conflitto folenne facrifizio voto a gli Dei, corne Catulo di confecrar la Fortuna, o fia il Genio di quel giorno, togliendo la denfa polvere afîatto la vifta, nel condurre contra nimici le fue fchiere , turbate prima dall'infeguir la Cavalleria de'Cimbri, traviafte, e vagando, oltrepaflalfe il lor cor* po di battaglia ; per lo che il forte dell' azione toccallè veramente a Catulo, e alla fua gente, corne co' Pili, e con 1* altr' armi rimale ne'corpi de'Cimbri facean vedere i foldati di Catulo ne'contrafli , e nelle gare, che fra lor poi feguirono. Eutropio aftèrma , più felicemente efferfi combattuto dalla parte di Catulo , che da quella di Mario , e l'efercito di quello aver prefi trent' un velfilli, di quello due foli. Cornu nque folfe, pienittima fu la vittoria de*Romani , a' quali giovb molto il calore ecccffivo, fopportato da efli coftantemente, ed il Sole, che feriva i Cimbri affannati dal caldo, e liquefatti dal fudore negli occhi. L'averlo guadaçnato , e fatto riufcirc in faccia a' nimici , talchè volendofi coprir gli occhi con lo fcudo, fcoprivano il corpo ;. i.c. io. aile ferite, fu da Polieno attribuito ad arte, e a faggia condotta di Mario. Giovb ancora la polvere, che non lafcib conofcere a'foldati Romani la gran moltitudine de'nimici. ï migliori de'Cimbri reftaron fulcampo, e fra quefti il Re : ne avrebbero molti di efli potuto fuggir volendo , poichè quei délia prima fila , acciochè non poteïïèro mai difordinar gli altri retrocedendo , erano flati vincolati infieme con Junghe fiuii trapafsate per le cinture. Atroce

Atroce fi vide poi nel lor campo , e negli alloggiamenti ; perché le donne infuriate ammazzavano crudelmente i fuggitivi, benchè foflèro mariti, figliuoli, o padri, e fi difendeano ferocemente da i carri con picche, o lancie , trafiggendo in fine fe ftefse , ed i lor bambini. Furono /.s.,- in cib aiutate da feroci cani , de' quali di- ^ cePlinio, che fconfitti i Cimbri difeferoklor ,-,, café, ch'eran fu i carri. Scrive di elle Floro '' ofcuramente , che mandaron prima chiedendo a Mario libertà , e facerdozio : ma impariamoda Valerio Maffimo, che feguï cib l'anno avanti, e nelle donne de i Teu- ub. 6 toni, le quali dimandarono d'enere mandate in dono aile Veftali, orlèrendofi a fervare anch'eue ugual caftità.

Non è ftato fuor di propofito il difienderfi alquanto nel racconto délia efpedizione de'Cimbri, si per diftinguerne i tempi, e i diverfi fatti, e si perché oltre ail' eilere i di quella famofa guerra il paefe noftro ftato teatro, un avanzo di quella gente rimafe per fempre nel Veronefe, e nel Vicentino, e Trentino, e fe ne mantien pur' ancora dopo si lungo giro di fecoli in quefti territorj la difcendenza. Singolar cofa è , che nelle noftre montagne confinanti aile Vicentine, ed aile Trentine , un tratto di dodici villaggi in circa, nel mezo de' quali è quello, che Progno fi nomina, parli una lingua différente da tutti i circoftanti paefi . Suol dirfi volgarmente, ed è ftato fcritto da più d'uno, che s' accofti alla Tedefca, ma poco fia da Tedefchi intefa. Trasfcritici noi perb in que' monti, e fatta in più luoghi diligente perquifizione, abbiam trovato Tedefco veramente efière il linguaggio , ma con quefto di mirabile , che in gran parte è quel de'Saffoni, cioè il Tofcano délia Germania, pronunziando in a tutte quelle fillabe, che per a fifcrivono, e che l'altrc provincie , fingolarmente verfo quefta parte d'Italia fituatc , trasformano in o;ed orma non avendo dcgli ftorpiamen* ti daquefle ufati nelle parole: quinci nafee, che co' Tedefchi di qua con difficoltà s'intendano , come poco s' intenderebber fra fe un contadin Lombardo, e un Tofcano. L'ifteffa lingua continua quafiintutto il tenere de i Sette comuni, territorio di Vicenza, e in tre o quattro terre del Trentino. Tuttochè fuor di quefti pochi villaggi torni l'Italiano,e continui in ogni parte fin di là da Trento non piccol tratto ; con tutto cib fe il linguaggio di quella gente s' accoflaflè al Tirolefe, o a quello d'altraProvincia all'Italia prolfima, e participaffe de' lor fuoni, ej pronunzia, non farebbe da farne gran cafo : ma l'udirfi quivi il parlar de'

paefi


6l LIBROTERZO. 62.

paefi fituati nell' eîlremità opposa délia Germania,e per sî vafto intervallo difgtunti e l'udire in Italia donne non ufcite mai de' lor bofchi , ed uomini viffuti con far carbone, parlar' il fiore dell' antichiffima JJngua Germanica, maraviglia reca, e piaJfer grandiffimo. Ghe tal lingua moftri vea»mente difcender cofloro dalle genti, che Jffiivaîèro allora 1' Italia , e fur da Mario i. 'Élfconritte, appar fingolarmente da Tolo|||neo, il quale afferma, gli antichi Saifoni JifÉlver foggiornato nella gola formata dalla f. xj/||penifola Cimbrica ; e appar da Plinio, • ■>||che nomina Cimbri méditcrrane't, i quali pe^«rb parrebbe veniflero ad effer nel fito degli ^Éodierni Saffoni j e appar parimente dal par- | ||Ilarfi in gran parte pur cosi ancora là fu 1' j JSOceano Germanico, e da qualche affinità ; JÉfdi quefto dialettocol Danefe ; il che fu ftu- j J§| diofamente riconofciuto , quando nel De- \ ^ cembre del 1708 Federico IV Re di Dani- \ i^marca, Principe di fublime fpirito, e di i ■rjvr pénétrante ingegno, accompagnato da fcel'■^- tiflima Cor te , venne a paffar nell' Italia s, non pochi mefi , e onoro con fua dimora di dieci giorni la Città di Verona. Non s* inganna dunque il noflro popolo, quando

per immemorabil' ufo Cimbri chiama que' paefani. Che antica fia la tradizion di tal nome , appare da più Scrittori del 1300 (tra quali è il Marzagaglia Veronefe, e il Feretti Vicentino ) che chiamano paefe Cimbri co que' monti , e per effi bizarramente Cimbria Vicenza. Irrefragabil pruova anche da queflo fi trae di tal punto d' antica Storia , e délia fconfitta de' Cimbri nel Veronefe; mamfefto da cio rendendofi , che i lor fuggitivi , quali verfo tal parte appunto cacciati vennero , in quell* laite montagne, e in quell' ampie felve fi ricovrurono , e fi rimafero . Altro argument© fe ne puo dedurre ancora dal nome di Ombra , Caftello quattordici miglia di là da Trento, nominato da Paolo Diacono , e detto in oggi Cembra\ e i.%. <■■ 31. tanto più , che fe bene in effo fi parla Italiano, poco lungi pero due villaggi fono, che parlano tuttavia il Tedefco diverfo dal comune, e per iày non per io, corne i noftri fudetti; fenza fondamento alcuno avendo detto il Mariani nell" Ifio- p-»«-jXj. ria di Trento, che tal lingua fia Gotica, ed ivi fbfl'e portata in tempo di Giufliniano da' Goti.

FINE DEL L I B R O T E R Z O.

DELL*


DELL ISTORIA

DIVERONA

L 1 B 1(0 QJJ A RT 0.

^B^fi^^^^^D Qchi anni corfero dalla j^K fâK^^ vittoria Cimbrica alla 4-&A !^f 1^^. çuerra Soziale , detta <®$?/k rJ^^^^ anche Italica, e Marfié$$p ft^S^ ca- E^èndofi daqucfta ^Ss^ ^^^^Ëj, fatto ftrada a' Vcronefi, W^îvWt^M corne a tutte le Città dentro 1' Aipi, per crefcer di condizione nella gerarchia, per dir cosi , dell' Imperio, e di tal guerra, e di si fatte varie condizioni preflb i Romani necefiàrio c alcuna cofa accennare. Ammirabile, ed unica fin da principio fu 1' idea Romana, perché nel vincere, e foggiogare gli avverfarj popoli, fenza lafciarfi portare da piacer di vendetta, o da fpirito d' ambizione , null* altro ebbero jn mente , che di confiderare il bencfizio, che la Republica potea ritrarre, e il crefeer di forze, e la ficurezza, che confeguir potea dal I fargli di nemici amici, e d' cftranei congiunti. Perb alcuni ne ricevetter tofto densdAen.T. tro la propria Città, e nel proprio corpo, onde de'Sabini diffe Servio, fu deerctato fi faceffe di effx, e de' Romani un fol popolo; altri ammifero alla Republica in varj modi, e participarono ad altri quandopiù quando meno le Romane prérogative , e i diritti. In primo luogo adunque comunicarono a que' popoli da lor vinti, che bifogno n'ebbero , o che cosi bramarono, le leggi al privato effere di ciafcheduno fpettantiytalchè intorno allô (lato degli uomini, alla patria podeftà, a'xnatrimonj, a'teitamcnti , aile fucceflioni, al dominio nelle facoltà, aile J crédita, ed a'contratti, fbflèl'irteflb il gius degli uni, e degli altri. E perche alcuni le proprie aveano, e più dell'ifteffa cittadinanza Romana le aveano care, corne daun tfo Bail, paflb di Cicérone fingolarmente apparifee, a cotefti di viverfi con effe liberamente fi permetteya. Alcuni paefi furono efenti dalle

dalle d • - :- v-polo, o Città furono aii1!^:^' •■:: •■:'■■■ al grado di cittadini RMIÏI; 'o;i.. .::.■ ■•■■'■!.• -■ .tusdi Tufiragio : anche ii <';'?.'"• ■ ••-•■' -d.ito ad altri, ma dipend-w; <\--.- ••:; le'Confoli,e quafi oert■:■■.'.'■■..'■ ■'■■<■>:• )■■■'■ '<'i.\;i' Città vi furono, epopo!i; . ;i- i:i; ..■!■:.:'•.•;■■•.■ a.flolutamente, e con poik-i.'-'- ..i •!.-.;.;.•, \ ••;!'.'e a'Comizj, e dar voto: Jiui■'■"■■■■ ' :- i • délia capacità de' fupremi vu •:• r iol dire di tutto 1' cffer Roman';,;. <■■■'.: ■•.-.--in fu fatto dono. Ri- „*. cordava per-') 1\: r./'.-Yarrone a'popolidel- /• 3 laCamp.igna, < >■<■■ ■■.:. i Romani aveano già lor concedute le ■■■'. -sprie leggi ,e la colleganza,e a gran parc dicili la Cittadinanza ancora; e rapprefencava Valerio Levino a gli Etoli, corne ufo Romano era, di talmcnte /,;,. trattare i vSo^ii, che alcuni n' avean ricevuti nel proprio corpo, e ad^altri tal condizione avean data, che amavan più d' efier Sozii che Cittadini. Si de'awertire, che moite M volte le Città piccole o grandi che fi fbffe- rjf ro, non feguivano lo fiato délie re«ioni lo- c." ro, e délie Provincie, ma proprio grado aveano, e diltinto. Alcune portavan nome di Confederate, o di Libère, ch'erano di condizione poco diverfa. V'erano i Muniçipii, che godeano quai piu, quai meno il benefizio délia Cittadinanza Romana, ritenendo le proprie leggi;e v'eran le Colonie, che viveano con le leggi Romane, e di condizione erano Romana, o Latina, fecondo che cittadini Romani , o Latini foflèro itati in elfe condotti.

Siccome perb queiti varj ftati non meno per meriti particolari de' popoli, che fecondo il luego, e la prolfimità de' paefi fi andarono propagando ; cosï le più gênerai idenominazioni ne forfero di gius Itaiico, di gius Latino, e di Cittadinanza Romana ; ciafeuna délie quali condizioni più parti, o fia gradi ebbe. I popoli,che fi efiendevano

dal


*5

LIBRO QUARTO.

66

<Jâl Lazio al fiume Efi, e fcacciati 1 Senom

fino al Rubicone, godevano generalmente

gins Italieo; non di quello folamente

Iebbe poi tal nome, e confifteva in efenie da teftatico, e da campatico, ma di Uo chJ era anneflb ail' eflèr d" Itaha, c fifteva principalmente in non aver Prefialcuno. Fulvio Flacconel fuo Confolao perché ftimaffe attodigiuftizial'avandi gradochi tanto contribuiva c col dao, e con la gente alla grandezza di Ro, o perché avefle in aninio d' acquittai* i per le Ieggi Agrarie, che infieme con io Gracco meditava , propofe di fargli ii Cittadini Romani : ma uccifi 1" uno e [tro ne' tumulti percib feguiti, trent' anappreffo Livio Drufo Tribuno délia pleuomo di rettiffime intenzioni, promife ,l'Italiani di novamente promuover tal ge; ma prima di poterlo rare refto affafito miferamente: per lo cheirritati i poi,e invaghiti délia promefla Republica, blIevarono,e ne fegul quella orribilguera, che in poco piu di tre anni due Confoi, e fe crecliamo a Patercolo, trecento mi^pa Italiani, che avean prefe 1* armi in varie '"parti, rapi, ediftrufle. Bolliva efla fieramcnte ancora, quando con legge dettaGiulia dal Confole Lucio Giulio Cefare , che j nell'anno 664 la promulgb, fu comunicata

n" >x la cittadinanza Romana a tutti que'popoli,

que'popoli, in tunta procella fîerano mantenuti >Sytfèdeli a Roma; con che tutto il Lazio, e '|||buona parte dell* Etruria la confegui:e dalvJlpla parte di là arrivé taie indulto fino ad Jjff 'Eraclea fui golfo di Taranto, corne da un mKpaffo di Cicérone per Balbo fi pub ritrarre. •Jlji'Nè terminé tal guerra , che feguita 1' agf^' wlgreflionc di Cinna, e principiati già i moti QtmÈÈÈï d' Mario, e Silla, tutti i paefi, che feconf '• *»^p. do 1'ordine del politico fi diceano Italia , :mm't délia Cittadinanza onorati furono dal Sena'!^P'to, a riferva de' Lucani e de' Sanniti, cui Mfu difïèrita, per efîere ftati sli ultimi a dec^Bpor l'armi. Secondo l'ufo anche qui fi an|§ld6 per gradi : fi diede prima la Cittadinan'^BZa ^enza voto; fi concedette poi quefto an^|||cora nel Confolato di Papirio Carbone, poi,:^Ëchè degl' Italicidebbon fenza dubbio intenEfi JEderfi quelle parole dell' Epitomc Liviana, w,^||||che fu dato tl fuffragïo a' nuovi Cittadini ; e "111» quefto fecondo noi debbon riferirfi quelle •r^pi Cicérone nell'ottava Filippica, che del «E Liftiragio de' nuovi Cittadini contefero Otta'■■;fflgio, e Cinna: percio Silla poco dopo per Ayergli favorevoli, fi ftrinfe con patto fpeWa!e ^ non "vocar mai la Cittadinanza,ne Epit. i& f giusdi fuftragio poco avanti lor conceduto. *:« La participazione délia Republica a' po> poli (ino al Rubicone fece ftrada per l'iftefVcr.Illufl, Parte L

fo grado prima a* fîtuati fra il Rubicone, e'1 Po, dipoi anche a quelli di qua dalPo, e fino ail' Alpi. Strabone : da che i Romani l. ■?. «<"? participarono a gl' Itali la Cittadinanza , fu .^'/J'^ prefo di comunicare tifieffo onore anche a* Galli ^T^V cifaipiniy ed a' Veneti, e di chiamarglï tutti <ScItaliani, e Romani. Ma prima ci fu confèrito il gius del Lazio. Credibil cofâ è, che nel portar fino al Rubicone la Cittadinan* zafieftendefle fino al Po il gius Latino: quinci è, che poco dopo dell'ifteflb onorati fummo anche noi Trafpadani, corne chiamavano i Romani quelli, ch'eranodi qua dal Po. Il modo, con cui quefta condizione ci venne conferita, fu con efler moite di quefle Città dichiarate Colonie Latine, e cio per opéra di Pompeo Strabone padre di Pompeo Magno, mentr' era in quefte parti Proconfole, dopo eflère ftato Confole nel 665. EfTendo quefli morto per fulmine due anni dope, e durante ancora il fuo Proconfolato, ne rifulta, che tal grado fi confeguifle da noi nel fin délia guerra Soziale . Afconio Pediano, cui fiam dçbitori diquefla bella notizia, infegna, corne Pompeo ereffe le Città trafpadane in Coloniey non col in Ptfo~ mandarvi abitantï nuovi, ma rimanendo i vec- "'."".)fc* chi y col dar loro il gius del La^io . Quefto è ,■„«/;, m«. cib, che a propofito d'alcuni popolidi Spa- "entij'ij. * gna chiama Dione eiïer çonfiderati, o qua- '£«,••.' lificati corne Coloni Romani. Non fi fece M. 43. adunque corne anticamente ne* paek conqm- ^ p^^^ flati era in ufo, ma in modo, che fenza ^.ou/j,. dimezare i fuoi terreni a ver uno, quefte ■*"- Città n' ebbero 1* onore, e 1* utile, ma non l'aggravio, o 'I danno; venendo folamente, corne in propofito délie Colonie difle Pater- /.,. „,. colo, amplificato il nome Romano con la cornu- n»™ *»- nkà^ione del gius.. Spiega l'ifteflo Afconio, ™mtn"* incheprincipalmenteconfifteffelacondizion commuLatina délie Città, dicendo, che chiunque ",'°^"*" in quelle foftenuti avefle iprimi ufizj, confeguiva la cittadinanza Romana : ufizj in génère dice Appiano ancora; Strabone fpe- App. c;v* cifica Edilità, cQueftura. Or quali fofle- ^ '• . ro precifameate le Citta, che diyentarono allora Colonie Latine, ne Autore, ne monumento abbiamo, da cui ricavar fi poffa : ma che una di efle fofle Verona, fi ha per buona forte dall' autor del Panegirico a Coflantino ; il quale parlando dell' afTedio foftenuto da Veronefi, incidentemente r,icorda, çome quefta Città era già ftatada Pom- f<J/). s. ut peo Strabone fàtta Coîonia. Intorno dun- qwmcohque all'anno di Roma 666, Çolonia Latina p*^* divento Verona. eiiquand»

Non molto fi ftette ottenuto il gius del ^'xerM Lazio a confeguire anche la cittadinanza Romana, e con voto. I popoli rifpetto a • Roma çifpadani appare, che gjà 1' ^veflero

E nel


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DELL' ISTORIA DI VERONA

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nel 690, dîcendo Cicérone in lettera di tal' Aitie. anno fcritta, che parea poteffe molto ne fufJ.i.tp.i. jra^t \aQaH)at Quindi è, che le Colonie

noftre trafpadane trattarono bentofto difare iftanza anch'efle per l'ifteffo grado, coCarf. c. 8. me fj raccoglie da Svetonio : e pero nacque Bio.!. 37 i] diffidio, di cui fa menzion Dione fra i dueCenfori, fentendo l'uno, che doveffe darfi loro la Republica, el'akro no. E credibile, che cib dovefie ancora trattarfi in que' Comi^j de Trafpadani, de' quali fcrifF.im.i.s. fe CeIio a Cicérone, elïèrfi fparfa voce nel 703. Ma in fomma alla noftra Città, e ad altre di qua dal Po, queflo nobil dono fu anche impreziofito dalla gran mano di chi cel porfe, perché fu quelia di Cefare nell' anno 705 eifcndo ftata queita una délie fue prime difpofizionigiuntoaRomacon l'efcrcito, nel prender poffèffodel fupremo arbiJJ/9./.41 trio délie cofe. Dione : a' Galli, che fon dcnHW^j, tro l' -dlpi) ed abitano oltra il Po, conferi la ii>.=3i-n/ C'utadinan^ct, cornequello,cl?era jîato lor Pre»ox,T«a„ j~nie. ma non qUe:co veramente ne fu ilmotivo, che pcr tal conco l'avrebbe data anchea' Galli tranfa pmi; ma bensi e per la convenienza, dove l\ trattava di popoli di qua dall' A ! pi, e per ia fcambievole particolar benevolenza, che fu fempre tra Cefare, e Trafpadani. Si era egli fin nel primo inalzare a maggior cofe i penfieri, porta?o Svtt. in quelle Città, animandoie per fuoi fini ad Caef. c. g. inCi/terenel dimandar ia Cittadinanza . ScnfFam.i. fe Tullio a Tirone, occupato già Rimini da i6.ep.ix. çefare> ch" egli avea nimiche, e contrarie la tranfalpina Gallia, e la cifalpina, trattine folamcnte i Trafpadani . Nella fuffeguita guerra civile azion difperata (i vede d* una nave d* Opitergini, Città délia VeEpi:.ne- nez-ia> trafpadani aufdiarj di Cefare, corne il compendio Liviano gli appella. Sefidce credere a Labjeno,che fu del contrario partito,ifoldati ,co'quali ei vinfe la gran batr.p.c<e(. 1. taglia contra Pompeo, furono délie Colonie *'j'oim tra^Padane la maggior parte. -ïC».'«- Che la Cittadinanza di Verona, e dell*

""V""" altre Città foffe con voto, ne fà fedein""""""' dubitata l'afîegnazione lor fatta délia Tribu, che ciapparifee nelle antiche Lapide. Il fbtido dell'autorità Romana confifleva nella convocazion générale di tutto il popolo, ch'avea il nome di Comizii .Quefta facea leggi ,eleggeacariche,decretavaguerra, e giudicava 1 delitti contra io Stato.Or ficcome il popolo diRoma, e del fuo diftretto fu prima divifb da Romolo in tre parti, dette pvcb truù; COSJ nella générale adunanza in akrettante perminor confufione fi diftribuiva. Crefciutoil popolo, ando altresi crefeendo il numéro deile tnbù, talchè nell' anno 513 arrivarono a trentacinque,

trentacinque, da famiglie denominate, o da luoghi.In akrettante parti, equafi compagnie, fi diftingueva il popolo ne' comizj : chiunque confeguiva la cittadinanza con fuffragio, ad una di quefte veniva aferitto, e cosl quando alcuna Città era affunta a tal grado; acciochè i cittadini di effa trovandofi in Roma, non vagamente, ma nella tribu affegnata fi riduceffero per dar voto. Il maggior numéro de' voti in ciafcheduna tribu componea 1' affenfo , o '1 difsenfo di quelia, e reflava decretato cib che a maggior numéro di tribu foffe piaciuto. Quinciè,che quando con la legge Giulia refto conferita alla maggior parte d* Italia la Cittadinanza , coniiderando che la grandifiima quantità de' nuovi cittadini diftribuita nelle vecchie tribu avrebbe prevalfo a i vecchi, fi formarono di effi tribu nuove al dir d'Appiano; e fecondo Patercolo fi mifero ç tutti in otto délie vecchie: con che fe beiv '* erano in maggior numéro, non poteanopero formare che pochi voti, tanto maggiore eifendo il numéro dell'altre tribu. Di che accortifi i nuovi Cittadini,altre turbolcnze inforfero, e perb dopo alcun tempo furono indifièrentemente diftribuiti anch'effi perle tribu tutte. A quai di e(fe le Città fbflero afcritte,unicamente S' impara dall' antiche Ifcrizioni; poichè ufo cflcndo , che ne' publici monumenti chi era cittadino Romano profeflafïc pcr onore tal grado, con dichiarare lafua tribu, veggiam nelle lapide , corne Aquileiapercagion d'efempio fu délia Velina ,Concordia délia Claudia, Altino délia Scapzia, Padova délia Fabia , Elle délia Romilia, Vicenza délia Mcnenia, Trento délia Papiria, Mantova délia Sabatina, c Verona délia Pobilia , o Popilia , o Publilia, o Publicia, che in tutti quefti modi fi trova feritto. Ôflervando noi, che d'ordinario aile Città d' ogni regione tribîi diverfe affegnaronfi ,incliniamo a crederlopolitico artifizio, affinchè non poteii'ero mai unendoli prevalere,e formare il voto d* una tribu. Moite ricerche potrebbero qui intraprenderfi : per quai ragione veggafi nelle lapide altri dell'îftelfa condizione profeflar la j tribu, ed altri no: fino a che tempo il nome, e l'ufo délie tribu fufniieïiè: fe ilgius d'intervenir ne' Comrzj folle di tutti gli uomini o d'un per cafa folamente : fe fi accomunallè anche aile terre e villaggi, participandoneiterritorialidélie Città: fe poteflcro Je Città aggreçate conferire la lor cittadinanza, poichè con cib venivano a conferire anche la Romana: ma quefle, e più altie invefligazioni,chenon caddero ancora nell'animo a'dotti, troppo dall' Ifiona noftra ci devierebbero.

Nell'


Ci

LIBRO Q.U A R. T O.

, Nell' ufo continuato di ammettere alla Republica fpicca la differenza dell' inftituS Romano dal Greco ; imperochè gli Atea&fiancora ammiferoda principio in coraujïnza coIoro,che nell'Atticaripararonoda iSrie parti, talchè per Ja gran moltitudine fflor forza di mandar nell' lonia colonie, coi»efi hada Tucidide: ma avverte lo ScoiKfte di quelMftorico, chc cosi non fèceJ» poi pm in avvenire.Pero Dionigi Alicar■■miflco lodo in quefto allai più la liberalità 3me'Romani, che la parfimonia de'Greci. ^Mn fatti quinci fu, clie gli Ateniefi non fi•'jEnoreggiaron mai che una piccola parte di '■^îrecia)doirc i Romani l'Italia tutta, edo:|gj>o l'Italia tant'altro mondo. LodandoCi>;^erone i Padovani, dell' a ver contra AntoIjpiio foraminiftrato a i duci Romani dena■phih fwKOy foldati, edarmi, dice di e(fi, e degli »*• **a^altri lor proffimi, non efier maraviglia , che 7ji7t^jiËÈf0lfc'>' ftdcli , dopo che fi era lor participât a la mu*fMmRepublica, quandotali erano ftati anche per &ptAtifmM- avanti . JDi quanto benenzio rmfciffe a M/*'<dÉI~Roma , 1' aver vincolati in tal modo que®h nÇ#$i paefi noftri, i' Imperudor Claudio prefZ^fo Tacito fece con quelle parole gran tem,.*po dopo tellhnonianza in Scnato: quando Aniutuf, Jurono r'icevuti a cittadinan^a iTrafpadani, fiir^imut •aM°r" f' 1 fiabile la quiète interna, cd allora con(umTuj- .tragli cjlerni fwrimmo. La fece altresi Cicecfvv '" ronc 'ner tutta *a Gallia cifalpina, quando rectpti, „ çonicfso, clfer' eflà il fior d' Italia, e dell' ?fàM$*$mPeri° dcl popolo Romano l'omamento, eilfojuat-.iËmftt'&no. E da cio veramcnte ben firaccoglie, HMJËtâxhc \' idea di Roma d'ampliar fe flefiacon ,'mptffif «*a comunicazion di le iteila, fu il maggior Iflf^egreto, che laPolitica inventaflemai. £cco

/SB?" vïnl\ d} Suefto <lucIla Gallia, che per »»«^^tante età fit il terrore eil pericolo de! popo&e' 5>lo Romano, divcnuta l'ornamento fiio, ed •■'ipil foilegno. Ben pero diflè altrove 1* iftefso p,t 8j$^ Tullio : quello cheprincipalmente fonda /' impe'•f|^.f/o noflroy e il nome dcl popolo Romano ampli~$%fic° > fu fe"Za dubbio alcuno /' avère il fondator '^mfrimo di quejîa Città Romolo , infagnato nell' -'■■■Wfattccordo co' Sabim> doverfi quejîa Città accre*'mMcere anche col riceverc'tdentro i nemici: per la ';0jfui autorité, ed efempio non fi è intermefio mai '■^gla' nofiri Maggiori di comunkare, e di donar :;||É/i2 Cîttadinan^a. Altri in oggi per la muta||||£ion délie idée fi crederebbe , che ne fbf■||gfero_venuti a perdere i Romani nativi col :^^.arii a tanti il lor grado; quando all'incon|||pro tornava tutto quefto in elakazion loro: ;^^ientre la fedia del Romano Imperio •Wfc ^erripre Roma; il nome del domi;J|io fernpre Romano; il fondo délia Repu^lica fempre i Romani naturali; onde tan:§f> cra farïï molti compagni, e per confe'Juen/.a intereffar molti nella difefa, e nclVer.Illuft. Parte I.

la gloria délia Rornana Repubjica, quanto un moltiplicar gl* iltrumenti di lor grandezza.

Che fe con tutto cio corruppefi poi anche quelgoverno,eçadde finalmente l'Imperio a terra, non cosi bella, e fana idea, ne il favio ed ammirabile inftituto ne furono in colpa s ma bensi il modo, chc nell'efeguirlo f\ tennc. Conciolîachè ottimo fbfse bensl l'aggregare alla cittadinanza le Città in corpo , non eflendovi altro modo di vincolar tutti, ma non aià Iodevole, l'ammetterperqucfto tutti gli uomini di quelle Città a i Comizj , vale a dire in Configlio a Roma. Una moltitudine infinita, e indeterminata, che veniva a raddoppiare il difettopur troppo per fe nocivo del popolar governo, non potea non produrre gli fconcerti che poi produfse, e non accelerar quella corruzione, per cui degenero in Principato. Pero Cefare, che da i replicati efempi di quefto errore n'avea imparato gli efTêtti, con la mente a fuoi fini fi adopio fin da principio perl'aggregazione de'Trafpadani . Non fu veduto in que' tempi, corne fi potefle fenza minima aherazion del fïftema far goderc a tutti una fufficiente parte dell'onore , e del grado . Non fu confiderato , che ammettendo ne' Comizj, a propor^ione délia grandezza, e del merito d'ogni Città, o Regione afcritta, iolamente uno , o due , e non più di quattro Soggetti, da quelle fteflè Città, o Regioni folennemente eletti , non potea da una parte gencrar novità alcuna il piccol numéro, perché paragonato a quel de* Romani non n" rendea fenfibile; edall'altra il gênerai concorfo délie Città , e de* paefi nella creazion di coloro , che doveffero goder tanta dignità , e rapprefentare in Roma le lor veci , bafîava per tener paghi i popoli, e perché fi credefser tenuti a dur volontieri quando occorrefse le foftanze tutte, ed il langue per confervar laPatria comune, e la comune Republica. Non penfarono i Romani ancora gli altri bçnefizj, che confeguiti ne farebbero ; d'averç in Roma il fior degli uomini faggi dell* Italia tutta ; d'averci flabilmente tante onorate famiglie di più : e d' eccitar le Città in tal modo a gareggiar tra loro nelle più ardueoccafioni.Chc avrebber'eglindetto que' fàmofi iàggi del mondo civile , fe avefîèro veduto l'ordine di comporre una Republica générale, tenuto a modernitempi da Sguizzeri ,e dagli Olandefi ?e fe n'avefler veduto gli eftetti , di far tofto, che piccol tratto equivaglia a un Regno ? e che avrebber detto offervandi) il modo , con che nell' Inghilterra fenza confufione alcuna

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7i

DELL' ISTOR.IA DI VERONA

/i

la nazion tutta, c fino ogni borgo fi rende intereffato nelle publiche deliberâzioni ? fe i Romani prendeano a proporzione alcun fi mil metodo , ne fi farebbe mai corrotto il governo loro, ne dalle barbare nazioni abbattuti farebbero mai ftati, nèopprefsi.

Nel tratto di tempo , che al prefente confideriamo, la Cifalpina fu in condizion di Provincia. CCJÎ la chiama Cicérone piu Phi/. 3. volte , e fpecialmente ove loda il confenfo de'Municipj , e de lie Colonie délia provincia Gallia nel difender la maejlà del Senato , e /' autorità del popolo Romano . Fa FnmA.i. egli ancora menzione d'Alar'ù trafpadani \ *7- e nella Cavalleria Romana par che Le^Inriit-'

Le^Inriit-' indicée Romani Cittadini , e quite, Alaria foldati provinciali . Varj Prefidi pofiquam pero ft vegsono, che corne ordinaria Prorum&c. vincia ad amminutrarla vennero di tempo in tempo. Or corne cio ? dopo aver veduto, che fino alla guerra Cimbrica , da Italia fu fempre trattata , e non da provincia ? non pochi di quefti nodi nella Romana Storia incontra, chi le cofe a dentro riguarda, non folamente non dif'ciolti, ma per verità ne pure avvertiti finora. L'ambiguo falvolta , e tronco favellare degli Scrittori , le çontrarietà , che in effi rinvengonfi, e la perdita miferabile di tanti libn di Dione, e di Tito Livio, ci lafeiano di troppe cofe all'ofcuro. Forfe ne'torbidi délie prime rivoluzioni, e délie difeordie civili, tra le novità avvenute nel governo una fu di ridurre in provincia la Cifalpina ? certo è , che occupandola i più. potenti, fbrze venivano ad avère in Italia da tenere in fbggezione l'ifleila Roma. Forfe fi fece a cib llrada col preteflo di leggeri motivi, che induceflèro a decretarla corne ftraordinaria provincia ? Altro fofpetto a noi perè fi defta , che non lafcerem di proporre. Ebbero in ufo i Romani , di confiderare corne paefe di nuova conqViifta quello , di cui fi fofle impolfeffata ftraniera gente enimica, e da cui cacciata aforza l'avefiero. L'abbiam veduto, ove fi parlb délia fondazion délia colonia Aquileiefe j poichè fu confiderato allora quel terreno, corne di ragion de'Galli, benchè per l'avanti fbfse de'Romani, per efïerfi una partita di Galli arinidata quivi, che ne fu da effi feacciata. Per l'iftefla ragione potea tenerfi per nuova conqtiifta, c per paefe di condizion tranfalpina la Gallia noftra, dopo che impofsefsati fe n'erano 1 Cimbri. forte argomento abbiamo in Appiano per convalidare tal congettura ; imperciochè non molto dopo la vittoria di Mario, ApuleioSaturnino legge porto contraftata

contraftata ma confermata poi, chef! diflribuifse tutto il terreno occupato nella Cifalpina da' Cimbri ; e che avendonevli » Marb poco avanti [caçciati, quella terra y ;" corne non pin de'Galli, fi trasferifse a Ro- '.... mani. Fors'anco fi era trovato fra Galli cifalpinichi avea fecondato i Cimbri, co- '„ me già con Annibale fi congiunfero.

Ora per quanto farà poffibile di trovarne conto , confrontando infieme principalmente Plutarco, Appiano, Dione, Ce/a re, Cicérone, Salluftio , e Svetonio, andremo accennando i Perfonaggi, da quali quelle no/lre parti nel tempo , ch'ebbero condizion di Provincia , fur rette. Furon tutti de'più famofi , e in qualità di Proconfbli. Pompeo Strabone , di cui parla mmo poc'anzi, par che motivo di guerra avefle, forfe dalla parte d'Iftria, poichè quando nell'anno 669 fu richiamato a Roma, per difènderla ne'tumulti civili, fi /, trovava con efercito al Mare Adriatico. '' A Strabone par che fuccedeffe Metello Pio, il quale comandb truppe nella guerra Soziale, e cominciati i moti di Mario , e Cinna > sfuggi di tornare a Roma ; e benchè terminato il fuo tempo , fi trattenne in Liguria per veder l'efîto délie cofe : ma nel 670 venuto Silla in Italia, andô a congiungerfi con elfo, ritenendo ancora la dignità di Proconfolo. La noftra Gallia per6 da Ravenna all'Alpi fi diede in quella guerra a Metello , e fu del partito di Silla ; il quai poi parendogli , che lentamente Metello operafle, voile mandarvi a comandar Pompeo ancor giovanc ; il che quefti non accettb per non fare ingiuria a chi era in provincia ; ma ci venne poi , defiderandolo Metello ftefï'o , e congiuntamente con lui operando. Morto Silla , Emilio Lepido Confble fi sforzb di fuccederë in quella fpezie di tirannide ; ed efsendogli toccata in forte la Gallia tranfalpina, occupô conl'armi comandate per lui da Bruto fuo. Legato ( padre delî'uccifor di Cefare) la Cifalpina. Per cacciarne Bruto, che lariteneva, e ricuperarla Provincia , fu mandato Pompeo dal Scnato , il quale impadronitofi facilmente di molto paefe, ebbe afïai che fare a Modana, dove avea pofto il campo Bruto, il quai folamente con fraude fu da Pompeo ingannato ed uccifo. Nel 680 toccô quefta Provincia al Confble Luculio ; di che non contente per non aver materia di cofe grandi, trovb modo di pafsare a quella di Cilicia, e per confeguçnza a comandar nella guerra contra Mitridate. Poco prima délia congiura di Catilina nomina Salluftio Caio Murena, che prefedeva qui corne Legato

del


LIBROQ.U.ARTO.

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delConfole . Nel 691 cfscndo toccata a <2cerone allora Confolo laMacedonia, egli iacefse al Collega Antonio , e fi prefe k noftra Gallia ; ma non volendo poi abindonar Roma per la congiura da lui JLperta di Catilina , mando quart LegaM in quefta fua provincia , afsai folleciSta dagli emifsarj di Catilina fteiTo , MeSllo Celere, che in quel pericolo era ftato JSiandato corne Pretore nel Piceno con auflforità di far efercito. L'anno 695 corren)Mo grido di guerra da'Galli trartfalpini , 'Mîcuni popoli de'quali erano in armi per "Ibccupare quella parte di Gallia ch'era RoIjaiana, decreto il Senato , che i Confoli H|jortifsero fra fe le due Gallie : ma furono J^mbedue di Cefare ; perche il popolo gua|&agnato da lui co'doni, e con gli fpettacol|Ii> gli decretb per provincia la Cifalpina, ■$mp infieme 1* Illirico con tre Legioni per ||||cinqu' anni ;e il Senato ci aggiunfe anche ; |||a Tranfalpina più da lui defiderata con l-llin'altra Legione. Nel prim'anno dcllc fa^Smofe guerre da lui fatte co' Galli, e co* t;WGermani, per ingroflar la fuaarmata,paf„4s6 celeremente nella Cifalpina , e ci lcvo -due Legioni , e due altre ne levo l'anno A appreffo. Se crediamo a Plutarco una Legione anche gli mando Pompeo nella Gallia circompadana arrolata. L" elfer quefta allora in figura di Provincia, non pregiudicava a i diritti, che dava a moite Città .1* eflèr di Colonia. Avanti che fpirafse il ipcinquennio del comando di Cefare , gli fu «F per opéra di Craflfo , e di Pompeo , che A' infieme con lui formavanoallora un triumvirato arbitro délia Republica, prorogata > it\ l'iftefsa Provincia pcraltn cinqu'anni. Per ' tfar continuare tal comando a Cefare, con'corfe anche Cicérone, avendo pero recitata k 1* Orazione délie Provincie Conjolari, in cui ^ difluade dal decretare ne l'una,ne l'altra ^ "Gallia a chiunque fia con rimuover Cefare, fL-che vi fâcea si bell*imprcfe,eche aveabiJ|V£bgno di maggior tempo per condurle a fine. ' *|^L' ultim' anno del fuo comando racconta Irj*^auo,chefvern6 nel Belgio,e a buona ftagiot'^ie

ftagiot'^ie di qua dall' Alpi per raccomanda'*-- a'Municipj, e aile Colonie délia ProvinL il fuo Queftore, che dimandava il facerzio , e dovea efl'er balottato ne' Comi; ma intefo prima d'arrivare, che l'aa già confeguito , voile non per tanto ofeguire in tutte le Città di tal grado, es» ,n meno Per ringraziarle , che per racjlgpniandarii a motivo de' Comizj del feIfeiente anno, fpargendo i fuoi avverfarj, -W»e per déprimer lui fofsero flati fatti Jfpnfoli Lentulo , e Marcello . Fu Cefa"&& da tutte quelle noftre Città ricevuto

con incredibili onori, ornand'jfi le ftrade, e le porte, incontrandolo il popol tutto, e fagrificandofi in ogni luogo . Afferma Irzio, che le regioni tutte délia Gallia Togata in queft'occafîone egli fcorfe, rendendo/i poi con mirabil ceïerità oltra monti ail'efercito, con aver prima lafciato qui Tito Labieno fuo Legato , cioè Luogotenentc, perché invigilafte aile cofe fue.

Ufo di Cefare nel tempo del fuo Prefidaco fu di gucrreggiar l'eftate oltra 1' Alpi, e nella rigida llagione pafsar di qua, c in quefte regioni fvernare . Motivo di cio unico , fe udiamo lui ,era di tenervi fecondo 1' obligo de' Prcfidi , i giudiziali Conventi, e invigilare a quefta parte délia fua Provincia: nell'anno 700 pafso anche nell'Illirico, e reprefl'e le fcorrerie di BtU.Ga!:. gente confinante, e vi tenne parimente i ^ 6''5* Conventi . Ma fe udiamo gli altri , non la cura délia Provincia folamentc, e di tener ragione, ma afsai più la premura délie cofe fue, e d'incamminare i fuoi difeeni lo traeva in Italia . Dione : avendo M>. 40. mandate le trappe W quartieri , egli pafso in Italia ; in apparenta per avervi cura délia Gallia , in jbjla»za Ver afjijlcr da prefso a quanto fi facea in Roma. In fatti fvernando in Lucca , che dalla parte del Tirreno era l'ultima Città délia fua Provincia (prima dell'Italia cflèndo Pifa, corne fu 1' Adriatico 1' ultima délia Gallia era Ravenna,e prima dell' Italia Rimini) venne a vifitarlo da Roma infinita moltitudine di gente, e fra gli altri non meno di dugento Scnatori, e tanti Pretori, e Proconfbli, che alla fua porta fi videro cento venti Fafci, e ci vennero anche Craffo, e Pompeo. De' Conventi tenuti da lui nella Cifalpina qu attro volte ei fa menzione, e fi rammentano una vol ta anche da Svetonio. Ufo era de'Romani, che i Prefidi deputafièro alcune Città délie maggiori , e fituate in luoghi a tutti i popoli délia lor Provincia più comodi , per tenervi folennemente ragione, portandovifi etti, e quivi ragunando iGiudici fubordinati. Curiofo punto pero farebbe il poter rintracciare , quali fofsero nella Venezia noftra le Città deftinate a' fupremi tribunali, ed elette per quefte giudiziali ragunanze ; ma di quefto niun cenno fi ha in tutti gli antichi monumenti : e non è maraviglia, perché brève fu, e tumultuante il tempo, in cui trattata fu quefta parte da Provincia, e tenuti furono pero in efsa i Conventi. Quindi è, che Plinio infegno bensi, quali erano le Città a ciô deputate in altre Provincie , ma non accenno d' alcuna, che in quelle parti fofse già ilataa cio deflinata.

Fa-


75 DELL'ISTORIADI VERONA 76

Facilifllmofi crederàall'incontro damolti l'additarle tutte per la comune opinione, v. Ant. fin da' tempi del Panvinio introdotta, che Tai. 7' * de'giudizii que' luoghi fofsero fedi,ch'ebbero il nome di Fori. Ma abbiafi per indubitato, grave sbaglio efser quefto, perché le terre chiamate Fori non furon luoghi di ragione, ma di mercato, e prefero per lo più il nome da chi avea loro tal'indultoottenuto , o conceflb. Altro era forum agere in una Città, il chc faceafi nelle Città di Convento, ed altro era dare a un luogo il nomedi Forum. Di tante Città, che vediamo in Plinio deftinate a' Conventi, niuna maicbbe nome di Foro. Ebbero querto nome più luoghi dell' Italia antica , anzi del Lazio iftefso, corne Foro d'Appio, dove certamentenè Convento fu mai,nèProviricia. Se cotefti Fori fofsero ftati luoghi di ragione, farebbero ftati gran Città, perché a cio le maggiori fi deputavano , corne puo rifçontrarfi da tutte quelle, che a cio fervirono; e fe tali ftate non fofsero, ne farebbero per lo concorfodivenute; talchè Giufeppe Scaligero ebbe opinione, Metropoli del*//£'.-,/-. le Provincie Romane non altre do ver fi crecirçe. ^ere ^ che ie Q\tt^ deputate a' Conventi giudiciali. Ma all'incontro i luoghi, che portaron nomedi Fori, benchè alcunid'efîi diventafTero poi nobili Città, furôn da prima villaggi,o borghi.il Foro di Flaminio nell* Itinerario è detto Vico. Il Foro de* Galli meffo dalla tavola Peutingeriana, e rcfo noto per la rotta d' Antonio, dcfcritta a CiF*/w. /. cerone da Galba, è chiamato Vico in quelle tp.30. la fteffa Jettera; ed Appiano di eiïo:i/vil' 3" lagghfi chiama Foro de'Galli. II ForodiCorin Vetr. nelio abbjam nelle vite d'Agnello RavennaSti>, as. te, chefu ridotto in Città da Longobardi. Da Tolomeo vien meffo ne' Cenomani il Foro de' Giutunti; luogo si tenue,che non fe ne pub render conto: altrettanto è da dire del Foro d- Allieno, donde il Cluverio mal dedufse Ferrara. Nel Padovano è fui Bacchiglione Frafsanéo: fe cosi veramente dee feriverfi, quefto luogo fu in antico Frax'metum\ ma fe dovefse dirfi Frallanéo, com'altri afferma in vecchie carte vederfi feritto, quefto era il Forum Alitent ; riconofcendofi J*M*.3» dal luogo di Tacito, ove tal Foro fi nomina, com'era pocodifeofto da Padova, e fopra un fiume dove poca gente avea buttato ponte. Noi fiam foliti d'udir con difgufto chi mette in burla generalmente 1' çtimologia, perché in materiadi Geografia antica troppe cofe ci pare aver da eïla imparate. Chi negherà, non venireil nome di Forli da Forum Livii, e quel di Foffombroneda Forum Sempronii, e non eflerfi fatto quel di Friuli da Forum Juin} Un altro

Foro abbiam perb pur' ora feoperto nel Veronefe ; perche il villaggio délia noftra montagna infériore , volgarmente detto Fr't^e- f''l Unet o Fre^elana, vecchi rotoli infegnano, che fi chiamava in LatincForaw Juliani-.eçco perb quell'iftefso mangiamento délia féconda Iettera, che fi vede confueto in que- l\ fta voce ail' antico dialetto délia Venezia. Del Forum Julii, che dopo la caduta d'Aquileiadiventb Città principale di quel tratto, e diede il nome di Friuli al paeîe piano de Carni, diftintamente fi predica, che fu i! . ,, F_. luogo délia giudicatura neîla Venezia: ma < "■ di quefto appunto Paolo Diacono, il quai " nefunativo, fa indubitata teftimonianza, che fu luogo di mercatura, affèrmando, che . cosi fu detto , perché ivï Gitilio. Ce/are avea ',-.,..." ftabilito Foro di nego^ta^ione. Pompeo Fcfto c di quefta voce cosi ragiona: Foro prïrniera- £•'. mente fi dice un luogo di traffeo, corne far ebbe /;. Foro Flaminio, o Foro Giulio, detti dal nome dicoloro, che gli coftituivano, jolendofi cio fare anche ne'privati luoghi, e nelle vie, e ne' campi. Le Fiere in fatti ufo era di farle ne' territorj, e nelle private tenute. L' auterità di fàrle fi concedeva prima da' Confoli, ondea'Confoli la chiefel'iftefso Imperador Claudio, quando voile aver gius di merca- S: to nelle fue private campagne. A tempo *-■■ di Traiano fi concedeva dal S'enato : il che fi "™ puo raccogliere da quell'epiftola di Plinio, ove parla d'una lite, ch' ebbero iVicentini, per avère i Legatiloro contradetto all'iftanza di chi fupplicava il Senato,per la licen- /., zadi far mercato ne' fuoi campi il che do- " vea forfe alla Città di Vicenza riufcir di ^ pregiudizio. Col procéder del tempo tal facoltà fi concefse poi da chi era con comando ne' paefi, e perb il Foro fopramentovato nel Veronefc, è credibile riportafse il nome da quell* AurelioGiuliano,di cuiparleremo a fuo tempo.

Venute finalrnente le cofe a termine, che Cefare incamminandofi armato verfo Roma, pafsb il limite délia fua provincia , cioè il Rubicone, ofïèrfe dopo quefto per condizion di pace, che gli fofse lafeiata falamente la Gallia cifalpina, e l'Illiricocon v . due Legioni, finchè chiedefse il fecondo t. Confolato. Scrive Cicérone, aver lui anche ofterto di dimettere la Cifalpina, cedendo- ?.,-. la a Confidio Noniano, cui era toccata nel- ï 6; le annue forti. Ma rimafo poi arbitro d' Italia per la ritirata degli emoli, fece Prefetto di Rorna Emilio Lepido, raccomandando l'Italia a Marc Antonio, e la noftra A..\ Gallia a Licinio Crafso . Vinto Pompeo, ç i■"■■ tornato a Roma dopo la guerra in Egitto, prima di partire per quellad' Africa,impoJ |e alla Cifilpina Marco Brufo, quello',che

in-


77 LIBROQ_UARTO. 78

iûfieme con Caflïo fu poi capodella congiu'..»./.6. ra contra di lui. Uccifo Cefare, e fottra>û' eodoli molti al tumulto, ed a' pericoh délia

Gittà quelli ch'crano ftati già deflinati in

in'incic dall'iftefso Cefare, vi fi portaro• fra quali Decimo Bruto, un de'princi\ tra congiurati, venne nella Gallia <*//' liapro/ftma, cheallora eraquantodirnel:ifalpina, tre Legioni fotto di fe avendo. nuto nella Provincia, conduise l'armata îtra alcuni popoli Alpini per compiacere bldati, che dcfidcravano farqualche cocosifcrifs'egli "a Cicérone. Gli fcrifseal. volta da Vercelli, raccomandandogli i centini, fingolari cultoridç i Bruti, perb non fbfse lor fatto pregiudizio in Senato : certa caufa, che aveano a motivo de' fervi tiincafa, forfe co'gabellieri. Il doverfi ■ quefla caufa a Roma, e in Senato, moa continuato il primiero inftituto nelle Iidelle Città, che già imparammo da Po»io, e fa veder che i Proconfoli, quali in ;#3guefl:o tempo per comandar Legioni in Ita■^|jia, prefedevano alla Cifalpina, poco te'*if;/:ne,in ragione, e lafciavano continuare l'an■|s tiche ufanze.

Pafsato in Italia Ottaviano, che fu poi

\?*v fopranominatoAugufto, e cominciati imoJl:

imoJl: di que'primarj Qttadini, che afpirava'£»

afpirava'£» fuccedere a Cefare nella potenza, e nell'

arbitrio fupremo délie cofe , Marc' AntoA;

AntoA; s'invaghi di prefedere alla noftra provin*cia,

provin*cia, a Decimo Bruto , ela Macedonia a lui afsegnata rinun.:iando . Il Se- j nato fcrifse a Bruto di tenerfi forte nella Provincia, e di refillere ad Antonio, e lodb i Modanefi , nella Città de' quali, quafi ^tp^cU frontiera, Bruto fi era poflo, del moftrar"^.fi difpofli a refiflere coftantemente. Ma ^#* ftandofi per propor leggi di permutât le proEpitÊÙv Vincie, e di dar fuccefsore a Bruto, fi tro*'7« m vb find-allora, chi fentl doverfi nfcir d*

Ipaccio,con abolirquefla da tutti voluta, erandola dall' efser lot topo fta a Preiidi, ornandola alla condizion d'Italia. Ma il polo nc'Comizj fecondb la brama d' Anîio, favorito anche da Ottaviano, cui aceva di veder Decimo Bruto, un degli cifori del padre fuo, con efercito in ProKia cosi flonda, edi tanta confeguenza. idunque decretataJa Cifalpina ad Anto), il qualpercio prometteva poi a foldadi condurgli nell'a lui affegnata Gallia fcli, cioè abbondante , e'ricca. Mo.se perb ntonio verfo quefla parte l'efercito; e fu :evuto da più Città; ma Bruto gcttatofi »n le fue fchiere in Modana ben fornitadi :ttovaglie , fi preparb a foltencr l'afscdio, le ben toftoper Antonio fu flretto . Aqueo mandb Legati il Senato con ordine di defiftere,

defiftere, diritirarfi dentroil Rubicone, fotto pena d'efser dichiarato nimico délia p*- tria : il che non avendo avuto eftètto, cominciava Bruto a penuriar di viveri, quando Irzio Confole infieme con Ottaviano marchio con efercito; ed occupb Bologna la- D,»/. 4â. fciata fenza prefidio. I combattimenti, ele cofe poi fêguite poison vederfiordinatamente in Appiano. Abbandono finalmente l'affedio Antonio, e pafsando 1* AIpi usci di quefla provincia che afferma Cicérone gli Plf/.ic. era nimiciiiîma , benchè ne' trafpadani il confidafîè. Con tutto cio Afinio Pollione, effendo con fette Legioni nella Venezia( onde difïe Donato impropriamente , che la vu. vu%. trafpadana Provincia ei reggeilè) la ritenne afîai tempo in podefià d'Antonio,e illuflri azioni fêce preifo Altino , e ad akre Città di quefla regione, corne Patercolo afferma, m. z. Fu in tal tempo, ch'ei bénéfice» Virgilio, facendogli rendere le poffeffioni nella divifion de* terreni, fattada'Triumviri a' foldati, lui tolte: eran quefle fituate preffo al Mincioi dove cominciano a mancar le col- <i«aftf" 1" Hue,corn'egli efprimenell'Egloga norvajche £']'„".' vuol dire fui margine del confin Veronefe. p;««rL'ultimo, che aveife arbitrio nella Gallia cifalpina, fu Marc Antonio, cui reflb afîe- Dio.M>A6. I gnata, infieme çon la maggior parte délia ; tranfalpina, nel congreflb. de'Triumviri, e i nelle lor convenzioni, eifendo pafïàta poco j dopo alla condizion d'Italia. Non è da trai lafaare, che fi nomina nel Cronico Eufebiano un Marco Caîlidio infigne Oratore del partito di Cefare, il quai mentre reggeala togau Gallia, mort in Piacenza.

Nell'anno fccondo il computo di Varrone 77^, paffato Ottaviano a Roma ,dopo la vittoria unitamenie con Antonio ripor- ch /. j. tata fopra Cafiîo, e Bruto, a fua iftanza K«XT,X«» legge fu promulgata, in virtu délia quale A'IIYU» la Gallia cifalpina fu fatta libéra. Cosipar- s'f«« la Appiano ( benchè poco propriamente il ter- ^"^' mine ufid* autonoma) per fignificare,che fu «BT^W dichiarata Italia, cioè trasferita alla condizio- n>'EV 0" " neltalica. Aggiugne, che taie era già fiata anche la voloncà di Cefare. Quai fofîe il primo eftetto délia Libertà ,fpiegamrno fopra, e conferma il medefimo Storico, ove l'ifieiïb fcntimento efprimendo , narra , che dopo la morte di Cefare v* era chi giudicava, do ver- dv. i. 3. fi la noflra Gallia liberare Sffatto da' Prefidi. Z': i0'?ç J'ero 11 lagnavapoi quel parziaf d'Antonio, s-^s^iy.- che la Gallia a lui prima affegnata. fi fbffe ^la^ fatta libéra in danno fuo. La ragione di ' ' 5* quefla nuova legge chiaramente fiadditada Dione , ove parla del prepararfi alla guerra, che poco dopo fece Ottaviano contra Lucio Antonio firatello di Marco, e contra Fulviamoglie di eflb Marc'Antonio. Dice

qui-


79 DELL'ISTORUDI VERONA 80

quivi, ch'egîi, e i fuoi partigiani non folamente

folamente Roma,e da quelle parti d'Italia,

ch'erano in lor podeftà, raccolfero danaro,

valendofi ancora délie facre offerte, e doni,

doni, eran ne'Tempj; ma che denaro, e

Vhiih gente lor venne anchç dalla Gallia togata,

îsrjvii- la quale poco avanti era Jîata trasfer'tta alla

I'TOXI'OEÎ condition d'Italia, affincbè niffuno col preteflo

£-"& ^' elfer VÙ™ Prefide, pot?fie tenere armât a dentro

dentro Alp'i. I Prefidi délie provinciecomandavano

provinciecomandavano nel militare, e truppe a veau

per lo più; o fofTe per tenere a freno i confinanti,

confinanti, nella Cifalpina facea mefliere

mefliere le genti Alpine; o per tumulti,

o per guerre. Di troppo confeguenza effendo

effendo , ch' altri aveflè a ïiia difpofizione

difpofizione di qua dall* Alpi ; ed ingiufto

ingiufto ancora, che si grande, e

frella parte d'Italia aveffe condizion diverfa

diverfa rimanente, voile Cefare, e decretô

Augufto, che ritornafse tutta al fuo primo

ftato, e fofse libéra, ed efente da'Prefidi,

corne avanti la guerra Cimbrica era già

ftata. Alla condizione Italica torno dunque

dunque anche Verona per benefïzio

d'Augufto.

Quefta variazion di nome , e quefto alternar di Gallia , e d'Italia , ofcurità , ed equivoci ha più volte prodotti ; perché l'iftefîb paefe nell'ilteflb tempo or li afferma Italia, or finega ; or fi dice Gallia, ora nb; or fe ne parla corne fofTe Italia vera , ed ora corne Italia impropria. Cornelio Nepote nato nel Veronefe Italiano fi chiama da Catullo, e Gallo da Aufonio. Ma nel periodo, anzi nel verfo medefimo ambedue i nomi frammifchiano gli Scrittori. Scrive Plutarco nella vita di Cefare , che il «;.v*,m. Rubicone feparava dalla Gallia, ch' è fot5™.A/%' t0 l'-Alpiy Paîtra Italia , o fia /'/ rimanente VX.«T<IJI' dell'Itaiia. Strabone parimente deferitti i ir*w* confîni délia Gallia dentro /• Alpi, pafsa al i'f'-'jj.ii» reft° dell'Itaiia. Dione nomina quellà , cb' **v 1 m. or jj cbiama Italia, quafi prima non fofTe; e dice efTerfi data ad Antonio la Gallia, Ub. 46. penbè rimanefje in Italia. Cefare narra d'effer venuto in Italia, e prefe feco tre I,egioni, che fvernavano preffo y^quileia , efUô.x.in fer tornato nella Gallia oltramontana. RiGM«m fèrifee Livio, efferfi giudicato l'anno 559, "'CZ[' che bartafsero per la provincia Gallia due M- 33- Legioni ; e fegue , che toccb a Valerio la provincia Italia, intendendo del paefe medefimo. Nel 567 quattro provincie racconta ancora, che fi cavarono a forte tra i Pretori : due fuor d> Italia , Sicilia , e Sarl.n.du*, degna, due in Italia. Taranto . e la Gai T«rtn- "a '• cloe , corne abbiam gia fpiegato, gh t«>n,et afïàri, e le guerre , che alla Città di'Taua.i,am. tztï%Q ^ e in quefli noftripaefi bollivano. Or

con tutto quefto feambiamento , e confufione , ed ufo promifeuo di nomi, facil n cofa è con un'avvertenza fola di guardarfi .' da ogni equivoco, ç di fuggir' errore. Bafta diftinguerc l'Italia naturale, e Geografica dalMtalia légale , e politica. La naturale fu fempre // bel paefe , Cb 1 Apennin parte , e Hmar circonda , e l'Alpe; e perb Italia, ed Italia propria furon fempre anco quefte parti . Lafciando quell' ofeure età, quando vien creduto non fi dicefsc Italia , fe non il piccolo, ed cftremo tratto, che fu poi de Bruzii, o almeno non più in ' qua , che fra Taranto , e Pefto ; da più antichi , e più faggi Scrittori del tempo Iftorico fi deferive l'Italia , quale orl'abbiamo. Il vecchio Catone nelle Origini délie Città d'Italia, anche di quelle délia Venezia avea ragionato. Polibio circoferive 1*Italia tra i mari Tirreno , Jonio, co- /.i me chiamavano il Golfo inferiore, e Adriatico ; e tra l'Alpi, che fi ftendono dalla Provenza all'Ulirico. Cosi Dionigi Alicar- f!inafseo , cosi Strabone. Aver la n attira <•■• munita /' Italia con l'Alpi difse Tullio : la lunghezza dell'Itaiia ftenderfi dall' Alpi w al mar di Sicilia, fcrifïe Livio. Siccomc perb era Italia la parte di là , benchè fi chiamafTe Grecia , cosi era Italia la parte di qua,benchè fi chiamaflè Gallia : nèpatifee tal verita oppofi/.ione alcuna , e s' irnbroglib alquanto Appiano , ne ben comprefe, quando afseri , non poterfi dire propriamente Italia, fe nonquella, ch'è di là dall' Apennino,e chiamarfi Italia Gai- »»/■ lica parte del paefe di qua, ch* è fui mare /:' Jonio , ed cfser quefto fatto Italia dopo, corne allora era Italia l'Etruvia : poco diflinfe , e affai confufe i termini Romani quel per altro lodevoliflimo Storico anche in alcun altro luogo, Ma vero bensi è,che avendo i Romani a quella parte d' Italia lor profïima , che prima s'incorporb al do-, minio , concedute alcune condizioni, che non çoncedettero fe non più tardi a quella, ch'effi poi conquiftarono foggiogando iGaU li, cioè dal Rubicone in qua : ove fi trattafl'e di légal condizione , e di governo , la prima folamente chiamavano Italia , e in tal propofito non chiamarono Italia quefta, fe non dopo d' avère anche a quefta l'ifteffe condizioni , e gl'ifteffi privilegi participât!. Notammo già 1' ufo Romano di confiderar corne Gallia ogni paefe tenuto alcun tempo da Galîi. Cosî fu detta Grecia w quella parte , che venne occupata da Greci , onde Greche Città leggefi in Livio erano in Italia Napoli, Reggio, c Taranto, ed effer forita in Italia la Grecia , diffe Cicérone. Ma in fomma quinci nacque ()';

il


o. LIBRO Q_U A R T O. 82

„.-. IM- il doppio nome, e !• ufo de' vocaboli incer, [1

■■■'Sr*- to, ccomune, che contra il dovere contioub non di rado anche dopo trasfente allflAondizione Italie* le regioni noftre, tal'.

tal'. ci» Gallia citeriore difle fin Simmaco, ed alli di baflb tempo. Gallia perb in tal fen£ una parte d'Italia , corne l'Etruria , <»Piceno. Se crediamo aile (lampe fuan/.,,.*.*.

fuan/.,,.*.*. detta una volta da Plinio Italia CiJËpinoe, ma dee leggerfi Suhalpna , corne «balpina, e circompadana Gallia fu.deti»c*Ç-

fu.deti»c*Ç- da Plutarco.

f^iori in tempo di Cefare Caio Valerio :ulIo , eccellente ingegno , e un de'pri, e fupremi lumi délia Poefia. Nacque jndoilCronicodiS.Gerolamo in Verona nno fecondo dell' Olimpiade 173 , che il 66€ diRoma. Forti ragioni ci fono crederlo nato qualche anno dopo; rinendo perb fempre il più antico Scrite , che vantar porta la Venezia, e la Cipina tutta, ed anteriori al quale de'Laftini fioriti anche in Roma , e in tutto il finondo Romano tre foli, o quattro ci fbn '^trimafi. Dicefi da molti nato inSarmione, . ma fenza n'riTun fondamento ; fua fu bcnsi quella penifola del noftro lago, e inefla deliziofa villa ebbe, di cui fi ftimano avanzi le reliquie di Romano edifizio, che quivi ancor fi veggono . Facoltofb , e di Svit.Céf- niolto onefta condizione convien dir fofle il 7j. ttfri- padre fuo, poichè tra effo, e Cefare con''^^/fefuetudine correa d' ofpitalità. Il Poeta ve«» f||Phiva ammeflb in Roma alla tavola dell' %*Woe *^-e^° Cefare , corne s'impara , ove dice :||F Svetonio, che avendolo a/pramente offefo ■^ con fatirici verfi , dopo averne quefti ri/W//3^; cevuta foddisfazione , lo invitb a cena dmnfc l'iftefla fera. Andb Catullo conufizionella ZM£' Çomitiva del Pretore in Bitinia. In RofM*m nia ebbe amicizia , e pratica con illuftri ;^ Pcrfonaggi, e tra gli altri con Cicérone. }| • Ma poichè quefti è il primo Veronefe , J^/di cui favellar fi pofla, ed è il più antico, ■;-;ff|di cui memoria ci fia rimafa, non potrà da \^$]£gran maraviglia non effer prefb chi fi farà *;|||iaconfiderare,quantoall'ofi:uro ci ritroviam l^iiell'antichità rimota; mentre ne pur bartÇume, e forfe ne pure un nome ci rimane •JlMi tutti quegl'infiniti uomini, che la Città ^noftra abitarono avanti i Romani. I nomi ^^P|elle lingue antiche erano fignificativi , e |||perb ci darebbero qualche traccia délia lin*' ï^fcua"' che qui fi parlava, e quefta dell' origine.

origine. ecco che il primo Veronefe di Pif v*- cuicerta notizia fi abbia, ci viene innanzi :omnSi""t non lolamente con prenome , e nome gentilizio, ma ancora con cognome Romano; e non fol quefti, ma quel Celio , e quel Quinzio , ch' ei chiamb fîore délia Gioven~ tu Veronefe; quell' Auhleno ,ch'ivi pur nomina ; Cornelio Nepote , e più altri amici da lui mentovati, gran parte de'quali non è da dubitare non fbflèro fuoi patriotti, nome Romano tutti portano. Con le lettere Latine comincian dunque lenotizie noftre; tuttochè anche per l'innanzi da nazione, che avea ufo di fcrittura, e di monumenti, quefte parti fofser tenute. Si difperfero forfe le memorie Etrufche , per eflerfene fmarrita l'intelligenza , e '1 linguaggio? in fatti anche nell'Oriente, lafciando le facre carte, cominciano le notizie con le Greche lettere, perché dell'Egizia lingua non trapafsb all'altre nazioni la vaghezza , e lo ftudio. Ma corne tanti nomi Romani veggiamo a tempo di Catullo in Verona, la quale folamente in quell'iftefla età era ftata fatta Colonia Latina ? e cib fenza condurvi Romano alcuno, fe ad Afconio abbiam fede ? e corne in quefto Poeta ne pure un nome fi rifcontra délia prima gente, e dell'anterior lingua ? Forfe tanto era il credito, e tanta la fama de' Romani, ch'anche prima del lor dominio neprendeano il Iinguaggio, e i coftumi? forfe tanto era 1' aftetto , che il participar di cosi gran Republica fvegliava verfo diloro, che rinegavan tofto i popoli le lingue proprie, ed i proprj nomi, e fi facean pregio di trafformarfi, e di diventare, o parer Romani? Non è da tralafciar perb, corne aflai prima di quel che dagli Scrittori fi pofla raccoI gliere,lembra di poter credere venifter Romani in quefta Città ad annidarfi ; poichè fecondo i computi più comuni nacque Catullo in quell' anno appunto , quando fu fatta Colonia Verona. Or dicendofi lui Veronefe, e Veronefe eflendoftato fuo padre, il quale dava ofpizio a Cefare, e certamente in Verona, o in Sarmione, dove fecondo l'antico Itinerario era la Manfione,ofia il ripofo tra Verona, e Brefcia; moltoprobabil fi rende, abitafle gia qui avanti il Proconfolato di Pompeo Strabone. Con tutte le fatiche, e gli ftudj noftri quante mai fono anche in quefte materie le cofe , che non fappiamo !

M FINE DEL L J B R O QJJ ART O,

Ver. llluftr. Parte I. g DELL*


DELL ISTORIA

DIVERONA

L IB %0 QJJ IN T 0.

^«g|ï^3^^/ffl**'Ncorchè negli Scrittori,

©^s^^^*^33*^ che a Verona Colonia militare mandafTe Augufto. Secondol'antico iftituto fi conducean le Colonie ne'paefi con l'arme acquiftati; rna cominciate le turbolenze , indi le guerre civili,nellequali tace il retto, e '1 giufto, e de' primi coftura i ogni traccia fi fmarrifce, nuovo metodo di Colonie fi prefe ; perché coloro, che tiranneggiar voleano, nulla potendo fare fenza avère a lor divozione i foldati, per impegnargli a lor fàvore , introduflero di mandargli, terminato il tempo délia milizia, overo condotta alcun'imprefa a fine, in qualche parte d'Italia in Colonia; nulla curando di rapire a chi gli poffedeva una parte de' lor terreni, per diftribuirgli a5 foldati lor benemeriti, Ecco, dicea perb quel Paftore cacciatoda'fuoi ben coltivati camrtrg.Ez1- p1 » ecco, dovela difcordia traffe imiferi Citta* »• d'mï. Fu il primo Silla, feguitb Ce fare, indi

indi Triumviri unitamente, e Marc' Antonio per proprio nome, e fopra tutti Augufto. La voce veramente era di voler chi mandava in Colonia pagare i terreni, e le café a i padroni; ma queflo per lo più non fiefegui, mancando il denaro: perô Bruto dopo uccifb Cefare parlando al popolo , e a que' foldati, cui Cefare avea promeffa I Afp. Civ. Colonia, rimproverava l'ingiuria di ailla, /. ». e di lui,che fenza pagare i terreni,n'avea^ no a modo di ladroni fcacciati i poffeditori; promettendo anch'eglidi darloro terre,ma col danaro acquiftate. Di quefte Colonie militari, che fur moltiffime, pocolumeiî ha, in quai Città condotte foffero, mâche

Verona non foffe dimenticata, la ferie délie cofe dimoftra. Cefare fi contenne per lo più nell'Italia interiore. Dieciotto Colonie furon promette a'foldati da'Triumviri nell' *:■ anno diRoma 712, in Città peredifizjcom- ;c. mendate, e per fertile territorio, délie qua- x li la più proffima a quefta parte par foffe Rimini. Ma nell'efêguir la promeffa, gran tumultipoi forferoypoiçhè quelle Città non fbpra effe fblamente, mafbpra l'Italia tutta voleano che taie aggravio, e taie afîègnazion di terreno a*foldati fi ripartiffe; c voleano altresî, che fi contaffc il prezzo del- ** le café, ede'campi. Ottennero l'intento '„ quanto alla prima richiefla, il che fi puo •» ricavaredal lamento, che fi udl dopo de' „■ parziali d'Antonio; cioè che all'efercitod' c Ottaviano non le 18 Città folamente, ma „•[,.. l'Italia tutta fi afTegnava. Facil cofa perô ■"'} è, che Verona in tempo de'Triumviri co- x' 3' minciaffe a foffrir cotenia, s'è vero cio,che f ha Donato nella vita di Virgilio,che dopo la vittoria ne' campi Filippici fofse difrribuito il terreno de' Trafpadani. E credibile, che incominciafse Ottaviano da quelle Città, che furono avverfe al fuo partito I nelle guerre civili: taie adetto di Serviofu Cremona ; perb chiamata mifera da Virgi- gi l lio, dove déplora la propria difgrazia, perché non efsendo baftati i terreni di quella , fu prefa anche una parte del proffimoMantovano, e diftribuita. Ma rimafb poi folo nel governo délia Republica, narra Svetonio, che çon vent* otto Colonie popolo 1' A"' Italia. Dice egli ftefso nel marmo Anciraqo d'aver condotto in Colonie intorno a cen- G>« to venti mïla nominï : nell'iftefsa Ifcrizione, *'! benchè imperfetta, traluce la gran quanti- m,« ta di denaro, ch' egli sborsb per li terreni, "" e café date a'foldati ; in che fi dà vantod' efsere ftato primo, e folo tra tutti quelliy che avean condotte Colonie di foldati in Italia, 0

in


g. LIBRO Q.UI N T O. 26

,-/,«•- inltrovhicie. Perb quafi indubitato è, che ""f- nMÉina Città délie rinomate, c più confiAeâàbùi in Italia Tara rimafta efente m cosl "ZlT S moltitudine, che allogar fi dovea. Ve""td" TÊÊ è anzi da credere, che di più d' una ;;:„t" Snia aggravata fofse, che di niunaj ef■„un^ut gËko tal replicazione anche in altre Otta iProvin. JE,nuta , corne di Bologna leggiamo in 'l' Jfflpne, che colonia Militare vi condufse ,/|Btonio, poi Ottavian di nuovo. Délia Ve■jfeia certamente ne mandb Augufto fino ^ JEeltrema parte, facendo menzion Svetol"i-'-*y «p di colonie confinanti con 1' Illirico, per ' Sfidiar le quali, e aflicurarle dagl* Illirici, <Jte le infeftavano , fi valfe contra 1' ufo Sjfoldati libertini . Di Pola nell' Iftria il Mme, che riportô di Pietà Giulia, eidue jjgBmpjche in parte ancor fuffiftono,dedica' pilla Dea Roma, e ad Augufto, moftraj§, che fin là fi ftefero le di lui Colonie. Son avrà dunque certamente tralafciata *:■ v.ï ijperona. In nobile, e fontuofa Ifcrizione, che '"t. K- ¥f»ttor fi vede, queftaCittàvien detta COxxxflè JoNIA AUGUSTA titolo, per cui altri ^ Ijacreduto, chêne fofse Augufto l'autore. I Replicatamente adunqueacquiftb giusdi Colonia Verona, onde andarono errati que' < dotti, che la credettero Municipio. Se ne perfuafe il Reinefio per una noftra lapida, ora nel publico Mufeo dedicata, e che fi pub Anf.l.i. vedere nel Trattato degli Anfiteatri, in cui '• ,*v*»" fidice di Lucio Giuftino,che avea foftenu»«™/jw/ÉJ£Jn quefto Municipio tutti gli onori. Se ne M"»2^fflferfuafe il Cluverio, perché di certo fuo cvfp*r|fP*iunicipe parlb Catullo. Fatale fu per ve*■'■ IjFrîtà quefta voce nel generar difpute, e conr„i _ V fijfioni; e non folamente tra i moderni, ma >>"'. ^«P^r fin negli Anticiii. Afconio Pediano a ftlPifimy câgion d'efempio fi maraviglia, che Cicérone chiami Municipio Piacenza , mentre . 3& fu Colonia, in che non c* era maraviglia ali Jfc fcA cuna. Dicea Gellio Municipio, e Municipe '"^tCfler parole trite, e proferite da tutti, ma \%jâ& pochi intefe : dov' egli ancora perb mal J^çede, dicefle il falfb, chi chiamava quei JI ^%«| Colonia Municipi. Dali'ufo vario délie i. «• 'fjjarole la meta délie quiftioni ebbe origine :

t*J»pra tutto frequentiffima cofa è 1' ufare i h|medefirni vocaboli ora in fenfo ftretto , e jjjioprio, ed ora in largo, e comune. Fu ||fc quefti Municipio, e MunicipeprefioLa'«f 1' PoicI^ ora fignificb quelle Città, che "'" ' lliiean 0 Una certa> e Prefinita condizione,

jMprado , cioè che godeano délia CittadiG""i **H«za ^-omana> fenzaaver ricevuto ne uoW"

uoW" R°ma"i y ne leggi; ed ora fi diffe di

"""""'■■ iBF ^e^^cta> ch'eran l'otto Romani, e

«S =*»eranRoma. Quando negli Autori, e

*|Be Leggi trattafi deUa condizion diverfa He ^tta > e quando fi trova per cagion ..Jfr. Ulufir. Parte l

i d'eCempio Munkipium in alcune Medagliedi I Spagna, s' intende nel fenfo particolare. Quando nell'ifteffe leggi fi tratta de' municipali Magiftrati, o Gefti, o Statuti, s'intendedelle Cittàtutte dall'Imperocomprefe. Quando difle Cicérone nella Seftiana, niun Municipio d* Italia, niuna Colonia, muna Préfettara ; allora par'"» nel fenfo ftretto, e proprio : quando dice a Bruto , che Peto era principale del Municipio Luccbefe, Fnm.t. intende nel fenfo générale, poichè Lucca I3^-Iîera Colonia piîi di cent' anni avanti. In una Epiftola medefima fi pub ofîèrvare varia- *P- IOmente ufata tal voce; perché parlandodélia fua patria Arpino, dice, eflèr lui folito afiiftere con oçni attenzione a' fuoi Munkipi, dove non altro fignifîca , che patriotti : aggiunge poi, aver quell'anno fatto fare Edile fuo figliuolo per regolare il Municipio

!niun altro Magiftrato in quel Municipio, crear folendofi; dove s'indica Municipio, efiere ftato Arpino, e non Colonia, nèPre- '• «o» et fettura, il che fappiamo anche da Livio. 3 Altre volte ufa egli il termine di Municipal/ Att-L '• per gente di Città dicendo , molto parlarfi da / j. j g. uomi/ii Municipali, molto da rujïicani. Una volta nell* Orazion per Rofcio ufa anche il termine di Municipio per villaggi, o luoghi territoriali,che godeandélia Cittadinanza, e dove abitavano Cittadini Romani, aftèrmando, che a'padridi famiglia de' Munkipii Rujikani gratiffimo era vedere i figliuoli applicati all'agricoltura. Ma infiftendo nel /• n- «••> propofito noftro, quando dice Plinio, emularft ne*Munkipii la fontuofità di Roma, va intefb generalmente dell'altre Città; quando diftingue le Città délia Spagna in Confederate, Stipendiarie, Municipj,e Colonie, va intefo nel primitivo, e proprio modo. Qiiando racconta Svetonio, avère Augufto

Idiftribuiti i Veterani pe' campi Municipali, intende univerfalmente; quando nomina i ^'Q,13* Decurioni de' Munkipj, e délie Colonie, parla nel fenfo fpecifico. Cefare nel primo libro délia guerra civile per Città in génère usb tal parola più volte, e forfe non fenza %"(rf'^' sbaglio intefe un di que' pafli illuftre Scrit- c. 3. tore, quafi l'ordine per gran premura fpedito da Cefare a'Duumviri de' Munkipj tutti di cercar navi, non folfe caduto anche fu le Colonie .In quefto fenfo fèce menzionePlinio il giovane del Municipio Padovano, e in quefto fenfo municipali differo, Arena Giuvenale, vit a Marziale, e S. Agoftino Gefti y cioèAtti. Perb Ulpiano.- Municipi dkiamo !>•&'*• 50. ora abufivamente i cittadini d'ogni Città ; vuol" t' 1' ,u intenderfi dell' Imperio. In quefto modo ftrano parer non dovea, che le Colonie ancora venifler dette Municipii ; ne era perb dapenfare, che le fteffe Città foflèro infieme aile

F z volte


8?

DELL'ISTORIA DI VERONA

88

volte Coloaia, e Municipio, ne da credere che Municipio foflè Verona per efler talvolta con tal vocabolo dinotata, ne per 1' altro di Municipe, che null'altro volea dir che paefano, onde Giuvenale in riguardo a un Egizio chiamb pefci municipi quei del Nilo. In tutta Ja Venezia Municipio ftrettamente prefo non croviam che foflè.

Non rnancherà chi fi maravigli, dell* a ver noi moite parole fpefe per dimoftrar, che Verona non fu Municipio, liante il tenerfi, che i Municipii fbflero di condizion migiiore délie Colonie . Ma eftetto farà quefto délia fatale impreflion comune, di doverfi cercare, e foftenere non la verità délie cofe, ma quel che paia efler più favorevole , e vantaggiofo . Noi ail' incontro fe fcoperta aveflîmet Stipendiaria la patria noftra , o Prefettura , ch' erano l'infime condizioni, l'ifteflb ftudio avremmo pofto in moftrarla taie , che pur' ora in farla conofcer Colonia, e non Municipio . E da oflèrvar per altro , corne quafi tutte Je gran Città Colonie furono , e non Municipj, talchè un certo iifo venned'intender per Municipio Città piccola : in tal fenfb pare dal contefto , che l'ufafse fra H-fi. i. 3. gu ^tvl Tacko, ove diffe di Vicenza , piccole for^e ave a il Municipio : e per meno che Cuh.Dti. Città l'usb Salviano , ove difse : non fola/•5- mente le Città, ma i Municipj, edi Vic't. £

da oflervare ancora, corne fe ben.migliore appariva certamente la condizion di Municipio, che di Colonia , perché la Colonia lafciava i proprj riti , e le proprie leggi per foggettarfi aile Romane , dove il Municipio fi rimanea con le proprie ; in troppo maggior numéro con tutto cib eran coloro , i quali Coloni valean' efsere anziche Municipi ; talchè molti ancora dall'antico gius di Municipio chiedeano d'efler trasferiti a quel di Colonia , di che tanto fi maravigliava l'Imperadore Adriano. Ne ren/.16.C.13. de Gellio la ragione , aflèrmando , che la condizion di Colonia, benchè più fubordinata, e men libéra, appariva perb più defiderabile per la maeftà del popolo Romamuafieffi- no> ^x cti* ^ Colonie pareano quafi piccoït fimugiesparva lacrï, e jembian^e. Pqzzuolo, che a tempi Jt u di Cicérone godea piena libertà, e ufava dgr. le fue leggi, ottenne corne grazia da Nerorïe il gius, e il nome di Colonia Augufta. Ne per quefto è da dire, che le Città d' Italia divenute Colonie non fbflèr più libère, come parve a un gran Letterato,avendo già noi veduto fopra in che confiftefle ve. ramente la libertà. Ma belliflimo documenta da cib fi prefenta dell' eftetto , che facea negli animi la participazione délia Repu blica. Ogn'uomo in quel tempo nonuna

fola, ma due patrie avea; la Città ov era nato, e Roma, ov'era ricevuto, e aggregato. Perb dicea Spurio Caflio de' Latini, che dopo effere fiât a lor conceduta la Cittadi- ». nan%ay chiamavano Roma lor patria : e diffe ;; Cicérone ove délie Leggi, che Catone due patrie ebbe , Tufculo, e Roma ; e che ,,,, tutti gli altri di Città ammefla , ed aggre- '■:, gâta panmente le aveano, una per natura, *.' l1 altra per Cittadinan^a. Ma délie due ecco À-. che amavano gli uomini aflai più la fecon- '"" da, che la prima, aflai più 1'acquiftata , Z. che la naturale; poichè generalmente eran "■■ pronti a rinunziare i proprj ftatuti, e a 'Z difmettere i proprj coftumi , per trasfbrmarfi del tutto in Romani. Trafpira continuamente negli Scrittori antichi, di varie parti dell' Imperio nativi, si fatta impreflione ; perché tu gli oflèrverai fempre parlardi Roma, e délia Republica, come di lor patria , e come di propria cofa; e chiamare i Romani antichi, gli annali di Roma, le guerre, le leggi; leggi nojlre, noJlri annali, nojlre guerre, avi nojlri. Nèdobbiam punto maravigliarci, che l'eflereammefll in Roma a gli onori, tramutafle gli uomini in Romani più che nativi, e gli faceffe non aver più altro in cuore, ed antepor di gran lunga alla particolar patria la comune, nella grandezza délia quale anche il ben délia particolare, e la félicita confifleva. Tal fentimento era si naturale, che non potrebbe inogni tempo dall'ifteflb motivo non riprodurfi l'ifteflb; perché l'uomo fegue il fuo utile per natura, e poichè in grado allai maggiore collocava ognuno la féconda patria, che la prima; cosi naturalmente m3ggior'aftètto, e maggior interefle concepiva ognuno per la féconda, che per la prima. Uomo Romano chiamb fe fteflb replicatamente anche S. Paolo nato inTar- A?.. fo, perché contra l'ingiuria de'flagelli gio- '"•. vava l'eflèr Romano, e non giovava l'effer z. di Tarfo.

Abbiam veduto poco fa da Gellio, come le Colonie, il che poi fècero anchel'altre Città dell'Imperio, û rendeano piccole immagini di Roma, mentre cercavano di unifbrmarfi ad efla quanto era poflibile, e di fervare l'ifteflb civil fiftema, e gli ufizi. Sopra iMagiftrati municipali molto perb e dottamente fi è feritto. Gli recitb tutti, ricavandogli dalle Ifcrizioni il Pan» /.» vinio nelle Antichità Veronefi ; trattb di efli nelle Auguftane il Velfero; un libro ne feriflè il Pancirolo, e vimpiegb una bella Diflèrrazione il Cardinal Noris. Soverchio perb farebbe l'andar parlando di tutti, e troppo lungi ci condurrebbe il ricercar più a dentro moite particolarità non ancor difeuflè:

difeuflè:


oQ L I B R O Q. U I N T O. 90

cttffe: rantopiù, che con tutta la conformità in génère, moite cofe perb tielle dirctfe Città eran diverfe , e diverfo era il

l «l#nero > e ^ nome ^egli U^ZJ*n a^cune

d|tà a coloro, ch'eran nella prima digniS fi diè fin nome di Dittatori, in altre •'' «Confoli, e in altre di Pretori. Noi pel«accenneremo

pel«accenneremo que' Magiftrati '■ W^a ^Ct* no^ra> de'quali ficuro monuiSfento

monuiSfento fia rimafo : e non faran molti, »ichè délie noftre lapide, per la ragione w?e aPPar'ra altrove , pochiflime hanno Sùggito l'eccidio. Diremo adunque in pri' ^uo§°» come °§n^ Città piccola, ogran'«chefi

ogran'«chefi chiamava la fua comunità ».!»/■. X»mepublica: Rijlauratore délia Republic a VeÉbnefe fi. dice in un marmo Falerio Trofivjmo, il quale perbenefizio délia patria dowea eflerfi molto adoprato. Diremo in fecon^0 luogo , che ficcome a Roma la principal divifione era in Senato, e Popolo, cosl $>elle Città in Decurioni, e Plèbe : appat, £ifce cib in molti monumenti , e ne pub «iêrvir d' cfempio uno venuto di Dalmazia vAifXt *ael noftro Mufeo, fcolpito eflendo in eflb, •çhe a certo Perfonaggio una colonia fece ooore, contribuendo il denaro Decuriones et G'.U* 'Pkps :benchè fcomparifca la Plèbe nelGrutero,che fa Lep'wfs, onde quafi nome di Città fu riportato Lepiefs nell* Indice Geografico dello Scaligero , e poco felicemente jpensb il Reinefio doverfi emendare in Le*>&ac7es.. In qualche Città fi difle ancora Or*• l$wdiney e Popolo, come in una lapida fi pub W vedere, che abtbiam porta in ferie. Sopra i Decurioni pofava la fomma del governo, t la principal cura dellecofepubliche. Veg* £afi di cffi il Pancirolo a lunao : aveano inîegne, e ornamenti particolari,il che fi deduce dall'Ifcrizion di Trofimo poco avanti ■p.: * rammentata, chemoftra, come colui non

:•.. 3 era Decurione, ma per fuoi benemeriti con

;.' if; laRepublica Veronefe gli erano ftati conce■^Iduti

conce■^Iduti Ornamenti Decttrionali. Publio Hofli*• °'* ^lioTertino Decurion Veronefe abbiam nel Mu4I 9, * 4ïèo tra gli altri, il quale col fentimento E' fjpicureo chiufe il titolo fepolcrale . Secondo Teib che da idotti finora è ftatofcritto, cont^Verrebbe credere, che ne' Municipj, e nel-*ïe Colonie aftatto ariftocratico foflè il goWerno> P°'cne de' foh Decurioni fi parla , qfjph'erano le perfone p'm fcelte, e più facoli

facoli ma clue^° non farebbe flato un conJl|ormaru

conJl|ormaru Roma, che 1' avea democratiJffi°>

democratiJffi°> fi efprime in moite lapide il concorftw

concorftw ^e^e • ^* vecchia tradizione, coWk,e

coWk,e dalle carte , è qui il nome di

lEaniP 0 marzo » attribuito ad ampio , e

-^no ^lto ^uor di Città, toltane poi dentro

^a parte .Sarebbe ftato quefto il luogo de'

noftri Comizj, cioè del pien Configlio, o fia délia convocazion générale, cosl chiamato a imitazion di Roma , dove anticamente altro parimente non fu, cheungrandiffimo prato fuor del recinto? Erano ancora nelle Città Cavalieri come a Roma, cioè perfone, che aveano il cavallo dalPublico, e che per facoltà eran mezane tra Curiali, o fia Senatori, e popolari. Di tal* ordine era tra noi Lucilio Giuftino mentovato poc'anzi, e perb fecondo 1* ufo del fuo Publico Cavallo, come diftintivo délia fua condizione, fi fa menzicn nella Lapida; e poichè dicefi, che avea foftenute in quefla Città le dignità tutte, non fi davano queûe adunque folamente a' Decurioni. Non pub negarfi perb, che Hmportanza del governo in efli non confifteflè, onde difle poi Giufiiniano, che gli antichi ordinatori dell' NOV. 3J. Impero Romano avean giudicato dlunire infieme in ogni Città i nobilmente nati, e di efli comporre aciafcheduna il Senato fuo, da cui le publiche cofe amminijirar fi dovejfero. Appar fovente nel fine délie I(crizioni,che il decreto de i Decurioni il richiedeva anche per porre in publico qualche memoria, e per 1* aflègnazion del luogo . Scrifle Paolo Giurifconfulto , che il Duumvirato, e gli altri primi onori non fi davano che a* D. de DtDecurioni. «»r./. 7.

La fuprema carica nella maggior parte délie Città fu appunto il Duumvirato, il che fi riconofce da molti pafli di Storici, e diScrittori, dove fi vede, come chi alcuna cofa volea dalle Città, a* Duumviri facea capo. Diverfi erano i Duumviri Quinquennali, come in una Ifcrizion di Brefcia fingolarmente fi vede. In alcune Città pe- Grut.^7. rb quefla era la prima dignità, come nella IO' lamina Canufina riferita dal Fabrettifipub P"&- 5s>8conofcere, e più da un paflb d'Apuleio, m-10. che al Quinquennal Magijlrato attribuifce lo fplendor de i Fafci. Di quefli niun c'è rimafo ne' monumenti noftri. Pare , che dopo quefli fofle in maggior grado il Magiftrato lupremo di giudicatura, che confifteva in /«"•»' D»- altri due, detti Duumviri per giudicare, ov- Xr.V*r. vero in quattro. Il Panvinio portb opinio- p. 53- « ne, che nelle Città maggiori, e più popo- 86late quattro giudici fi coflituiflero , nelle minori due. Che regolarmente , e per lo più cosl veramente fofle, ragionevol cofa è il credere. In fatti nella Venezia in Aquiïeia giudicavano Quartumviri, come dalle A.cv, lapide raccolfe il Torre : in Padova pari- F<"^-349mente, confervandofi anche al dl d'oggi il monumento d'Afconio Sardo, ch'era qui- Grut.^66. vi in taie ufizio. In Vicenza furon Duum- 4> viri, e cosl in Brefcia , dove Duumviro iuri dicundo fu Acuzio Primo; e nelle Valli Cr. 344.

altre- "'


9i DELL'ISTORIA DIVERONA 92

altresl, quali come corpo feparato , avanti Mrm. d'eflere attribuite a Brefcia, faceano i fuoi, Brrfc. p, e pj^ ^, una ]apjja n. £ rimafa, Buona cofa,che

cofa,che veniffe quefta diftèrenza avvertita, poichè per akro li più di quelli, che ne' paffati tempi dieder fuori le Ifcrizioni délie lor patrie, Quartumviri per giudicare ci mettean tutti innanzi. In Verona queflo Magiftrato fu più fortunato degli altri în rimanerne memoria . Sopra la porta d' antico edifizio, di cui fi parlera altrove, e che fenza dubbio fu il Foro délia ragione, vedefi ancora incifo a belliffime lettere il v. Gnit. nome di Tiberio Flavio Norico Quartumviro 387.1- per gmdicare. Dietro tal porta altra fe ne conferva in parte,più antica délia fudetta, nella quale vedeanfi a tempi del Saraina fcolpiti i nudi nomi di P. Valerio, Q^Cecilio , Q^Servilio , P. Cornello , quali fenza dubbio faranno ftati i Quartumviri di quel tempo ; e dal vedergli fenza cognome fi pub dedurre quanto d'antico ; avendo oft*& 140. îervato il Fabretti come tal fu 1* ufb in tempo délia Republica. A onore d'altroQuarv.XnÇc. tumviro, il quale dalla tribu Pobilia , fi XI1- palefa de'noftri, cioè di Marco GavioSquillano, fu da'miniftri del fuotribunale arfiffa tavola di métallo, che fi conferva ancora, e fu già qui nel Mufeo di Cefare Nichefola , ove la vide il Pignorio : la gente Gavia era in Verona frequentiffima.D'Arv. \r,fc. tio Ceflronio c'è rimafo il nome in frontea xiii. grand' arca di pietra, il quale non folamente di quella dignità fi fregia, ma d'altra ancora ne'marmi municipali affai più rara , cioè di Quefior deW Erario. Le G'ittà pofledeano fondi, e capitali, e rifeoteano importe , e gabelle; avean per6 caffa publica, quale anche in più lapide d'altre Città fi Ub.50. trova nominata Erario. Leggi fi han ne* th. i- Digefti, nelle quali tra gli ufizj di chi reggea le Città, fi annovera la cura del denaropublico, l'impor gravezze, 1' afKttar le rendite, l'affiftere a'publici lavori, el'affegnar tutori a'pupilîi.

Célèbre fopra tutte è ftata refa la memoria di Quinto Minicio Macro, Veronefe come la tribu Pobilia dimoflra, il quale fu Quart umviro di Verona, e perché farà forfe ftato dell' una e dell' altra Cittadino , fu Grwr.4î8. Quefiore in Verona, ed in Brefcia. Mirabil Macfo travedimento fèce già da gran tempo divulmi vir. gar cotefta lapida con due tribu, quafi coVtron. .g. ftuinell'ifteflb tempo e a quella di Verona, &£. e a quella di Brefcia aferitto fbfïe : quinci ftabilir canone falfîffimo, che cio avveniffe nelle adozioni, quafi poteffero gli adottati dar voto, e nella nativa, e nell' acquiftata: in oltre immaginarfi poigratuitamente, che Macro Brefciano foffe più tofto che

Veronefe; e per corrrpimento di maravig]^ arguirne, che Brefcia , come Capitale de i Cenomani aveffe preminenza fopra le circonvicine Città , e mandaffe loro i Magiftrati . Ma la pietra, che tuttora nella piazza di Brefcia perfèttamente fi conferva, altra tribu non ha che la Pobilia de'Veronefi, ne con due tribu fi è veduto, ne fi ve- p drà mai verunnome in fincera lapida; poi- «// chè fi. potea bensi per più cafi pafTare dall* ?• una ail'altra, come Augufto fece, ma non mai nell'ifteffo tempo averne, o profêfi'arne due: che fe due n'aveflèro profeffate gli adottati, non una ed altra, ma infinité lapide vedremmo con due tribu, mentre infiniti fon gli adottati che in efle abbiamo, e nulla fu più fréquente , ne più comune fra'Romani délie adozioni, con incredibil t danno délie Città, e délia focietà civile, * e délie fàmiglie nemoderni tempi difmefle. Quanto alla congettura dedottane per aver creduto Macro Brefciano, che Brefcia mandaffe a Verona i Magiftrati, ficcome Veronefe fu Macro ficuramente , ed ebbe qui fuprema dignità , e in Verona nominata l prima fu Queftore, ed il fu anche in Brefcia, \ cosi voleafi da molti ritorcer la congettura, e dedurne, che a Brefcia fi mandaffero i Magiftrati da Verona; il che fi renderebbe molto più verifimile dal faperfi , che < Verona iri que' tempi era tanto maggior Città, come vedremo fra poco. Ma ficcome dee tenerfi per fèrmo, che chi propofe l'accennato penfiero il facefïè per mero fcherzo , e per efêrcizio erudito , cosi da cib proporre diffuade noi la gravita dell' Ifloria . Niente farebbe più contrario, ne più lontano dall'ordine, e dal fiftema de 1 tempi Romani, che il penfare ch'una Città aveffe giurifdizion fopra un* altra, e ch' una Colonia mandafse ail'altra i Magiftrati . Noi abbiam veduto, come nelle Città ne pur fi mandavano i Magiftrati da Roma, e come ognuna piccola > o grande che fi fofse, fe gli faceva ugualmente da fe. Avvenne qualche volta in tempo degl'Imperadori, ch' una Città venifse fottopofta a un'altra, ma per graviffima pena, e caftigo, e non in Italia, ma in Oriente . SettimioSevero per vendicarfi d'Antiochia,che avea feguitate le parti di Pefcennio,la fottopofe a Laodicea, e per vendicarfi di Bifanzio la fottopofe a Perintio : ma nell' iftefso tempo leprivo delBagno,del Teatro, e d' ogn' altro ornamento proprio délie Città, e come ferive Erodiano, venne a metterle in &"■ condizion fervile, e a renderle viUaggi. Ma in !K^ figura di villaggio non fu mai Brefcia dopo u* i tempi Romani, ne Verona, o altra in queJ fte parti. Qualunque piçcola Città proffi*

ma


.. LIBR.OQ.UI.NTO. 94

ma foffe a una grande , e Ci amminiftrava ugualmente da' proprj Cittadini, ed eradi tnbù diverfa,e fi chiamava parimenteReoublica ; onde come trovafi a cagion d'efem|[a

d'efem|[a de'Milaneftncïïe lapide,cosi ova la Republic a de* Comafcbi, e la ReIica de' Bergamafchi . Credè Io Spane, che il nome di Republica C\ ufafse foente dalle Città libère, e da Municipj: numéro délie Città libère pofson tutte [le d" Italia comprenderfi ; ma nel nome tfunicipio prefe anch'egli I'errore poco titi fgombrato , e per quello di Repua non fèce avvertenza a i molti luoghi di gl'iftefli Giurifconfulti, ch' ei cita,fpemente nell' ultimolibrode'Digefti .Calatotra gli altri cosi défini VOnor Municigeneralmente : Amminiftra^ione délia Re'icaper via di qualche digr.ità. Emanifeadunque, che niuna fuperiorità pub défi di Verona fopra Brefcia, perche un ronefe fofse in Brefcia Queftore, ne fo^; jpra l'iftefsa Brefcia délia Valcamonica, perché Placidio Casdiano délia tribu Quiitem. -^ j3na,Duumviro nella Republica de' Camunfrt^ffi »/, vi foffe Prefetto de i Giudiciiy come la'* * ' pida Brefciana infegna ; ne di Verona pari\ mente fopra Vicenza, perché altro Verone(è, cioè Gavio Squillano poco avanti nomina«.' l*f. to, fbfle Curatore de' Vicentini, come nell' IfcriXU. zion fi vede; ne di Trento fopra Brefcia, e Mantova , perché Valerio Mariano délia Cm. i|"^u Papiria foffe Decwùone in Trentojed in 479. <• "ïMBfefcia y e Curatore délia Republica de' Man~ DJii.sdÊfwani. Curatore , come infegna Arcadio t.j.U il. Qiurifconfulto,era il deftinato alla curadel patrimonio publico.E' bensi credibile, che , çoftoro di tutte le Città, ove ufizio efercitarono, godeffero la cittadinanza.

Edili, e piu altri ufizj furon parimente

pelle Colonie, de'quali monumento non ci

,è rimafo. Si concedevano in effe ancora gli

* wnamenti Confolari, di che preflb noi fmarpta.

fmarpta. facea menzione, ma eflSgiati con1

con1 due altre i Confolari Fafci. Legge

k **.fel Codice Teodofiano fa fede, ch' anche

J,D*ws 1$' fuffeguiti tempi al^affero i Duumviri per

",?4* Ptto il diftretto délia propria Città la potejp|

potejp| Fafci. Indicavafi da quefti autorità

|$che nel Criminale ; e fino a un certo fegno 1*

t.o in fatti le Città tutte . I Publia, che /an talvolta nelle lapide, e negli Auerano fervi délie Comunità, e potean' miniftri. Littori nomina Cicérone in a, e in Filippi di Macedonia S. Luca Atti. Che i Magiftrati délie Città fao imprigionare, apparifce nella Paffio- 1 S. Claudio, e compagni, dicendofi in d Proconfole di Cilicia: eccoti i Criftia^ be i Curiali di quefta Città banno pot ut 0

far prendere. Tra i mali portafnenti d* AIbino Procurator di Giudea nota Giofeffb, BeHJ.i. come per denaro Iibero quelli, che per la- '"I 3, trocinii, o altri misfatti da i Decurioni délie Città, oda'Prefidi anteriorj erano ftati pofti in prigione. In oltre non doverfi negare a' Magiftrati municipali ancbe /'autorità d' un piccolcafligoiCeconào\,anùco\{\.\x.\\to decife Ulpiano.S. Paolo,e Silacondotti in Filippi ®\hf\\\ avanti coloro, che amminiftravano la Città, fi fanno da quefti fubito fpogliare, e AR.XVI. publicamente battere.D'un Manlio flagel- I9-**-35. lato a Siena per ordine de' Magiftrati parla HiftMb.^. Tacito. Quefto è ciô che i Legifti chiamavano lmperio mifto, cioè unito, emifchiato con la giurifdizione, che confifte nel giudîcare. Ma notabil particolarità aggiungeremo. Le Città libère aveano anche il gius dell' ultimo fupplizio, cioè di condannarea morte, e di far'efeguir la condanna,il che ail'altre Città per detto del Giurifconfulto non era lecito ne pur co' Servi. Quefto era l- l}-d' l'altro coftitutivo délia Libertà, qualpero Ittrifdaccennammo nel terzolibronon efler peranco ftata méfia in chiaro. Narra Tacito,che Pifone odio nodriva contra gli Ateniefî, i quali eran privilegiati di Libertà , perché A.n"' gli avean negato di far grazia a certo Teofilo falfario, fentenziato dal lor tribunale dell'Areopago. RaccontaDione, che l'Im- iib. 60. perador Claudio privo di libertà i Rodiotti, perché coll* ignominiofo, e fervil fupplizio délia Croce avean fatto morire alcuni Cittadini Romani. Le Città d'Italia ficcotne godean tutte la condizion délie libère in non efferfoggetteaPrefidealcuno,cosl è da credere la godefïéro anche nell* altra parte del gius del gladio. Vuol perb intenderfi, eccettuando i delitti publici di tradimento, congiura , veneficio, e affaffinio , perché di quefti in Italia fin da tempi di Polibio i Magiftrati délie Città non giudi- i;b. 6. cavano ; e poichè Prefidi di forte alcuna non '*f'",w«c Verano, infegna il medefimo Storico, che n' andava la cognizione al Senato Romano.

Ufo fu anche tra Romani , che l'arti, ei meftieri fi uniffero inCollegi,ecorpi,i quali poi ficreavano Rettori,e miniftri, equafi Republiche atti faceano, edecreti. Ebbe principio taie iftituto da Numa, il quale, come fi legge in Plutarco, in otto Arti diftribuï da prima il popolo di Roma. Molt* altre poi Ce n' aggiunfero, e a quelîa norma nelle Città parimente più profeffioni formarono corpi, e Collegi. La difperfione del1 le noftre lapide poco o nulla ci lafcia vedere in quefto génère. D'un Maeftro de' Centonarii, che fors' erano rigattieri, parlava un'Ifcrizione, che più non fuflifte : del Col- ^r.p.49.

leeio


95 DIÏLL'ISTORIA DIVERONA 96

Tan. p. legio de' Fabri facean menzicnc due inconGr. 438. d^ Ifcrizioni perdute , délie quali corne 5.624.7. fur date dal Saraina, fi pub far poco conto. Ben d' un Collegio ci riman notizia, che molto raro èdivedere altrove, cioè di nocchieri, e barcaruoli. Solcavano quefti il noftro lago, ed avean refidenza in Ardelica, borgo, ch'era nelfito, ove al prefente abbiam la Fortezza di Pefchiera . Quivi alto piedeftallo fi è difotterratonon ha gran tempo , in cui fi vede, corne due Publii Virucate in memoria de' lor genitori diedero al v. Vif. Collegio de" padroni di barca dimoranti nel Vico Ardeliconn buon capitale di denaro, perché col ritratto, e col frutto di eflb facetter loro ogn 1 anno 1* anniverfario, ponendo al fepolcro rofe, e cibi fecondo /' antka confuetudine. De' nocchieri Ardelicefi, e d' un fimil legato fa menzione altra lapida, ripor449 6. tata nel Grutero, ed un'altra ancora nuançante del principio, ch'ora è nel Mufeo, e nella quale, oltreal lafciarfiall'ifteflo Collegio due volte piîi, cioè dodici mila fefterzj, perché con la rendita di tal fomma al difponente , alla moglie , e al figliuolo ogn 5 anno in perpetuo fofle fatto 1* irteflb ufizio, *•_ !••»/". Ponzia Giufta n' aggiunfeper l'ifteflb motiXK* VO altri 6oo in memoria d'una fua Jiberta, perché il monumento fofTe tenuto netto, e pulito.

Quefti corpi fi eleggean Patroni, cioè

Protettori ,e fe gli eleggevano parimente le

Città, e le Comunità. Le Città folean per

lo più fcegliere Perfonaggi di conto, e

civ. i r. d'autorità a Roma. Infegna Appiano ,che

»7\*"» dt tutte h Cttt" v'erain R0T»a il Protêt tore, tçi rit •» e Dionigi d'Alicarnaffo, che ognuna fegl'ifceP'«w çlieva a piacere tra" Cittadini Romani. Gran Bai. i. 2. vincolo era cotefto in que* tempi, e molti eran gli oblighi reciprochi del patronato, e délia clientela . Di Verona un Patrono , o fia Protettore, ci diede il Saraina, cioè DeltSar.p.t9. fio Peregrino, ch'era ftato Tri bu no di Legione, e Propretore délia provincia Afia, ma il marmo fi è ricercato in darno . Per fupplir perballa mancanza délie noftre,abbiam porte nella ferie tre Ifcrizioni non più divulgate d'altre parti, la prima déliequa^^ li, venuta nel noftro Mufeo dalla Dalmazia, fa vedere, corn' anche tra' proprj Cittadini prendean le Colonie i Protettori , il che fi conofire anche in al tre. La féconda fcoperta in Seftino terra dell' Umbria, in onore di chi era Protettor d'un Collegio, ed anche délia Città, fudedicata da i Seviri Auguftali, edalla Plèbe délia Città ftefla. Fu eretta 1' altra dal Collegio de' Fabri di Tortona a chi era Patrono de i Collegi tutti, e d'unaColonia, c fedelijftmo Avvocato, il quai' efercizio fi adoperava /peffo in favor de' protetti, anzi da

querto Patroni Ci diflero i Protettori.

Infieme con l'amminiftrazione,e con g[> iftituti civili portavano le Colonie anche la religion Romana, ele facre dignità, quali x: fi eleggeano per lo più da' Decùrioni, e fi ci folean confèrire a chi aveffe già foftenuto i civiii onori : Pontefici, Sacerdoti, Flamini, Auguri, Sodali. Anche di quefte fono ^' a noi molto fcarfe le lapide, che ci rimangono. Abbiam perô più Flamini, e più Flaminiche, non efièndo tra Gentili negato il iacerdozio aile donne: è notabileun Flamine di due Dei, Sertorio Feflo del Sole , e : r. délia Luna; il che era contra l'ufo, e con. x'ï tra la legge recitata da Cicérone, chei Fiamini fervilfero a una Deità folamente; ma 4; ai dovea efsere un Tempio fblo. Aile volte /;' non apparifce di quai Dio, corne nel Fiamine Caio Africarrio, ma il Tempio dove il la lapida dovea efser porta, lo dimoftrava. x Coftoro fon chiamati da Pacato nel Panegirico per municipal porpora reverendi , onde ;.- impariamo la nobiltà del lor veftimento. Curiofo marmo, venuto perb d'altra parte, è nel Mufeo, non folamente per la ra- * ra famiglia Mineia, e per la non fbrfe più s veduta in lapida Dea Feronia, ma pel ti- t.i, tolo di Sacerdote Gratnito, da cui par fi rac- Xi colga, pagaflero gli altri qualche cofa nel confeguir tal grado, e per notarvifi da cortui li fuoi quarant' anni di Sacerdozio, per li quali dovea goderpreminenza fopra degli altri. Fréquente fopra tutti era il Sacerdozio degli Auguftali. Fu introdotto dopola morte d' Augufto, ed in onor fuo ; ma 1" adulazione lo fece defiderare, e aflumerda tanti, che fbrmaron coftoro quafi un ordi- 1 ne nelleCittà, mezano fra i Decùrioni, e la Plèbe, corne gli Equiti in Roma.Sitrovano pero in più lapide, infieme co' Decu- ] rioni, e con la Plèbe. Sei fi eleggean tra quefti, che fbffer capi degli altri, e quafi il Magiftrato di tal corpo, e fi dicean Seviri, de'quali le lapide inogni parte abbondano. In una délie poco faaccennate fànno l'onore al Patrono i Seviri Auguftali, e la '•.;' Plèbe Urbana;e nella folennità del dedicar la pietra, cioè di collocarla , 1' onorato fa diftribuire pane, e vino a quelli, ed aquefta , e parimente a ciafeun de' Sei tre denari, e due a coloro,cherapprefentavan la Plèbe. Confeguivafi tal grado anche da' liberti, corne mortra tra noftri Numitorio Afclepiade, che di profefllone fu Medico, ^ o fia Chirurgo per li mali degli occhi. Ma in altro marmo inoffervato ne' paflati tempi, e porto ora infieme di varj pezzi, onorifica memoria fi vede fatta a Veronia Trofima fua madré, cui dice Santiffima, Saeerdoteffa di Cibele, da Veronio Carpo Seviro,

Seviro,


97 LIBRO Q_U I N T O. 98

viro, il quale fi dà titolo, fecondo che da iï^la breviatura s'interpréta, in quefti terv. hf. Hfëâ non più veduto, cioè Maxtor del Colxxm fcjjfo, dubbiofo rimanendo, fe uno fi depuCL.MAL J|r ^ prefe£iere a gli altri, o fe veniffe IgMaggiorato dall' età, o dall* anzianità. G'm ÏÏMtra I^c"zione fi trova Sacerdote Primo j7z.*7. Mm corpo degli Augufiali. Credefi, che gli JBignftali fi divideflero in giovani, e vec./jHi, ed aveflèro i lorSeviri feparatamente, |«di quefti debbano intenderfi que 1 monuJËpenti,in cui fi veggon nominati Sacerdoti, ' ^OTfcollegi di giovani, o di vecchi. SacerdoU

SacerdoU de'Giovani, overo Seviro Auguftale de'

„. inf. JMcerdoti Giovani, fu preflb noi Ottavio h ; XXg^^ferno liberto. in fondo alla cui grandifli:Sa lapida più verfifono. Salii, ch'eran fa^^atrdoti di Marte, attribuï a Veronefi il Far

Far ^a una ^aP'^a > cne re^a P 61" 0 aJquan_

WÊb ambigua per efler lacera. Dall' ifteflb

^^^^crizione fi publicb trovata in un manu"; '^Sr'tto' ch'erafemprea tutti i noftri rima;WÊk

rima;WÊk fi è finalmenterinvenutainpri;;|i|§|ata cafa non ha gran tempo. Si vede in ». Jwnléfia, corne Ofillia Quinta era impiegata ^^m^ui nc'Sacri Romamenjt. Cofa quefti fi fbft.;> 'Wk- icro, difse quel grand* uomo non fa per penX ^m ^areJ ma due riti eran nelle Città; il Ro■g& mano venutocon la Colonia, e l'anteriore proprio del paefe. Al culto fecondo gl* iftituti Romani, e fbrfe délia Dea Roma, o dî'Quirino, poteva efsere fpezialmente de*^fiinato alcun Tempio, o alcuna folennità, I^ÉielIa quale la noftra Ofillia avefse parte. :jP\Delle Publicbe Romane Cerimonie fu minor ■■*JP Pontefice in Pifa il principal Soggetto di vCm quella Colonia, çome nel fuo Decreto in *'?• .|fe<more di CaioCefare apparifce. V'erannell' ^>lftefso tempo i Sacri Miinicipali, cioè come %*^PF tofègna Fefto, quel rito, che avanti la cit"'* H* tadinanza Romana correva, e che vollero ■Wl i Pontefici fi fervafse anche dopo. A que1>n

que1>n riferire gli Dei non comuni, e tomani, detti da Minuzio Felice Mu,e da Tertullianoper ifcherzo DeiDer/, efsendo riftretto dentro un recinto lura il loro onore, e la loro autorità. n di tal génère i mentovati nel primo Cuflano, e Udijna, quale prefso i fuoi i non pafsava già per da riporre nella : de'Numi, poichè nella lapida lefidà d* Atigtifta. Quefti Dei locali allevolino meri fbgni, aile volte memoried* ini, che avean beneficato quel popolo, je fpefso erano i Dei comuni venerati ■ altro nome. Se i due fudetti fofsero e dalla Città riconofciuti, o folamen»nv è facile, da que* colli, ove fi fon vate le lapide, non fi potrebbe con cera decidere. L'una di efse è dediçataal v tr* Uluftr, Parte l

Gen'todelPagodegliArufnati. Pagoorafignific6

Pagoorafignific6 grofsa, ed ora numéro di vici, o tratto

tratto paefe da.una Comunità comprefo: in

quefto fenfo 1* ufa Cefare dove fcrive, che

tut ta la Republica degli Elve-çii in quattro i.x.c.n.

Pagi era divifa.

In tempo d'Augnfto tre grand'uomini di quefta Città, o del fuo diftretto fiorirono, che vifTero per lo più in Roma: Cornelio Nepote, Vitruvio, ed E mil io Macro. Nepote fu eccellente Iftorico, Vitruvio il maeftro degli Architetti, e Macro Poeta molto lodato. Non diremo di cib più innanzi, perché le particolarità di efli, e le pruove, o le congetture dell' efler Veronefi, fi daranno altrove, effendofi creduto bene di feparare, e metter da fe l'Iftoria letteraria, o fia la notizia de' Scrittori noftri. Il nome di Carino da Corinto Medico , che abbiamo in Greco,e in lapida di marmo Greco,

Ibenchè di forma Romana, moftra, come tal profeffione era in ogni parte afTai efercitata da' Greci,

Per rilevar con certezza 1* eflere , e la ftato di quefta Città in tempo d'Augufto, e di Tiberio , bafta leggere il principe de* Geografi Greci Strabone. Ove tratta délia parte d' Italia di qua dal Po, Metropoli degl'Infubri dice, ch'eraftata Milano, e ch'era tuttavia ancora Città infigne-.fegue, che poco lontana era Verona ygran Città ancor* m. y. ejfa; e che m'mori di que fie due v erano Bre- '^"^ jeta, e Mantova, eReggio, eComo. Quizv- x». verti il Cluverio, error eflere nel penulti- B»^» tf mo nome, e doverfi legger Bergamo in vece T™,JyJdï Regg/o. Ei non citô a fuo favor manu- **•&<&- feritti, ma con tutto cib 1' emendazione è l"Jv g ^* indubitata , non avendo qui che far Reg- %i» &c gio, ch* è di là dal Po , ed accoppiando Ita£v« Strabone con le due grandi quattro piccole ad efle circoftanti, cioè Como, e Bergamo a Milano, Brefcia, e Mantova a Verona. Non fi potrebbe veramente defiderare piîl bel teftimonio délia grandezza, e fplendore di quefta Città ne' primi tempidegl' Imperadori, quanto il vederla pofta in paraggio con Milano, che fu fempre cosl famofa e cos\ potente Città ; e cib per Autore di que* tempi, che ferifle con tanta dottrina , con tanta accuratezza, e con tanta fedey e che per iftruirfi con ficurezza viaggib per 1* Italia tutta. Ma qualch* airrarijieffioneaacora è da fare fu quefto bel paflb. Noi contra la prevenzione già invalfa abbiam dimoftrato nel primo libro chiaramente , come Verona non fu mai Cenomana: or diremo, che fi conferma quefta verità incontraftabilmente anche da quefto luogo di Strabone, j ov'eflb con quello fi congiunga di Tito Li' yio, che infegna, come de' Çenomani fi*

G capo


99 DELL'ISTORIA DIVERONA 100

capo Brefcia : poichè fe Brefcia cra piccola Città, e Verona grande, ed uguale alla Metropoli degl' Infubri, quando 1' una e 1' altra foffero ftate de' Cenomani, la grande farebbe fènza dubbio ftata lor Capitale, non la piccola. Ne fi dica, che a tempi d' Au gufto potea fbrfeeffere fcemata Brefcia, c crefciuta Verona, poichè abbiam veduto fin ne' tempi d'Annibale diftioguer Silio Italico Verona tra le circoftanti, e abbiam veduto infêgnar Polibio, che fino nel fommo fiorir de i Cenomani confine tra quelle due Città effendo il Chiefio, délie 40 migliadi paefe, che fono tra l'una e l'altra, trenta ne avea Verona, e dicci Brefcia.

Altro non meno évidente argomento dall' ifteffo confrcnto di Strabone, e di Livio rifulta ; imparandofi dal fecondo , come quella Republica non avea che Brefcia, e villaggi ; poichè narra, che il Confole Cetego per informarfi délia difpofizione, evola.ji. lontà de i Cenomani, mandô ne'lor Vici y Cen'oml- c^ *n Brefcia > cne délia gente era capo. utrum, Ecco perb che non potea mai effer fotto Brixiam. J$refcia, e tra i lor Vici Verona, ch* era si (apùrl"». gran Città. Potrebbe opporfi , che qualtis tmt. che volta anche le Città fur chiamate Vihg. 1. D. ci ,mentre diceUlpiano per cagion d'efemdt ctnfibut pj0> ciie \\ Vico de' Patavicefi (il quai perb nu in non fu Padova, come dottiflïmo Autore ha 5tv' creduto, ma piccol luogo in Dacia) impetrb

impetrb Severo gius di Colonia ; e di Sirmio fi tiene foffe chiamato Vico da Vittore ne' im Dent. Cefari.Ma lafciando, che i Pataviceficeffarono allora d'effer Vico, e che in Vittore non va intefo effer nato Decio in Sirmio Vico, come anche il Cellario intefe, main i.z.t.t. un Vico de'Sirmiefiy non fervirebbero a nulla efempi di baffa età. Bifogna offervare il fignificato ,e l'ufo ch'ebbefempre la voce Vico nel buon fecolo, e fingolarmente in Livio medefimo. Non una o due volte, ma forfe quaranta adopra egli quefto vocabolo, e fempre nel fuo natural fenfo per terre, e luoghi aperti, e cosi vicani, e vicatim. E ftato creduto fofser Città Galliche alcuni da lui chiamati Vici, perché difse efsere ûatïe/pugnati'y ma cosi parla egli anche d* m. 10. un villaggio di Laconia , e di quelli dd Padovanooecupati da un'incurfione di Greci. E ftato addotto 1' efempio di Foruli, e di Regilhychiamate da alcun altro Città,eda Livio Vici ; e di Clafiidio, quafi ei difsenta da fe medefimo, e lo chiami una volta Città, ed una Vico. Ma avveniva anticamente quell'iftefso, che tuttora avviene. Un luogo, che fia piccola Città, o Terra grande, or faràdetto Terra, or Città, il che dipende ancora dall'ufo de' paefi ; perché molti luoghi abbiam nello Stato Veneto,chein

Veneto,chein parti farebberoCittà, e qui non fono.Ma ficcomenon per quefto faranno mai dette Borghi, o Caftella Padova, ne Verona, perché fono diftinte, e molto ampie Città; cosi potea bensiaccadere tal varietà di denominazione in Foruli, in Clafiidio , in Regillo, che quai luoghi fi foffero, il moftrano i nomi tutti e tre diminutivi; ma non potea darfi, che foffero per cagion d' efempio ripofte tra Vici Verona, o Milano, mentre impariamo dal Geografo, ch'erano grandi, ed illuftri Città , e fuperiori ail'altre de'lor contorni. Ci fiapermeffo d'aggiungcre, come non pub imputarfi a Livio diffenfo da fe medefimo, per aver chiamato Clafiidio una volta Oppido, un'altra Vico: prima perché cosi potea fecondo diverfi rifpetti çhiamarfi, e perb Città lo chiamb Polibio, Vico Plutarco; ecosi Foruli detto Vico in antica lapida preflb !• Olftenio, eda Strabone rupet eda Servio C/f/<i:dipoi perché la voce oppidum, benchè fia flata ufata piii volte nell' ifteffo fignificato di Città y più fpefio perb , e pro~ priamente, dice Aldo il giovane , fignifica ,„£ qualche cofa di meno. Di quefto voca bolo ben P" '■ parlb Papia, conchiudendo valer Città picco- ov la : e cosi lo rendonole G lofe in Greco. Cice- *"' rone chiamb il rozo ftile oppidano. Li 24 ~k luoghi degli Arecomici fotto Nimes fur det- inh ti vici da Strabone, oppidi da Plinio. Scriffequefti, che 846 oppidi profeffava Pompeo d'aver prefi nella Spagna citeriore : An- m tonio Agoftini nel riferir quefto paffo, faggiamente difse 846 vici. Ammian Marcellino narra, che nell'Ifauria oltre a mohi op- / „ p'tdi erano due Città. In fomma né Livio fi contradifse, né farebbe fenza efprefsa contradizione il voler che tra' vici de' Cenomani fi fofse annoverata una Città, non mezana, e d'ambigua condizione, ma cosidiftinta, ecosi nobile quai veggiam dal Geografb, che fu Verona.

E poichè l'Iftoria antica, come fi farà ben 1 offervato finora, non è come lamoderna, che fi pub da chiunque fia con la lettura di fèmplici, e volgari narrative comprendere, ma abbifogna di profonda intelligenza délie lingue dotte,e di fottil raziocinio, e d'eruditedifeufiioni, e ricerche, fulcompleffo degli antichi Scrittori, e de' monumenti fbndate ; non tralafeeremo di confumar qui alcuni altri punti in quefto propofîto, ail'univerfal cognizione clell'Antichità non poco important!. E ftato ultimamente feritto da erudita penna, nella voce Caput attribuita a Brefcia da Livio, contenerfi virtù di fignificare, che aveffe fotto di fe altre Città: cosi altri ferivendo d*altro, gran cofe deduffero da tal voce;quando


ioi LIBRO Q.UINTO. 102

de*efla veramente ne pure ha forza di l^lvar Città quel luogo fteflb , che cosî jmft detto. La voce C*/wtf trafportata nell^peografia ferva per l'appunto 1' ifteflb 3pre, che ha nel fuo primitivo, e natujfôpenfo: e perb ficcome in quefto non ha 3|ù di fignificar per fe cofa grande, ma ■Hiftinguere fopra l'altre parti; e fi di"^Pnriguardoa'membri, che compongono /«torpo di qualunque animale, talchè u.|Malrnente fi dice capo quel dell* elefaniB>e quello délia formica; cosi ove di paeIfflû parli, Capo fi dice ogni principal luo«mk e tanto fi ufa quefto vocabolo per la JjMetropoli d'un gran Regno, corne per pic|^»Ia Città, che primeggi in una Regione ; |lwper Terra, che d'alcuna Comunità comIfaBfta di più villaggi fia matrice . Poffiam *|É»tonofcere quefta verità facilmente in Li'-JlBo fteflb . Ove tratta d' Annibale , che ^»fso 1* Alpi, e délia refiftenza fatta incer.■;\:ifflÈm parte da' Galli, narra egli, corne dopo ^^Ë'avergli fugati, preje il Caficllo, cfreraCa^JJÉÊÈË'* ^ ÇMH* regione , e i circojlant/Viciiecp'-'i^SÊÊ^o la voce Caput appropriata a luogo, che Clt ^^Pbon avea fe non vici fotto di fe, e che non ""'■ ""'îfÊÊ éra Città.Erana afferma Cicérone, che fof-^ «MSH| fe Amant Caput, cioè di monte molto poinb '«^^p polato,e che meritb d'efTere aggredito dal |f Prefide délia Cilicia: non per tanto ne avea rt!l^!*' fotto di fe che Vici, ne era più che un gran m -^&, Yico. Ma nell'ifteflb paefe, ch'ora èterriJll&itOrio Brefciano, altro luogo fu detto Caput JsPSa Plinio. Vorrem noi per quefto dire, che jBp fovraftafle a Brefcia, ed avefle Città fotto ''" '$$£ di fe? Veggafi ove Plinio tratta dell'Alpi, |fc e de* monti annefli: nominati gli Euganei ?l|jft|bggiugne : Capo di ejji è Stonos. Nell* alto C^Éf»'*^* Val Sabia fi ha in oggi Veftone, Ter'™*ÊÊ'- î* grande. Il fito, il nome,e l'altre circo"""■''tffli ft^nze compruovan l'opinione di due Scrit111' tori Brefciani, che fia cotefta 1* antico Sto'^mLsxos. Nomina ali Stoni Strabone, corne pic^^oedola gente preflb i Trentini. Stonos è voce '^|||ijtireca poetica , che fecondo noi è quanto 'f|B8|jre antica, e vale angufiia , luogo ftretto ; ''IfflËfipde ben s'adatta a luogo di montagna, e 'a^oftra l'origine Euganea. Antichi fepolcri JI^^ÉMIP lettere Greche incifi, dice Tacito, che *^^M)rrea fama vederfi ancora a'confini délia 'fjjaftczia. Forfe compofero tal nome i Latini 'flljpt vêtus, o da verjus Stonos, corne fuiTren« lilllBbo da pênes lucum fi fece Peluco . Ma in tJ^Mmma quefto luogo fu Capo de gli Eugafln Alpini, e pure ne Brefcia, ne altra Cit?^Hebbe fotto di fe, ne fu mai eflb Città. ■:wmBrefcia ne fofle,e fofle murata nel tem1 'mm> ln cu* veggiam da Livio, che fovrafta-^

i58ia' Vici de'Cenomani, ed era Capo^^p «rgente, ne û potrebbe aftermar, n$ m*gPer. Mujlr. Parte L fgare

fgare ma farebbe creder di no 1* ufo antico de'Galli, e fpezialmenteCifalpini, de* quali dice Polibio in univerfale, che abitavano Vici non murâti ; e de'quali dice Stra- /»*.*. »*«<» bone, cbeabitavano tutti in Vici, e cheMilano **aT^_" fteflb perb anticamente altro non era che x<Vo</«. un P'ico, quando gl' Infubri l'edificarono . ^- s- '»- Accordal'ufo degli antichi Germani, ch" ^XL'l era in origine la nazion medefîma : o- ™« r*? gnun fay dice Tacito, cbeipopoliGermanici ^J";/"*" non abitano Città alcuna, e fegue narrando Mor. Qer. la forma de' Vici loro . Iiu!las

Ma fotto i Romani Citta di confidera- mm poou. zione era già Brefcia fenza dubbio, e ben- lis "rh". chè non da uguagliare a Verona, o a Mila- 'f„t]Tnono, Colonia fu perb di molto credito. Si «"» *ftaccrebbe poi, e s'illuftrb di molto, quando le furono incorporate , e fottopofte le Valli ; con che dilatb più d' altrettanto il territorio fuo, e la giurifdizione. Quando eib avvenifle, non è ftato rintracciato ancora . A tempo di Plinio era già certamente avvenuto, perché nel trattar de' popoli Alpini, quando viene aile genti Euganee di l- Ϋ <• i*- condition Latina, délie quali 34oppidi, che qui vuol dir Terre, aveva annoverato Catone, nominati i Triumpilini, e i Camuni, cioè la Valtrompia, e la Valcamonica, fegue; e più altri fimïli attribiùti a1 Municipii confinan- comphirtff, cioè aile proflime Città. Un tal parla- Ç"^'*f" re indicar fembra, che non fi fofle cib fat- attribua to grandiffimo tempo avanti. Le genti monta- ^««ÙIne per la fèrocia dell'indole, e per 1' animo che fuol' aggiungere la difficoltà de i fiti, diedero fpeiïo che fare a' Romani, e ardirono di provocargli, rubando, e depredando gli adiacenti paefi. Efli perb dopo averle non una fola volta battute , e repreflè, le privarono finalmente in pena de* lor Magiftraci, e aile vicine Città le fubordinarono. Bella pruova abbiam di quefto in una Ifcrizion di Triefte , nella quai fi legge corne i Carni (vuol' intenderfi de i montani) e i Catali, erano dall' Imperadore Antonino Pio ftati attribuïti, cioè dati, e foggettati alla lor Rcpublica , ficcome quelli, che Qrut.x%%. aveanmeritato d'ejffer cos) trattati. Tratta- i.*Jtrimento fimile meritarono fopra deeli altri i *""'. Rei~

.... . • i /- & i publics no.

popoli abitanti ne'monti, che fono al pre- ftr^prout fente Brefciani, e i lor vicini non meno, <i»> '»'* per aver provocate l'armi Romane piuvol- ™ài'"* te. Toccammo già, corne fin nel fefto fecolo, per quanto pare poterfi dalle Legazioni raccogliere, vinfe i Camuni Tiberio Gracco. L'anno 636 Quinto Marzio Con- m. «». foie efpugno Stonos, che parrebbe dovcrfiin- Stonot tendere délia fopranominata Terra , ben- gÂ1piZm ^ chè nell'Epitome Liviana fi fpieghi délia '^"g""- * ^;gente. Nel 738 prefero l'armi i Camuni, vU' "l^ciVenoni, genti Alpine, comelechiama 'rV;-> ■■ \ G a Dio^


io5 DELL' ISTORI A DI VERON A io4

hb. 54. Dione, e fur debellati da Publio Silo. L' anno appreflb cominciarono a faccheggiarc crudelmente 1' Italia, e la Gallia i Reti; onde Augufto mando contra di loro Néron Glaudio Drufo figliuolo di Livia fua moglie, il quale prefib i monti di Trento gli fconfifïe : ma non acchetandofï coftoro ancora, mando Tiberio, che fu poi Impeiadore, ad unirfi col fratello Drufo. Furon perb di nuovo in varj luoghi battuti i Reti, e disfatti; al che molto contribua, corne lo Storico efprime, 1' efferfi Tiberio ibid. *m meflb con navi fui Iago> che fenz' altro è 2,'«rt dacredere farà. ftato il noftro. Orazio,nel wc toccare in un'Oda quelle vittorie , dice,

che reftarono in quefta guerra fuperate roc<U. 9^.14. che impolie all'Alpi, e vinti i Breuni. Corne coftoro ancora foffer popoli Retici délie montagne Brefciane, moltreremo nel feguente libro. Ma in fomma a tempi d' Augufto le genti Alpine furon domate tutte da un mare ail'altro, e affatto fottomeffe: pero in onor di lui fu eretto un Trofeo con fuperba Ifcrizione confêrvataci da Piinio, in cui fi veggono i nomi di.efle al numéro /. 3. c io. di 44, oltre a quattro Vindeliche , ed è notabile, che in capo a tutte 1' altre vi fi leggono appunto i Triumpilini, e i Camuni : de' quali non elfendofi poi nell' Iftoria Romana udito più il nome, fi rende chiaro, efler'efli allora, e infieme quell'altre genti, ftate prive del proprio governo, e pofte fotto la giurifdizione délie vicine Città: anzi l'infegna Piinioefpreffamente, ove dice, che non furon nominati nel Trofeo i popoli di Cozio, perché non erano item «t- ftati nemici; ma ch'erano perb ancb'ejji Jlatnbuta: fi aftanatï a' Municipii. In quefto modo la piis, Citta d\ Brefaa con tanto aumento di tervritorio, doviziolà fi refe, e molto diftinta fra le Città tutte. Meritb effa ancora, che Augufto, e Tiberio fi prendeffero cura del fuo ben' eflere, e condefeendeffero, corne v. inf. da bella lapida apparifee, a condurvi acXXVh que, délie quali felicemente abbonda tuttora; avendo, corn' è credibile, fecondo 1' ufo Romano fabricato quegl* Imperadori a loro fpefe acquedotto.

Un folo ci refta ancora da rifolvere degli argomenti, con cui vien pretefo di moftrare, che più Città eran nel tener de iCenomani. Bella lapida fi conferva a Brefcia , trovata nel fuo territorio d'un Patrono del« irf. k Citta de'Vardacatefiyede'Dripfinati: quaxxrffl. H fenza dubbio molto lungi non erano , e pure niuno de'dotti inveftigatori dell'antica Geografia ne ha faputo mai render conto, nède'ScrittoriBrefciani; e l'erudito, e lodatifTimo noftro Avverfario diflenelfuo tég. t%%. Parère, non trovarfi chi poffa ne pure additarne

additarne fito, o penfar dove ne fofTe il diftretto ; eflèr perb ftate fenza dubbio Città de i Cenomani anche per opinione dellOlftenio, del Baudrant, e d'altri. Ma noi »«i(. le additeremo ora facilmente; e farebbero chm% facilmente ftate anche dagli altri feoperte, ove fi foffe depurata la mente dal pregiudizio, che quelle doveffero efler Città. Strano parrà forfe a molti il voler noi perfuadere, che Civitates non foffer Città, e pur non erano . La voce Civitas non ebbe folamente il fignificato oggi più comune di Cittày ma un altro ancora, che preflb Latini fu anzi più fréquente, cioè di Comunità, Republica, corpo civile, formato da un tratto di paefe, talvolta con più Città, talvolta con fbli villaggi : quello, che Strabone in Greco, parlando de' TefTali, e d'altri chiama fiftema, ch'èquanto dir /,;, fozietà, e moltitudine unita. Chi non ha £[•■■ queft* avvertenza , corne intenderà Cefare, <,,'., ove dice urbem, qua proefidio fit Civitati ? co- &, me Piinio, ove ha , Cçmelio effer'oppido del- h laCittd? corne Tacito, ove ferive, che le /,! Città délie Gallie fï ragunavano nel paefe ^ de'Rémi? corne l'Epitome Liviana, che /,(,, nota, i Tigurini efferfi feparati dalla Città degli ElveTJ't'i corne Vopifco, che parla del inil far 1' Egitto Città libéra ? Men bene perb parve a un grand' uomo, che per efler gli Allobrogi non cittadini d'una Città, ma popoli d'una provincia, errafle il traduttor d* Appiano nel dir la Città degli Allobrogi. c?«. Ora corne appunto abbiam veduto délia vo- ^ ce Caput y cosi diceafi Civitas non menodi un corpo grande, che d'un piccolo, e non meno s'era formato da Città, che da villaggi . Narra Tacito gl' inftituti délie Città Mi> cioè délie moite fozietà, e republiche de' G'l Germani; e fegue dicendo, che niuna Cit- »<«* ta, cioè luogo murato, avean'efli, ma fo- ^/ lamente Vici: ecco perb corne fi ufava,tal V.T., termine ugualmente anche di que* popoli, e di quelle Comunità, che non avean Città alcuna. E quinci nafee, che tante Città fi trovin negli antichi libri d' ofeuri, e d' ignoti nomi, perché non erano quel ch'oggi intendiam per Città, ma Comunanze , denominate per lo più dal principal borgo, o villaggio. Tali fon da credere le Città de' Celelati, e de'Cerdiciati ricordate da Livio Aï.; 1 in Liguria. Tali quafi tutti i popoli nel Trofeo d' Augufto deferitti ; e parimente quafi tutte le Città di Co^io, annoverate "• \ nell' iferizion dell' Arco di Sufa , publicata *•„'' da noi nell'Tftoria de' Diplomi. Quell'If- ti«*- crizione dall' Olftenio, che cola fi trasferï e'' per rilevarla, fi giudicb effer !• ifteffa, che la Pliniana délie genti Alpine, ma fi è or veduto, com'è diverfa, iette di que'nomi

con-


■10J LIBROQ.UÏNTO.

106

co«tcnendo,e al tri Cette dall* Iftoria, e dall»

aotica Geografia non più intefi . Cotefte

»"'/' ad QttàCozjane, generalmente menzionate da

Qiw. plpio, per Jofia Simbero col folito equivoCffllir

equivoCffllir urfas: ma potrebb' egli crederjffî&he

crederjffî&he tutte le riferite nell* Arco di SuWe

SuWe Trofeo dell'AIpi foffero ftateCit|nel

ftateCit|nel fenfo,foffero délia maggior

..'IBte fobiffati anche i veftigj, e perito fi;^Bil

fi;^Bil ? e délie due nominate nella

r^Rfciana lapida, quali non già ne'te m pi

vJraDiani, ma fotto gl'Imperadori erano in

i^Bbfti contorni, potrebb* egli crederfi , che

.^■foffero ignorate da Strabone, e da Pli,'^P,

Pli,'^P, diquefte parti nativo? Abbia^^gdunque

Abbia^^gdunque certo, che le Città de' VarÉfflN

VarÉfflN e ^e' ^riP^aatl altro non furono »e due Comunanze , quali dal principal

É^OEr 0' e ne* (lua^e tener fi dovea il comun :^MK>nfiglio. prefêro il nome. Per inveftiga<Jm§ove fi foffero le lor terre denominanti, i^^^ïondo la regola altre volte da noi fuggeJgPP, bafta feguir la traccia de i nomi. £c':|llpg pero corne uno de' principali luôghi nelÎ j^pfc valli Brefciane è fino in oggi Gavardo.

Chi dubiterà, non effer quefta la matrice dell'una di quelle antiche Comunità? Vedefi veramente nel marmo, che gli antiçhi pronunziavano Vardagatefi, e non Gavardatefi ; ma si fatte rrafpofizioni di lettere, e di fillabe fono fempre ftate frequenti, c molti nomi hanno patito trasfiguramento fimile nel paffar dal Latino al volgare. Caralis di Sardegna è paffato in Cagliari; Ilerda di Spagna è paffata inLerida: negli fteffi monti Brefciani Voberna , il cui nome fi ha in antica pietra, è paffata in Bovarno. De' Dripfinati poi chi pub dubitare non fbffe centro la terra di Trifiino, quai fino in oggi a tutta una Valle dà il nome ? è quefta nel montuofo del Vicentino, dove piega verfo il Brefciano ; ma niente ofta, che quel Valerio Poblicola , di cui parla l'Ifcrizione, non poteffe efferc ftato Patrono, e Protettore di Comunità anche fuordeldiftretto fuo, mentre bene fpeffofi cercavan'effe il Protettore perfino a RomaBrefcianoei fi moftra dalla Tribu, ma i nomi | di Valerio Catullo, portati dal nipote,difcefa 1 da Verona fèmbrano indicar la famiglia.

FINE DEL LJBRO QJJ I N T O.


DELL ISTORIA

DIVERONA

LIBROSESTO. £

^JJHO*! g^3^M mana confiftea nel gius

meffi aile dignità, ne

fatti capaci dî foftenere in Roma i Magiftrati.

Magiftrati. taldiritto a quelle noftre Città,

c Colonie comunicato fofîè, e che dentro

An».J.xi. l'ottavo fecolo di Roma già lo godeflero,

primorer fi riconofee in Tacito ; poichè defiderando

%t''cl alcuni principali uomini délia Gallia Chiomatsap.

Chiomatsap. cheavean gia la Cittadinanza, anptiutur.

anptiutur. ^ gius deg|j Onori ,e l'acceffo in Senato,

Senato, oppofero alcuni Senatori dicendo>efSb'od v*- fer ben baftante che, la Curia fojfe fiât a injnfubffi 1 vafa da Vemt't, e dagl' Injubrï, e non doverfi curiam ora acçomunare anche a glifiranieri l'infegne 'rim'yïifi df'Padri, elofplendore de'Magifirati. Fu aU tttutaiie- lora, che l'Imperador Claudio perorando ram'ér a favor ^e' Galli, gli fece ottenerc quanto bramavano, col rapprefentare in Senato, per teftimonio di Tacito, che da' fuoi antenait di Sabina origine,e aggregati a* Patri^j Romani, egli avea apprefo di trafportare a Roma gli uomini inftgniy edeccellenti dell' altre parti ; che ruina de' Lacedemoniy e degli Ateniefi fu l'allontanare dalle lor Republicbe ivintiy corne forafiieriy efalute délia Roma- \ na l'efempio dato già fin da Romolo d'aver glijiejfiin un giorno prima nimici, poi Cittadini-y cbeilorMaggioriavean prima comunicato il Senato a molti d'ogni parte d'Italia fino aWAlpty e fatto in modo y cbenongià le perfone in particolare ma le interegenti diventaffero una cofa fola co' Romani tefinalmente che la quiète interna nonfu maifiaèile, ne IeforZe contra gli ctlerni ben fioride, fe non quando alla Cittadinanza ammefftfurono i Trafpadani. Quefli fentimenti, degni d'efler perpétua

perpétua a i più gloriofî, e meglio regolati dominii, efprcffe il Politico a modo fuo, e col fuo ftile : ma buona parte dell'iflefla orazione allor pronunziata, e 1* iftef- j, fe parole dell' Imperadore fi confervano pur" ancora intagliate in métallo, e fi poffon leggere nel Grutero. Efpone 1* Imperadore fra l'altre cofe, non doverfi rigettare talc aggrega^ioneper effer cofa nuova, poichè moite î:i novità erano anche ne paffati fecoli ftate ab- ". bracciate di tempo in tempo. D'un certo fo- i - lamente fi duole, il quale irregolarmente "r« avea trovato modo di tirare in cafa il Con- >•-•::> folato, avanti che dalla fua patria l'intera "« Cittadinanza, che vuol dire con 1' adito [■.«,' aile dignità, confeguito fi foflè. Ma cio «.•£ che più fa al propofito noftro, ricorda Clau- h,'ti dio, cheTiberh avea già introdotto in Sena- cS* to tutto il fore délie Colonie, e de' Municipj , ""M cioè degli uomini buoniy e ricchi : donde par- <■■<' rebbe, efferfi in tempo fuo eftefo il gius de- ";;' gli onori aile Città di tal condizione, e per /,, confeguenza a Verona. r;

Quel métallo, che ci ha per rara forte ,,« confervata 1' orazion di Claudio in Senato, begl'infegnamenti ha refo perenni délia prudenza politica de i Romani . Ne" tempi délia Republica con chiamare a Roma i migliori délie proffime Città un mirabile aggregato compofero di virtù, e di prudenza. Senza quefta mafïima, non potrebbe tra gli altri vantar Roma il gran Cicérone, che bafta da fe % illultrar l'antichità tutta, e che fu il più appaffionato per la libertà, e falvô la Republica dall' eccidio nella congiura di Catilina. Corn* egli era nativo del municipio Arpino, cosï eraI no d'altri luoghi la maggior parte di coloro, che amminiftravano i Magifirati, la quai cofa diffe egli fleffo a' Giudici nella terza Filippica . Non credeano ancora i J Romani, fuor délie maffimegenerali, dover


LIBRO SESTO. no

ver nell» ordine del governo fervar regole intllp-abili, e fifre; onde non rieufarono di

ialche mutazione di tempo in tempo, ndofi aile emergenze, perché vanancircoftanze, ftimaron necefsario va* jndotta. Ne'fecoli délia Republica rero bensi in Senato i meritevoli vea'Municipj Italici, ma non perb vi fero gli efterni, ed i Provinciale Per onio di Plinio primi degli efterni fudue Cornelii Balbi, venuti fin dall' o, ficcome Gaditani, l'uno a vefti:onfolar trabea, l'altro a rifplendere cchio trionfale per aver foggiogati i nanti. Pero nella fua concione diffe io prefso Tacito: ci abbiamforfe apene pafjaffero qua i Balbi dalla Spagna ? lato cominci6 Cefare ad ammetter le ftraniero . Mecenate configlio ad fto, fatto capo, e Principe délia Re:a di tirare a Roma, e di far Senatoîiglior Soggetti, ed i piîi illuftri non ta folamente, ma ancora de' faii, e de' i, perché in tal modo e fi farebbe afo dicoloro, che poteano a'popoli ejfer Ca'Ijw m occafion di rfoolta, e avrebbe guadagnaW^êè'-l'amor di tutti, participando a tutti il go'»>■■ ^^*rww- Suggerimento aggiunfe, di far Cit" "^p^tadini generalmente i foggetti popoli ; e cio 'I*.'• i,j*M;-per kvar loro il fofpetto di volergli corne fervi, "1*%^k.C^ctc\ihinvigila(fero alla euflodia delh ImpeU^^m:T'w'come

ImpeU^^m:T'w'come Cofa anc^e ProPria> ed acciochè (J?'!mÈfétfyPa&n' veramente fedeli divenijfero, eRomà f.:^('^|HHittardafsero corne laveray ejolaCittà, le *'rAj»^HS?ri<* loro qua fi villaggi riputando. '''ni*WÊ^'l^ configlio di Mecenate di farcapaci an'^•Sflffi^' S^ cftemi del Senato, abbiam'or ve"•:I^WÊÊ^° P0^ 0 Jn pratica fotto Claudio rif*'• :^^Ntto a* Galli. Non è da credere, che fèn"{■• Mj^^Pi^agionevol motivo tal novità fbfle intro*^^ddt*a • Le nazioni barbare confinanti con 1* /" î^piïniperio non lafeiavano d* agguerirfi contins -*i|»uamente, e mokiplicando a difmifura, di IJlÉlliâarfi rendendo ogni giorno più formida|Éw|j(i, epiù fêroci. Videfi da'più faggi, quan%lipMfcoll' andar del tempo dovefTero temerne :^pft.omani. Nel mutar pofitura le cofe, e ,|OT|H' aumentar di potenza i vicini, conob'^ffîË£° ^a neceffità inevitabile di crefeer di :'-ÊÈÈle Per mantenerfi. NonefTendoinpronto 'ïÊÊÊ?* con9u'fte» e quefle ancora poco utili ;^Kb conofcendofi, fupenfato, chefipotea |^Mfcer di forze fenza crefeer di Stato: ecib liwÉintercffar tutti, e con fare, che non de' 'Hffli a Roma folamente, ma foffe ugual i,:lHbura di tutti il confervare a Roma 1* f^Hterio. Confiderarono, che in occafion di fflRra non farebbe ftato poffibile difender jjfflpnta moltitudine, e confervar Provin?f|Hpn cui fi teneffero i popoli indifièrenti,

e pronti ugualmente a pagar la pigione a chiunque délia cafa fofTe per rimaner fignore.Fecero perbacquifto di tutti i cuori con poca fpefa, ammettendo a Cittadinanza i paefi in corpo; e non folamente gl' Italiani, ma facendo gli efterni ancora capaci délie dignità, refero Mmperio tutto per fe impenetrabile, fe non aveffèro poi refo inutile si bel trovato i difordini fbpravenuti, e gli errori.

In virtù del fudetto civil fiftema Veronefi non mancarono, che faliffero in Roma a i fupremi gradi. Veronefe fu l'infïgne Poeta Tragico Lucio Pomponio Secondo, corne fi moftrerà, ove tratteremo degli Scrittori . Abbiam da Tacito, corn' ei nell' anno di Roma 803 fu Legato , cioè AHH.I.M. Prefide délia Germania fuperiore, e corne LPomin eiia ri porto vittona de iCatti,cneavean ^tus<ac prefo a faccheggiarla, per la quai cofa gli furon decretati gli onori Trionfali, il che TtecutuÇequivaleva allora al Trionfo, in tempo del- 'plu0*„;fB"" la Republica a i Cittadini conceduto. Ag- triumpbagiunge lo Storico, che con tutto queflo e- lisb<>not' gli fu affai piu noto allapofterità per Iagloria délia Poefia, che per quefto fatto. Ma e' foflenne ancora in Roma la fbmma dignità del Confolato, e pero PoetaConfolare fu chiamato da Plinio Secondo; e fi diftin- ; fe grandemente per ogni conto tra'piu illu- '7* ' 9" flri Soggetti délia fua età, per lo che 1* ifteffo Plinio ferifte la fua vita, e in due libri la riparti, corne dal giuniore s* impa- /. 3 ep% ra. Facea menzione in effa d'unacena da lui data ail 1 Imperador Caligola. Anche nel Dialogo degli Oratori, o fia délia corrotta eloquenza, affbrmafi, che Pomponio •,4'c•4* non la cedeva a'primi Perfonaggi di Roma ne per dignità, ne per fama. Inqual'anno forte Confole, impariam da Dione, in cui lib fi ha, corne in quell* ultima cena di Cali- éo.' gola, poco dopo délia quale fu uccifb , Pomponio Secondo allora Confole intervenne ; e dopo l'uccifione ordinb infieme col Collega a tre Coorti Urbane di Mardiguardia, e chiamb in Campidoglio il Senato, dove fi trattb, chi fofTe da far Principe, ofe fofse meglio rimetter l'antico governo. E*credibile, ch* ei fofse de'principali tra quelli , che acremente perfifterono per ritornar la Republica al fuo primiero flato, e che con tutto il prometter di Claudio d' efser contento del folo nome , e di non far mai nulla d'arbitrio fuo, ma fempre col parer del Senato, voleano opporfi con 1' armi a' fbldati, che per farlolmperadore l'avean portato fuor di Roma a gli allogiamenti Pretoriani, corne diftintamente racconta Gio- B n { fefib. A Caligola ftefso il noftro Secondo ,/»» eraftato Softituito nel Confolato, e il Collega

Collega


ni DELL'ISTORIADI VERONA m

lega fuo fu Senzio Saturnino, come il pur'or 1 »it*(iu norainato Storico infegna. Suppofe Giufto Lipfio, ch'ei fofse due vol te de i Confolari fafci onorato ; efsendo che fcrive Dione, come Caligola nel principio del fuo Imperio liberb Quinto Pomponio dalla prigione, **• sa- in cui Tiberio fêtr anni interi l'avea tenuto dopo il fuo Confolato. Ma non è certo, ch'ei fia l'iftefso; e tanto più, che fi vede il prenome diverfb, benchè per verità facilmente in quefto fi fcambi ne'manufcritti, per l'ufo di fare in breviatura i prenomi. Ora non Pomponio folamente arrivé fra' noftri a'primi onori. Plinio il vecchio tra gli altri ufizj,che grandiffimi ottenne, t-yp-y- come il nipote attefta , fu Prefettod'un' Ala, Procuratore nella Spagna, e quando morî, reggeva con fupremo comando 1* armata navale del Mifeno. Plinio il giovane nato in Como, ma fatto Veronefe per adozione, e pafsato nella patria, e nella famiglia del zio materno , fu Confole in Roatta, Proconfolein Bitinia, e Tribuno délia plèbe, durante la quai dignità non ifliinb décente trattar caufê, come far folea, l.i.ep.ry per le ragioni, che adduce fcrivendo a FalAnt. ver. cône. Il Panvinio fa Veronefe anche Gavio />• 16S. Maffimo Confole, e Prefetto del Pretorio, ma non c è fondamento ballante per aflèrirlo.

Toccammo già , come una délie confeguenze délia cittadinanza Romana era il poter militare ne'corpi più nobili. Motti foldati Veronefi a varie Legioni afcritti, overo aile Coorti Pretorie, ed Urbane fi veggon perb ne'latercoli militari, che abbiam ne' marmi> e in moite lapide fepolcrali. Riconofconfi facilmente , perche a' nomi de' foldati ufo era d'accompagnai* la patria : quattro Veronefi tiene un folo preziofb frammento, trafcritto già da noi nella belliflima raccolta Corfini in Firenze . Non farebbe d'alcuna utilità il raccogliergliqui tutti, ma di due, chefurono graduati, i monumenti riferiremo, ufciti a rivedere il Sole non ha gran tempo. A poche miglia da Roma fuor di porta Salara fi fcavb anni fono grand' Ifcrizione di Sefto Nev. i*/. vio Vereeondo délia tribu Publicia , SigniXXX. feroy o fia Portainfegna délia Coorte decimaquarta, il quale non profeiïà la patria con la folita fbrmola del folo nome di eflà, ma fi dice nato in Verona, Seguono appreffo un verfo intero, ed un altro o due dimezati, e imperfètti, ne'quali s'efprime , come ripofavan quivi leceneri, ma l'ofla erano ftate riportate ajja patria , e che gli eredi avean fatto il titolo fepolcrale, ma un Cornelio i verfi zll'Eroe defonto fuo collega, edamiço. Raro fu antiçamen|:e,che !

l'ofla di chi moriva tanto dalla patria Iontano vi foffero pur riportate ; ma non men raro modernamente, che a traverfo di moite difficoltà vi fi fia finalmente traf portata la gran lapida fepolcrale ancora, "-> quale al prefente abbiam nel Mufeo. AU ci" tro Portainfegna ci abbiam parimente del, la Legione decimaquarta . Ma. 1' effigie al naturale in alto rilevo d' un Centu, rione délia Legione undecima, abbiam po. fia nella ferie délie Ifcrizioni, la cui gran u pietra fi difottçrrb nel paflato fecolo a fet- Xi x\ te miglia dalla Città nel letto d1 un torren^ te. E'incifo a piedi il nome , cioè Quinto Sertorio Fefto, che dalla tribu Pobilia, c dall'averfi qui più altri monumenti dell' ifteffa gente Sertoria , viene indicato per Veronefe. Moite ofTervazioni fi poflbn fare fu l'armatura, e fu gli ornamenti di efTa, délie quali non è quefto il luogo. Le due corone, che tien fui petto, moftrano, ch' ei le avea conieguke per premj in guerra , del quai'ufo moite Ifcrizioni fanno mémo-* ria. Dalla lorica intera y e dall' ocrée, o fia gambiere , puo congetturarfi fofse de* ,.'" Catafratti, diremmo in oggi Corazieri. In <««. mano ha la Vite, che tenea luogo délie 'JJ moderne canne, o mazze: con efsa batte- t.; vano i foldati quando delinquefsero , ed '^ eva la propria infegna de' Centurioni, tal- ™> chè da efîa tal carica fidenominava, leg- Wf-. gcndofi in EuCeb'io, che Vite era dignità pref- \i " fa Romani, quai chi avea, diceafi Centurione. \ Per ultimo d1 un altro de' noflri Cittadini * rifufciteremo il nome, cioè di Quarto Annio Saturnino, che fu Prefetto de* Vigili. Era quefto un çorpo di milizia molto di» ftinto, comporte di fette Coorti, ognuna délie quali divifa in fette Centurie, quali erano la notte di guardia a tutta Roma. Intorno ail' uffizio del loro fupremo Coman» dante chiamato Prefetto veggafi nel primo libro de'Digçfti il fuo Titolo: il noftroSa» turnino e la tribu Publicia profefsa nell' If. crizione, e il nome délia patria aggiunge.

La più bella forfe, ed util parte délia grand' Opéra del noftro Plinio è la defcrizion Gcografica, ch' ei ci diede, del monda allor conofciuto.Grandiffimo danno è,che maltrattatain più luoghi,e arche mal divifa ci appaia quella dell' Italia nel libro terzo, quale non fia çhi fperi di rifarcir del tutto, fe qualçhe efimio çodice non dà fuori. Nuovadivifion dell'Italia ei mette quivi innanzi, non per popoli, ogenti, main undici Regioni ; tanto più autorevole ed apprezzabile, quanto che venne in gran parte da Augufto flefso, cosi çominciando Plinio: ç neceffariopremettere, che noi feguitere- '."/ mg per fiutore Auguflo D'tyo ; ç la de/cri^ione

de/cri^ione


LIBRO SESTO. n4

nw ndja M fait a deltr It*ti* tutta in Regioni "'' "f"- ûadici Confiai delHtalia furono allora nelci""&e' 3iaggior lunghezza Reggio , ed Aofta; ndja maggior larghezza il Varo , e 1' ArjSAnche Tolomeo chiamb termine dell' Jgïni laOttà di Nefazio aile foci dell'Ar2f Bella lapida fi conferva tuttora in Bov h>Ç. wn nell'alto délie montagne Brefciane, in Y y'xiiE-Mp fi accenna, corne quivi fofse allora da ■■;^KelIa parte il confin d" Italia . Secondo que'•'IM divifione Verona re/lava nella Région iSeima, che avrebbe comprefo non folamenf» la Venezia tutta, ma alcune grand' appen^IHM ^ parte e d" altra. Nomina Plinio in |Siefta Regione, prima fecondola fituazio;Wm i luoghi maritimi, o adiacenti al mare, IjSltino, Concordia , Aquileia , e Triefle : Aquileia nota,ch'era a dodici migliadal IJlfiiare, e ch'era ne i Carni: nomina ancora :pÊjm grazia del fuo vino Pucino Caftello de' -^afepidi proffimi a i Carni, e al Timavo.Se1 'ÊÊÊt^ defcrivendo l'Iflria; indi facendofi dal ■iP|Ëapo di qua, e da i luoghi mediterranei, .i^^pomina Cremona, e Brefcia nel diftretto • 'fliBp 6' Cenomani; nel tener de' Veneti Efte, ' ;^RAfblo, Padova , Odcrzo, Beluno, Vicen' ':i§B|'*a, e Mantova: par credibile, che dal teiMMfto di Plinio fia qui sfiiggita Adria, forfè I: B$.:lÉÉp-era ïn vcce délia voce o/>/>/«k,chenellefl:am*i jSÊÉLlK è dopo Atefie,e ficonofce fuor di luogo. ™^M|jgtrabone mentova Oderzo, Concordia, A™». '"^Mria, e Vicenza tra le piccole Città, ch* eraJjfiFfco manco oftefe dalle paludi. Nel tener de i ^pf Reti nomina Plinio Feltrini, Trentini, e ■\*uBernefi; mette Verona, corne di ragion di

"ilÉ^ue Sent' > C10^ Ret^ > ec^ Euganei ; e per rfïpltimo nomina Giulio ne i Carni, quafi di^«/tâ^ïinenticato prima . Alquante piccole popola/•"ty'jSpzioni regiftra poi ,quali dice non efl'er necefe*niJ3^fttio di ricercar minutamente; tra quefte i ^^Taurifani, i Forogiuliefi, ei Venidati; in .^Suefl' ultimo nome pare celarfi quel degli |j|i|jdinati, e di Udine, diventata poi Città '^Be'baffi tempi, trafpofle le lettere, corne |gK>biamo offervato era ufo fréquente délia Jlironunzia popolare,ove parlammode'Var•Macate^ " Taurifani refta in dubbio fe

'fËbfre luogo ne'monti di tal nome,da Plinio '^Kientovati innanzi, ofe fofl'e borgo paflato II» 1 '"Città c°l nome di Trevifo. De Foro.^Wuhefi abbiam fatta menzioneparlandode ||Rrori, e fi riconofce qui, corne non erano -llRcora Città, mentovandofi tra' piccoli luo''^fti, edignoti. Nel le Hampe di Tolomeo Wamente fi legge Forogiulio Colonia, ma ^K[uell> iflefla pagina, che olîèrvammo tut^piena d'errori. Da alcuni è data confu3F°a la Colonia Forogmliefementovata da |PÇko, ch'c Frejus in Provenza. Qualche fâtoida fi adduce, che a Cividale ,dove lu il ;>Ver. Mujlr. parte I,

Forogiulio, confervafi con la tribu Scapzia i ma potrebbe efferci flata portata d' a h ronde, poichè délia Scapzia era Altino. Tuttavia non fiamo in cio per fifîàr parère, ma per lafciare ognuno col fuo : certo bensi è, che Città diverfa fu Giulio Carnico, dicui fcrifTe Tolomeo, trovarfi tra /' Italia* e H i-i.c.n. Norko, e di cui rimanere il nome anche oggi giorno,e qualche reiiquia nella Carnia montana, vien detto. Ricorda Plinio per fine le Città,che in tal tratto erano giàdate, ma eran poi perite. Son tra quelle Celina, Segefta, e Norea ; ma poichè a tempo di Plinio eran già difirutte, non pare a propofito di cercarne conto nelle pofteriori, ch'ebbero fimil nome : di Celina addufîeuna Romana Ifcrizione Enrico Palladio, che non folarnente è falfa, ma ridicola. Parrà ftrano, che Plinio non régiftxafle la Città di Ceneda, a chi avrà oflèrvata 1' Ifcrizione de' tempi di Tiberio, recitata dal Grutero,ed "s-sapprovata non che da più altri,ma fin dal Noris, e dal Cellario, in cui fi legge Decuriones, et Populus Cen. overo Cenet. interprétât© per Cenet enfis, ma l'infigne lapida vcduta da noi in Firenze porta chiaramente cenarent, e cosi doverli leggerc conferma il contefto. E notabile , che in tutta quefta regione Colonie non chiama Plinio fe non Brefcia, Cremona, Concordia, Aquileia, Triefte,e Pola, perché in quelle foie aveano i Romani ne' tempi délia Republica mandati da Roma Coloni ad occupar buona parte de'terreni, e délie cafe,ed a tener quelle genti in dovere, e non chiama Colonie Verona, ne Padova, ne altra Città de'Veneti, perche quelle corne dicemmo s'incorporarono per volontaria dedizione, ondediventaron poi Colonie folamente per privilegio, e per comunicazione del gius, lafeiando le militari, che furon pofeia condotte per tutto .Non menod' Aquileia fi vede da Plinio, che fu Colonia Concordia, perché l'una e 1* altra fur de' Carni, e non de' Veneti, corn' anche s'imparada Tolomeo. Di tutti i principali luoghi annoverati in quefta Regione da Plinio, ignotoci refta folamente il nominato Rernenfes, aferitto a' Reti. In vano è flata daldiligenti Geografi ricercata Berna in quefle parti; e malamente altri ha creduto doverfi intender di Belluno, cui l'Autore nomina dirtintamente da i Bernefi. Sembra pero a noi indubitatodoverfi legger Breunenfes, e intender di que' medefimi, che Oi*azio chiama Breuni, ove A4, od. tocca de i Reti vinti ne' lor monti a tempo **■rErtud' Augufto . Breuni fon detti anche nell' uiJ"! *"' Ifcrizion délie genti Alpine fotto Augufro foggiogate ; e Breuni par fi chiamaffero da Tolomeo, hench'ora legga Becuni, Il lor

H pri-


ii5 DELL'ISTOKIADI VERONA i,f,

primo luogo ci par quafî certo fbfTe quelIo,che in oggi fi chiama Bré, ed è fu l'Olio nell' alto délia Valcamonica poche miglia lontano dal Trentino , eflendo già anche per altro noto, come que' monti furon tenuti da Reti. La comune immaginazione del Re Brenno ha ora fatto, che nel Tofcaneggiar tal nome fcrivendo, fi fia ridotto Bré in Breno. Quefta grofsa Terra è in oggi Capitale délia Valcamonica; ma anticamenteè certiflimo, che corpo différente dai Camuni faceano i Breuni, quali abitavano la parte più alta, e più proflima a' Reti interiori. Abbiam nel diftretto noftro Brentino a pie del Montebaldo, e Breonio nell' alto délia Valpulicella, quai fu de i Reti: tali v'<t. r. nomi fembrano venir da' Breuni,detti BreoMart-u- ni da Venanzio Fortunato.

Quefta divifionedell'Italia in Regioniha confermato in molti l'error di credere ridottaa tempi d* Augufto Mtalia in provincie, e deputato a çiafcheduna il fuo Prefide. Faremo prima conofcer l'inganno di chi ha fuppofta in tempo délia Republica, e fotto Augufto, foggetta Mtalia a Queftori. Magiftrato era quefto, che fi mandava alla cuftodia del publicodenaro, alla cura dclle publichc rendite,earaccoglier lecontribuzioni, e le impofte. Cosi nelle provincie ancora ; onde Filone nell' Ambafceria a Caligola parlando del Queftor Capitone , dice} che prefedcva in Gïudea all'efiggere i tribun. I Queftori, che (i veggono in Pifa a tempo délia morte di Caio, e di Lucio Cefari, eran municipali, come gli abbiam ve». Cen. duti in Verona ancora. Quelli che dice DioP'fDijf. ne^ volle Augufto ave/ser cura per più anni di certi luoghi verfo il marc, e prefso Roma , avranno avuto motivo da particolari accident! di que'luoghi ftelfi, ne fidee mai creder per quefto, che fbfse ridotto il Lazio in provincia. Bilbgna avvertire ancora , che le ne' luoghi, ove coftoro efercitavano il loro ufizio, ftraordinario accidente nafeeva, e particolare occorrenza, efli ne prendean cura, o le ne dava ad elfi la commiftione. Cosi è da dire di quelCurzio Lupo Qiieftore, cui ferive Tacito era toccata Ann. /.4. iecondo l'ufoantico lapromneta Galles ,quale non vaintefa per paefè, ma per incombenza di poco rimarco, come fi pub impact 19. rar da Svetonio. Un palïo è in Dione , che provincia avrebbe contribuito a tal' errore allai più, Tigoul fe f°^e ftato olfervato; poichè guardando fiiva va?- il Latino, par ch' ei dica, avère 1* Impera„jque se. dor Ciaudio abolite ]e prefètture d'Italia , e foftituiti in elle i Queftori; ma nel Greco Hb. 60. dice veramente prima, come abrogb iPre%???' tori> ch'eran foPra il denaro publico, fofti*RS*«,XJ. tuendo Queftori ; e dipoi , come diede

I a' Qiieftori tal cura anche fuor di R(). main vece degli Arconti, che prima i'aveano; dovealtronon è da intendere che iMa- "' giftrati municipali. Aggiungafi che potean talvolta i Queftori,ed altri efercitarinlta- ' lia giurifdizione, come Magiftrati ftraordinarii, fenzaderogar puntoal fuo privilegio, e lenza ridurla per quefto in condizion di provincia come gli ordinarj Prefidi. Vedefl per cagion d'efempio in TitoLivio, cheun ■■Ç Pretore deftinato alla Sardegna inquirifee ''[', prima per quattro raeli in più Città poco {<^' lontane da Roma fopra delitti commeflï di £* veneficio, perche cosi parve più a propofito. Oftcrvammo già da Polibio, come il veneficio era tra que' publici delitti, che non fi Mgiudicavano da'Magiftrati délie Città, ma Am dal Senato. Inquell' occafione perb per la moltiplicità de i delinquenti fu credutomeglio di fpedire chi ne facefle in ogni parte perquifizione . Che in fimili occorrenze fi mandaflero ipeflb Queftori, lo moftrano alcuni Atti di Martiri, e che con tal nome follèr chiamati fpezialmente gl* inquifitori de i delitti, Fefto, e Varronc infegnanoperb Manilio, e Prudenzio gli diflero Quoe- < fit or es.

Nel raoionamento di Mecenate ad Augufto prelfo Dione fembra lo configliaftc 2 governar l'Italia in modo, che farebbe ftato un mcttcrla in fervitù; ma ne quefto,ne M più altri de'fuggerimenti, in quella parla- -A | ta da Dione cl'pofti, furon per Augufto mef- *', fi in opéra, anzi alcuni non ebbero effetto * mai.Che non fbfte da lui trattata, ne confiderata come provincia 1* Italia, ben fi ri- m conofee, dove !• amminiftrazionc délie provincie tutte ei divife, parte per fe ritencn- / do, e parte lafciandole al popolo, ed al Se- l nato, perche i Prefidi a quelle dal Popolo, ed a quelle da lui fi mandaflero; pofciachè non toccb l'Italia, o veruna parte di efla, ne all'un ne all'altro, ne fe ne fèce tra le provincie menzione alcuna. Ma tanto è Iontano, che riducefle Augufto in condizion di provincia Mtalia, quanto che all'incontro ei l'inalzb, fino a uguagliarlain certo modo a Roma e neÙ onore, e nell' autorità ; cosi per l'appunto parla Svetonio. Il modo fu ■<; quefto. Un de'primi firutti délia participa- ,.' zione délia Republica conceduta aile Città ,-.■■ Italiane, era il potere i Cittadini di quelle ''!, " intervenir ne' Comizj, e dar voto non meno ',- de'nati a Roma. Ma ficcome la lontanan- ■" za délie Città facea, che di rado fi trasferilfero quefti alla gran radunanza del popolo, cosiriufciva loro quafi inutile in quefta parte la Cittadinanza. Che fece perô Augufto? pensb un modo col quale dovenddi creare i fupremi Magiftrati Romani, che

in


tli LIBRO SESTO. 118

Msiel tempo era I- impiego più importante

Îom\zj, i Decurioni raccoglietfero nel :ongrcflb délie lor Città i voti, e quetndafTero figillati a Roma pel giorno ato. In quefta maniera Veronefi a cal'efempio fenza partire dalle lor café j irrevano niente men de* Romani alla >n de' Confoli, e degli altri gradi fomQuefto bel luogo di Svetonio fu intefo >mini grandi tutto a rovefcio; ma 1" îa condizione fa che non ci fia Omero lonon fottopoftoa fonnacchiarqualche : non ifcufi gli altrui sbagli chi fi crecnte dal poterne prendere. Altri ha fat■an cafo del leggerfi in Dione, ed in to,che Augufto per più anni a Roma, 'italia prepofe Mecenaterma fu cio in >o délie guerre civili, e s'intende, eh' fece Prefctto di Roma; principale ufiLel quale eflendo il giudicar definitivate,ïovraftava tal dignità anche ail' Itain quanto che 1* ultime appellazioni di ifêérte caufe ricadevano a lui, corne vedre^Sïio altrove. Avvertimmo già in certa oper wrfjttta., corne la Latina verfion di Dione pub y v't| "fàrfofpettare, che Proconfoli, e Propretor, TÎ deftinafTe Augufto in Italia,quando il teÛo Greco all'incontro fa intendere, chefurqii quefti nomi, e infieme quefti ufizj dall' %i; Italia sbanditi, e in efsa non ufati, mentre !t' '^fflfe*^ cos^ '• imperciocchè i nomï flejfl di Pretof in*ÊÊ^> e ^' C°nf°I° m Italia ritenne : tutti quellt *éi£X*'ttik aveano imperio fuor di effa, t aiment e deno* *£* ftïfab, cbe apparijfe, efercitar le veci di qtte''M'ft*- Annotazione, che porta il nome di Gu«'î7î|p«io ncl Grutero,ma è copiata dal Panciro■^*îd^ la cui grand' opéra fu fcorrettamente Nw«Ç»ê fïânipata, afferma, che Pretore a ciafcu0"'*W na délie undici Regioni fu da Ottaviano .-''^împofto, e ne cita in pruova Strabone, Pli■^|||ljijp, e Dione, i quali non fbgnarono mai IfJpCr ombra tal cofa. Ma non occorre in punWÈ& cos* cmaro fpender più parole. Unafola ' ||§$fleffione aggiungercmo ancora. Corne po;|Hja, prima chç fi confbndefTero gli ordini, .MK diritti antichi, mandarfi Prcfide in que* »Êc(i,che godeano la Cittadinanza Roma.,^8BJ in univerfale? iPrefidi fopra'Cittadini !• '*^wHPma™ non aveano autorîtà, onde che ci ^^^^■rebber'eglin fatto in Italia, dove tutte ','■ 't^^^HËCittà in corpo erano di tal condizione?

': XXtÊÊU&1- veêèlzmo » c^e S- Paolo Iegato già per

'; aS., !^^^Kine del Tribuno, che volea farlo flagel'^Hfc,

flagel'^Hfc, difse efsèr Cittadino Roma!|ft

Roma!|ft fubito difciorlo. Efaggerb

0r"' 7' "Ht!* 0 ficramente il delitto di Verre P*retor

:»cilia, per aver fatto legare, e battere,

Stm°lire Un Put>lio Gavio délia Città di .^fpTe> ch'era afcritto alla Romana CittaJ^ànza. Plinio Prefidedi Bitinia, menJ|pr. Illuftr. Parte I.

tre inquiriva contra Crifliani, profèfsando alcuni d' eflerne francamente, feriffe a Tra- /. 10. ep. iano, efierfi dovuti mandare a Roma, per- ^:qt"" ch'eran Cittadini Romani. Egh e per mil- ma„i leragioni manifefto adunque, che la divi- ""*"'''* fione in undici Regionipenfata da Augufto, Zi'ten"' e da Plinio rifèrita, altrononfu, che una '«'• ripartizione Geografica per lua regola, e per fuo ftudio fatta, e pero ne da Dione, ne da Svetonio, ne da verun'altro Iftorico menzion fe ne fèce ; e non fe ne fece cafo da Pomponio Mêla, il quale avendo poco dopo 1* Italia deferitta, tali regioni non nomina; e pero Plinio l'una Regione fcriflë aver nome di Prima, 1* al tra d'altro numéro fecondo la divifion d1 Auguflo.Ottimamente adunque dice il Cellario, non efîèr riu- /. z, e.9. feita di alcun' ufo tal divifione ,e non eflerfene da pofleri fatto conto. Ne perb inutilmente dobbiam crederela penfafïê Augufto ma corne applicatiffimo al gQverno délia Republica, per ordinar meglio con effa la regolazione délie publiche rendite, e la diftribuzione,e il computo délie fbrzejfapendofi corne un libro gli fi trovo dopo morte, in cui avea deferitto quanti foldati aveffe la Republica in ogni luogo , quanti denari *?'•l- ??• nell* erario,quante rendite, quanti crediti> ,»}?„, "^ quante fpefe.

La divifione, che di tutta la Gallia cifalpina fa il Po, fece moite volte ancora confiderar quefta meta d'Italia come due regioni, o fia geografiche Provincie. Trafpadana Italia nominb Plinio più d'unavolta, ed altri parimente. Cheinefïa afTai fi diftingueflè Verona tra 1' altre Città da un' ampio marmo fi pub raccogliere, che abbiam nel Mufeoril quai moftra, com' era qui la fepoltura délia Famiglia, che in tut- „. /*/. ta la Regbn Trafpadana rifeoteva la Vige- ^x^\y'- fima délie Libertà. Il monumento è fatto xx."/f*. dall* Arcarh, cioè dal Caflïere, col fuo denaro. Tra le gravezze de'Romani antichiffima era la Vigefimaj non già quella délie eredità, e de* legati, che fu introdotta da Augufto per W.ss. la cafïa militare, come in Dione; ma quella fopra le Manumiffioni, importa con legge di Manlio Confole fin nell" anno di Roma 397 > come in Livio fi legge . Inten- /,-$. « devafi la vigefima parte del prezzo, che pagavano ifervi, o altri per loro, a'padroni per effer fatti liberi : mille denari dicea colui, per cagion d" efempio, preffo Pe- cap. S7. tronio Arbitro, effergli coftata la libertà délia fua Contubernale. Il ritratdo da quefta impofta fi confervava con fomma gelofia per gli eftremi cafi, come Tiftefio Storico altrove accenna. Ora appar dalla no- LivJ.n. ftra ^Étfda, come 1' ufizio di coloro, i quali dîf^tta l'Italia rifpetto a Romani traf> H * pada-


ir9 DELL* I STORI A DI VERONA n0

padar>a efigevano, e cuftodivano tal dana-1 ro, facea particolar refidenza in Verona, avendoci il proprio fepolcro. Col nome di Famiglia vengono i fervi impiegati in tal' efazione. Congettura pub trarfene, che il Qiieftore ancora di tutta l'Italia trafpadana qui più che altrove ufo fofse di dimorare. Opportuno era il fito per si fatta incombenza, corne nel mezo di tutto il tratto dall'Alpi Cozie ail' Illirico; ed è credibile, che ci contribuifse ancora 1' efser gran Çittà, edoviziofa. Ch' efsa in fatti fi andaffe raantenendo nello flato, in cui Strabone cela moftrb fotto Augufto, indica Marziale, il quai vifse fotto Traiano, col ceTontum lebrediftico: quanto al fuo Catullo la gran maona Verona. îanto dovere al fuo Virgilio la piccola Mantova.

Délia fua forza ficura teftimonianzatroviamo nella guerra civile di Vitellio, e di Vefpafiano: perché ne' primi moti confultando in Padova Primo, e Varo, ed altri del partito di Vefpafiano, dove fofse da far piazza d' armi, fu ftabilito di farla in Tac Wft. Verona; si perché avea campagne aperte 'itaïoYiTr opportune alla Cavalleria, in cui prevalevi(*<3c. vano; e si perché parea d' import anza al CohnUm cre(ji;t0 ed ail'impr/fa il torre a Vitellio una njam — Colonia fiorida y ed abbondante. Nel pafsag*Um2'- gio fu occupa ta Vicenza, il che fu allora te4/ne ùde- nuto di confiderazione per efser patria di Cebatw. cinna, uno de'principali Capi délia contraria fazione . Ma ne' Veronefi , dice Tacito , fu ben' impiegata V opéra, perche e con l' efemjn Vert- p)o, ç con le riccbezze giovarono al partito : Tré'num dove non facendofi menzione di Romano fuit : Magiftrato alcuno, ma folamente de'Ve'epiTutuc rone^ Cittadini, fi pub riconofcere , corne partes iu- per govemo fubordinazione non aveano alVfrc- cuna. Ben Cecinna conobbe la forza del fito ,quando infuperabilmente fi accampbtra et paludes OiHglia, e le paludidel Tartaro, afficuranTarrari ^o col tiume la fchiena, e i rianchi con la l palude. S'opravenute poi due Legioni, vollero i Vitelliani far pompa délie lor forze, H;/1. l. J. e venneroad attaccare, ea circonvallar Veejtentare rona , dove e combattimenti, e fedizioni avZi'hln" vennero di fo!dati,che non ben fi diltinguovalio Ve- no per Je feonneffioni , e mancanze del teZTcu'nJa- ^° ai Tacito in quel libro.Fu quefla laprite pUcuit. ma aggreflione a quefla Città fatta, di cui memotia ci fia rimafa, ma ne reflb bentofto libéra. Molto cafo II fece in quella guerra d' Oiliglia, e di Cremona, perché nell' uno e nell'altro luogo fi paflava il Po; e molta parte vi ebbe fingolarmente Cremona, benchè a fuo gran coflo. Ma finalmente Antonio Primo conduffe in due marchie da Verona a Bedriaco l'efercitotutto]|dove una battaglia decifein favorediVefpiifkno.

Corne in occafione di guerra,cosi in que tempi fi diflinguea Verona per lettere, e negli ftudj. Co* due Plinii, e con Pomponio Secondo poc anzi mentovati , che illuftrarono quefta Città per l'eccellenza de'fcritti loro, deefi accoppiare Caffio Severo, Iftorico citato daSvetonioin propofito dell'origine di Vitellio, e che per Veronefe fi ravvifainquell'epiflola diPlinio ilgiovane,ove fi ha, ch'ei fu concittadino di Cornelio Nepote. Ma veramente rifplende fopra tutti il primo Plinio, che non ebbe tra i dotti Latini 1' uguaie, e ben con ragione chiamato dottiffimo da S. Agoftino. Le difpute c„ fopra la fua patria, fperiamo, che rimar- *i: ran tronche del tutto, ove fi parlera degli "3 Scrittori.

Ma eglièormai tempo di alcuna cofa dire degli edifizj, i quali deli'antico fplendore fanno fopra tutt' altro indubitata fede, effendofi le Città in ogni tempo illuflrate principalmente, e nobilitate dalle fontuofe fàbriche , e ben'intefe . Il Cluverio argut faggiamente l'antica forza di Verona dal vedercifi vertigi, e pezzi d'antichità in maggior copia, che in qualunque altro luogo délia Gallia Cifàlpina ; ma poteva egli forfe aggmngere dell' Italia tutta, rifervando fempre la gran Metropoli del mondo. Di quefti in poche parole ci fpediremo, per doverfene trattare in altro luogo diftintamente. prima epiù anticareliquia fi par' efièr quella, di cui nell'anterior libro abbiam fatta menzione parlundo de* noflri Qiiar- rs> tumviri.Upezzo coperto,che ne fopravanza, moilra un bellifiimo Dorico,e benché in pietra tenera ,ed ordinaria,netrafpira il magnifico dalla forma Dalla doppia, e fuperba porta, addolîàta poi alla più vecchia, per fare all'cdifizio un più nobil profpetto, ben fi ravvifa quanto fontuofo fofïe qui il *" Foro délia ragione. Si fgombrerà nel trattarne a parte l'error comune d'aver finora creduto .Arco tal doppia porta. La bellczza, e la forma délie lettere, che ci fi veg- * gono in fronte, contribuifee al giudicar la c fabrica d'ottima e lodata età. Poco lonta- * no di tempo è da creder l'Arco de' Gavii, che reftava allora fuor di Città, non per Imperadori, né per trionfi eretto , corne gli Antiquarj , e gli Architetti foglion credere tutti gli Archi, ma fuperbo fepolcral monumento d' una Famiglia , che dovea rifplender qui tra le prime. Dueflatue per parte al naturale ci furon già, délie quali ci rirnangon le nicchie; una di Marco Gavio Macro, al tra di Caio Gavio Strabone, ed altra di Gavia figliuola di Caio, non effendofi confervato il nome délia quarta. Scolpitoin piccole, ma belle lettere è fotto l'Arco il

nome


LIBRO SESTO. jn

ni'

notât dell* Architetto Vitruvio Cerdone di çoaSiion libertina . Di quanto fpetta ail* arStettura fi ragionerà a fuo luogo: ma 1; oàgprar qui i capitelli, e il rimafugho di oflSce dell'ifteflo difegno,e lavoro, di cui raJ|pantichità prenominata veggonfi i capilH|délie colonne inferiori, e quelli degliftigg||- c cosï la cornice del frontifpizio, ci fa fSpnare a creder di lui anche quell' opéra: ÎIËHchè l'una e 1' altra di quefte reliquie WÊb tra le più celebrate da' primi Maeftri tin' arte, debbon dare diftinto luogo tra' Éntri uomini illuftri a Cerdone, e molto '■ ^«Son contribuire a farlo creder veramen3'

veramen3' come abbiamo altrove congetturato , **Mprto, e difcepolo del Vitruvio che fcrif'■:MÊ Altro Arco fu già dentro la Città nella Wjjidel Corfo, di cui vedefi la figura nel Jpraina. Del magnifico ponte, che due ar<jipi antichi conferva ancora , abbiam par■0$o nel fecondo libro. Teatro di pietra fi «bbe qui parimente , di cui rimangon più. pezzi nella collina di S. Pietro. Ma fopra î» iftefla collina fu il noftro Campidoglio , elle 1*occupava dal baffo all'alto, come i molti veftigj dimoftrano. L'affetto ingeni. to délie Città Romane alla lor matrice operava, che anco in tutti i publici edifizj, e nel nome loro cercaflero di renderfi altrettante piccole Rome. Perb le Città più ilfM^iftri, e ch'ebbero colle dentro di fe, oJp^ïro a canto, anche il lor Campidoglio fi .^vfecero. Di quel di Capua abbiam da Sver''-*4$> tooio, che fa dedicatoda Tiberio. Inmoltiflime Città crederà,che Campidoglio fof. fe, chi darà fede o ad Atti di Martiri non finceri, o a feritti del baflb fecolo , che i nomi degli edifizj antichi confondono . Furon* anche chiamate cosl talvolta le rocche tutte, onde quella di Babilonia Portera, in lféi, t. ffâ Campidoglio fu detta da S. Gerolamo . .V^ia di quello di Verona infallibil pruova fi .•^ha per efimia antica lapida del Mufeo, in «tri d'una Statua fi fa menzione, che nel XL$ lMb*mP'd°&ïio era lungo tempo giaciuta a terCMit^uzÊ&iy e fu trafportata poi nella piazza. Sem^'««^^^ continuafle qui rai norne fin ne' proffi"^aH: ^"eco^ » perché Marzagaglia , Scrittor ?||g|ftro del 1300, narra, come in certo tu!^TOtlto parte délia plèbe fi ritiro dentro il '•jggMpidoglb ddla Città, dov or fi direbbe ,'WKaiîeIlo. Caftello, o rocca era nel CamJjjBoglio di Roma, e v'era l'Archivio puJHP°> e l'antica Biblioteca, ma fingolar;|B^te il Tempio di Giove, e alquanti ai«SBancora, ed abbiam ne'Concilii, ed in «|A di Martiri come ne'Campidogli ftava %»ji.Sj. «Igolo più venerato. S. Cipriano contrapoD<

contrapoD< 2SC^nPidoâUo alla Chiefa > e il noftro <dif; ' '*W° ^eil°ne nomina i Campidogli, co■''

co■'' ■-"'£

me luogo facro de'Gentili, ponendogli infieme con le finagoghe de' Giudei. Nel Tempio di Giove fi veneravano infieme Giunone, e Miner va, avendo a tutti e tre fatto voto Tarquinio Prifco nella guerra co' Sabini: Numi Capitolini eran pero detti,e adefli unitamente feriflè il Fabretti, raro p"z-69s. eflerë, che Ifcrizioni fi veggano, ma una ne abbiam noi quafi per teftimonio del Cam- v- Vpidoglio noftro. Che nobilmente fofTe anch' efib adornato, indica la menzione délia fopranominata ftatua: di ftatua, ch'era nel Campidoglio di Benevento fa menzione il libro degb illuftri Grammatici. Ne' mûri, che qua e là fui detto colle rimangono, fi vede fat to molto ufo dell'opéra reticolata, ufatiffima a tempi di Vitruvio, e molto da V'tr.l.i. lui lodata.

Délia quantità de i Tempj , che fu in quefta Città, e nel diftrerto, fa fede ilgran numéro d'Ifcrizioni votive a varie Deità confecrate, che a difpetto di tanto difperdiinento vi s'è pur' ancor rinvenuto, e nel Mufeo raccolto. Defiderabil farebbe, che non folfe miferamente tronco d' ogni parte un gran frammento di pietra, ch'era (lato in fabrica ufato, i primi verfi del quale in grandifïime, e bellillime lettere moftrano, che di Tempio ci fi parlava dedicato a Roma, e ad Augufto : ci fi mentovano Conc'ittadini Romani, e la voce ci fi ha di Con- ^XTCin cives, che finora fi è creduta di baflb fecolo, e dimen buona Latinità. Ma délia fontuofità di molti edifizj fanno indubitata pruova i grandiffimi capitelli, c gli avanzi di fregi, e di colonne di Greco, e d* Africano, e i frammenti di Granito, e di Serpentino, e i pezzi fmifurati di Porfido, di Verde, e d'altri marmi oltramarini, fimili a iquali molto raro farà di rinvenire fuor di Roma . Non fi è quafi mai icavato in molta profondità fenza dare in fondamenti, o fegni di gran portici, e di gran colonnati, o in reliquie di piètre nobili, e lavorate. Le ftrade feoperte talvolta otto e dieci piedi fotto il prefente piano, fi fon vedute pavimentate di grandi , e molto grofie laftre . Li veftigi d'infigne edifizio veduti già fotto terra preflb la piazza, di che parlano i noftri Storici, ben convengono a qualche BafiJicîi, che foflè preflb il Foro per ufo, e comodo de'negozianti, come Vitruvio preferive. Ottime congetture i.s,e.i. moftrano, che la maggior piazza fofle appunto dove ancor la veggiamo, nel mezo délia Città, e di forma bislunsa, come diffe l'ifteiïo Vitruvio, fi faceano le piazze in Ita- /. 1. c. 7. lia per gli fpettacoli gladiatorii. À^erfi antichi, de'quali parleremo a fuo luogo, ci fanno fapere, come a i quattro canti délia pia^a

grand*


il? D ELL' ISTORI A Dl VERON A n4

magni in- grand* archi vedeanfi : poflîamo arguire fi I

»i"!s. vedeffe il medefimo a Roma da un paffo 1

di Cicérone, ove per efempio d* ingrandir

perifcherzo, dà'l'eflerfi detto di un taie,

de Orat- che per venir nel Foro dovefle abbaflar la

;-%' tefta all'arco, o vogliam dire alla volta di

Fabio. Nel fito délia Città antica viottole

abbiam moite , ftrette , e tortuofe : cosi

per l'appunto a tempi délia Republica in

gran parte fu Roma, gli angujiifftmi cbiajji

de Leg. délia quale nomina Tullio. Da quell' Ifcriwfl'iiïîmit

Ifcriwfl'iiïîmit noftra,ehe fa memoria dell'avéré Lu"(cmhit.

Lu"(cmhit. Giuflino dvordine Equeftre fatte col

v. Anfit. eonfenfo del Popolo quattro arcate del Por•

Por• M- tICO ^ cjje conducçva al Ludo Publico , e

dell' averle anche ornate di pittura, parrebbe poterfi raccogliere, che fofle in ufo il guarnire di portici Ieftrade. Maperquanto fpetta al riconofcere dalle reliquie degli edifizj lo ftato, e la fbrza, e lo fpirito di quefta Città negli antichi tempi, bafta far confiderazione fu 1' Anfiteatro . Gli Anfiteatri si per magnificenza nella mole, e si per ingegno nell' arte furon veramente le piii maravigliofe, e ftupende opère, che s* inalzaf{èr già mai . Abbiam confecrato al noftro un intero tomo di qucft' opéra , e ', perb non ne faremo qui altre parole. Otfèrveremo quivi , corne fecondo le piîi ragio- , nevoli congctture, pub crederfi eretto ofotto Domiziano, o fotto Nerva, o ne* prim' anni di Traiano; corne non d'altri che délia Città, e popolo Veronefe fu taie impre- I fa, tanto facea potere allora il conforzio di Roma, e la comunicazion degli Onori ; corne pochhfime fur le Città,non folamente nelle provincie , ma in Italia ancora , che Anfiteatro di pietra avefsero ; e corne in tutta la Venezia altra certamente non 1' ebbe. Non meno che dall' avère Anfiteatro capace di cinquanta mila fpettatori, pruovafi l'antica grandezza, e dovizia di quefta Çittà dalla frequenza in eflb de' Giuochi di Gladiaton, e di Fiere, che nel Trattato moftreremo; e parimente dall' e/Ièr qui ftato Ludo, cioè lcuola di Gladiatori, che fuor di Roma raro è che s'incontri ; fembrando anzi che piîi d'un ve ne folle, mentre fi diftingue con nome di Publico quel che fi nomina nella fudetta Lapida.

L'erudito Lettore anderà ienza dubbio afpettando, che tra'principali contrafegni délia nobiltà, e dignità di quefta Colonia firipongan da noi le moite primarie Genti, che fi veggon ne' noftri marmi, e che fànno credere abitata dal fiore del fangue Romano quefta Città. Prefso a cencinquanta nomi Gentilizii, che in oggi fi direbber Ant. Vtr. cognomi, pofe già infieme il Panvinio tratp io3. ti dalle noftre lapide, e non pochx fe ne

pofton'ora aggiungere per altre date fupn dopo di lui. La quantità fa indizio délia '' U'" popolazione, e frequenza; per altro il piCg\o de'piîi illuftri nomi di Roma ad ogni parte dell'Imperio è comune , e chi dalve- \'4.c dergli nelle Ifcrizioni argomenta il trafportamento in quefta, e in quella parte délie Patrizie, e dominanti Famiglie Romane , .' g non fece confiderazione fu l'inverifimile di tal fuppofto. Ufo è comune nell'illuftrar le lapide municipali, di farfi tofto a ricercare, fe quella famiglia era Patrizia , 0 Plebea, e ad annoverare i Confblati de'qualiandb faftofa; ufo è parimente di credere che di quella Città foflero tutti i Perfonaggi, de'quali memorie vi fi conférvano. Ma noi fappiamo , che generalmente paflava nelle Colonie l1 infèrior gente, onde abbiamo negli Scrittori, che il parlar di condurne era fingolarmente accetto al minuto poi polo, ed a' foldati. Noi fappiamo in oltre l'ufo promifcuo preflb gli Antichi de'nomi, talchè quando e di Giulii> e di Claudine di Cornelii ,e di Valerii, edi Domizii ; monumenti incontriamo, noi non fappiam i per quefto, fe coftoro délie celebrate Gen- ^M: ti,e un tempo arbitre di Roma foflerrampolli, o pur le di baflb ftato, e fors' anco di vile, e di ftraniero lignaggio. Tito Caffio Severo a cagion d' efempio Orator famolo, con tre nomi Romani ci vieneinnanzi, e con gentilizio de'più antichi, ede'più illuftri: non pertanto c'infegna Tacito, ch' <. I ei fu dl ford'ida origine . D' alquanti Greci ». ! di mal'arlàre, e che non erano Cittadin Romani, diffe Cicérone, corne trifti erano da ,,. gran tempo, Cornelii di repente. Bafta ricor- ,-' darfi, corne i fervi fatti liberi ilprenome, l' e il nome gentilizio ailumevano del padro- ';..,•'•'*.'

Ine, o di colui, per cui la libertà confegui- " vano . Quefto baftava a riempiere il mondo degli ftelfi nomi, perché i Grandi fervi aveano infiniti, e ne liberavano a torme. A dieci mila in una volta diede la libertà Silla, ch* erano ftati fervi de' morti nella Profcrizione , dando loro infieme il nome di Cornelii, corne narra Appiano. Efidee & avvertirc, che ben fi conofcono i fervi nelle Ifcrizioni dall' efprimerfi Ja condizione , in cui paflàvano di Liberti; e fpeflb anche dal proprio nome, che in luogo di cognome (fopranome potrebbe dirfi in oggi) riteneano, maffimamente s'eranGreci: ma non è cosi de' figliuoli, e difeendenti loro, * a quali délia- fchiatta iërvile niun veftigio rimaneva, Aftumevanfi ancora i nomi per cittadinanza ottenuta: perb nomina Cefare un Caio Valerio, che per dono di Caio Va- S. lerio Flacco I'avea: in tempo dell'Impera- " dor Claudio, vennero aceufati molti, perche


LIBRO SESTO. 116

■,10,. cbtttvuc-i da lui la cittadinanza non ne po#fl"ero ]I nomeAmPllfrimo fonte cra QtiM 0 ancora : un' intera legione di Galli

'-' cf* tif»Ipini da Iui levata feceCefare a un

14. tâpcittadin Romani. Ottanta mila di JgEmdizione fece ammazzar Mitridate

• - M** 3» Città d'Afia. Ma prendeano ancora

"■'*- ''*' lKMta ^ nome <*i C^ 11 iolamente roile ftafPtpezo a confeguir tal grado. Cicérone di JlKnetrio Mega Siciliano: Dolabella gb imlj|p /<« cittadinanza da Ce/are , per /o c&? ÇJMchiamaft Publio Cornelio. Anzi , che arIwariamente fîaflumefier talvolta,non poJMgpafli fanno credere, e che a imitazion |jwKomani di nuovo fi fbrmafsero ancora. • Jwfi creda, baftare ufizj, e dignità, fpc^|mente municipali, per far fede di fanl|tl illuftre, e molto rr.eno attributi fafto"nEo titoli, de'quali i Jibertini appuntoanSwVano più degli altri in traccia, corne og^ancora si fatre vanità da chimenoè,veg^amo cercarfi più. Moite volte ancora onorifiche memorie a Perfonaggi diftinti, jbcnchè non di tal patria fur porte, o per effet Protcttori dclle Città, o de' Collegj, "7MJC.I. overo per benefizj conferiti. E1 ftata publicata tra le noflre un' Ifcrizione di Petronio Probo Confole Ordinario , e Prefctto del Pretorio, délia qualc come non efi(lente, e corne riferita con più errori,non fâckçiatn cafo; ma che colui fofïe percio Vero||P#é dedurre non Ci potrebbe. Cosi dicafi ïfai i)elfio Protettor noflro altrove mento^ vato, che fii in Afia Governatore. Tutto içjqucfto ragionamento dee fervire a moderar

fl^-ppinione intorno alla condizion di coloro, ÉKç veggiam nelle noftre lapide; ma non pcrqueltodobbiam credere, che d" onefta !{i JJ||Condizione non andaflero anche molti in ^«jColonia, e fpezialmente d* ordine equeftre: $|& menzion Tito Livio dell* eflerfi, nel "^p^ndur Colonia a Bologna , dati fettanta ;|^P|Cri di terreno a gli Equiti, e cinquanta !;V.MgH altri. Coll'andar del tempo anche al, i^tbi di primarie famiglie fi trasferirono in ^fere Città, o per fuggir brighe , e periJlMli, o per ampie facoltà acquiftatevi. Ag*^Kngafi, che la cittadinanza Romana , e ||M»articipazion degli Onori preflo nobilita.jlB» 0 , e fommamente illuftravano le fa;^^H»lie d' ogni Città , che uomini produlÉHBpro atti aile cofe grandi, e a fupremi :lBBieghi. Ci è flato chi ha creduto Vero:''^SÊm il bifavo dell' Imperador Flavio Vef^î"/':'fM^no> perché Trafpadano il diceano aliB, preflo Svetonio, e perché un Flavio "HHpco fù noflro Quartumviro in antica ■•• jjfHfi notabile 1' averfi alquanti monuÈÊË 1 de^a gente Veronia, che non fi ve'^pPtr°ve. Oflervammo già quel Veronio

Carpo, che fu Maggior del Collegio Sévi- v. W. raie. E' credibile, che tal gentilizio nome xXiJf. prendefle principio dalla libertà data ad alcuni fervi dalla Republica noftra; poichè fervi poflèdeanoi Publici ancora, e i Collegi altresi, i quali nell' effer fàtti Jiberi prendeano alcune volte il nome daque'CoIlegi, o dalle Città. L'if te/Ta origine avrà avuta la gente Aquileienfia, che in alcune lapide pur s'incontra.

Infigne I/crizion di Triefte Città de i Carni , il paefe de' quali fi confidero come un' adiacenza delJa Venezia , e venne comprefbin efla, molto pub fervire a farci conofecre continuato fotto Antonino Pio l'ifteflb civil fiflema, ch'era flato per l'innanzi. Publico decreto de" Trieftini vedefi . fcolpito in gran piedeflallo a onore di Fabio Severo lor Cittadino, Efponfi in eflb, ,.'w' 45 ' come cofttti per difefa, e onore délia ft/a patria avea più volte felicemente perorato avanti /' Imper adore Antonino , e cio fen^a alcuna fpefa del loro Erario ; cb' et fi procura in Roma la dignità Senatoria , principalmente per far le ne alla fua patria ; che guadagno più cattfe per cfsa ora innan^i a Giudici dati âally Imperadore, ora innan^i a lui flefso , coù per la giufii^ja del Principe y come per la força del faggio per or are . Grandiffimo merito gli fi attribuifee , per aver luit come da lettere Jmperiali appariva , felicemente fecondo il comun defiderio impetrato, che effendo i Carni, e i Catalijiati attribuiti alla lor Republica , pote/fero quegli uomini anche fença il cenfo preferitto effer ricevuti ne lia lor Curia ( ch'era come dire nçl lor Senato^ fojîenendo la carica d* Edile ; talchè con quefio acquiftafsero la cittadinanza Romana. Si tocca apprejfa , come ammettendo in quejîo modo alla comunion degli onori, e al godimento délia Romana cittadinanza ogni buono , e ogni ricco , molto veniva a crefeerne il lor Erario , e a renderfi capaci molti del Dccurionato , che altramente ripartito in pochi per l'incarico t e per le fpefe riufciva grave . Per fine una fiatua Equeftre dorata fi décréta allô fïeffo Fabio Severo > nellabafedeU la quale l'iftejjb decreto a perpétua memoria doveffe inciderfi ; e onorifiche efprefftoni fi aggiungono ver fa il padre di effo, che avea procréât o e a loro , e all'Jmperio tal Cittadino. Ecco dunque un Trieftino Senatore in Roma, di molto potere in efla, e che fi dice generato non folamentc alla patria fua, ma all'Imperio. Ecco l'ordine con cui fi continuava nelle Città, ed ecco le prérogative del Decurionato, e l'acquiftarfi la Cittadinanza Romana con fbftener le cariche municipali , il che fa conofeere, come la Colonia di Triefte maggior gius nongodea,

che


i27 DELL* ISTORIAD1VERONA m;

che il Latmo.De'Cdta/iaccompagnatinell' Ifcrizione co' Carni Alpini, rifcontro non II trova nella Geografia , ma pub crederfi quel popolo di poco nome délia Pannonia /. j.aj, fuperiore, che fi legge per Catari'mPlinio. Corne duraffe ancora in quefti tempi per fettamente 1* idea Romana, pub arguirfl in oltre da quella Orazion d' Ariflide, fiorito fotto Marc'Aurelio, nella qualeefalta i Romani, perché avean refo il Mondo cornune, e viaggiabile a tutti ; e perché ad ognuno, purchè di provincia Romana foffe, era lecito venire a Roma, corne in patria di tutti ; e perché effendo forza di arrolare in ogni parte dell' Imperio foldati , non credeano di poterfene valere con ficurezza fe nell'arrolargli non davan loro la Cittadi0r ni nanza . In quejlo modo , dice 1' Oratore a' Rcmam. Romani, voi nonprivate, e non efaurite Rotna de'fuoi Clttadini, efuoi Cittadinl non pertanto Jono i militant i : in quejlo modo interejfati î foldati nella vojlra grandtzz**, e nella vojlra gloria, rinegan tojlo /' antica patria, e quafi je ne vergognano, e fi fanno propugnatori acerrimi délia vojlra. In alcune lapide municipali oflervafi, notata la Tribu fin fotto Settimio Severo; donde parrebbe poterfi raccogliere qualche convocazion del popolo effer continuata, e per confeguenza l'ufo di concorrere anche l'altre Città nella elczione d'alcune cariche. L'efser per altro paffata Roma a Principato porto tra 1' altre mutazioni il trasfêrirfi l'autorità del Popolo nel Senato. A dimezare la fuprema podeftà de'Comizj generali, comincib CefaSvn.Ctf. re; ma fotto Tiberio dal Campo a'Senaf. 41. tort trasferiti per la prima volta i ComiAn». /. i. zj, fcrive Tacito. Abrogb tal coftituzion di Tiberio Caligola , e refe al Popolo 1' elczione de' Magiflrati , poi di nuovo Tac. An*, la toile : percib in tempo di Nerone i Co'M' mizj per la fcelta de' Pretori fi veggono in Senato, e fotto Traiano de' Comizj tcnu/ -, ,,. T^ tl ln Senato fa menzion Plinio in un' epi3 ' frôla.

Dopo la disfatta de'Cimbri non ebbero per lungo tempo ardiredi penfare allTtalia i popoli Settentrionali: ma fotto Marc'Aurelio vediamo in Capitolino, che i Catti popoli dell'ulterior Germania invafero la Rezia, a quefla parte accoflandofi : e poco dopo l'Italia tutta da gran peflilenza afflitta pofero in terrore i Marcomani, e i Qiiadi, genti Germaniche. Vennead opporfi lTmperadore in perfona infieme con Lucio Vero fuo Collega. Quella guerra vien pofta in linea con le maggiori, che i Romani aveffero mai da Capitolino, il quai per altro molto poco ne infegna, ne abbiamo chi ordinatamente ce la raçconti.Un paffodiGaleno,

paffodiGaleno, tratta de" libri fuo'i, ci fa fapcrc, corne gl' Imperadori paflàrono il ver nu i,. Aquileiapereffer prontiaprimo tempo con tra Germani, in quella Città effendo da e(li L quel famofo Medico flato chiamato. Altro > di Luciano in un de'fuoi Dialoghi, c' inflona, corne una rotta ebbero i Romani con morte di venti mila , e che poco manco Aquileia non foffe prefa. Afièdiata in quella guerra la dice anche Ammian Marcelli. ; no , ed eflerminato Oderzo . Prefero poi miglior piega le cofe, e Marco più voitc vittoriofo perfeguitb i nemici in Pannonia, e foggiogb del tutto effi ed al tri feroci popoli, corne dal compendiato Dione. Lucio Vero incamminato verfo Roma, tra Akino, e Concordia ebbe un tocco d'apople- .,„• fia, e ne mori in Altino. Prefla la Rczi.i '/« aver tagliati molti barbari a pezzi Anton:- '"' noCaracalla, fcrive Sparziano, E'probabile, che quando le guerre co'tranfalpini erano a quefla parte, una fpezie di piazsa d'armi foflè Verona.

Imperfêtta farebbe molto I- Ifloria noflra, fe tanto ragionandofi d'una Città, nulla fi diceffe del territorio fuo. Città, ediflretto fono in origine un corpo folo ; perb fcrillb Ulpiano: chi è d'un Vica, i*intende aver per o patria quella Rcpublica, eut quel Vico corr'ij- : ponde. Nel primo formarfi, e diftinguerfî in membri i corpi civili , quella parte , che per cokivare i campi, e per comporre villaggi, e borghi fi allontanava dal maggior . luogo, non per queilo fi feparava civïlmeiv te, o fi confiderava poi corne aliéna. Gl: Atenicfî divifero in tribu non meno la pro- ' vincia, o fia territorio, che la Città; ego vernava il fuo mefe, e dava cinquanta perfonc al Configlionon meno ogni tribu occupante un pe/.zo dalla regione, che ogni tribu occupante una parte délia Città. Somi- ; gliante fu 1" iflituto de' Romani, divifapri- ( ma in tre parti, e la Città, corne dice Plu- '•' tarco, c il territorio, corne dice Varrone. i Servio Tullio ampliata la Città quattro tribu diflinfe in efîà, dette perb Urbane, c quindici nel diftretto dette Rufliche . In quelle fi comprefe il fiore délia nobiltà Rcmana, perché il dar'opéra anche perfona! mente all'agricoltura, nobiliffimo impiego fi flimava in que'tempi, di che vegganli î Plinio, e Varrone. Quanto potenti fofîèrok' ',, Rufliche fin poco avanti la guerra Sociale, fi riconofee in Appiano ,- dove narra , clic B vollero vinçerla fopra le Urbane nel contrafto per una legge. Municipii Rufticam nom:- ' nb Cicérone più d'una volta. Né i çoltiv;itori de' terreni abbandonavano le Città i;': teramente, poichè fi ha da Tullio, che ai: ticamentç i Romani pçr cafligar Capua , '.

avean


LIBRO SEST O. ï3o

aveaii pnvata de' fuoi Magiftrati,e deifuo Seôato, e Configlio, e non l'aveano atterLeg tik > e' diftrutta, affinchè gli aratori jian:•• *$&&/ lavorare i campi aveffero ove riftorar{j£lle café délia Città. Si vennero poi tal, !■ iSnrc ^parando, che cominciarono a co,

co, ^ua^ un'altro corpo ; onde veggiafjm

veggiafjm più lapide nominata la Plèbe UrbaWf che vien pero a diftinguerfi dalla RuI H^- Di^intivo principale tra le Città, ed

Wici fi fu , che quefti erano fotto la giujJÉiizion di quelle. Scrive Siculio Flacco, ' lÊfc*^ detto territorio, cib ch' era dentro i

} fflnfini, ne'quali giudicar fi potea; e nella

ïfRge intorno al fondar Colonia riferita da fflno, in quel tratto, e in quella campagna, I , '"J,'el„. fjfcea fi , abbia la Colonia gins di far ragione, •t>H«*• Wdi caftigare. Le caufe pecuniarie ne* terri|Ërj eran giudicate da un Magiftrato délia j |f|ttà, cne ^ chiamava Difenfore, delquai

a ^Par^a in più leggi. Ma Vici, e Pagi an'éfie

an'éfie che fi diftinfer tra gli altri,ed ebber Configlio, e dignità, e Duumvirianç ëoira, corne i Triumpilini ,e i Camuni avanîi

avanîi efiereattribuiti a Brefcia , ma perché ■a çomponeano con 1* unione di molti infieme

," ,„ Cômunanze tali che fi venivano ad uguar

uguar '"" gliare aile Città nella forza.

Non mancan luoghi neldiftretto noftro ,

ç,che fu noftro, i quali poflbn far pruova

1 >jÈ,que^a parte di nobiltà, che dall' antichiipt

antichiipt ficcome nominati in Autori, o

irmit fin monumenti antichi. Sarmione fii refo

.'■ jmmortale da Catullo,che menzion fecedi

■$Ms Cplogna altresi. Ove ora è Pefchiera , fu

^•delica, di cui abbiam trovata memoria

. H- Vpitiidue Lapide , una délie quali Vito Ardel'

Ardel' la chiama : quefta è 1' Ariolica délia

'" jltavola Peutingeriana. Inaltre due abbiam

!' ;i«Tlt^i Arufiiati, che fu il nome délia Valpuli'

Valpuli' :$W^3'' ° ^ kuona parte di effa, corne fi è

1 i^'^^SÊt °^crvâto- Oftigha l'abbiam veduta in

»" 4,-*JlfSpC*t 0' e racconta Pliniol'ufo de'fuoiabiV

de'fuoiabiV *^^Plt:i lie^a cura dell'Api; che fe mancava ^ ^m°^ not*rimento nel paefe, mettean gli r° -fteari foPra barcne> e di notte gli condulfrno

condulfrno **° alcluante migfia più fopra,do?

fopra,do? al pafcolo, e ogni gior5?«>'w

gior5?«>'w Brentino fembra annoveraV

annoveraV <4H?a Tolomco- Paolp Diacono, il qualefe i ' ^Ee in^erior & tempo nelle cofe Geografi'

Geografi' con l'ar>tico,nomina Brentonico,

"' ÉHP ^uog°> ch' è purancora délia Dioce10

Dioce10 ||Heronefiï; nomina Mafe , o Ennemafe,

' "'fW aItri Pen*a doverfi intenderMalfefine,

U ^^B-refid^nza del noftro Capitan del lago:

^M° ^ ^'ce tuttora ne^ Trentino comuner-

comuner- Per pofleulone, o tenuta da ma fa, o

v. nmfum. Nomina Volenes, ch'è ftato cre<*m

cre<*m il noftro Volargne ;■ ma fera Vo#»-.

Vo#»-. Parte l

I Iano, ch'èdi làda Roveredo; e nomina il campo Sardis , che fènz' altro farà nome corrotto: fors'era. campus Gardae.

Il maggior fi unie noftro, che fende per Iungo tutto il diftretto, ti tolo d'ame no riporto da Virgilio per la chiarezza délie fue acque, e &IU t ^ per la qualità de' paefi, che irriga : fplendidiffimo tra? ftumiîw chiamato da Ennodio. Al in Van. Tartaro, che nafce nel Veronefe e pafiava per Adria, fembra, che nome d'Adrianoimponefle Tolomeo, ove fa menzione délia fua fbce dopo quella del Po. Di quefto, e délie fue paludi, dette ora Valli Veronefi,abbiam veduto fârfi menzione da Tacito : il nome di Tartaro o da' Greci gli fu impofto, o da'Latini a motivo ,chefe hene acque ha limpide, corne formato da pure forgenti nellç campagne noftre, fofco par pero, e bruno perla gran quantitàd'erbe varie,che ingombrano il fua letto. Ma célèbre fu il noftro lago, che fi chiamb Benaco, ecui 1' ifleflo Principe de* Poeti annovero tra le co- Geor./.i. fe fingolari dell'Italia, e gli attribui la for- Flf'b"/> Ta, e il fremito del mare nelle tempefte. fK &(. Parla Plinio del lito, modo, e tempo del /-4-'« prendervifi in prodigiofa quantità le anguil- ;_*'_ c%ïw le, il cheinteramente corrifponde a cib che tuttavia fipratica. Il Mincio , ch'efce del lago, famofo per eflèr nato fu le fue rive Virgilio, fu ricordato tra'principali fiumi deVi. délia Venezia da Claudiano: ctafj&n.

E /• Adige veloce, e i pigro Mincio. Plinio confidero per Mincio anche il Hume influente, e diffe, che 1' acqua fua galleggia fopra quella del lago fino ail'ufeir da effo, la quai' opinione correva allora anche dell' Adda nel Lario,e del Tefino nel lago Verbano. Polibio riferito da Strabone diede al noftro il prirqo luogo fra tutti i laghi d* lt.bn'î' Italia, e diffe eflerlungo 500 ftadii, largo i50.aflegnando il fecondoal lago Maggiore, cui difle lungo 400 , e più ftretto.

Ma moltiifimi fono i villaggi, quali erano fin dal tempo de' Romani ; il che, fe ben menzione non fe ne trova , manifèftafi da'loro nomi,pcr eflere non délia volgare,, ma délia Latina lingua. Antichi per cagion d'efempio fbno i nomi compofti con la voce Vicoy che in Latino volea dir villaggio: çosi Vico, Bonavico, Cordevico, Vicafio, edaltri. Antichi fbn quelli, chedi^ notavano çongerie d'alberi, corne Albarè, Roverè, Cafïagnè, Olive, e fîmili, che furono Arboretum, Roboretum, Caftagnetum^ Olivetum: abbiamo Erbè, che moftra effere ftata voce Latina anche Herbetum. E tra quefti Cerea pure, cosi detta per luoghi abbondanti di cerri, fe fu Cerreta, e d'aceri, fe fu Acereta. In altro modo ancora vennee nomi a, i luoghi dagli alberi; corne quelli

I che


i3i DELL' I STORI A DI VER.ONA 132

che abbiamodi Querni, e di Colurni(akrove Colorno) voci mère Latine per indicar cofe fàtte di Iegno di quercia, o di noccivolo; quernus da quercus, e colurnui da corylus. La definenza di Paftrengo, Pozzolengo-, Buflblengo, fréquente anche nel Brefciano venne da pajlorkusy puteolknsy buxolieus, che dovea eflère infleffion famigliare in tai luoghi. Paftorka pellis ho veduto in un M/f. /. a. buon manoferitto d'Ovidio, ove le ftampe hanno Pafioria : ma il popolo dovea in quefte parti pronunziar pafiorincus, puteolincus, buxolincus; i dialetti Latini corrotti aveano infleflïoni, e modi che non ci fbn rimafi ne' libri. Cosï Brognoligo farà ftato pruneolkus, che non brève corne Argolkusy ma doveano popolarmente pronunziar lungo. Nel Piemonte è fréquente la definenza in afcoy perché nel parlar latino dovea eflervi fréquente quella in at'tcum, che in quel paefe fi farà pronunziata in afeum ; cosi Civafco da c'tbatkumy Piozzafco da Plotiaticum , Bagnafeo da balneatkum : animalia berbatka difle Vopifco : da fugiaticus fi è fatto fugiafeo ,e da Ma'iorat'tcum Maggiorafco. Alcuni de'noftri nomi fono anche nati da i diminutivi Latini, corne Rivole da ripulç, Cellore dzcellulçy Colognola:da Colon'wla, Palazzolo da Palathlum. altri u feirono inecchto, corne Montecchio da montkulus, e in Tofcana Apeechioda apkulus. Moltinomi venner poi dalle famiglie, che poffedeano i fondi ; corne Quinzano dalla genteQuinzia, Poliano dalla Pollia, Povigliano dalla Pobilia, Marano dalla Maria, Cazzano dalla Catia, Defenzano dalla Decentia, e più altri. Caldiero dériva da Caldariumy cosi detto dal bagno minérale, che vi (i trova : volgarmente dovea forfe dirfi Calderium: nell' Itinerario Bordcgalefe mal (i ferive Cadiano. In molti pure lavoceLatina ancorli ritiene, variata folamente qualche lettera, o fillaba per la volgar pronunzia , corne Progno nella montagna da promis, che fi farà cosi detto per eflère in cofta: in proms, cioè in fiti di /, J7.I. u. pendio, dee leggerfi in Plinio, ove leflampe hanno in prunis. Sono di quefto numéro Culloza da euftodia,Chievoda clivusyFïefû da in flexu, Lugo da lucus, Prun daprunusy Bolcada bubttlca, Fane à&famimy Vo da vadumy Menerbe , da ad M'wervçy o da Mïnervïum, cioè tempio di Minerva, Moradega da moratka, ritardativa, corne luogo paludofo, Anghiari da in glarea > Sommacampagna da fumma campania , Avi da a•vium , Oppeano dz oppidanum, e altri tali, che non fono per fe vocaboli, o modi délia volgar lingua, ma, che non occorre andar ricercando più minutamente. Una fola offervazione aggiungeremo,che potràin moite

moite efler'utile. Il nome antico, e Romano portano fenza dubbio tuttora que villaggi, che fon denominati da numéro. Abbiam nel contado noftro due Quinti, e abbiam due Settimi, cosi detti dall' ufo antico di fegnar fu le vie ogni miglio dalla Città con pietra,o cippo, e dall'efler que' luoghi allora fituati appunto nella diftanza ch* efprimono. Motivo da cio abbiam prefo d' imparare, corne le miglia Romane eran minori la quinta parte délie moderne: tanto i riconofcerà, chi fi prenderà piacere di far P. mifurar le diftanze dalle Città de' luoghi e cosi chiamati. Quinci è, che abbiam vedu- ' to darfi da Strabone 500 ftadii di lunghez- /' za al noftro lago , quali computandone otto j per ogni miglio, com'egli fa, e Polibio al- < tresi, vengono a dare 62 miglia ; la quai :i- » fura crefee alquanto più d'un quinto di quel- / la che in oggi gli diamo. Preflo altri gli ot- * to ftadii faceano alquanto più d'un miglio, Dali' Itinerario Trento fi fa lontano da Verona 60 miglia, quali in oggi abbiamo per meno di 48. Quel monumento ci darebbe di cib piena dimoftrazione, fe in eflb poteffimo fidarci délie note numerali, e fe aveffimo cognizione délia diverfalinea prefa da moite ftrade nel cambiar qualità i paefi. Per altro quella oflervazione non fi verifica nel « paefe noftro folamente . Vigefimo nel Fiorentino, ov'è la Badiade* Vallombrofani, non fi fa ora venti miglia diftante da Firenze, ma fedici. Ne mutb punto tal' ufo di mifure per la venuta in Italia délie genti barbare, poichè ferifle Liutprando, Autore del deci- ,. mo fecolo , Brefcia efler lontana da Verona ' 50 miglia, che ora fi computano per 40.

Non fu fearfoanticamente il paefe di pro- ' duzioni, che meritaflèro efler rammentatc ) dagli Scrittori.Quell' uva traie noftre,chc fi dicea Retka y fu fommamente lodatadall' f antico Catone, che vifle nel fefto fecolo di , Roma , e fe preftiam fede a Servio, fupoi ; altrettanto biafimata da Catullo . Le viti \ Retiche rammentb con molta diftinzione Virgilio,e pare giudicafle il lor vino unicamente inferiore al Falerno.Fa fede anche i Strabone, corne non cedea la palma a più lodati vini d'Italia, e corne a piè de* monti Retici proveniva. Ma che tal vino, benchè cosi nomato, fi faceflè nel Veroncfe, impariam da Plinio, il quai nell'annovenire i vini piu perfetti, ricorda i Retki nclVc- j ronefe y pofpojïi folamente a i Falernida Virg 1' : lioj e lo ricaviam da Marziale, ove accen- J na.che i vini Retici veniflero dalla terra def dotto Catullo . Anzi bella notizia ci reca » titolo, che pur'è antico, di quel Diftic° Panaca Veronenfis. Siccome la prima voce non avrebbe fignificato, cosi è fuor di dubbio,

oP'f


LIBRO SESTO, 134

o Panace doverfi leggere alla Greca, o Pantcea alla Latina, onde ne impanamoche tWécea Veronefe chiamavafi a Roma il vin JLetico, perché a i feguaci del buon Lieo irea parère un balfamo per tutti i ma h.

§co felicemente penso qui il Radero,che 'anaci foflèr popoli. Dell' uvc da mangiam abbiam dell'ifteffo Plinio, come avanti ïiberio, il quale altre ne pofe in credito, / u.*.u JooinRoma delizia délia prima menfa era*M'W'' îf> leRetiche, e quelle del territorio Veroîw'rr

Veroîw'rr quai pa{r°ben c°nobbe u ciuve"

et uvit mot che laparticola congiuntiva foprabbon%rJ"ïZ la, e dee lesgerfî Reticbey uve del territorio /.ij.r. éferonefe. Un frutto rammentb il medelimo J*J*"**:^utore , che facea unicamente nel Veronelgr'o"vt* ^e, cioè il tubero lanato, porno cosl detto "4? i*^MalIa lanugine , che avea fu lafcorza. ParS'Ï^Jjo dell' Alica altresi, fpezie di grano, nel'•»«• f|a quale affermo doverfi fopra 1* Egitto, e $bpra ogn'altra parte ail* Italia la palma , £e facca fingolarmente nel Veronefe, nel PiSiàno, e nella Gampagna. Di lana Verone"■&, non fi fàefprefla menzione negli Antichi, ;çome fi fa da Plinio, e da Petronio Arbitra di quelle di Puglia, e di Taranto, che • nell* Italia méridionale erano ftimate fopra 1* altre, e come délie noftrc parti quai molli*, j, le, e fina mentova Strabone quella di Mojlana, afpra, e forte quella di Liguria, e y|gjiezana tra quefte quella di Padova, délia Jp|uale preziofi tapeti, e arredi fi fabricavaJjpno di varie manière. Marziale aile lane di :# Publia diede la palma fra tutte, il fecondo

S ? a quelle di Parma, il terzo a quelle tino. Ma che nel Veronefe ancora e , e lavori di lana fbflèro in pregio, io ^omento dall* oflervare nel medefimo ziale, come il ftimavano tra tutte le rte da letto di Verona : Del buon Catullo ilfuol coltre ti manda. ; Plinio, che délie lane bianche nonceio averun'altra quelle d'intorno al Po, le quali anche quella di Verona potea prenderfi. Paffato per antica tradizione, c voce mera Latina, fi riconofce in ol1 termine Veronefe di trelizza, con cui îel fecolo del 1300 trovo fi dinotava la .ie principale de' panni, che qui fi lavomo. La forza del vocabolo indicava pref Romani opéra a tre fxlï, onde auroqttt ■em difle Virgilio una lorica. Jon è da tralafciare ladiftintamemorh Lue vini Veronefi, che ci ha confervat; liodorio, fcrivendo a colui, che ave; a in quefte parti délie contribuzioni fif 1 a tempo di Teodorico . Dopo ave -, ¥, a • me(Ib' doverfiperla Regia menfa fa

i" £? d'°gni Parte lc Piîl rare co{e> COÎ

, i w°iegu,fce: e per do (on da procurare i vint

mer. Blufir. Parte I.

che la féconda Italia fingolarmente produce , acc'tocchè non paia aver noi trafcttrate le cofe proprie y quandocercar dobbiamo ancbe le firankre. E'fiato dunque fignificato per rela^ione del Conte del Patrimonio, il v'mo Acinatico, cbe da glï aeïnï ha il nome, ne' vaft di Cortç effer diminuito; e poiche tutte le Dignità debbonfi fcambievolmente fomminifirar quelle cofe , che alfervigio appartcngono de' Padroniy ordiniamo a voi di portarvi da i Poffejfori Veronefe dove di talfaccenda è fwgolar cura; acciochè ricevuto il compétente preTJo, n'iun ricufi di vendere cib > che al compiacimento del Principe dee fervire. Spez'te di vino veramente degna cbe fe ne vanti l'Italia: imperciocchc fe bene /' ingegnofa Grecia, di varie e fine diligence lodata, econdifceivinijuoi con gli odori, e con marine mifchian^e dà lor fapore, niente ba perd di cosijquifito. Quejlo è puroy per fapor ftngolare, Regio per colore ; talcbè 0 ne' ftroi fonti tu poffa creder tinta la porpora, 0 dalla porpora efpreffo il liquorjuo. La dolceTj%a in effofi fente confoavità incredibile, fi corrobora la dcnfità per non fo quai ferme^jj*y e s'ingroffa al tatto in modoy cbe dire fit ejfereun liquida carnofo, o una hevanda da mangiare. Vogliam riferire quanto particolar fia il modo difarlo. Scelta nell' Autunno l'uva dalle viti délie domefiicbe pergole, fofpendefi rivoltatay confervafi ne' vaft Juoi, e negli or dinar) repofitorj fi cufiodifce. S'indura dal tempo, non fi liquida: trafudando alloragl'infulfi umori,foa~ vcmente addolcifcefi. Tirafifino al mefe di Décembre y fincbè l'invemo la faccia fcorrère , e con maraviglia commet il vino a effer nuovo, quando in tutte le cantine fi trova giàveccbio. Mcfto invernale, freddo fangue dell' uve y liquor fanguigno, porpora bevibihy violato net tare. Ceffa di bollire nella fua prima or/gine, e quando pub far fi adultoy comincia a par ère per fempre nuovo. Non fi percuote inginriofamente con calci /' tiva, ne con mifch/arvi fordidezza alcuna s'infofca'y ma vien'eccitata, come alla fua nobilt à fi conviens. Scorre, quando /' acqua indurifee, è féconda, quando ogni frutto de' camp) e Jvanito, fiilla dagli occhi fuoi liquor corrifpondente, lagrima non fo che di giocondoy ed oltre alpiacer deldolce, ftngolare è nella vijla la fua belle^a. J^uefio vino ricercaîo quanto prima , e a convenevol pre^o raccolto, con. fegnate a' carradori percib mandatt, che loportino. Ne crediate di dover trafeurare quell'altro vino y che riluce come lattea bevanday poïchè farâp'iù mirabile, come piii difficile darinvenire. Bella bianche-^a è in efsûy e chiara purità, di modo che quello da rofe , quefto fi crederebbe nato da gigli. Diverfo per colore, jomigliante è perb nel fapore; vario è l'afpetto, ma pari nell' uno e nell' altro la foavità. E a lor comme l'aver fapore acuto, e il rinvigorir

I z jubi~


ns DELL'ISTORIADIVERONA ne

fubito, ma rnolto différente banno l'apparenta : tu vedï quefio lietameute roffeggiante, e m'iri qttello gioviak per candïde^a. E percib fia prontifiima la perqu'tfizjon di ejfi> quando ugualmente defiderabili ambeduc fi ravvijano.

Chi vorrà con quefto volgarizamento rifcontrare il tefto, conofcerà, corne abbiam letto m thecis aulkh, dove le ftampe portai*e»*cu, no Enthech> col quai Greco nome s' intendono nelle Pandette le doti délie poffeffioni, cioè que' ftrumenti ruftici, che vi fi trovan fopra ; ma cio non ha in quel luogo a far punto. Abbiamo ancora letto Carrants, dove le ftampe hanno Chartams, non facendo quivi Cartarii a propofito : non fi farà forfe più veduto carrarius, mapotea fàrfi da carrus y corne carrucar'ms dacarruca usb Ulpiano, ed altri. Per Popefsorl Veronefi s'intendono i Decurioni, col quai nome fpeffo fi chiamavano in quell' età. Appare, che il fecondo vino ancora, il qual'era bianco, e più raro, fi facette nel Veronefe, efiendo tanto fimile nella foftanza, e accoppiandofi con l'aItro,delquaIela Rettorica alquanto Gotica , di cui fece Caffiodorio affai pompa, e che fpeffo ofcura il fignificato, non ci lafcia ben' affatto comprendere tutto cib, ch'eine dice: ma il nome d'Acinatico, che viene a dir granellato, fembra farci intendere, che fi fpremeffe il mofto dalle foie fpicciolate granella , feparati i grafpi: a quefto vino penfb perb alludefle Catullo, Ep'gr.rs- ove difîe ebriofa acina. Ma forfe ebbe altro nome nelle piùantiche età, poichè Plinio nol mette, e con nome d' Ac'maticum, o d* v. flétrit, jicinaceitm par chealtra cofa intenda Ulpia,tw' 9' no in una legge. Il fervar l'uva fcelta fino a Décembre ,lo fpremerlapoi delicatamente nel granfreddo, e il riporre il moftofenza metterlo a bollire, confervandolo affai tempo, prima di porvi mano , e di berlo, fanno conofcere, che quefto vino benchè roffo, e non bianco, in foftanza foMe pur quello, che con l'ifteffoapplaufo facciamo ancora, onorandolo del nome di Santo . Si fa anche nel Brefciano di qua dal Chiefio, e dovea farfi anche in quel tempo; ma con tntto cib fblamente a' Decurioni Veronefi fe ne fa richietta, perche quel tratto era allora del Veronefe. 11 dirfi da Caffiodorio, ch' era denfo, e carnofb, e folido al tatto, e non folbevanda, ma cibo, vuol* attribuirfi all'enfafi fua, come quando dice del bianco, ch' era di color di latte. Simili in tutto fon per altro fino in oggi le Roftrevolgari efpreffioni , quando udiam dire, che un vino ha corpo, e che in effo fi bee, e fi mangia.

Una délie più important! ricerche, che far fi poffa da chi fcrive l'Iftoria d'unaCittà,

d'unaCittà, quella d' indagare gli antichi fuoi confini, e i termini del territorio fuo, e del la giurifdizione. Ci converrà in quefta parte confermar qualche volta anche con mo. numenti di baffo tempo gli argomenti, e le congetture. Confine adunque de' Veronefi a Mezogiorno fu il Po, trenta moderne miglia dalla Città; il che fi dimoftra per Ta-, cito, che chiama Oftiglia f^/cro de' Veronefi ^ # e con Plinio, da cui s'impara, come Oiti. " ' glia era anche allora fui Po: forfe per tal y.. nome, che fembra diminuito alla Greca, fa vien'inùicato, che porticelle , e bocchefof fero quivi allora, per le quali fi fcaricafïe in Po parte dell' acqua di quella palude, e de'piccioli fiumi,chein effa mettono.Continua quella terra ad eflèr di noftra ragione quafi fino al 1400, e continua ad eflèrne tuttora nell' Ecclefiaftico. Dall'effer comprefb neila Diocefi noftra infieme con più altri luoahi del Mantovano anche Belfbrte, o fia l'uno de' due Caftelli, che porta l'armi Scaligere ancora, fette miglia da Mantovâ, fi rilcva fin dove arrivafle già il tcner noftro da quella parte. Il Caitellaro, donato nel 1082 dall' Imperadore Enricoal Vefcovo diTrento,dicefi nel Diploma,ch■ t' era preflb il confin Mantovano, eperb nel >•'' Veronefe.

A Ponente noftro confine fu il Chiefio, trenta miglia dalla Città parimente, c die ci da Brefcia. Ne abbiam citato a fuo luogo per infallibil teftimonio Polibio. Fin là procède ancora la giurifdizion noftra ncll' Ecclefiaftico, avendo fotto di fe le duc nobili Caftella di Defènzano,che fa ora coll" ampia Comunità délia Riviera, c di Lonato,ch'ora è fotto Brcfcia. Tutto quel tratto fu del Veronefe anche in civile fino a' proffimi fecoli. Quando, e come il gran danno di perderlo alla noftra Città avveniffe, non abbiam ficuramente rilevato ancora; ma Defenzano fi vede ancora del Veronefe in una carra del 1154. e autentico ro- 5 gito prelîb noi dell' onefto notaio di Lonato Michel Panizza favedere, come tra i Fondamenti délia fepara^ione di quelCaftello dalle ordinazioni, e importe di Brefcia, fi trova una Fede dell'effere per avanti detta Terra ftata foggetta alla Comunità di Verona, e dell' efïervifi da Verona mandata il Podeftà : donde appare, che foffe anche in civile del Veronefe almeno fino al duodecimo fecolo, quando l'ufizio, e il nome di Podeftà in quefte parti fu pofto in ufo. Diremo qui per rifarcireal territorio Brefciano il danno, comeiftrumento appare del 1404 nella Cancelleria di Lonato, con cui per debito col Marchefe di Mantova a motivo di ftipendj, e di Lancie condotte da effo al fuo fervisio.

fervisio.


LIBRO SESTO. 138

vicio Regina dalla Scala Duchcfla di Milalo 'e Curatrice del figliuolo Gian Maria YifcôntCgH in pegno Cajliglione délie S ti^ Cajlcl Giuffredo, e la villa di Solfrino; jjjuali luoghi ora del Mantovano, fi dicon dlvi del diftretto di Brefcia; e in fatti fon Sr tuttora délia Diocefi Brefciana. Fudaii

Fudaii ifteftb tempo in pegno al Marchefe Mantova Lonato col fuo Caftello; onde >n par,che fuffifta il dettodi Mario Equipa nell'Iftoria di Mantova, che Carlo ^ nel 1354 donafle Lonato a' Gonzaghi. iù altri de'noftri luoghi per varj accident! |piembraronfi, e fin Pefchiera, onde poi J|elle reftituzioni, e ricupere, délia fudet*-fa parte applicata al Brefciano venne il no)#ro territorio a patir difaftro. ,1 Andando da Ponente in Tramontana, vipion fi pub precifamente aflerire dove i ter'^|jnini foflero. Al prcfente la noftra giurifdi*;*jjtione comprcnde tutta l'acqua in ogni parHte, c non più: ma la Diocefi molti luoghi ■•■ abbraccia, che fon d'altro diftretto, rigi' rando fino a Portefe, e fino al golfb di Sa16 medefimo. E poichè avvenne qualche volta per alcun'infolito, e raro cafo , che l': ; anche le Diocefi Ecclefiaftiche patifleromu'"

patifleromu'" non lafcerem di accennarc, corne

non lievi indizj abbiamo, dell' eflère ftato una volta di noftra ragione tutto il circonMliario del lago, Bizarra èlalineaimmaginata Par», .|l$n crudito libretto, per cui fi venifïe già a P- "K,? coftituire quafî la meta dell'acqua di ragion ;'s Brefciana; taieimmaginazione da un diplo■% ma prcndc motivo, in cui ne lago di Gar|/da, ne fua acqua fi nomina, e che pati)$ ice più difficokà. Ma bizarro è non meno il ,:*, credcre, che il noftro pofleftb di tutto il la; S go non abbia più antiço fbndamento di cer1 É«to diploma , che fi dice dato a MaftinodalJ

MaftinodalJ Di quel diploma noi rendiam gra: a chi vuol farci onore; ma diremo in ce, corne da Plinio, piùantico di Maftin lia Scala, abbiamo, chequefto lago era a mpofuo nel territorio Veronefe ;'û quai par•e mdicar fembra, che dal terren Veronefofie all'intorno comprefo. Notafi ne i cchj difegni del territorio noftro, corne Campione fia il confine di tre Vefcovadi. i tal luogo intefe Dante, ove difle: Luogo è nel me^p là, dove il Trçntino Paftore ^equel di Bn-fcia, e i Vérone je Segnar potria, fe fejj'e quel cammino. che non fi farebbe potuto verificare, fe [ . :Wacqua, benchè toccante le rive Trentina,

IIBrefciana, non folie ftata pur' anco allora - Jl Slurïfdizion Veronefe. Perb in occafion

[ *» folenni, e replicati giudizj con la Ridera

Ridera facea iftanza per aver gius fo■fa l'acqua profiima aile fue rive, fu poi

I fin dal 1433 foftenuto a Venezia feliceI mente il noftro diritto ibpra tutta l'acqua , e confërmato con Ducali, fpezialmente nel 1468, per l'antichiftimo immemorabil poffefio. Ora quefto antico poftefib fino a ogni riva pub far credere mol to'ragione vol mente, ch'anco il littorale folle un tempo dells iftefla ragione . Ma veggiamone maggiori argomenti. Il luogo capitale, e più fàmofo fui lago, corne ne' tempi di mezo fa Garda , cosi negli antichi fu Tufculano , elîèndo che Salb non vi era ancora . Appur cib chiaramente dalle lapide trovate in quella terra, ed erette a gl'Imperadori in nome de'Benacefi. Una ne abbiam nos bellif- v. T«f. fima nel Mufeo in onor di Coin modo, che yXx: fi rende per più ragioni oftèrvabile. I Benacefi, non già délia fognata Ottà di Benaco, ma cranoabitatoride' villaggi, e de' borghi per Iungo tratto d'intorno al Benaco diftefi , e formavano una Comunità, che tenea in Tufculano la fua radunanza,ed il fuo Configlio . Ora poichè il Benaco era nel Territorio Veronefe, non par credibile, che il luogo principale de'Benacefi ne foiiè fuori. Aggiungafi il nome di tal terra, che la moftra non Gallica. qual'era il paefe di là, maTofcana, corne diilè Catullo eftere il lago ; i Sacri Tufculani erano anche in Trento, corne paefc Retico. v. Gmt.

Ma fu l'ultima eftremità del lago, dal- 479,6la parte al Veronefe oppofta, èRiva, délia quai nobil terra le più antiche memoric che fi trovino, fon del fecolo del 900, in. due infigni documenti del noftro Capitolo Canonicale ftampati già dall' Ughelli ; e in ambedue vedefi com'era fin d'allora, eper confeguenza era fempre ftata , di ragion noftra, nominandovifi due cafali del Contado Veronefe nell a Cor te Régi a, cbe fi cbiama i„'comù Riva, La rocca fui lago, e l'altra fui mon- """ Kc~ te vi furono edificate da gli Scaligeri, e pa- c"luR.erimente il Palazzo publico, corne fi c im- ?,>* > <;«<* parato da un'epigramma feolpito in pietra, v££™ îboperto tre anni fono nella riftaurazion di efib. Refto ceduta al Vefcovo di Trento nella Pace del 1517, con quel diftretto, e giurifdizione che poftedeva, la quale non fi eftendea punto fu 1' acqua , più decreti avendofi fin dal 1490 , che vietavano al Proveditor di Riva il pretender fu l'acqua ingerenza alcuna > corne non potrebbero al prefente pretenderla i Proveditori di Salb, e di Pefchiera, rimanendo il lago fotto il Reggimento di Verona. Qiiindi è, che le barche armate del noftro Capitano continuaron fempre le guardie loro nelle parti fuperiori , benchè circondate dalle rive Trentine , efprimendo anche il noftro Statuto, ftampato nel 147S, ch'ei debba invi^

gila-


i?9 DELL' ISTORIA DI VERONA LIBRO SESTO. 140

1 ». r.97. gilare fer iutto il lagoquanto gira, e fmo aile \ t" un,- riw benchè efterne. cioè d' alcro Stato, efcum uf- cludendo folamente le rive méfie , cioe t,™ in ri- ]a terra. La Val di Leder fu altresi di no}er exclu- ^ra ragione, fapendofi, che gli Scaligeri vi five. aprirono una ftrada nel fado. La Val di . Temi, divifa dal fiume Varone ,eflere ftata un tempo del territorio Veronefe , imparaû* dal Proemio del noftro vecchio Statuto; come cflerne ftato Torbole fi riconofce da più memorie.

Lungo l'Adige, che fi ftendefle più oltre il noftro diftretto, lo moftrano il Borghetto, A vi, e Brentonico, che alla Dioce(i Veronefe fon tuttavia fottopofti. Veggonfi in oltre due Epiftole del fommo Pontefice Giovanni ottavo, in cui afferma, eflèr di ragione del Vefcovo di Verona alcuni averi ow.f.» pretefi da quel di Trento nella villa Afiana: «p- ^67. dove £ cretjjbile debbafi leggere Aliana, e intender d'Ala ; quale col rimanente délia val Lagarina divento ancora un' adiacenza del Veronefe , quando per teftamento d* Azzo Francefco di Caftelbarco nel 1410 ne rimafe erede il dominio Veneto. Roveredo reftb poi annefib alla Contea del Tirolo, e alla Reggenza d'Infpruc pcr l'iftella Pace del 1517. ma non mancan motivi di credere, che tuttaquella florida Valle foffe già ftaccata dal Veronefe, fin da quando l'Imperador Corrado ne fece dono a' Vefcovi di Trento, da' quali poi ne fu gran parte infeudata adiverfi .11 Proemio del noVaîUhut ^ro Statuto tra i paefi la regiftra , che furtiamTi- ron di quello territorio: ebbe già il nome mi et La- ^a Lagaro, luogo nominato da Paolo Diacars

Diacars & s c>

/. i.c9. cono, di cui orma non refta, che ci lia nota. L'Itinerariodetto d'Antonino nel viaggio da Augufta a Verona fra Trento, e Verona, 36 miglia da quefta, mette adPat'atïum . Rimane il nome di Palazzo ancora ad alcune reliquie d'antichi mûri preffo S. Margherita di là da Ala; fito, che in og^i il caicola poco più di trenta miglia disante da Verona, fecondo la diflerenza dell' antiche miglia da noi oflèrvata. Le carte del Magini mettono quivi Manifon, il quai nome moftrerebbe ellèrvi ftata Manlione.

Dalla parte di Levante CoJogna, ch'ora fa governo da fe, era di noftia ragione a ocohni* tempi di Catuilo, che defiderava gettar <&c. da quel ponte certo fuo patriotto, e che ne

ji'T'mt- mentova le fangofè acque ; cosi giudico il tùdpetn Guarini nel fuo comento, poco fèlicemenneumVc te avendo penfato il Cluverio, doveflè inhofU tenderfi di Mantova. Del difiretto di Verona Coiomoi la dice Rolandino Padovano, e tal fi vede au* eftin ancora fin nell'anno 1411 in un documenVÂ?fi?i£iu, tO citato nel Sommario de' tiioli del Mona-1

flero di S. Giorgio ftampato a Venezia. Vedremo nel decorfo per una memoria di vifion di luogo fatta in occafion di litigio per confini, come da quella parte fin ne* bafïi tempi confinava il Contado di Verona con quel di Monfelice , donde ben fi pub conofcere , quanto allora foffe avanzato . Procedendo oltra 1' Adige , è probabile , che fi ftendefle quivi il Veronefe ancor più innanzi, poichè Ferrara, e Rovigo , con le quali al prefente s' incontra, ne' tempi Romani non v'erano, e il fuo confine era con la piccola Città d* Adria, nominata da Strabone in diminutivo. Délia Badia, che fi; difle già di Vangadicia , ed è ora un de' principali Caftelli del Polefine , dicefi nel primo libro de'noftri Statuti, che in continua^ione del noftro antkopoffeffb, non pof- /.• fa l'Abate porre, oricevere Podertàin luo- " go alcuno di fua ragione , che non fia Ve- Z ronefe. Lufia villaggio a otto miglia da Ro- »■••■ vigo era del Veronefe nel 1079 » quando il Capitolo di Verona lo diede a livello <<<• al Marchefe Azzoda Efte. Non facciadif- f; ftcoltà alcuna per la regola altre volte da noi fèrmata il non eflèr quefti luoghi foggetti al Vefcovo di Verona, perché eflendo il Polefine provincia per la maggior parte nuova, e formata dalle alluvioni dell'Adige, e del Po, le più délie fue terre nacquero aifai tempo dopo l'antico, e primo ftabilimento délie Diocefi . TermiI neremo con offervare, come il Proemio premeflb alla prima ftampa de' noftri Statuti fra'luoghi più infigni, ch' erano allora, o erano ftati di giurifdizion Veronefe, e comprefi nel territorio noftro , oltre aile Valli Lagarina, e di Temi, nomina Riva , c Pefchiera , e Lonato: Defenzano non era ancora si grofîo Borgo , corn 1 è poi divenuto , onde meritafle fpezial menzione. Annovera parimente Oftia, Cologna, Legnago, e la Badia :di tutti i quali fette luoghi ben con ragione dicefi quivi, efser meze Città. Ora una si grande eftenfion di paefe manifefta 1* antica grandezza, e 1* antica forza di Verona ancor più fïeuramente , che la magnificenza degli edifizj. Tra i contrafegni délia floridezza di Bifanzio mette Erodiano il diftretto <' grande, e felice. Libanioperefaltare Antio- ■ I chia adduce il goderfi da efïa molto terreno. 0 In Italia per verità non foqual Città cosiam- , :- pio territorio avefle . Nella Venezia certamente in aflai minor confini riftringeano Aquileia le prolli me Città di Triefte, Foro G iuho, e Concordia ; e nftringean Padova detta da Strabone la più infigne del fuo contorno, le vicine Città di Efte, Altino,e Vicenza,

f^ï9* FINE PEL JulBRO *ESTO.

DELL'


pELL ISTORIA

I DI VERONA

I L I B 1(0 S E T T IM 0.

..:.HE.

llfea^|^^g^0flro pefo eflèndo di far '■•^^H^^K^^T® r,cor^anza de'più nota'-'^^M ^^^^^|'# kili ^att' *n Verona, e wJ£| îl^S^è^lii ncl Veronefe awenuti, "^iH lll^ïv^lfl daremo a <luefto l'bro ^'^l^^liw^\^yi' cominciamento con la E&M'ésÊÊ^Wsvà morte in quefta Città feguita d'un Imperadore, cioèdiGmlio Filippo, fucceduto ail' ultimo Gordiano. Trovandofi egli qui dopo eflereftato fconfitto da IVaian Decio, fu uccifo da* foldati nel fefto anno dcl fuo Mmperio, corne Aurelio Vittore racconta, 111 conforma Eutropio : di che giunta la no•'•Iffyella a Roma, vi fu ammazzato anche il f: giovanetto figliuolo, cui fi era prefb nell" Imperatoria dignità per compagno. Dove ^; feguifleilfatto d'armeniun antico efprime , ï benchè feguito a Verona, o nel Veronefe i , tnoderni lo aftermino.

Dove nel libro antécédente fi trattb de.;£.. gli edifizj, menzion non fi fece délie antiche i ;iii.tnura, benchè ne rimangano tuttavia mol:;m$& pezzi; e cio perché in età più bafïa furoft^no erette : cioè dopo che le genti barbare tglprefero a invadere. a fcorrere, e a depre|^Mar l'Italia ; il che ebbe funefto principio ^^Ébtto Gallieno, quando indebolito grande-! ^«îiente ^ ImPeri° > corne diftipato , e fra ?j^»nolti Tiranni divifo, non folamente lepro;|||wincie lacerate furono da più nazioni t ma ,;^Rima{e al lor furore efpofta 1' Italia ftefla . -;-|§fflf\.fterma Eutropio, che in tempo di Gallie;^fto, e di Valeriano gli Alemanni devajîate le -'^mtëatt'e penetrarono in Italia-, ed i Germaniven^oero fino a Rav?naa : ed afferma Eumcnionel jfBanegirico di Coftanzo, che fotto il PrinciÇub Pr/*- |l?to d-ï Gallieno perduta la Rezia , e faceipe Gai- ^leggiato il Norico, /' Italia medefima , ftlillia '^Wa délie genti, pianfe l'eccidio di moltiffime tpfagtn- JUe Città. Leggefi ancora in Zofimo, che m"7aèl. |Pientrc^alUeno oltral'Alpi era intento alla.

I guerra co' Germani, gliSciti faccheggiato i.t.c.i7. Mllirico, entrarono in Italia, e fcorfêro fino a Roma. Non è perô maraviglia, fe voile Gallieno munir quefta Città dinuove, e più torti mura, e corroborarla in oltre con nuova Colonia militare, ch* ei v'introduffe. Non fi trovano quefte notizie negli c. j„y. Scrittori, mafi rilevano da infisne Ifcrizio- XXX ne , quai tuttavia fuflif^e fopra l'antica Por- Y ta, che fi confcrva. Pochi anni dopo, corne fi ha in Aurelio Vittore, Aurelianocircondo anche Roma di mura forti/ftme, e ci6 perche non accadeffe mai più quel ch' era avve~ nuto fotto Gallieno : parole, che fi legeono Tr per l'appunto anche m Vopilco, e conter- çuy Gaimano, corne Roma ltelTa imperando Gai- #"»» <**- lieno fu pofta dalle barbare nazioni in ter- n"rat' rore. Il fito, e 1' importanza di Verona mettea in neceffità d'invigilar con moka cura alla fua difefa. Ben moftra la celerità, con cui fi fece il lavoro, corne fi era in apprenfione di doverne a ver ben tofto bifbgno ; poichè fi legge nell* Ifcrizione, che quefti mûri de* Veronefi juron fabricati dalterço giorno d' Aprile, e il di quattro Décembre dell'anno medefimo Dedicati, che vuoldir perfezionati, e pofti in ufo. Si riconofce la ïretta dall' olfervar negli avanzi, che qua e là ne rimangono, corne non furon già quefte mura condotte con 1* antica efattezza, ne coll'ordineallora ufato degli ftrati, ma gettato il materiale quafi cafualmente, e j confufamente ,impiegati fa(fi d'ogni forte, e mattoni, e piètre grandiffime per lo più ftate prima in opéra . Magni fiche refë con tutto cio quefte mura, e 1' altezza in alcuni luoghi ancora indicata , e la groffezza, çh' eccede tre braccia, e la mole, e la qualità di moite piètre altresï, mentre vi fi ufarono baffirilevi, ifcrizioni , cornici, fregi , e pezzi di colonne. Non potrebbe immaginarfi. la più. viva immagine délie mura d'

Atene,


••' 143 DELL 1 ISTORU DI VER ON A i44

Atene, a tempo di Temiftocle erette , delM. i. le quali dice Tucidide, corne per fretta V ç^âfcïri eran° ftate adoperate le piètre, quali fi pre«fwVo^ fentavano, e pofrevi dentro moite colonne, e x*i \!6<>i marmt lavorati prefi da monument t ; e dice i,ry*w ^ornçjj0 Nepote, cornefîu'on fatte di temin'rhe. pietti, e difepolcri. Qui pero fi pub fare jlfeiuT, una rifleffione: non a' Barbari, çome fi creppuicrif-, de comunemente , e moite volte ne pure que, ^j tempo è da imputare la diftruzion délie antichità, ma bensi a noi ftefli, che abbiam disfatto il vecchio per fabricare il nuovo. Quinci è, che la maggior parte dell'antiche Ifcrizioni, ci è venuta da villaggi, perché nelle Città il fabricare le confumava. Moftreremo nel Trattato degli Anfiteatri, come moite piètre del noflro fi riconofcono in queffe mura. Una Coftituzione il ha di Leone, eMaggioriano,dacui fi vede com'era in ufo, per valerfï de' materiali anche nelle privatecafè, di diffruggeregliedifizj publici, Nov. Mai. ne' quali conftjle l'omamento délie Città, e per tit.(,.ut ripoerar cofe piccole, d' abbattere, e dis far le fih"u';'<(re- grandi; il che da i detti Imperadori reftb pareuir, feveramente proibito. Ma danno déplorant™,','" bile patirono fenza dubbio allorale memorie noftre per la gran quantità di fcrittc lapide , che faranno flate gettate ne' fondamenti. Pochi anni fono fopra trcnta fe ne fcoprirono a Torino nel fbndamento d' un piccol tratto délia vecchia muraglia , ch' era opéra de mezani fecoli, gettata a terra per occafione del nuovo ingrandimento, e délia dilatazion del recinto. Non c da dubitare, che preffb noi pari mente non giaccia fotto quelle mura miferamente fepolta tbrfe lapiùbella parte dell' Ifforia noffra, e quelle notizie fôrfe, che con tanta avidifà û cercano in darno ne' libri.

Come la Città era da tre parti circonvallata dal fiume, cosi con le mura fi ferro folamente da quella parte , che rimaneva aperta, e indifefa. MoftrafI nella premeffa pianta il lor fîto con punteggiata linea, rilevata dalle reliquie, quali in più luoghi ne rimangono, benchè nafeoffe, eflèndoavvenuto di que/le mura il medefimo per 1* appunto, che ofïèrvb Dionigi Alicarnaffeo in quelle di Roma, fatte da Servio Tullio, Hb. 4. quali dice erano a fuo tempo dificili da rin"%■ Juçwtê. ventre per ejfere in molti luogbi comprefe nelle rp&c. café. Furono allora coronate di merli, e frammezate di torri,iî che û afferma, non perché rimanga di tali cofe veffigio, ma perché cosi figurai! Verona nell' Arco di Coftantino in Roma , dove fu non lunga età dapoi per contrafegno délia vittoria tra l'altre fue imprefe effigiata . E credibile , che s'inalzafîèro queffe mura nel fitodelle anteriori; anzi la Porta, che ne rimane ,

I fembra doverfi credere, fofîè già quiviqual, che tempo innanzi. Induce a cosi credere l'offervare, come efTendo le mura frettolo- ■'" famente, e fenza ffudio, o pulitezza alcu- ;;, na eoftruite, la Porta alta, magnifica, e ?,,' duplicata, con due ordini di fèneftre fopra, per l'ecceflbjche in piùparti ha d' intagli, e d'ornamenti, û conofeelavorata con tutto agio. Se fi avefle a giudicare dalla maniera % dell'Architettura, come inferior di molto ail' ottima età, cosi parrebbe non doverfi cre- *j der quefl' opéra pofferiore a tempi di Se- p. vero Aleffandro . Ma fembra in oltre, che nel fito dell'Ifcrizione altra ne foffè per 1' avanti, rafa e diftrutta per riporvi la prefente; eflendo che non folamente il fregio l pare abbaffàto, o fia incavato oltra dovere, ma per far luogo a tutte le parole è ffato intaccato 1' architrave, radçndone , e fpianandone le due fafee fuperiori,quali fi veggono intatte in quello fpazio,che fraie due \ porte intermedia. Pub da quefto dedurfî, 1 che le mura di cui abbiam parlato, fbfTëro ' foitituite aile antiche deboli, e mal ridocte. Lcggefi nell'Ifcrizione, che queffe mura de' Veronefi furon fàbricate per comando di Gallieno Augufio, follecitando Aurelio Marcellino Duce Ducenario, cioè Comandante dï due Centurie, con /' a/fijien^a di Giulio Murcellino, 1' anno che fur Confoli Valeriano figliuol dell' Imperadore di tal nome,e fratel di Gallieno la féconda volta, e Lucilio; che da Pollione fi dice congiunto di Gallieno: rivien tal'anno a quello di nollra falute 165. Infegna queff. 1 Ifcrizione, come Valeriano ne Augufto era allora, ne Cefare. In effa chiamafi VeronaColcnia Augtifla~N.nova Gallieniana. Dal dirfi nuova, e Gallieniana appare, che nuovi coloni militari ci mando Gallieno, fecondo 1' antiço iftituto di fortiricare con asjsiunta di Veterani le Colonie, che più n'avefler bifogno.E benchè credeffe già Cicérone, non poterfi fecondo il gius Pontificale condur nuova Co- T lonia, dove fmTiftefle la prima con faufti aufpizj già condotta , infegno nell' iffeiTo tempo, nuovi Coloni potervifi perb condurre . Non ci fbvviene di Colonia alcuna mentovata più dopo quefli tempi, onde necrediam quefta l'ultimoefempio, e toccatoa Verona l'onoredell' ujtima participazionc del fangue Romano. Il titolo d" Atigufia, che veggiam dato a Verona in cosi nobil monumento, non fi diede che aile gran Città , ed aile Colonie per alçwn' Imperadore trafmeffè.

Sotto Claudio Gotico fucceduto a Gallieno fcefero gli Alamanni nel Veronefe ; ma fattofi loro incontra l'Imperadore con le Legioni, non lungi dallago Benaco die

1er


I45 LIBROSETTIMO. ,46

lorbattaglia, e tanto numéro ne tagho a

pç^i che appena la meta ne rimafe. lanw

lanw legge nell' Epitome di Scfto Vittore.

..-./ a Ucu jUgmïigeCi in alcuni codici, che il fatto d'

fw/^ arli feguiffe alla felva Lugana; col quai

av. ^JL un trattô di paefe fi chiama ancora

fa$L da Pefchiera, e benchè al prefente

ymo fia coltivato, felva diceafi ancora a

E?.v*r. HÉopo del Petrarca,corne fi vede nellefue

/'*• »• Jpere . Il nome di Lugana fece prender'

Jliivocoa chi publico le Ifcrizioni BrefciaBrîfc

BrefciaBrîfc per lo che moite ricerche fono poi ftap-

ftap- Jjfiatte in darno tra Rivoltela, e Pefchiem

Pefchiem una lapida, che non quivi, ma fu

jgp in Lucania, cioè nella Bafilicata in Re,

Re, mo di Napoli, corne nella raccolta del

r<i*./).6i.^|ualteno h puo vedere.

MD'un* infigne Famiglia venuta ad acca- i

JÊf(i nel Veronefe, e d'intorno al lago fece

jaremoria Vopifco; e furono i pofteri dell*

p«fc;PllPeriU^or Probo per lue virtù tanto cele'Urt*

cele'Urt* Volendo effi fuggire l'invidia, e i

F"««*àwmulti di Roma fcclfcro quefta deliziofa

«MÇ^fp^rte per fiflarvi l'abirazion loro, e de'di*$iendenti.

de'di*$iendenti. coftoro feppero gli Aufpici

|j>rometterc fommi onori, perché una faetv

faetv avea fatto cambiar colore aile veftiinun

'"IfT î ritratto di Probo, ch'era nel Veronefe.

MHfifitê. Imperando Caro , fucceflbr di Probo ,

,o- cofe dovettero avvenire nella Venezia,che

Ë" ligarono a mandarvi un Correttore, MaIrato, che allora nelleregioni dell'Italia r rnotivi particolari, e fecondo le occa,w ,-jni fpedivafi: il nome fuo fu Giuliano. '•1ÉI; Vennc in tal tempo a morte Caro, vitto,|^rio(b de i Perli preflb Ctefifbnte ; il che in•^l^cfo dal Corrcttor noftro con la forza, che .^jlja fua dignità , e l'amminiftrazionc di que■■&&■& pacfi gli prcftava, (i fece gridar* Impe4K!radore. L'aver lui avuta contraria forte in 3|fUn combattimento lo fa paiïar fra i Tiran■■■ÉÊÈÙ- Dicc Aurelio Vittore, ch' efercitando WBGi/tl/anone'V't'/r-ti la Correttura, e defiderantt*v/<ÊÈjP° > intefa la morte di Caro , di carpir /' Im~ ftrïJtfÊïïer'°' a^ "mico i c^e r apprcjfava ji fece m*^mgpntra\ cioè a Cari no venuto per l'Illirico jfSfci Italia. Abbiamo nell' Epitome del gio;|«ane Vittore, corne lu battaglia , e 1'ucciiBone di Sabine Giuliano ( cosi cgb il chia/jjIMpa) che avea invafb l' Imperio , fegui net v tm*§ÊÊPmP' Veroncfi\ con che vien' indicata'la noJ'"lBra aperta Campagna: tanto ripete anche WËM Ifloria Mifcella. Ma atfai più ci fannodi "fBpftui faper le Medaglie, che in oro, in ar'Sfcnto , e in métallo di lui fi trovano, e «plie quah chiamafi Marco Aurelio Giuliano il»! 0 Fclke Angcijio : perché veggonfi ne' ri(Jfr'' non folamente la Libartà Publica, e la 'lia'* ^ tempi, ma la Vittoria d' Atigui Jp, e le Pannonie d* Augujîo, cioè fuperiore li Ver. Vdujîr. Parte!.

e infèriore; donde s'impara, com' ebbe profperità in qualche combattimento;e ilveder ch' ebbe a fua divozione la Pannonia confinante con la Venezia, rende probabile, che a lui debbanfi veramente rifèrir le Medaglie, enona quel Giuliano,chein tempo di Diocleziano voile altresî farfi Imperadore.

L' anonimo Panegerifta di Coftantino in riguardo alla coftui uccifione chiamô Vero- ef/.s- c!~ namacebiata di fatigue civile; donde appari- ^3" fee, ch'ei non lo confiderô per Tiranno, taVeroita. ne d'infaurta memoria. E offervabile, che le fue monete non fono di cattiva , e barbara maniera, corne quelle de' Tiranni, ma di buon lavoro, e niente inferiori aile Imperatorie migliori di que'tempi. Da coftui è credibile riportafTe il nome quel Foro di Giuliano, che abbiam toccato altrove effere ftato ne' nôftri monti.

Efl'endo Imperadori Diocleziano, eMaf- com. Je fimiano, due leggi fegnate del lor nome, {j^'/jj.* troviam nel codice di Giufliniano che fu- <^»/.pi». ron date in Verona. EfTer Matfimiano fia- '-3* toin queftaCittà piu volte,indicano anche i Panegerifti, dove toccano l'efpedizioni fue nella Rezia, e nella Germania alla Rezia proffima. Il verno del 290, e 291 fu paffato dall' un e l'altro Imperadore in Milano la maggior parte, venuto un dalla Gallia , un dalla Pannonia . Per la frequenza del tranfito, e del foggiorno in que' tempi degl'Imperadori, Palazzo a lor deftinato era in Milano, ed in Aquileia, di che negli antichi Panegirici fi fa menzione: è affai credibile, che per l'ifteffa ragione anche in Verona pur forte. ■

L' anno 292 furon dagl' Imperadori fatti Cefari Coftanzo Cloro, e Galerio Maffi- ^; miano. Queft'ultimo nell'anno 304 prima cpJf^.e, di portarfi in Nicomedia a perfuader Dio- (««"• cleziano di céder 1' Imperio, per preparar- peerf "£ vi l'animo di Maffimiano il vecchio, venne a Milano. Nel paffar per Verona, ordinb che fi ergeffe una Porta, quai nella fretta, con cui abbiam veduto eranfi poco avanti , I fabricate le mura, odovea efferfi tralafciaK

tralafciaK


U7 DELL'ISTORIADIVERONA i^

ta, o effar rimafa imperfetta . Ricavafi quefta bella notizia da un' infigne, e non più offervata Medaglia d'argento, che tien la tefta di Majftmiano Cefare nel diritto, e un recintodi mura con torri, econ porta in mezo nel riverfo,econ quattro figure fagrificanti, il quai tipo con ifcrizioni diverfe, e in Diocleziano, e in Mafïïmiano, e in Coftanzo,e inGalerio s'incontra: ma fingolare fi rende la noftra per le parole : Verona.

NPRTTE Nuova Portay corne da noi s' interpréta,

coND fecondo il r'rtofabrkata.

Quefta Medaglia confervata ora nel noflro

Studio per grazia d'un'amico, cui piacque

di privarne il fuo, è di fîncerità indubitata,

indubitata, poco fa fcoperta un' altra

nel famofo Mufeo Capello in Venezia, dove

dove cinquant' anni in qua, benchè in tanta

tanta non più avvertita , fi cuftodiva.

L'ifpezione dell' una e 1' altra fcioglie , e

fventa ogni difficoltà. Chi credeflè non poter

poter in oggi dar fuori Medaglia nuova,

molîrerebbe di non aver impiegato nella ricerca

ricerca Medaglie gran tempo.

Vera cofa è, che le Città d' Italia nell* altofecolo,generalmente parIando,non battean moneta, parendo, che per l'Italia folamente fi appigliafïe Augufto al configlio, Vio i. 5t. cui fingeDione fuggerito da Meccnate,che f"'T' £ira le Città dell' Imperio non aveffer moncte &t, proprie, ma fi valeflèro délie Romane : era

inutile in Italia il far mcnete in più luoghi, dove tanto immenfa quantità fe ne coniava in Roma ; e non era ancora nelle fue Città avanti il dominio Romano tanto in ufo dapertutto il coniar monete, corn' era in Grecia. Ma vi eran prima i cafi ftraordinarj, ai Am. imparandofi da îcrvio per cagion d'efem' 7' pio, che Marc'Antonio fece batter moneta in Anagni; e poi ficcome molr altri iftituti cominciarono verfb la fine del terzo fecolo Criftiano a cambiare, cosi anche queflo mutb, effendofi fpezialmente prefo a battere in Aquileia.La frequenza délie aggre{fioni, che venivan fatte ail' Italia da quella parte, refe necelîàrio il tenervi, o lo fpedirvi truppe di tanto in tanto; onde fi trovb opportuno di battervi moneta, per maggior comodo del pagar gli eferciti. Ma ficcome frontiera ail' Alpi fi fa anche dalla noftra parte , benchè tante non foffer le

Igenti, che prendefïero allor quefla via quafi feala pero, corne abbiam veduto, )u' ceano anche qui 1' armate Romane non t'.i rado, e niuna maraviglia dee pero farfi? fc qualche volta fu per l'ifteflb motivo battu. ta anche qui moneta . Non ofta il non e(. ferfene più vedute, perché anche di Mila. no niuna fe ne vede, e pure attefta Aulbnio, che ricca Zecca vi era. E chi puo in oltre afllcurare dove fofler fatte le Meda '" glie, che veggiam diquel tempo? poichc le lettere, quali per nomi di Città s'interpretano , fono fpeffo ambiguë molto , cd incerte, ed alquante fe ne trovano ancora, che fimil nota non hanno alcuna, Qiiellc, che abbiam mentovate di Marc' Aurelio Giuliano, fur coniate nella Venezia ficuramente, e molto è probabile , che alcune fien di Verona, dov' ei foggiornava, quando venne Carino a combatterlo : da lui è credibile avefle principio il batter moneta nella Venezia, il che fi farà poi trovato utile, e comodo. Ma vedremo nel decorfo, che di niun' altra Città d' Italia tanto fi rammenta la Zecca ne' mezani fecoli, corne di quefla; e vedremo, che quando poi fi cominciô ad accomunar queflo privilegio, regola deli'altre Zecche fu la Veronef'e, onde Enrico Imperadore , concedendo l'anno 1049 al Vefcovo di Padova il gins di batter moneta in quella Città, ordina , ch'effer debba fecondo ilpefo délia moneta di ■■ Verona , corne fi vede in un diploma dal ' Sigonio addotto: tutte le quali cofèconcor- ", rono a render molto probabile , ch' anche ; nelle ultime età Romane qui fi batteffe .

Che la noflra Medaglia non fia finoni venuta a mano de gli ftudiofi Antiquarii^ non dee recar maraviglia alcuna a chi fa , corne délie Medaglie del fecol baflb, poco conto fi fece per lo paffato , talchè folamente a di noftri fi fon cominciate a ricercare, e ad efaminar con diligenza, econ ugual cura délie anteriori. Che abbia epigrafe diverfa dall'altre, e non più veduta, cioè il nome di Verona, e la memoria d' una porta délia Città qui inalzata , non dee parimente parer punto flrano a chi è pratico in quefla materia dell' ufo de' tempi , e confidera di quai' età la Medaglia fia. Il P. Banduri, che con utiliffima fatica ha porta infieme una gênerai raccoka délie Medaglie da Decio in giù , de' tempi di Diocleziano, e del noftro Galerio Maffimiano , oltre aile moite fommamente rare, intorno a cinquanta ne rifèrifee, che non folamente rariffime, ma cb\&ma Jingolari, cioè uniche, o quafi uniche : perche mai dunque tanta maraviglia dovrà farfi, : fe un'altra ora ne dà fuori? Délie fu dette

Me-


LIBRO SETTIMO. ,50

I 49

Mcdaolie nota il medefimo Autore întorno avenu voire, inufitata, e non per 1' avanti^fTervata efferne 1' ifcrizione, e fovente il Jigurato ancora ; per lo che ad una di ijffifimiano, che porta Mmperadore a ca1«po, e fotto eflb una nave col bizarro jmttoVirtus Illyrici, fa queft' annotazione:

'• mF a^tr 0 fcC0^° mife fmrttcmte ifcri^jùniNuoymnclk monete. Non è dunque si ftranoca,m che dell'ifteffo tempo una ifcrizione or jj^ofTervi dalle comuni diverfa . Ma délia .^erfità , e rarità di quefta e dell* altre

fona ragione fi pub dedur da Lattanzio , di lui è il libro délie Mont de*PerfecutoijËË: poichè narra , che Diocleziano andb ;^j»ntinuamente fabricando qua e là, orBaJpche, or Circhi, ora Arfenali, e ora Zec>P: per la quai cofa ben fi rileva, come ^pcche avrà porte dove prima non erano ; jappon è perô maraviglia, s'anche a Verona :$$à porta, e fe la novità de' luoghi novità :ï|g$rtori di motti. La noftra ifcrizione, ben■Miè nuova anch'effa, è perb molto più Ro;lnana, e molto più accordata con la figura «i'altre di que' tempi. Nudi nomi di Citçtà, fenza titolo di Colonia fcritti a diftefo " nel contorno in Latino , oltre a quel di Roma, ch' è cosi fréquente in ogni tempo , VCggonfi in Traiano di Babilonia, in Adriayjgo, e in Antonin Pio d* Aleflandria, in Maf||ja|tizio di Cartagine, m Cortante di Bolo"WSÊka. nel Belgio, di Ticino in tempo di GiuJ||Sïuniano, di Ravenna in tempo di Foca. Me'^Éllïïorie degli edifizj fon frequentiffime nelle ^iMedaglie, e il Rite Condita fpira fincerità, f^verità a chimique fia délie antiche forme ^îmbevuto, e dell'ignoranza de'falfarii ben* :|intefo.

|| Rinunziato da Diocleziano, e da Mafliïipiiano nell' anno 305 l'Imperio per ritirar4ÉI

ritirar4ÉI V^ta Privata > dichiarando nell' ifteffo .|Simpo Augurti Coftanzo Cloro , c Gale:<^m ' e ^e^ar' Per infidiofa machinazione di |f||alerio medefimo Severo , e Maffimino, ym$l perfone, e quafi ignote, in vece diCollgntino, e di Maflenzio figliuoli di Coftan'■■•m> e ^ Maffimiano; fu dato l'Occidente ||KCoftanzo , e quinci 1' Italia a Severo . IjHancato Cortanzo di vita, e proclamato ^^pperador da' foldati Coftantino , ch' ora JlHBntannia, Mafsenzio nel 306 avendodaliBfiia i fbldati Pretoriani fece follevar RoJ'mk contra Severo, e fi fece gridare Augu7» Venne Severo da Milano per çombat^»°> ma rerto abbandonato , e per fine t?||ifo: venne anche Galerio in Italia con J^fiero di prender Roma , ma quando la vJ~e> pur'ebbe animo d'aflediarla . Diçhiarô poi Augurto Licinio in luogo di Severo; con che fei fiiron nel medefimo temVer. i/lujlr. Parte I.

po gl'Imperadori : Maflenzio, MaflTimiano, che con preterto d'affiftere al figliuolo era tornato in fedey e ben torto con eflbfiruppe, Galerio con Maffimino, e Licinio, e Coftantino; e farebbero rtati fette, fe Diocleziano aveffe confentito di ripigliar la porpora, come Mafïïmiano 1' efortava efiicacémente. Maflenzio oltre ail* Italia s'infignorï dell' Africa; ma nell' anno di Crirto 311 venne Coftantino con poderofo efercito contra di lui, da due motivi indotto: 1* uno, che entrato quefti inpenfiero dirimaner folo, médita va di muovergli guerra; 1* altro , che gli doleva di fentir lacerata da i crudeli, e perverfi coftumi fuoi l'Italia, e Roma ; di cui fe crediamo a Zonara, ed a Cedreno, ebbe ancora una legazione, che a cio lo follecitava. Entro in Sufa a fbrzad'armi, ruppe prefîb Torino un corpo diCavalleria coperta di ferro non folamente gli uomini, ma ancora i cavalli, e fu ricevuto con fefta a Milano: maeffendofi Ruricio Pompeiano il più efpcrimentato, e '1 più famofo de'Capitani di N*Z.>-. Maflenzio con la maggior parte délie fue V °"v":" milizie fatto forte in Verona ; ed eflendo in ,u«Um efïa gran quantità di gente da più parti con- «<><w» corfa a falvarfi, non credè Coftantino di dover profeguire la marchia verfo Roma, fenza prima combatter cortui, ed efpugnar tal Città. Prefetto di Verona vien detto Ruricio dal Panegerifta , perche taie era rifpetto al prefidio , e aile milizie dentro Anon.c.%. raecolte . Mando egli fin prefîb Brefcia , ^jffZI',,,» per incomodar la marchia al nimico, una Pr^fciia parte délia Cavalleria, che arrivando 1' ar- &(' mata, fu facil mente fat ta retrocedere , e ritirare a Verona: dove giunto Coftantino, e riconofciuta la fituazione délia Città, molto premeagli di non poterla fenza paffare il fiume, circonvallar d'intorno, e levarle il commerzio col paefe di là, donde reftava libero 1' adito a ricever continuamente viveri, e foccorfi : ne piccola imprefa era il paflàr l'Adige in vifta de'nimici, impetuofo, e pericolofo allora per faffi, e An.c.s. gorghi. Mando perb Coftantino una parte fait *fdell' efercito più fopra , e lontano dalla fg„rh"- Città, facendolo paflàre, dove il fiume era bus vortL men rapido, e men difficile, e dove nonc* a'f"!®c' era contrarto; con che riitrinfe poi Verona anche dall'altra parte. Fece Ruricio efperimento délia fua gente con valida fortita; ma refpinto con molta perdita ufci nafço* famente délia Città, e fe n' andb per porre infieme maggior numéro di foldati ; co* quali ritornando , Coftantino fenza intermetter l'afledio l'andbaincontrare, e giunti a vifta nel cader del giorno, non ricufando Ruricio di combatter fubito, fegu)

K z batta/


I5I DELL' ISTOELIA DI VERONA i5i

battaglia di notte. Avea Coftantino difpoAnoH.c.g. fta l'armata in due groffe linee ; ma vedu"ttlT'T to il numéro de'nimici, rinforzb la prima, duçiicem e fpiegb piii Iargamente la rronte. JNel com"Sc' battimento accorfe perfonalmente in ogni

parte più pericolofa, corne ogni privato Duce avrebbe potuto fare, e riportb finalmente piena vittorîa, morto combattendo Ruricio ftefTo. Sopraftettero dopoqueftoalcun tempo gli aifediati, e finalmente a difcrezione fi refero ; il che fi raccoglie, perché non vi fegui uccifione alcuna, ma ordinb Coftantino fofTero i foldati riflretti in vincoli ; e perché per si gran quantità di gente non fi trovavano , ordinb , che délie loro fteffe fpade manette fi facefTero , e ceppi . Tanto ci narrano di quefl' imprefa Nazario, e 1' Anonimo ne' Panegirici . Quefta è la prima, e la più antica efpugnazion di Verona, délia quale notizia ci fia rimafa; e per renderla non folamente memorabile, ma gloriofa, bafta il gran nome di Coftantino.

Prima confeguenza di tal vittoria, e délia prefa di Verona fi f u , il rimaner fignore di tutta Mtalia di qua e di là dal Po, e di tutte le fue regioni, e Città, tra lequali nomina Nazario diftintamente Aquileia , e <op. t7- Modana , perché dovean'eifere più atte dell' altre a far refiftenza. Cofa avvenne perb , che ha fatto contiuuar fempre, e che fa rinovar d'ognora la memoria di tal fatto , efièndone nata una fpezie d'epoca , che dura ncgli atti publici tuttavia; cioè ilfegnar 1' Indizione , ch'è un giro di quindici anni , e forma una délie principali note cronologiche, dalla quale tanto fuffidio fi ritrae per giudicar de'documenti, e per fi ffare il precifo tempo de' fatti Storici. Che dalla vittoria di Verona 1" Indizione avedè principio, l'hamoftrato il Cardinal Noris nell' Iftoria Donatiftica da lui abbozzata, come fi vedrà fra poco tempo in un di que' pezzi di efTa, ch* egli diftefe , e che fon per publicarfi nell'ultimo tomo dell' opère fue. Incominciata nell' anno 11 z la moftrano con certezza il Cronico Pafcale , e la prima notazion di efsa, che firitrovi, cioè quella del Sinodo An.tiocheno dell'anno 341 tenuto nell' Indizione decimaquarta prefso S. Atanafio; e cosi l'altre fudèguenti, come fi pub conofeere per via del computo rétrograde Da varj altri fatti hanno voluto defumerla molti dotti, ma fenza poter' accordare il fiftema loro, e non tornando il mefe, quai fenza dubbio fu il Settembre. Dalli 24 di effo credeva il Noris, che fi dovefïèprenderneil primo punto, quando l'Iftoria de' Donatifti andava lavorando ; ma avrebbe mutato quel luogo, fe avefle

ripigliata per mano,e terminata quella fua fatica, mentre nell* Epoche de' Siromace' doni, che fece dipoi, conobbe doverfi pren. dere dal primo di detto mefe . Moftrb egli ancora, come per Indizione debba inten. derfï nuova ordinazion di tributo più lieve fatta da Coftantino, per follevar l'Italia da!. le gravofe importe anteriori. Ma perverith non pare che fia finora ftato comprefi,' 1' intero di quefto fatto , onde un' oflèrva. zione ci faremo lecito d'aggiungere, fenza la quale non potrebbe mai ftabilirfi con fi. curezza, che in Verona, e dalla prefa di efîa avefle avuto l'Indizione cominciamento. Di nuove, e fmoderate penfioni autori furono non Maffenzio, ma Diocleziano, c Maffimiano ; e non caddero quefte fopra i" Italia tutta, ma fopra la noftra circompadana ; e non confifteano in danaro, ma va vettovaglie. Li continui moti délie nazioni barbare,quali o invadevano per le vie dell' AIpi , o minacciavano quefte parti, coftrinfero gl' Imperadori a tenere armate nell'Italia cifalpina , e a dimorarvi effi flcf. fi frequentemente.Quinci nacque, chenuovo pefo a quefte regioni fi addofsb, affinchè non mancafie alla Corte, e aile milizie la fulfiftenza. Infegnafi tutto cibchiaramcntc per Aurelio Vittore, il quale efpolta la ripartizion ne'due Augufti, e ne" due Cefari per la mole délie guerre ftabilita, di <juay di- fce, venne il gran maie de i tributi a una par- . te deïï /ta//tf ;eappreffo: nuova legge fu introdotta nelle penfioni, perebè /' efercito , e /' 1m- ' per adore , che fempre, 0 per lo più vi erano , fi potefj'e foflentare. Non dunque ail'Italia tut- ; ta, come fi è creduto finora da tutti, ma a quefta parte di eflà il nuovo aggravio cru ftato dato , feemato poi , e moderato da Coftantino : la quai venta fi rende anche I più manifefta dah" intendere cofa fi efigefle per via dell' Indizione ; poichè non moncta, come fi è parimente creduto, ma fpc- \ zie comeftibili, e fingolannente grano con effa fi ritraeva : il che traluce dal dir Vittore, come ferviva la nuova legge, perche nodrir fi poteffero in quefti paefi gli eferciti, e gl'Imperadori; e più dal libro délieMorti de' Perfecutori, il quale rammentata 1' enormità délie Indiçioni fotto Diocleziano, dice, che fi abbandonarono perb per difperazione i campi, e la lor coltura . Contribuzion di biade intendeafi col nome d'Indizione fino a tempi di Traiano, come apparifee da Plinio, e cosi ne'pofteriori tempi, come da più leggi. Or dovendofi a dunque alleviar dal foverchio pefo la cifalpi"a Italia, e moderata Indizione imporle, acconciamente il fece Coftantino dopo i^*i-> con la vittoria Veronefe fignor di effa . ^°

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LIBRO SETTIMO.

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SOnHtalia tutta, e con le province taie iqdulgenza avrebbe poruto ufare per aver .pçefa Verona,ma folamente dopo avervintôMaffenzio, e confeguita Roma. Or ficf&weluCa d'imporre, e di regolar.lelndiglftni di quindici in quindici anni, che puo Jfccoglierfi avefse parimente allora prmcijfo, il refe poi ftabile, e comune in ogni Jfcrte non folamente dell'Icalia, ma dell' Imjierio, cosi venne quinci a defumerfi una

fita cronologicauniverfale,che nel fattodi erona ha radice. ,^J Siamo già entrati in quel fecolo, nelquaJè il favellar degli Scrittori ofservando, e Me' monumenti , del tutto cambiata ci fi ,j|cuopre la fàccia dell' Imperio Romano ; ^frasfbrmato il governo, impiccolite, e peJgl) moltiplicate le provincie, mutati i noijfni, variato l'ordine, e il modo, in Italia ^ngolarmente. Riufcirono ail' Italia quefîe .'ipovità fommaroente ingiuriofe , e pregiu•«fliziali; conciofiachè venne finalmente alloua a ridurfi anch'cfsa in condizion di Pro'.vincia, divifa in diciafette parti, e mandant) a ciafcheduna il Governatore, con nome di Confblare , o di Correttore , o di Prefide. Quinci è che la provincia del Piceno, la provincia di Tofcana, e cos} dell'altre regioni tutte, ne'Scrittori ,e ne' monumenti :(.;^ (iel quarto fecolo fpefso s* incontrano . Tal IUOVO fiitema -i viene unicamente rapprefen:atc nel preziofo documento intitolato Notiya délie digni ta delb Imperio . Ricavafi da que[lo, come da più Provincie,amminiftrate oJgnunada! iiioRettore,fi formaronDiocefi .

Allé Diocefi foprafhtvan Vicarj, ed i Vicp|"£arJ erano immediatamente fubordinati ad ^ uno de' Prcfctti del Pretorio. QuefH PrcJ||| .fetti, tra quali fi ripamva la fuprema cuIdi

cuIdi 1* Imperio, fur quattro ; e 1* di efii ebbe fotto di fe l'Italia, e 1' Aa. L'Italia fu divifa in due Diocefi, 1' '■ detta di Roma da dieci Provincie comte, l'altra detta d'Italia, checompren1' altre fette ; 1- una e 1' altra col fuo :ano. Alla Diocefi d'Italia refto afieta la Venezia nofira. Ma* ficcome nell' ennato libro délia Notizia,che dal Pan>lo fuo primo e dottiffimo illuftratore 'iudicato de'tempi di Teodofjo il giovanulla i\ ha di quando taî'ordine di gono, e fpeziahnente in Italia forte introto , refia ora quefto , facendoci prima uanto indietro, da inveftigare. Novità in Italia, come da° Sparziano s' Para, comincio già a introdurre Adria> quando coftitui quattro Confolari Giu««.-» . :iperl«Italia tutta. Credibil cofa è ch' *,?»*■*:£ VoIfe follevare i popoli délie lontane ,«*parti dal difturbo, che recar dovea il paffare

paffare Roma per alcune caufe piît gravi , e per alcune appellazioni. Fu in tal carica fotto di lui Antonino, che poi glifuccedette nell'Imperio. Ma queflo non fu ftabile provedimcnto , vedendofi in Capitolino , come difmeflb, Marc' Aurelio voile in parte rimetterlo, non deputando pero uominiConfolari, ma perfone di minor riguardo con nome di Giuridici . Coftoro avean limitata giurifdizione,poichènotafi diuno, come cofa fingolare in una lapida , che fu Giuridico d'ogni fomma: tanto meno pero è Gruu da credere, aveilero autonta nel cnminale , onde s'accoftaf lèro alla figura di Prefidi. Di Quinziano Giuridico per laPugliazbbiam nel Mufeo grandifiïmo piedeflallo , xx'xix che giacea prima in un villaggio a tre mislia da Trevifo, e ali fu dedicato da alcuni fervi fuoi. Cofhù fu de' tempi di Commodo, come in altra fimile Ifcrizione fi ri- Gr'W-9cono fce; era ftato Proconfole délia provincia Sardegna, perché la Sardegna non era allora Italia , ma Provincia . Un Giuridi- I^['lpagm co per l'Emilia, e per la Liguria ci diede il Fabretti. Quefti Giuridici furono aboliti fotto Macrino, perche volean prenderfi maggior' autorità délia conferita loro da Marc'Aurelio. Tanto fi ricava da un paiîb L'el'„c[_ de' Frammenti di Dione , che pare a noi p. s9g. doverfi render cosi : i Giuridici che amm'tni J*™'0'^ jlravan /' Italia, ebbero fine, giydicando fnp"a ira\,'a, ilpreferitto da Marco. Si torno pero all'ordine , che avanti Adriano corre; . Malamente ridotta da lui 1' Italia in provincia, e continuata in tal condizione, hanno fiimato molti, non meno per la deputazione de' fudetti Giudici, che per aver detto Vit- Efjt-J^r tore, come gh Up^j public 1, e Palattni, e „•„ pubu. non meno i militari continuavano fino a fuo «>•** P»- tempo nella forma per Adriano ifHtuita , """ mutatine folamente alcuni da Coftantino. E poichè la materia del governo de' Romani non è per anco ftata per verità ben prefa ne pur da i maggiori Eroi, fino il Cardinal Noris difïè , avère Adriano aile provincie delk Italia quattro Proccnfoli impojii , Ce„ -p,r in luogo de" quali fuccedetter pofeia i Prejidi, DijT-i.c.i. e i Correttori. Proconfoli chiamogli difavvedutamente Appiano in, Greco nel paflb civ.l.i* altrove da noi fpiegato , dal contefto de! quale chiaramente rifulta, ch' ei voile dir Confolari : dice pero quivi Appiano, come taî'ordine dopo Adriano fi tralafeio, onde non a que'quattro Giudici fuccelfero li diciafette Prefidi, che fi, veggono dopo Coftantino. Non aver Vittore per Ufizj publici, e per dignità Palatine, e militari intefo mai délia diftnbuzione délie Provincie, ne de' Prefidi loro, è tanto patente, che niente più, cosi per le fue parole, come per

la

Grut. IC90. IJ.

v hifc. XXXIX

Gr. 45Inf.

45Inf. 411.

DrV.

Lelincl. p. 89g.

uct ei" T«'I# L'Tx\t'a»

* i


i55

DELL' ISTORIA DI VERONA

156

la confiderazion générale dello ftato d'Italia

d'Italia Adriano a Coftantino. Narra SvetoAu&t.n-

SvetoAu&t.n- che nuovi Ufixj introduflè anche Augufiïilexfo-

Augufiïilexfo- e dichiara appreffo, doverfi per Ufizj

ghavit. intendere la cura deli' opère publiche, délie

vie, dell'acque, del frumento, del Tevere,

Tevere, altre dal governo di provincie mol,„p.

mol,„p. to diverfe. Il librode' Perfecutori diftingue

come duecofe 1* aver Diocleziano moltiplicati

moltiplicati Prefidi, e raddoppiati gli Ufizj : fu

intefo per Ufizj da chi comento quel paflb

miniftri fubordinati, e minori impieghi.

Ma per vedere in quefto punto ben chiaro, e riconofcerequanto s'ingannafTe il Panvinio, e dietro lui tant' altri nel creder d' j Adriano quella diftribuzione dell' Italia, e

Rom. délie Provincie, ch' ei vide in autore del j quarto fecolo, bafta riflettere alla generali- 1 ta délie cofe, e a tutto il compleffo délie notizie. Lunga ferie potrebbe addurfi di pafïi d'antichi Giurifconfulti, e Scrittori, ne' quali apparifce, come per tutto il terzo fecolo Criftiano fi continua a diftinguer dalle provincie 1* Italia, efTendoquelle fotto i Prefidi, ma non quefta. Scorgefi parimente, e ne' monumenti, e ne' libri, come la divifion d' Italia in diciaflette parti, che veggiam dopo Coftantino, non fi prefenta mai per l'innairzi. Se tu offervi 1' epiftole di Plinio il giovane, tu lo vedi pafïar per aftari ora in Tofcana, or ne Trafpadani , cofe quivi per intereffe fuo, c de gli amici operando, nelle quali fenza i Prefidi di dette parti non fi farebbe potuto fare: il che fia dettoperchi credeanche prima d'Adriano amminiftrata come provincia 1* Italia. Scrive Sparziano, che Adriano diminui aile Provincie la contribuzione dell' oro Coronario, e che ail" Italia la donb del tutto. Délia medefima importa ferive Capitolino, che AntoninoPio la pagata per fuo mocivo Itaiids a gl' ltaliani refe tutta, a' Provincial} per Ut"dium meta- ^l Adriano narra il fudetto Autoi>rcvi>,- re, come nell' abolire i debiti , che tanti daUbus. aveano col Fifco, una regola tenne con le inVrbe Provinciey un'altra con la Cittàye con /'Itatiï"eJn"~ ^a' Srïmo il Salmafio, che la diftinzione Trlvin- tra' Romani, o fia Italici, e Provinciali dis ver» ceflafîè per la legge di Caracalla , con cui sd'spart. fu data a tutto l'Imperio la cittadinanza; p. 16. ma non confifiea precifamente nella cittadinanza la difterenza dell' Italia dalle Provincie, ma bensi ncU'efTer'efente da'Prefidi. A tempo di Severo vedeû. in Sifilino Bula ladrone met ter verfo Brindifi moka gente in armi, e feorrer tutto il paefe,per lo che convenne mandar da Roma chi lo metteffe in dovere, e lo faceffe prigione: fe ci fbflero fiati Prefidi, il reprimer co&ui di efïi era ufizio, e cura . Quando fu

fpedito al Senato il grato avvifb, d' eflere ''. in Africa ftati eletti Imperadori i Gordiani, acciochèin favor loro fbflè mantenuta l'Italia contra 1' aborrito Maffimino, il f. medefimoSenato venti Soggetti feelfe, per j-.-.>■ ripartir fra efîï la cura, e la difefa délie ,'„ 5 Italiche regioni: tanto bafta a far chiara- *■■ mente conofeere, come in tutta Italia Prefide non era alcuno. Di Maffimiano collega di Diocleziano dice il libro délie Morti, che tenea /' Italia fede dell' Imperio, e che riccbiflime Provincie gli eran foggette. Nell' iftef- £ ; fa venuta di Coftantino, il quale, come habbiam veduto, prefe Sufa a forza d'ar- /f' mi, fu accolto in Milano, attraverso con efercito tutta l'Italia circompadana, e venne ad afïediar Verona, non era poffibile, che rimanefTero ignoti aftatto ed innominati i Prefidi dell'alpi Cozie, délia Liguria, délia Venezia.

Chiariffimo perb è, cl.*- del nuovo fiftema dell' Imperio per quanto riguarda il governo, autore fu Coftantino; il che fi manifefta ancora, perché primo piano, e quafi bafe di eftb, fu il creare quattro Prefetti del Pretorio, dove prima eran due ; ed il fubordinare a ciafeun di effi una quarta parte dell' Imperio feparatamente , dove prima erano fenza diftinzione, e fenza affe- ». I gnazion di paefi ; e il rendergli Magiftrati civili, e di giudicatura, dove prima erano ufizj militari , non folamente comandando le guardie del Palazzo, e délia Città, ma ad effi appartenendo 1' arrolare in ogni parte i foldati, e il provedergli, e il caftigargli; quale autorità fu. trasferita in due Maeftri délia milizia uno per 1' Infanteria, l'altroper la Cavalleria. Or di tutto cio infegna Zofimo ampiamente, come primo inventore fu Coftantino, dove d*averpero /., confufe, e fconvolte le dignità anticamente ";; coftituite lo aceufa. Secondo piano délia V'.. nuova diftribuzione fu lo ftabilimento del- »™ le Diocefi . Si chiamarono nelle buone età ^ con quefto nome le divifioni fatte nelle Provincie per comodo de' litiganti, con determinar piîi Città, nelle quali a un tratto di paefe fi tenefle ragione : fur dette Convenu in Latino. Perb in ogni Provincia Romana più Diocefi erano, onde mentovaCicérone, mentr'era Proconfole, quelle, che F«* nella fua Provincia Cilicia erano di qua dal ^ Tauro , e le tre ftaccate dalla Provincia fe^'- Afia, ed al fuo aoverno attribuite: emen- {•'>' tova Strabone , il modo Romano di ftabilir le Diocefi fenza riguardo alla divifion f^.- Geografica délie genti; e nomina Cibira, «»^' come tra le Diocefi più grandi délia Provin- ^J, cia Afia : nel Latino mal fi fpiega Prefettu- &, re, perche la forma del governo Romano

non


l%7 LIBRO SETTIMO. I53

onèftata ancora, come avvertimmo, a aftanza comprefa, ne mefla in chiaro. llora dunque di più Diocefi fi componea na Provincia,dove dopo Coftantino di più rovincie fi compofe una Diocefi ; e s'intee con quefto nome un numéro di Provincie ubordinato a un Vicario. Quindi è, che vanti Coftantino Vicarj non trovanfi con itolo di Diocefi a lor foggetta, come do! o fi trovan fempre, e come di Coftantino f ftefîb leggi fi hannodiretteaMaflimo Vicario d'Orienté, a Verino, e a Celfo Vicarj d'Africa, a ïiberiano Vicario délie Spane, a Baflb, e a Vero Vicarj d'Italia, a Filippo Vicario di Roma. Finalmente Prefîdi délie diciafette regioni d'Italia ne i libri ciprefentano, ne i monumenti, fe non dopo Coftantino, o fotto di lui: chi pub du>. bitar pero, che non aveflero allora folamente principio, quando le leggi, le lapi; de, le ftorie cominciano a farne concordemente menzione ? ne già di rado , ma fre? quentemerjte poi tali menziorai s'incontrano; anzi veggonfi nelle leggi di Coftantino \ fteflb unConfolar dell'Emilia, tre Gorrettori délia Lucania, e de' Bruzii, un Prefi* de délia Corfica, ed uno délia Sardegna. Non ha molt'anni, che preflb la terra d' ; Atripalda nel Regno fu feavata un Ifcrif,v' zione, copia délia quale ci fu allortrafmef' j fa, cl' abbiam qui porta in ferie con 1' altre, per averfi in eftà un de* primi, che in si fàtti governi foflero impiegati; ficcome -, quello, che da Coftantino fteffo fatto aferivf vere ail* ordine de'Confolari, fu poi Correttore di Tofcana, e d' Umbria,e Confo.; lare dell' Emilia, délia Liguria, e délia Campagna. Coftui fi dice figliuolo di Giulio Rufiniano Oratore, del quale alcuni v' feritti ci rimangono intorno aile figure Retv toriche: l'onor délia lapida gli fu fatto dai Decurioni, e dal popolo d' Avellino. Da Coftantino adunque venne la ripartizion dell' Italia in diciafette parti, e il fottoporle al governo di Confolare, o di Çorrettore, o di Prefide.Il nomedi Confolare, ch' ■\ era di maggior dignità, fu prefo da i Lega| ti Confolari, che folean mandarfi nelle Provincie; quel di Correttore diventb allora tiv tolo di Rettore ordinarioj e quel di Prefi/ e} ch* era propriamente générale per qua| unque governo di provincia Romana, fi * ominciô ad ufar' in particolare per grado

1/ nferiore a gli altri due,

| Per ifgombrare ogni difficoltà in punto

l osi. lmportante, alcuni avvertimenti è nel e»ario fbggiungere. Potrebbefi in primo | °go facilmente prender* errore, nell' incon\

incon\ ^Orrettori talvolta mandati per 1' | talia a vanti Coftantino . Ma toccammo

già , come oltre a gli ordinarj Magiftrati n'aveano i Romani di ftraordinarj, che non fi creavano, e non fi fpedivano,fe non per occafioni nate, e per motivi particolari, e di quefto génère eran prima i Correttori, H medefimo iftituto continua appunto nella Republica Veneta, che di molt* altri uû Romani fu 1» unica erede. Queft* avvertenza avrebbe fatto intendere molti paffi, e fchifata confufîon più volte; ma percly altri del nuovo termine non fi oftènda , il fondamento di cosi fatta diftinzione moftreremo con pochi verfi. Menzione efpreifa ne fa Svetonio, ove dice d' Ottone che i comandi, o fia le dignità, ed ufizj Straordïnar) feveramente amminiftrb , e fo- cap%,. ftenne. A tempo di Nerone effendo in Poz- imperia zuolo arrivate fino ail" armi le diflenfioni tra e*J™"/'m iSenatori, e la plèbe, onde al Senato di Roma legazioni ne vennero feparate, fu fcelto Caio Caffio, perché andafle a calmar ntif.""' la Città, riducendo tutti a do vere. Per riftorare le Città d1 AGa fotto Tiberio dal An», u. terremoto, fu fpeditoda Roma Aleiodell' ordine Pretorio . Tali Magiftrati qualche volta fi çhiamavano Curatori ; cosi nomina Svetonio gl' inviati da Tito per nconibrtar Ti( ( % la Campagna defolata in gran parte da in- ' '

cendio del Vefuvio; ma 1'ordinario titola era di Correttori, Cicérone neldifender Balbo chiama l1 avverfariopfr giuoco Correttorey ed emendatore délia nojira Città, AltroveCorrettor wflro, ed emendatore chiama ail* ifteflb modo Marc' Antonio ; dal che bea traluce, come quefta era già parola folen- ' '** ne, ed ufizia ufato per regolar le Città, e rimediare a' difordini de' paefi, Dice Giofeffoy che il Senato mando Germanico per A»t-,-itCorreggere tutti gli aftari deila Siria, Di Adriano difle Sparziano, che nella Bretagna moite cofe CorreJJ'e. Ora tanto più proprj e ben'adattati erano i Correttori nell» Italia, quanto che appunto fi mandavano ne' paefi liberi, ove particolare occorrenza il richiedefle, Percib in tempo di Traiana fu mandata Maflimo nell' Acaia a riordittare loftatQdélie Città Libère, come fi leggeia lettera a coftui diretta. Abbiam da Filo- ^fj*4/,s* ftrato, ch'Erode Sofifta Correggeva le Cit- ' ' tàLihrenell'Aûa.; ed Arriano fopra Epi- "pTa1** tetto ha in un titolo al Correttore délie Cit- j-3-f- 7ta Libère ; cosi parla il tefto Greco di que- 0f uv"' fti Autori, Per quefto è , che quando in Italia fpezial bifognonafeeva, vi fi foleano mandar Correttori. Abbiam veduto poc* anzi in tal* ufizio Giuhano nella Venezia ; e col medefimo fu Tetrico neila, Luçania , fe crediamo ad Aurelio Vittore, ma ch'ei fu Correttore di tutta Italia dichiaratamente ferive Pollione. Che le regioni Italiche noa

avef-


KO DELL' I STORI A DI VER.ON A 160

avefler Prefidi in quel tempo, quefti ftefl] Correttori dimoftrano; poichè de i pochi, G'uu che fi veggono nelle Ifcrizioni, Poftumio Vllr'p. Tiziano fu Correttore dell'Italia trafpadana; io9'ut'ri- Elio Dionigi il fu dell' una e l'altra Italia y «[que ita- ja quaj, efpre(fione ha fatto affai fantafticar z'ôg. 4. moki, ma dee-intenderfi trafpadana, e cifpadana; Onorato, che abbiam nel Gruteir&:i- c. ro, e Numidio, che abbiam nel Codice di Z'n"b&e Giuftiniano, fur Correttori d' Italia. aîïoiuta3«7- s- mente, e l'iftefïa dignità ebbe Volufiano per anni otto , Ecco perb, corne ne coftoro di veruna délie diciaflètte provincie eran Prefidi, fopra tutta Italia, o fopra una gran parte diefla efiendo caduta l'ifpezion loro; ne altri Prefidi v erano allora , perché in tal cafo non cifarebbe ftato di effi bifogno. Abbiam poco fa accennato, che in più antica età a cotefli ftraordinarj Ufizj nome fi dava aile volte di Curatori : Curatore délia in- ». région Trafpadana trovafi perb in una lapida del tempo de' Gordiani.

Non occorre perder tempo nel confutar leggende di bafïà età, e document! falfi, o interpolati , che nominan Confolari , e Prefidi nelle regioni Italiche in ogni fecolo : ma trafandar non fi pub una famofa Ifcrizione dal Suarefio data fuori, e dallo Sponio nelle fue Mifcellanee inferita, in cui fi SPOM. p. legge, corne Celio Rufo,ch'ebbe la cura del , 77' trionfb di Settimig Severo, era ftato Confolare

Confolare Campagna, e délia Pugliadue volte, e Correttore délia Tofcana, e dell* Umbria,edel Piceno.Secondo tal* Ifcrizione rinegar converrebbe tutta la fede dell' Iftoria,e tutto il compleflb délie autorità , e délie notizie finora efpofte: ma il fatto fia, chequell' Ifcrizione è falfa, e adulterina, ne fié mai veduta in pietra, ma fu tratta da un Manufcritto, dal qualc traflè le moite légitime Fabretti ancora, ma rifiutb quefta, corne da lui ben conofciuta per falfa. Moite fon le ragioni, che per taie la faranno conofeerea chiunque conacutezzadi lapidaria Critica fapràriguardarla; ma qui per non deviarci, accenneremo folamente, corne bafta da fe il dirfi di coftui, clv era ftato allora Prefide di regioni Italiche quattro o cinque volte: conciofiachèfe tal'ordine di governo foftç ftato cosi cornune, e famigliare in quel tempo, non una ed altra,ma moite e moite ne avremmodi fomiglianti, ne di coftui unicamente, ma di molt' altri ci farebbe rimala memoria in tanta quantità d'Ifcrizioni. Confolari, e Correttori ordinarj di provincie d'Italia forfe in feflanta marmi ci fi prefentano: ne pur'uno di quefti anterior fi palefa a tempi di Coftantino, ma pofteriori tutti o ficuramente appaiono, o facilmente fi raccolgoI

raccolgoI . Or perché mai tal meraviolia accacie- ;

rebbe,fe fin da tempi d'Adriano le regioni tutte dell'Italia tra Confolari, e Correttori fofTero ftate divife? egli è infallibile, che in tal cafo molto maggior numéro fi avrebbe di lo.pide a onor de' Prefidi, o con menzion. di efifi , ne' dugent'anni avanti Coftantin.y erette, quando l'Italia era più Romntia, che nelle baffe età a lui poiteriori. Finchè un'arte Critica non fi fondi per diftin-. guère le falfe Ifcrizioni dalle vere, potranno bensj andar tutto di crefeendo mercantilmente a difmifura i volumi, ma non crefeerannoper quefto mai le notizie fincere, e pure, ne fi fvilupperanno da moltiflime

Iambagi gh ftudj migliori. Sovvienci ora d* altra Ifcrizione, recitata nella Prcfazione dell* Almeloven a' Fafti Confolari, nella quale fi ha un Procuratore délia Provincia Campagna; il che ripugnerebbe in qualche parte aquanto fopra fi c dimoftrato: ma quell' Ifcrizione è parimente falfa; e non ibl quella, ma l'altre venti non meno, quali per fulfidiodélia cronologiaConfolnrecon l'autorità del Cupero, e del Grevio, edel Gudio quivi fi regiftrano, s" è lecito parlar francamente, fono apocrifè tutte,e fuppofte, corne potrebbe molto agevolmente farfi conofcere,fê quefto ne fblfe il luogo.Nè fi pecca già folamente in creder vero il falfo, ma ugualmente talvolta in creder falfo il vero. Giufeppe Scaligero per cagion d'efempio in Jettera al Grutero, e nelle offervazioni al Cronico Eufëbiano, tanto fi ',-. fece befîè délie due famofe Lapide di Pifa, ampiamente illuftrate poi dal Cardinal No- / ris, che nel gran corpo délie Ifcrizioni ne i pur tra le fpurie ftimô bene il Grutero di | ammetterle, e di regirtrarle ; indubitata- [ mente fàlfe un altroS'crittorle afferl a gior- ;v i ni noftri; non pertanto monumenti non fi ^ r vider mai più incontaminati, e più certi. | Cadequi in acconcio di fbttrarci al rimpro- | vero, che ci potrebbe efTer fatto, d'avère | j in queft' Iftoria tralafeiate moite fingolari | particolarità, e notizie , che fpiccano da r Ifcrizioni per fàmofi uomini divulgate, e applaudite: vale a dire, la Verona Ver a del Grutero, e del Velfero; il Servilio Cepione co' Giudicj de' Vérone fi Rimejft preffo Appiano, Smezio, .Agoftini, Grutero, Scaligero, Ruperto, Streinio, Freinfêmio, ed altri; i Cimbri Trucidati del P. Mabillone; 1' Ipfitilla Catulliana del Malvafia ; il Plinio Autor délie Stone del Cellario; Orcfoia Marceïïa fua moglie, del Panvinio, e del Grutero; il Prefide délia Provincia Trafpadana del Grutero, e del Reinefio; il Curatore degl' Jfirumentï Vérone fi, e il Petronio Prefetto di Verona pur del Grutero ; il Monijnavio

Monijnavio


,6i LIBRO SETTIMO, 162

navia del Reinefio, e del Tomafini ; il Filippo interfetto del Baronio; il Gen'to délia Giocondità dello Sponio; il Maufoleo del Fabretti; l'Uflrwadcl Grutero, e del Fabretti- YAnfiteatro diFlaminio> le Terme,/' Edile délia Plèbe, çd altri frammenti o dal Grutero accettati, e da' fuoi correttori, o in altri volumi addotti. Tutte quefte belle cofe abbiam noi nel filenzio fepolte , perché le Ifcrizipni, dalle quali fi riçavano, ftimiamo illégitime, e faite. Dobbiamo avvertire ancora , corne di moite fincere, e belliflime , çh' ora abbiam qui, non fi èfatta ia queft' Iftoria menzione, perché non fono native noftre, ma d'altri paefi portate,

Maquanto èfalfo,che avanti Coftantino l'accennato fiftema di governo fi ftabilhTe, altrettanto è vero, che a più cofe introdotte fotto di lui fu facto ftrada, e in certo modo data l'idea da Diocleziano, il quale non meno delMtalia, e di Roma, che délia Criftianareligione fi moftrb acerbo nimico. Ildivider l'amminiftrazione in quattro Prefetti fembra un* imitazione délia divifion dell' Imperio fatta poco prima in due Augufti, e in due Cefari. Eranfi anche per 1' avanti trovati Imperadori, che fi aveano cletti nel pefb di tanto governo compagni, C colleghi ; ma non mai chi ave/Te pazzamente fmembrato, e fatto in parti 1* Imperio, corne Diocleziano, che prima con Maflimiano il divife, poi perfe l'Egitto , e quanto in Afia pofledeano i Romani ritenendo, diede a Galerio Tracia, Dacia, Grecia, Pannonia, ed Illirico; a Coftan20 Gallie, Spagna, Germania , e Inghiltcrra; e diede a Maflimiano 1* Italia, e 1» Africa , potendofi fofpettare di lezion falfa, ove il libro de'Perfecutori a lui attribuifcc la Spagna. Poco différente fu la prima ripartizione, che tra i quattro Prefetti del Pretorio recita Zofimo. Primo fu altresl Diocleziano a dar l'efempio d'impiccolire i governi, e di moltiplicar le Provincie; e fu primo a darlo di ciè, che ail'Imperio, e ail* Italia riufci fovra ogn'altra cofa nocivo, e fatale; cioè d' abbandonar Roma del tutto, quale corne fonte, e centre délia poteftà, cosl dovea fçmpre efferne il domicilio, e la Cçde. Degno del barba.ro, e viliflimo lignaggio di Diocleziano, e di Maffimianoful'odio, che per l'autoritàdelSenato, e per la libertà, e forza dell* infini*? popolo çonçepirono l'unp e l'altro verfb Roma, da cui peraltrola lordignità dipendeva. Ma degno di lui fu fingolarmente il penfiero di Diocleziano , che fifsb a Nicomedia in Bitinia fua refidenza, e fi mjfein capo di reqderla a forza^ di fabriche uguale fer. mufir. Parte I.

a Roma. Quefte novità perb non fi puodi- bi ^m* re, che ftabilifiero nel governo il fiftema eo'iu*"- dalla fopradetta Notizia efpreflb; perché altrofu moltiplicar gl' Imperadori, ed altro il moltiplicare i Prefetti,e ilrenderglidi militare ufizio civile : né {btto Diocleziano trovafi, che fi formafser le Diocefi, e fi. preponefle ad ogni çomplefso di Provincie un Viçario. Le fue provincie ancora afsai arbitrarie , e diverfe fembra che fofsero, mentre dice il libro de Perfecutori, che quafi ad ogni Città fopraftava un Prefide allora. Cosi dell' Italia tra diciafsette Governatori ripartita non fi trova rifeontro ne' tempi fuoi; ma non è da dubitare, ch* egli anche di tal novità non gettafie i femi, ed al gran torto di trattar da provincial' Italia non apriflè con le fue difpofizioni la ftrada.

Ci ammonifee il tempo, di cui abbiamo in quefto libro trattato, d'incominciar* a parlare di quanto fpetta alla Criftiana reli* gione, e di principiar* a inveftigare quanto intorno ad elfa fi puo perla Città noftrafecondo l'ordine de'tempi raccogliere. Con difficoltà fi andb propagando in Italia la verità délia fua predicazione, perché come dell* Imperio, cosi era qui la fede, e la maeftà délia religion de' Gentili; e gl* Imperadori , ed i Magiftrati n' eran fieramente nimici; il che nafeeva principalmente per la fomma diverfità dalla religion di Roma, e di tutti gli altri paefi: l'ifteffo motivo fecc chizmardzTulliofuperJii^ion Barbara la reli- pro Fiat. gione Giudaica, e credere, che molto alie- '• *'• na efler ne doveffe la gravita del nome Romano, egli antichi iftituti, e lo fplendor dell'Imperio. Vera cofa è, che per le relazioniavute da Pilato propofe Tiberio alSenato di onorar Crifto quai Dio, come fi ha daTertulliano; e avère Adrianoeretti Tempj fênza alcun fimulacro,con animodiconfecrargli a lui, ferive Lampridio, e ferive altresi, che uno volea dedicargliene Severo Aleflandro. Ma non per quefto raggio di grazia dee dedurfi in coftoro, perché voleano mandare a mazzoeon le varie fuperftizioni la religion vera, e riporre il Salvator noftro tra i loro Dei. Cosi volea Elagabalo nel fuo Tempio Palatino, per ambizione, che tutti iriti vifbfTero, introduire anche il Giudaico, e ilSamaritano, e'1 Criftiano. Lémfrt Quanto lungi fofle Adriano dall* intenderç il Criftianifmo, appar nella fua epiftolariférita da Vopifco. D'Antonin Pio fi ha un tnSatw referitto aile Città d' Afia, in cui permifè """• la lor religione a'Criftiani, e di Marc' Aurelio fi fa, che vietb 1* accufargli fotto pena délia vita ; ma il lor favore non tirb a maggior confeguenza. Aleffandro, ch' è il pri- itmpr.


i6? DEL L'ISTORIADI VERONA 164

cbrijiià- xno di cui fi noti, corne permife a popoli | t*ffu,eft. generalmente d'effet Criftiani, teneva il fi-1 mulacro di Crifto con quel d' Abramo, e d'Orfèo; e contra i Pafticcieri, che premeiiut tendeano un luogo del Publico da'CriftiaffcmoL ni occupato, giudkà, eftr meglio, che Iddio eumqut U- vi fi veneraffe, in qualunque maniera fi fojje ; lu veut jjove j,en fi ve(ie Come la fua era una tocolatur.

tocolatur. . . fi

Jeranza, e come ogni religione quafi culto divino metteva in fafcio, e minor conto délia Criftiana facea, che délia gentile; onde poco gli giovb, che fofle Criftiana Mammea fua madré, corn'Eufebio, ed Orofio aftèrmano. Finalmenre primo tra gl* Imperadori adabbracciar la religion noftra,ma fenza che percio molto benefizio a lei ne tornafle, credon moki fbflequello, di cui abbiam notato, che morï in Verona, cioè Giulio Filippo. Vera cofa è, che primo di tutti efsere ftato Coftantino, afserîfcono Lattanzio, Sulpizio Severo, Teodoreto, ed altri; ma nacque forfe tal grido dall' averla lui profefsata folennemente, e refa trionfànte. mi a». Forti per verità fon le ragioni del Baronio, z*6- con cui combatte tal' opinione , e moftra eflerfi equivocato da Filippo Imperadore a Filippo Prefetto Auguftalc : tuttavia parve difficile al Tillemont il rigettare 1' antiche autorità, che la proteggono; e fembra a noi, lafeiando quelle di San Gioan Crifoftomo , di S. Gerolamo, di Ruffino, e d'Orofio, doverfi confiderargrandementc quella d' Eufebio , che non avrebbe mai fe non dalla verità coftretto tolta in quefto modo, o porta in dubbio la gloria d'eflere il primo al fuo Coftantino. Ma quando in Verona venifte laFedeagettar le prime radici, non è in alcun modo poflibile di rilevare: che vi principiafle perb ben toflo, una Ifcrizione ci perfuade, quale abbiam nel Mufeo, e dalla figura délia lapida, dalla bellezza del carattere , I dalla purità del dettato fi riconofee ficuramente di buona età, e quando gl' iftituti Romani fiorivano: cib nonoftante, che da uomo Criftiano fbfle fatta incidere, forte perfuafione ci ha fempre inclinato a credere : poichè in efla Lucio Stazio Diodoro m. \nf. feioglie il voto a Dio Grande Eterno per efXLJ'r ferejlato efaudito nette fue preci. La formola Xrittbit in lapida Gentile non mai veduta, e 1* ineompattm nominato Dio grande, ed eterno; aggiunf*('Jf*t ■ ta una bejja pa]ma ^ c}j. e fCoIpita fopra d'

un lato, e una bella corona d' ulivo, che il vede nell* altro, in vece délia patera e del vafo, che foglion vederfi nelle gentili, ci hanno fempre fatto a ver quefta pietra in venerazione ; molto ragionevole efiendo il credere, che a onore del vero Dio, prima che i modi, e le coftumanze Gentili del

tutto fi abbandonaflero , fofle feolpita , e non di leggeri moftrar potendofi lapida Criftiana più antica.

Il primo illuftre fatto Criftiano, che in Verona avvenifle, e di cui memoria ci fia rimafa, fu il gloriofo Martirio de* SS. Fermo, e Ruftico, con la notizia del quale fi accoppia quella ancora délia fantità , e delvalore di Procolo noftro Vefcovo,ch* è il primo, di cui pei gli Atti di detti Martin ci fia noto il precifo tempo, in cui reffe la noftra Chiefa. Qiiefti Atti furon publicati dal Mombrizio, ch' ebbe alla mano quantità d' antichi, e fani codici, e poco fa da noi, prefi da due infigni Lezionarii, e con la giunta del racconto délia traslazione. Abbiam notato qui vi, come pezzi hanno legitimi, i quali poftbn crederfi derivati in parte da quell'ifteflb criminal proceffb, che fi fuol'intendere col nome d* Atti Proconfolari, benchè per altro d* inferimenti, e viziature non manchino,mafllmamente ne'miracoli replicati . Nella perfecuzioneadunque di Diocleziano ,ediMa(fimiano fu aceufato Fermo nobil Cittadino di Bergamo a queft' ultimo, che dimorava allora in Milano; il che pub crederfi avveniiTe nell' anoo di Criito 304 , avendo rinunziato ambedue l'Impeno folamente nel 305, ed efl'endo probabile non infierifle la perfecuzione in Italia, fe non dopo la celebrazione fatta in Roma de* Vicennali. A ritener Fermo mandb Malfimiano un Qucftore con fbldati. Etfendofi volontariamente lafeiato prendere anche Ruftico, furon condotti 1' uno e 1* altro ail" Imperadore , il quale gli fece confegnare ad Anolino fuo Configliere , perché fbflero euftoditi . La dignità di Configliere non fi anno.vera nella Notizia dell* Imperio , dove poche fe ne veggono délie mère Palatine ; ma Configlier i degîi Augufti fi ha in una lapida Gruteria- 45!: na. Se gli fece poi Maflïmiano condurre innanzi nel Circo, e tentatigli in vano con tormenti, econlufinghe, furon rimefli in prigione. Gli diede poi, egli lafeib in balia d' Anolino medefimo, perché o gl* inducefle a Idolatria, o gli uccidefle. Doveva coftui allora per alcuna particolar commiffione portarfi con comando nella Venezia. Oppone perb il Tillemont a quefti Atti, non poterfi render ragione dell' aver 1* Imperadore dati i Martiri ad Anolino da condurre per la Venezia : ma la ragione è in pronto dagli Attifteffi, chedicono, come coftui gli richiefe a Maflîmiano, e ottenutigli , comandb fofïèro fubito condotti a Verona, e quivi tenuti fino al fuo arrivo. Il fàmofo Anfiteatro, che in quefta Città cra, gli fece venire in mente di far conpoca

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LIBRO SETTIMO.

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ca fpefa publico fpettacolo , com' era ufo allora ne'fupplizii. Giunfêro a Verona in tregiorni, e furon confegnati, fecondo fi legae negli Atti, a Cancario Milite, ch' era Vicario délia Città ; cioè Luogotenente , e Comandante del Prefidio. Coftui perb non Cancario, gente non più intefa nelle Romane memorie, ma fera ftato Caio Ancario nome, che fi trova in più lapide , e in più Scrittori. L'ufb antico di fcrivcre fenza diftinzioni ha fâtto legger maie più volie i nomi , attaccando al gentilizio il prenome con una fbla Jettera efpre/fo. Cosî Aulo Gellio pafsb in Agellio, cosi Marco Apicio in Mapicio, e S. Marc' Aurelio in Maurelio, Il noftro Ancario fi dice Milite, quafi in modo di dignità : comincib quefto nome molto d'antico a fuonar non fo che di nobile, e di diftinto, poichè fi offerva in più Storici non venir cosi chiamati i foldati délie nazioni, ma fblamente i Romani, o che almeno fèrvivano fotto i veflilli Romani. Milite di Tiberio chiamb fe fteffo l'Iftorico Patercolo fatto Prefètto nella Cavalleria.

Arrivé dopo fèi giorni Anolino, che fece fubito invitar dal banditore il popol Veronefe a fpettacolo. Ma in quclla fteffa notte il fanto Vefcovo Procolo, il quai nelfuo monajîero, cioè in luogo appartato , e folitario, non lungi dalle mura délia Città con pocbi Criftiani fiava nafcofto , infervoratofi di fpirito maggiore nell'orazione, fi porté in Città, e vifitb i Martiri : nel quai mentre eflèndo venuti i miniftri, il fanto Vefcovo profeffandofi Criftiano, fêce iftanza per effer condotto con effi, e cosi fufatto. Giunti davanti ad Anolino, che flava nel tribunale in prefenza di tutto il popolo concorfo, oflèrvandoil venerabil vecchio con le mani legate addietro , chiefè chi foffe ; e udito, ch* era un Crilliano fpontaneamente oftertofi, non voleodo far'altro fangue, e moffo forfe anche dall'età, ordinb che forte rilafciato, affèrmando , che delirava per la vecchiezza. I miniftri perb percotendolo di fchiaffi , lo cacciarono dalla Città, ritornando lui a'fuoi tutto afflitto del non aver confeguito il bramato Martirio. Ma Fermo, e Ruftico eccitati in vano a fagrificare, furon rotolati fopra acuti rottami, indi minacciati col fuoco; il che riufcito per divina grazia fenza lor danno , e gridando il popolo contra di loro, quafi foffero maliardi , ed incantatori, ordinb Anolino, che foflèr tratti fuor délie mura, e percofli a morte con baftoni, fi tagliaffe loro la tefta . Cosi fu efeguito fu la riva dell» Adige il di nove Agofto . Fecefi poi Anohno portar le fcritture de' Criftiani e

Ver. Muflr. Parte I.

tutti gli

Atti

tutti gli Atti, cioè i proceffi de' Martiri anteriori, che potè avère, e gli fece abbruciare, dicendo, che da quelli veniva il cader gli altri nell' iftefTo errore, e V effet venerati i lor fepolcri piû de'Tempj degli Dei. Forfe perirono allora gli Atti di quaranta Martiri, de'quali fi è fatta un tempo memoria dal Clero Veronefe , e menzion fe ne vede in Autore anonimo de'tempi di Pipino . Aggiungefi negli Atti , che flando i corpidi Fermo, e Ruftico infepolti , perche foffero dalle beftie confumati, e facendovi la notte Ancario convertitoVeglia, e cuftodia, infieme con due lor parenti venuti di Bergamo ; alcuni Criftiani, che fi dicean mercanti, vennero a prendergli, e involtigli nobilmente, gli pofero in una barca, e via gli conduffero. Segue ne' manufcritti noflri la Storia di quefli corpi, da ignoto e diverfo Autore foggiunta, e filegge in effa, corne foffero poi riportati a Verona , di che parleremo a fuo tempo. II Martirologio del Fiorentini mette quefli Santi in Oriente, perché in quelle parti faranno ftati allor portati, e venerati i lor corpi.

Tornando al noftro Vefcovo, i dotti Padri Bollandifli fu la fede di moderni autori adducono, che faceffe gran viaggi in O^riente, e ne' luoghi Santi, e in Pannonia ; ma di quefto ne fi ha fondamento, ne farebbe cib flato conveniente alla fua vecchiaia, ne ail* ufizio fuo di Paflore, e tanto meno in tempi cosi bifognofi d'affiftenza. Non dovea perb da quefto lafciarfi indurre il Tillemont a riguardar di poco buon* occhio i noftri Atti; e ne pure dall* eflèrfi Procolo dichiarato da fe Criftiano, e volontariamente fatto prendere, il che non era veramente ne di precetto, ne d'ufb; ma operava moite volte nell'anime fantc ftraordinario fpirito, e fpeziale impulfo. Non è parimente incredibil punto, ne fenza efempio, che un Giudice non voleffe far'inquifizione fopra uomo non accufato, e credendolo, o moftrando dicrederlorimbambitoper la vecchiezza, da fe il cacciaffe. Ben' improbabil farebbe tal fatto, fe Mmperadore foffe ftato prefente, o fe ad Anolino foflè ftato noto, che Procolo era Vefcovo , corne il fopranominato dottifïimo Autore obietta, madi tutto cib niun cenno fi trova negli Atti. Nel fotterraneo délia Chiefa di S. Procolo confervafi tuttora antica lapida di marmo Greco, da cui il fuo corpo, infieme con reliquie de'Santi Martiri Cofmo, e Damiano, e di S. v.i»f. Martino, aflai tempo dopo fua morte fu XLIÎricoperto . L'infigne Ifcrizione principia con due imperfctti verfi, che fanno intenL

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167 DELL' ISTORIA DI VERONA UBKO SETT1MO. 168

dere, corne invecchib prefto il fanto Vefcovo fopra la terra, ma viverà inperpetuo nel Cielo . Quando fi tratterà délie Antichità Çriftiane, che in Verona abbiamo,

congettura proporremo del luogo, nelquale par verifimile, che il nafcondiglio foflê , ove co'pochi fedeli dicefi negli Atti, clv ei dimorava.

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FINE DEL LJBRO S ET T I M O.

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DELL ISTORIA

DIVERONA

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£6S3y|sf&g»ëp&ft El nuovo fiflema princi^^^SM^^^S^ piato in Italia da Dioff ^k^U^ml ^ cleziano, e ftabilito da m ^yK^^a H Coftantino, mirabil co|p ^l^ljfcj^ il fa fu, corne tutta queW[ ^ra^|2^^ |? ^a Parte> che ne* temvfc~pÉiPqB^r|) pi antichi politicamente non era italia, e non veniva perb comprefa fotto tal nome, diventaffe ail' incontro allora la Italia propria , e fola poi con tal nome venifle intefa. Dove ordina 1* Imperador Valentiniano al Prefètto del Pretorio di promulgare una legge per tutta Italia, e per le refont Urbi-1 carie, il nome di tutta Italia non abbraccia, che quefla Diocefi, e per regioni Urbicarie debbono intenderfi le comprefe da quella di Roma. Di fette provincie fu la Diocefi d*Italia comporta; Venezia, Emilia, Liguria, Flaminia e Piceno annonario, Alpi Cozie, Rezia prima, Rezia féconda. Dieci ne comprefe la Diocefi di Roma ; Tofcana edUmbria, Piceno fuburbicario, Campagna, Sicilia , Puglia e Calabria , Lucania e Bruzii, Samnio, Valeria , Sardegna, Corfica. C'è avvenuto di udir talvolta, chi da curiofïtà era prefo di fapere, perché mai a quefla parte fingolarmente il nome d'Italia fi trasferiffe, e rimaneffe diftintamente appropriato. Potrebbe creder taluno , che forfe per l'eccellenza , e ubertà, e popolazione di quefti paefi. Polibio, che ave?, viaggiato in tante parti, non dubitb d' anteporre le pianure trafpadane a tutti i paeû d' Europa. Per far' intendere la loro abbondanza, e'fertilità, riferl quantoa buon prezzo ci correffe il frumento, 1' - orzo, il miglio, il panico,e 'lvino;e quanta gran copia di ghiande dapertutto fofTe, onde i p0rci, de' quali per li magazini militari, e per vitto comune grandiffimo ufo 10 ogni parte fi facea, di qna foleano trarfi.

trarfi. poi, che la dovizia d* ogni cofa, e la félicita potea ancor meglio comprenderfi da quefto ; che chi viaggiava in quefte parti, entrando negli albcrghi, non pattuiva con 1' ofte partitamente d'ogni cofa, corne altrové faceafi ; ma chiedea folamente per quanto fi deffe alloggio, e trattamento, ch' è quello, che fogliam dire in oggi mangiare a pafto ; e per lo più gli ofti tutto cib, che occorreva, fomminiftravano per mezo affe, ch' era la quarta parte d* */?**'«* un'obolo, piccola moneta, e di rado ecce- *"' dean tal prezzo. Loda Polibio ancora in quefte regioni la moltitudine délia gente, e la bravura, e la bellezza de' corpi, e la grandezza. Strabone per contrafegno délia /;*- s* ,e bontà die'terreni diede la popolazione, e 1* ^C'JxV*» ampiezza, e ricchezza di quefte Città ,per ** »'»*»"- lo che diffe fuperare tutti gli altri d* Italia wç* quei Romani, che in effe abitavano ; e diffe ogni génère di frutto rendere in copia i coltivati campi, e tante ghiande avère i bofchi, che da'porcini cibi di qua portati •***»«*■ in gran parte fi manteneva Roma. Lodb ^L'/J. ancora la gran quantità del miglio , che P«> *tiper 1* abbondanza dell'acque viera, corne *"£ Ti grano che refifte , e in qualunque cafo fi conferva, e in penuria d'altri grani da famé affleura. L'abbondanza del vino diffe I conofcerfi dalle botti di legno grandi corne café, e notb Y afBuènza délia pece , délia quale ufï qui fi facean mirabili. Finalmente lato floridijjimo dell* Italia chiamb Ta- jjift. t. %. cito quello tra l'Alpi, eilPo; efiore dell* Italia t e foftegno dell* Imperb abbiam giàveduto, corne chiamb il tratto circompadano Cicérone; e non poterfi di leggeri mo- PM.J. ftrare in veruna parte Colonie più infigni di quelle délia Gallia cifalpina, e délia Ve- Strab.i.%* nezia, diffe il Geografo. Ove fi dà vanto '*"" Patercolo, d'aver ne'fuoi militari ufizj vedute le congrâtukzioni fatte a Tiberio per

tut te


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DELL' ISTORIADI VERONA

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*'•*• tutte le Gallie, e per la parte d'Italia celebratijftma, non d'altra fi pub intendere che di quefta, e diftintamente délia Venezia , ov'era ftato Tiberio più volte per occafionc délie guerre co'Reti, e co' Pannoni, e I co'Dalmati. Ma con tutto quefto nonèda penfare, che quinci nafcefie il denominare fpezialmente Italia quefta parte di effa, quafi prevaleflç a quella, dov'era Roma. Offerviamo adunquêprima d'altro,come l'intender con nome d* Italia quefte parti, e il cosi chiamarle talvolta affolutamente , non incomincib folamente çon la coftituzione délie due Diocefi, corne vien creduto, ma molto avanti. Nazario fcrive di t«P- 27. Coftantino , che 1' àver ricuperata /' Italia con la vittoria di Verona gli fece ftrada a liberar Roma. Vopifco dice, che i pofteri di Probo abbandonaron Roma, e in Italia preflb Verona, ed intorno al Benaco, ed al Lario fi allogarono. Plinio il giovanelodani.i.ep.iA. do Aciliano, patria, dice, gli è Brefcia in quella noflra Italia, che molto ritiene e conserva ancora deïï antica modeflia, parfimonia, e ;,î.f.io. femplicità . Gellio , che fcrivea in Roma, afferma d' aver veduti in Italia certa ibrte di ferragli fatti con tavole di quercia.. Tacito narrata la tranquillità di Roma nella guerra di Vitellio, pafla a dire, chelîltawfi. Ux. ija era fra tanto lacerata miferamente, perché i fbldati ogni fceleraggine commetteano in quefte noftre Colonie. Dove dice Plinio , che il Benaco è un lago d' Italia, e che il pioppo è albero d'Italia, e in più altri fimil paffi fêmbra non intendere altramcnte. Oflërvifi poi , che dagli Scrittori medefimi tutti qucfti pac/i vengono altre volte indicati col nome d' Italia trafpadana : corne pub vederfi frequentemente, talchè ]1 folo Plinio cosi glinomina forfe dieci volte. L'abbiam veduto anche in una lapida, e vi abbiamo altresi veduto Y una e Naîtra Italia per dir trafpadana , e cifpadana , Abbiafi perb per certo, che dall'ufo dicosi chiamar quefto tratto, venne poi quello di lafciar per brevità la féconda parola , e di dire Italia folamente,fottintendendotraf-; padana , o circompadana : in quefto fenfo ' Diocefi d'Italia fu detto. Non fi vuol tralafciare, che il nome d'Italia fu fingolarmente qualche volta appropriato alla Venezia noffra : cosi veggiam che fu fatto, quando al Sopraftante délia cafta publica, ch' era in Milano , fi diede nome di Prepufi» de? tefori nella Liguriay e al Sopraftante di quella, ch'era in Aquileia, {i diede nome di Prepofto de' tefori nelb Italia ; corne nel catalogo délie dignità dell' Imperio appa* ri/ce.

Non ha l'antica Geografia divifion dell*

Italia più univerfale, e più determinata di l

quefta in diecifette regioni, o provincie, che j;

abbiam poco fa recitate . Non ne hanno •

con tutto cib fatto cafo i dotti Geografî, per eflère flata fiflata nel fecol baflb; ma per defcriver 1' Italia fecondo le fue maflîme variazioni, tre diftinzioni, cioè in Antica, |

Mezana, e Moderna non baftano, e in più |

facce converrebbe metterla dinanzi a gli oc- .1

chi. Sarebbe da rintracciar prima quanto 'i

fi pub délia prima Italia , vale a dire di quel tempo, che Varrone chiambOfcuro , ed anche per la mifchianza délie fa vole Favolofo. L'Italia fu allora Etrufca, e Pelafga. Potrebberfi raccogliere i pochi nomi Geografici, che o negli Autori, o ne' monumenti ne fon rimafi. Tito Livioacagion d'e/empio ci ha confervato quello d'Adarnaham nell'Etruria, e quelli d'Anxur, e di Camars, che a tempi de' Romani furo- >

no poi Clujium, e Terracina, Sono di quella fchiatta Arezzo, chefuArez, Artena, pin Hadria , Aruns, onde i noftri Arufnati, Arnon, fi urne anche délia Moabitide , ed p-w \ altri. Corne la Geografia è un'occhio dell* \: .'. Iftoria, cosi quefti nomi, ed altri, che fi | fcopriflero, potrebber fêrvire di ficura fcor- | ta a rintracciar l'origine de'primi, che ad § abitar l'Italia fên vennero . In tal prima 1 defcrizione farebbe da partir 1' Etruria di § mezo in dodici parti, in dodici parimente I quella di là dal Tevere, e in altre dodici |^ per autorità di Strabone quella di qua dall' «•;■ V Apennino: già che gli Etrufci in ogni Iuogo ove fi portarono, cosi fi divifero; ben con cib dimoftrando il patrio iftituto , e di i venire da quelle parti, dove in dodici tribu s'eran divifi i difcendenti d' Ifmaele figliuol \ d'Abramo, e in altre dodici quei di Giacob- K i be. Délia parte di qua il nome di Felfina mi Ici ha confervato Plinio, che a tempi Ro- K mani fu Bononia. Sarebbe da far rifleflione >■:■ <W ancora a i molti nomi di luoghi, e di po- m poli, ch'ei dice più volte erano già da gran jf tempo mancati, e diftrutti ; cinquanta tre m ne recita, ch'erano ftati fblamente nel La- '-y'-'m zio antico, e de'quali orma non vera più. ^ ,.:m Non fi dovrebbe ancora lafciare inoflervato *»'• | : Solino. Ma Città, o genti Pelafghe deb- **? Î bonfi creder quelle, che in monete anteriori a i tempi Romani fanno i lor nomi in caratteri Latini, quali efler gl' ifteffi che quei de' Pelafghi, fi è da noi moftrato tratfan<lodegMtali primitivi, Sibari altresi, ealtrç Greche Città fi norainano in Plinio, e in altri, come già da immemorabil tempo fvanite. Da quefta parte. Greci, o Afiatici popoli venuti fin nelle incognite età, furono oltre a gli Etrufci i Veneti, o Euganei: Verona, Padova, Adria, Mantova

do-


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LIBRO OTTAVO.

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dovrcbbero pero in quefta prima Italia vederfi. Ma ficcome Étrufca la prima, cosi potrebbela féconda Italia peravernesigran parte occupata i Galli, chiamarfï Gallica. Ci moftrerebbe quefta lo ftato fuo ne* primi cinque fècoli di Roma, finchè i Romani prima co' circoftantipopoli, poi con altri d* Italia ftettero contraftando. Quefta vorrebbepartirfi per popoli ;molti ne rammentano gli Storici, che fe ben di piccol tratto, ruron Republiche da fe, ed ebbero lingue diverfe, e i nomi de* quali maggior parte dipoi fi fperfèro. Primi cardini di tal defcrizionedovrebber' efsere Polibio, e Tito Livio ne' primi venticinque libri. La parte di qua arebbea compartirfi traie ottogenti Galliche, da Polibio nominate, quali cominciarono a occuparla, mentre Romaebbe i Re, e diverfamente denominarono i terri torj, e i paefi. In efsa verfo quefta parte dovrebbero vedcrfi Brefcia, e Bergamo, corne da* Galli fondate : i Veneti ancora vi terrebbero il luogo loro, ficcomé délie lor terre non lafciatifi mai cacciare da' Galli, e vi comparirebbero parimente i Reti, che si gran parte de* paeû montant fuggendo da'Galli occuparono. Dell'altra eftremità, che fu allora in gran parte Greca,moite Città ci (on note , e popoli di gran nome non mancano, co' quali ebbero acerbe guerre i Romani. Terza Italia dovrebb'effere la Romana, cioè dopo che alla Republica di Roma fu incorporata tutta . Quefta è, che fuole intenderfi col nome d' Italia antica. In quefta ficcome da' Romani non divifa in governi, la confiderazione dee cadere partitamente fu le Città, le Colonie ofservando, e i Municipj, e le Prefetture. Rimafero bensi in varie parti gli antichi nomi délie regioni, e de* popoli, ma efsendo già fatta tutta 1* Italia una nazion fola, e fotto gl* Imperadori anche d'un'iftefsacondizione univerfalmente, alcuni di que* nomi fi obliarono, altri fi confufero. Tutta la parte di qua,o fu pur'ancora dettaGallia Cifalpina, o Italia trafpadana, e cifpadana ; e per diftinguerne i popoli tre principali nomi folamente fi ritennero, Veneti, Infubri, e Liguri. In quefta defcrizione le Città di nuovo fondate da Romani dovrebberoaggiungerfi, corne Aquileia, Cremona, Piacenza;e fingolar cura arebbea por« nel fegnare le più famofe Vie, quali per ^tta Italia a tempo de'Romani fi laftricarono. Potrebbefi volendo mettervi un cen• ^ella partizion d' Augufto in undiciRe|K*U, efpofta da Plinio, benchè niun' ufo

Tàn ' Ndlft Prima PQnc*fi û Lazio , e ^ Campagna; nella féconda Puglia , e

j nella quarta Sabini, e Sanniti: la quinta comprendea il Piceno , la fefta 1* Umbria, la fettima 1* Etruria, 1* ottava i Cifpadani, la nona i Liguri, la décima i Veneti , 1* undecima gli altri Trafpadani. Per quarta Italia convenebbe rapprefentar la Coftantiniana, ch' abbiam poco avanti de£critta,in diciafsetteProvincie divifa; e quefta con diftinta cura per effere la più fiflàta, e la più comune, e per dipenj der da efTa le pofteriori cofe, eflendofene mantenuta la notizia, e in certe materie 1* ufo anche ne* tempi barbari, talchè fi vede in Paolo Diacono, che fcrifTe quafi cinquecent'anni dopo, corne l'Italia pur cosi divideafi ancora, quando geograficamente fi ragionava , ne i nomi di quefte provincie in tempo de'Goti, e de'Longobardi fmarriti fi erano punto, o cambiati. Tal divifione, benchè in più parti variafte, e mutafle i confini, e alcuni nuovi nomi di Regioni ponefte in ufo, nel fbndo fu per6 1* ifteflà * che la rapprefentata da Plinio, e in undici parti parimente la vera ed antica Italia divife: ma fi amplio con tal regolazione il nome d'Italia grandemente, venendole allora attribuite l'IfolegrandiSicilia,Sardegna, e Corfîca, che nelle anteriori età non ficomputavano per Italia, ma per provincie ; ed altresi i paefi Alpini con nome d'Alpi Cozie, e di Rezia prima,e per ragion di governo anche una parte di Germania fino al Danubio con nome di Rezia féconda .

Incapo délie diciafsette Provincie I'autor délia Notizia mette la Venezia, a vendofatto principio da quefta parte. Bifogna avvertire, che nell' antica divifione la Région décima non folamente la Venezia comprendeva, ma come grand' appendici fue di là Iftri, Iapidi, e Carni, di qua Cenomani, e parte de i Reti. Cosi fu appunto nella divifion Coftantiniana, fecondo la quale quafi tutti i fudetti popoli fotto il nome di Venezia fi comprefero, o pure di Venezia, e d* Iftria ; fe non che dubitar fi pub, che ne fbfle efclufa Cremona, quai viera prima, e per autorità di Paolo Diacono vi fu inclu(o Bergamo, che prima non vera. La lunghezza adunque délia Provii^ia fu dall* ultimo termine dell'Iftria per fino ail* Adda, come Paolo attefta. Quelfiumela fepara- /.».,. I4. va dalla Liguria, cosi effendo impropria- "Jquei£ mente ftato chiamato il Milanefe nella di- v"„mfZ. ftribuzione diCoftantino. ScrifTe anche il teUtur. noftro Guglielmo Paftrengo nel fecolo del 1300, effer quefta la prima Prov'mcia dell' jeof;gg. Itala Jîefa dall' Adriatko fino ail' Adda.Ma. pag. 119. che il tratto dal Chiefio ail' Adda foffe délia Venezia per modo d* adiacenza, fi conofee

conofee


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DELL'ISTOR.ÏA D 1 VEIIONA

i;6

fce da Tolomeo, il quai difle de' Cenoma*J. *'?" n| i com' erano fotto la Venezia. In oltre, "o'IiTJi che fofle al Chiefio il principio délia Venetiav. zia propria, pare poterfi arguire da una lapida, che fi conferva a Bedizzolo, e fuquivi fempre, poco lontano dalla via maeftra d'oggi giorno, e dal luogo ove fi pafla il fiume. Fu quefta a onor di Valentiniano, e diValente dalla Venezia eretta ; edeli'efler*•• InÇ- fi in un villaggio eretta memoria onorifica divtta a gl' Imperadori in nome délia Venezia tutVenetia ta, non pare, ch'altra ragione addur fi pot f^oc"- faj fe non l'efserquivi ftata la fua frondera, e il primo Vico, che pafsato il Chiefio fi prefentava a chi per quella parte veniva in efsa. La larghezza délia Provincia fu tral'Alpi, e'1 mare, indi tra I* Alpi, e'1 Po; ne verfo il mare rimanea già circofcritta dalla prima délie foci di quel fiume, detto Veneto da Properzio, ma folamente dall' ultima chiamata Padufâ, fofsa, c palude, che s'appre/sava a Ravenna: il che dimoBeii. ftrafi da Procopio, edaCafliodorio, 1* uno Gotb. 1.1. e j. aitro de' quali dichiara, corne arrivava vJ'.t.ir. la Venezia fino a Ravenna. Per tanta eften*4. fion di paefe cinquanta Città attribuifce alEVITJV

alEVITJV Venezia quella Deicrizione in verfi giam«? «v, -*„- |jjcj c^, a]tri crecie di Marciano d'Eraclea,

VH v;. ed altri di Scimno da Scio. Bifogna avver*«f.

avver*«f. che in qucfto quarto fecolo di cui parliamo,

parliamo, Provincia comincib a dividerfiin

alta, e bafsa, o fia iuperiore, einferiore,

e a naminarli perb nel numéro de! più. Le

Gmt. Vénerie troviamo adunque in qualche lapi43î-

lapi43î- da, e in Cafliodorio, e in Sant* Ambrogio.

ut. 5. in Zofimo nomina l'una e /' altra Venezia; e

$n' nella Notizia fi nomina la Venez}* inferiore,

regiftrandovifiil/,r0f//77tfor delGineceo Aquileiefe

Aquileiefe Venezia inferiore. Giudicb il Pancirolo,

Pancirolo, per inferior Venezia s'intendeffedal

s'intendeffedal là; ma è credibile aiv

rivafle fino alla Piave, o fino al Sile: pero

il Paftrengo difle poi, che la Venezia era

dall' Adriaticoall'Adda, intendendo délia

fuperiore.

Infigne lapida abbiam nel Mufèo, eretta r r , da un Centurione délia Coorte prima di CittaXLiv. dini Romani Ingemti in onore di Cecilio GifiaRaitiai, co Vicelegato délia Provincia Rezia, e~ Vindelicff. ciay e Valpenina. E qui da oflervar prima,

corne tal valle non fi nomina, che in quefta lapida : quando non fi volefle credere cosi trasfbrmato il nome délia Valtelina, è facile, che s' intendeflero con tal nome i jfiju.x. gioghi Penini di Tacito, e 1* Alpi Penine di Plinio, che venivano a congiungerfi con le Retiche. Benchè nel marmo, forfeper errore, fia fcritto Poenina, con ragione neUb. iu go Livio, che tal nome fi originaffe dalpaffaggiq de'Peni, e d'Annibale. E allai più

credibile, che nella lingua degl'Itali primi- |

tivi tal voce fignificafl~e fommità, o cofaal- r, | tiflima ; e che quinci il nome d'Apennino, i.j," * e quinci rimafealla lingua Latina le voçidi r ' | pinnay e di pinnaculum. Percib nella più al- /,;., | ta cima dell'Alpi veneravan que' popoli il K | fimulacro d'un Dio (corne crediam debba JZ I leggerfi ) cui nome davano di Pennino per Cr*■■■.-. 1 teftimonio diTitoLivio. Il noftro marmo, J" 1 che nominando il Procuratore degli Augufii, Dt, * fi conofce pofteriore a gli Antonini, diftinguendo la Vindelicia dalla Rezia , moftra quanto fia falfo, che la divifione délie Rezie in Prima, e Seconda veniflè da Adriano, corne parve al Velfero; poichè Rezia Seconda fu detta la Vindelicia quando al Vicario d'italia le due Rezie fur fottopofte, con che la fua Diocefi arrivb fmo al Danubio, e la Città d'Augufta comprefe. Siccome diffe Plinio trattando dell' Italia, Lu eiîer difiicileper le replicate variazioni,poter fiflare le origini, e i fiti, cosi avvien moite volte nell' altre parti ancora. La Rezia fin ne' prim' anni di Tiberio arrivava T«4 già a confinar co* Svevi. In tempo di Gai- àf\. s ba era amminiftratada un Procuratore. Vi f-ilf fi tenea corpo di truppe ordinariamente, /!| Aie, e Coorti Retiche nominando Tacito, ed | Efercito Retico avendofi nelle Medaglie. Ma i non poco mette in penfiero l'efferfi trovata I la lapida del noftro Cifiaco Vicelegato del- 1 la Rezia, e délia Vindelicia a S.Fioranoin w Valpulicella. Difle Strabone, che arriva- |N vano i Reti fino ail' Italia fopra Veronz, e fo- ^JË pra Como ; e Dione, che tenevano fino ail' B Alpi Trentine proffime ail* Italia. Ma dovre» lié. M mo arguire da quefto marmo, che al Prefi- 1 de délia Rezia una parte del Veronefe fbf- i fe fottopofta ? che quella parte foffe vera- ■ mente tenutaper Rezia,lo moftra il famo- p< fo vino, di cui parlammo nel fine dell' an- K terior libro, il quai facea nel Veronefè, e m; fi dicea Retico : ne com ' altri ha penfato, pub m crederfi, che cosi fi chiamafle per eflèrfi B fatti venir dalla Rezia i tralci dell' uve, nel m modo che a cagion d'efempio fi chiama Ca- Il labrefe un vino, che fa in Sicilia; poichè 1 non par credibile, che fi fbfsero cercate uve I nell' Alpi. Che il noftro diftretto parte fof- f fe computato co' Reti, e parte co' Veneti, fembraindicar Plinio, il quai forfe non dell' origini ma del fito jntefe, quando difse çffèr Verona de gli Euganei, e de'Reti. Ma la porzion di Rezia, çh'era in Italia, oche ail'Italia era contigua, ed annefsa, niente avea che far co' Prefidi anticamente, onde Trente, e Feltre furon di ragione délia Région décima; e non è poi da dubitare, ch' anche nella divifion Coftantiniana délia Venezia non fofsero. Or corne dunque a ua

Pre-


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LIBRO OTTAVO.

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Pi-cfidc délia Rezia Ligurio Centurione eruna lapida nel Veronefc? Pub crederfi, che ficcome in oggi différente è la difpofizion del fecolare, e dell'ecclefiaftico, cosi allora altra fofse talvolta quella del civile, e quella del militare; onde in quefto cafo benchè il paefe dal Vicelegato délia Rezia non dipendefse, ne dipendefse pero quella Coorte, ch'ivi allordimorava, e il Centurion délia quale tal memoria fece.

Gran piacer farebbe, fe poteffimo qui ornare l'Iftoria noftra con la ferie de' Governatori di quefta Provincia ; ma niuno poffiam'ora aggiungerne a que' pochi, che in piccol Iibretto accennammo già cosi in fretta. Di Giuliano Correttor délia Venezia quando tal Magiftrato era flraordinario, s' è parlato avanti. Non è fconvenevole d' accoppiar con efso Anolino, autor del Martirio de* noftri Santi, efsendo credibile che col medefimo grado fbfse mandato in quefta Provincia. Ma dopoil nuovo fiftema confidereremo prima, corne tra le Confolari vien regiftrata dalla Notizia; benchè 1* ofservare, che in ognuna ora furon Confolari, ed or Correttori, faccia conofcere , 5 corne tal variazione era fpefso accidentale, ed è credibile dipendefse afsai dalle condizioni del Soggetto, che andava in governo. De' primi fra' Rettori noftri inunalfcrizion del Panvinio ritroviam Mecio Placido, il quale imperando fbrfe ancora Coftantino, fu Correttore délie Vénerie>e dell' IJlria ;Perfbnaggio de'primi dell'Imperio, mentrele dignità foftenne ancora di Prcfètto del Pretorio,e nell'anno 343 di Confole , corne s' impara da più leggi delcodice Teodofiano, e da Cafllodorio. L'anno 36s era Confolare délia Venezia Floriano, a lui efsendo ftata diretta una legge di Valentiniano, e Valente. Intorno aï 380 fuin quefta dignità Valerio Palladio, Confolare délia Venezia , e dell'IJlria chiamandofiin efimia lapida,che fu fempre in Verona, ed ora abbiam nel Mufeo. A coftui debbono faper grado, e grazia i Veronefi per la cura , e zelo, che moftrb nell'ornamento délia Città , efprimendofî nella lapida, cornemoflb dalla félicita de' tempi degl* Imperadori Graziano, Valentiniano, e Teodofio , fece trafportare, e collocare nel frequentatiffimo luogo délia piazza una Statua, che nel Catnpidoglio noftro giacea da gran tempo a terra. • L* Autore délia bella raccolta délie MedagVie de' tempi baflî moftrb d* aver dubbio fopratale Ifcrizione,alla quale non cèche opporre; ma nacque il fofpetto dal non eflerhaccorto, chej nel Gruteroèftata malamente congiunta con altra,e riferite ambedue corne una fola :di qua anche nacque l'errore *>. illuftr. Parte l

in altri di citar quefta lapida corne di Sarmione, quafi in Sarmione avefle potuto effer Campidoglio. Un altro de' noftri Rettori pare ci venga additato da un marmo, poco lontano da Verona fcavato non ha gran tempo, col nome di Pomponio Cornelia- v.inf. no Confolare. Vera cofa è, che non fi efpri- x^r* me Confolare délia Venezia ymz il Titolo de* Confolari nel codice Teodofiano intende di Provinciey benchè non l'aggiunga,e perCo»- folarità tal dignità s'intende quivi nella prima legge : il luogo, dove il marmo era pofto , facea forfeintendere di quai provincia. Confèrmafi tal congettura dall'offervare in queft'Ifcrizione un particolar genio di raccorciare i nomi délie dignità, poichè corne Confolarefenza dichiarare diqual provincia, cosi dicefi in effa Curator di Republiche fenza efpri mer di quali.

Ora due altri de' noftri Prefidi metteremo in lifta non folamente d' anno incerto, corne il fopraddotto, ma ancora di nuovo titolo. Sarà l'uno Cornelio Gaudenzio, il quale Conte, e Correttore délia Venezia, e v.inf. dell' IJlria dicefi in due lapide dell' ifteflbte- XLylL nore, e dell' iftefla contenenza già da noi oflèrvate in Brefcia : e farà l'altro Nonio Vero , il quale oltre ail' eflfere ftato Protettore de' Modanefi, degli Aquileiefi, de' Brefciani, e di tutte le Città di Puglia, e Calabria, délia quai provincia fu Correttor due volte ; fu ancora Conte délie Vénerie e »• inf. deiï IJlria. L* ifcrizione è fcolpita nella grand* yf^f*}' arca fepolcrale di Marciana moglie di No- rum « nio Vero, dalla quale trafllmo già, e publi- JJlr'"fC«m cammo alcune emendazioni alla ftampa del Grutero, ed ora 1' abbiampofta in ferieinfieme con la précédente per la fingolarità del nome di Conte, che tra Prefidi d'ItaI lia unicamente dato al noftro délia Venezia fi trova in quefte due lapide. Curiofa riufcirebbe la genealogia di quefta dignità, fe fofle qui luogo di teflerla a diftefo . Cornes per fe non altro vuol dir che compagno. Fin da' tempi délia Republica cominciaronoad eflere in diftinta confiderazione i miniftri intimi dichi andava a regger provincie:Comiti y 0 fia compagni, e coadtutori de* publia ne- aj n go^j gli chiamb Cicérone, e biafimb altro- />«. /. 1. ve i Prefetti, i Comiti, e i Legati d' un j£:f*; fr°" Prefide. Ordinb Giulio Cefare, che niun adiutont figliuolo di Senatore viaggiaffe, fe non foffe ®£ { contubernale, overo Comité, cioècompagno d' tp. i. aie un Magidrato ; dove appare, che i Co- Svet. c. miti avean grado diftinto da i femplici con- **^"' viventi. Ridotta la fomma délie cofe in un vugifolo, molto maggiorluftroacquiftaronquel- fi"*"* li, che infieme convivendo eran fempre proflimi alla perfona del Principe, in varii ufizj diftïibuiti. Dal decoro Romano fuM

fuM


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DELL'ISTORIADIVERONA

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ron generalmente chiamati Compagni, c Comitatus, cioè Compagnia, la raccolta loro, indi anche il luogo del lor foggiorno: Conti y e Corte fu poi detto in volgare, e Cortigiani altresi. Compagno di Tiberio tra i titoli dell' altre dignità fi vede chiamato. Cf»r.447. Un perfbnaggio in lapida Brefciana.Si legTifcHf' gedi Claudio, che per la fua timidità faSvet.cij. cea torre gliftilida fcrivereaqualunque de* Comiut fuoi Comiti da lui venifle. A Galba oppo« atqueii- ne Svetonio, che tutto lafcio fi vendefle, berm. e la giuftizia ancora da fuoi Comiti, e da fuoi liberti. Am'tc't gli chiamb lo Scrittor taP- *' medeûmo, ove difle di Tito, avergli eletti tali, che anche i Principi, che a lui fucceflero, gli confermarono. Di Adriano fcriffe l'autor délia fua vita, che nel giudicare m»amU» volea il conûglio non folamente degli amifcJmir'et c*> e de'Compagni, ma ancora de' Giuriffaium&e. confulti : di Lucio Vero Capitolino ,che a fjTret'n- re8Ser *e provincie mando i fuoi Compagni : 4»i 4,dit. di Severo Alefiandro fcriffe Lampridio, non aver luifàtto ingiuria maiaverun de' Compagni, edamici. Andô crefcendo fempre il numéro,e la ftima di coftoro, perch' erano più degli altri impiegati nelle maggiori cariche d'ogni génère \ finchè Coftantino vaVie.Conf. r-te dignità inventando, corne dice Eufebio , ' 4' in tre clafli gli diftinfe, onde poi fur detti

Conti del primo ordine, del fecondo, e del terzo ; e dando tal nome, e grado anche a molti meritevoli, benchè non foflèro di fua Corte, nuovi titoli pofe in ufo tratti dagli ufizj non folamente palatini, ecivili, ma milnari, e di governo. Qiiinci furono i Conti del Conciftoro , e i Vacanti, che c. Th. fenza carica precifa meritavano effer Comiti VafTi del Palazzp. Quinci i Conti, ch'era corne dir Sopraftanti, délie cofe Private, délie Rimunerazioni, délia Stalla, del Veftiario,délie Sacre ,cioè Imperatorie, largizioni, del Patrimonio, del Commerzio , de' Metalli , délie Forme, cioè degli Acquedotti, délie Cloache, délie rive, ed alveo del Tevere, e più altri. Fu altresi nome di governo, onde un titolo fi ha nel Codice lib. 6. Teodofiano, de' Conti, che reggon provincie\ c Tb e cosï chiamaronfi alcuni Vicarj di Diocefi, di Accus, corne il Conte délie Spagne, e il Conte d* Ub. i. Oriente, del quai perb dice Zofimo, corne lib prefedeva a tutti i Rettori di quelle provin'

provin' cie, quai furon quindici. Ma più fovente fu nome di militar dignità, onde i Conti delt>. Norh. laCavalleria, edell'Infanteria domeftica, »•c- Tb- e il Conte del Militare nell' Africa , e per 1.17.#. i. !• Egitto, e il Conte nell' una, e 1' altra Germania mentovato per Ammiano; ch'era quanto dire Çomandanti dell' armi in quelle parti : e perché le truppe erano per lo più difpofte prefîb a' confini, Conti de'lim'tti furon

furon moite volte fpezialmente in Occidente, dove otto ne annovera la Notizia, e tra quefti il Conte d* Italia, il quale comandava nel tratto lungo 1' Alpi. Incliniamo pero a credere, che i noftri due Conti ''

cosi foflèr detti, perché aveflero nell* iftef- . ' fo tempo, e 1' ufizio di Prefidi, e quello di ,.».' Çomandanti délie milizie, il che nonèfen- il zaefempio, oflervandofi nelle leggi unSil- j).; ! vano Duce, e Correttore nella provincia '•»: Tripolitana, e un Matroniano Prefide , e ;$

Duce in Sardegna ; e il Conte di Galazia t!-, I deputato ugualmente al militare, e al civi- A | le. Anzi è credibile, che il Conte délie Ve- ' ; ;l nezie fbffe allora l'ifteflb, che il Conte d' Italia regiftrato nella Notizia, eflendoquefti i limiti in quel tempo più efpofti, e da quali pero fi potea prender la denominazione. La Republica Veneta ritiene tal nome ancora in alcuni de" fuoi governi, e ferva iv 1* iftituto antico, e Romano, con annovera- B'J re tra' fuoi Rettori il Conte di Grado, il 0* Conte di Pola, il Conte di Zara. Or final- \ ,0 mente quefti foli de' noftri Prefidi fi fbn po- \ tuti raccogliere de'tanti, che nello fpazio I ,di fopra dugent' anni ci vennero , eflèndo I fino a gli ultimi refpiri dell' Imperio Roma- | no tal'ordine di governo continuato. Con- I-'* tinuato in fatti fino al fefto fecolo ravvifafi 1; »•< fingolarmente in Cafliodorio, che dà la for- I mola del diploma , con cui fi fpedivano m.. allora i Confblari nelle provincie , e con K s cui vi fi fpedivano i Conti. Vs,mjà

Le ultime noftre appellazioni in alcune lc''B caufe più gravi non andavano al Vicario d' m* Italia, ma a Roma . Leggedell' anno 357 Kj impo(ê , che quelle nominatamente délia B Venezia ricadefiero al Prefetto del Preto- cii' rio, avendo in efle pretefo il Prefetto di "; M Roma : délia quai difputa fi vede contra- h"wÊ fegno fino in tempo dell' Imperador Taci- F(,K to ; poichè nell* Epiftole dal Senato Roma- FkWfrno allora fcritte fi fa menzione con gioia K dell'eflèr ritornate al Prefetto di Roma le w appellazioni tutte dallefentenze dc'Procon- m foli,e d'altri Giudici. Si fcorge inSimma- /4,I| co verfb la fine del quarto fecolo andata al ' gf Prefetto del Pretorio l'appellazione d'una 1 caufa, che vertiva per gli granaj d'Aqui- | leia. Ma quefto efïèrfi negli ultimi due fe- |" coli Romani amminiftrate in forma di Provincie le regioni Italiche, non diftruffe punto l'antica idea Romana, in quanto riguarda il lafciare, che fi reggeffero le Citta da fe, e per li proprj Cittadini. Prefetti, o Vicarj non fi mandarono fe non corne ufizio militare, e per comandar prefidio. Prefetto di Verona moftra Petronio Probo un vi" G>»» luppo d'Ifcrizione ftampata in più forme , '■ che abbiam veduta in raanufcritte raccoke

con


I8I

LIBR.O ÔTTAVO.

i8z

C0I1 Jiyei-foprincipio, e con diverfo fine, e fenza la Prefèttura di Verona, che per far noftro an tanto Perfonaggio fu aggiunta. Vicario di Verona parve di vedere al Gottofredo in due leggi di Valentiniano , jore Verona è il luogo ove fur date, e il Vicario è queilo délie Spagne, a cui fur trafmeffe, e che le publicb in fronte aile lue flefle lettere, con cui le avea richiefte : quefto pare il fenfo délie parole Premejfa aile lettere del cbiariffuno Vicario ; ne le lettere furon del Vicario di Verona, come anche nella Topografia, e nella Cronologia con isbaglio (i aflerifce. Prefètti aile Città poterono anche mandarft talvolta , come lo Storico Dione dice efler lui ftato di Pergamo, e di Smirna in tempo di Macrino ; ma per motivi nati, e come ufizj ftraordinarj, il che ben fu conofciuto dallo Spanemio. In quefto modo potrebbe fpiegarfi il Prefetto di Nerone, che fi vede in lapida Brefciana; ma è più facile debba intenderfi d' altro grado, o particolare incombenza da colui fotto Nerone avuta . Curatori ebbero bensl le Città anche in antico, come abbiam veduto fu il noftro Gavio de' Vicen• tini, e furono altrove più altri, iqualiper 4. alcuna particolar ragione fi dieder talvolta I aile Città dagl' Imperadori, appunto come i Correttori aile regioni, onde d* uno dato a Bergamo da Traiano fi fa menzione preflb il Grutero; ma per altro era Magiftrato municipale. Il minifterio fuo moflra Arcadio Giurifconfulto, ch' era principalmente di raccoglier le publiche rendite délie Città; e il nome dato d queft'ufizio in Greco, infegna, corn'era fua cura il tenere i conti. Aflai cambib poi tal carica, come fi vede nelle formole di Cafiiodorio; ma in fomma durb fempre l'ufo, e 1* autorità de* cittadinefchi Magiftrati, quefto folo eflendofi di nuovo con le nuove regolazioni in Italia introdotto, che veniva in ogni Città il Prefide a findicarne il reggimento, e a tener ragione. Veggonfi perb di continuo nelle leggi di quefte età Decurioni, Duumviri, Curiali, e«Magiftrati di giudicatura, un de* quali formavaû in alcune Città dalli Dieci Pr'mi Giuridkiy de' . quali fa ricordanza Giulio Firmico. Ma prefcindendo da" difordini, de' quali faremo in altro luogo menzione , continub altresl la capacità di tutti gli onori, e il riputar Perb ciafcheduno Roma la patria fua. Roma f la noftra comune Patria fcrifle con gli altri Giurifconfulti Modeftino, il quale arrivo ail» età de' Gordiani : comune Patria chia[■ maronla parimente Teodofio, ed Arcadio . in una legge . Claudiano , che viffe nella <•. nne del quarto fecolo , e nel principio Ver. Illujir. parte l

del quinto difle di Roma , come fola fu , che ricevefle i vinti nel grembo, e cit- £?»'• tadinizafle i vinti, ed a lei doverfi, che StQ^,'a' niuno era ftraniero, e l'efler tutto il mon- cunm do una gente fola . Rutilio Numaziano %%„""* nell* ltinerario 1* anno 416 compofto cosl p&b a Roma: tufacejli, che avejjero le varie genti una medefima patria: giovo <vpopoli /' efler da te vinti , e dominât/ , perché ammettendogli in confor^io teco , facefli diven- V'tm^ tare il mondo una Città Jola . Scrifle Sido- priùr 0rnio finalmente, che Roma era patria del- l'itérât. la libertà, Città di tutto il mondo, e nella -I'^' quale i foli barbariy cioè non comprefi nell' Imperio, ed i fervi eran foraftieri; mentre quefti due foli generi di perfone rimaneano efclufi dagli onori. Non Ci fmarrï adunque mai del tutto in quefta parte almeno l'antica maflima, per cui Roma era divenuta capo dell' Univerfo ; indubitato eflenche non ail' arte militare, non al governo mifto , e non a quanto altro fi è faputo fpecolar da molti, ma 1' aver fignoreggiate tante nazioni , e la miglior parte del mondo allor conofciuto ridotta fotto il fuo impero, dovettero unicamente i Romani alla lor maflima particolare , différente da quella di tutti gli altri , di voler compagni anzi che fudditi , e d'intereffar tutti nella fua grandezza con ammettere in focietà, componendo una Republica univerfale , alla quale per 1' oneftà délie condizioni, e pêr la comunicazione del grado , giovava 1* efler fubordinato , ed era vantaggiofb a tqtti l'efler foggetto.

Ma poichè fi formb délia Venezia noftra una provincia ail» Imperio, e poichè Governator le s'impofe, fecondo le moderne idée curiofità tofto nafce, di fapere quai Città ne fofle la Metropoli, e quai fofle dichiarata da Coftantino di tanto, e cosl nobil paefe la Capitale. Più motivi non mancano d'aflerir tal prerogativa a Verona;ma veramente ne Verona, ne alcun' altra Città fe ne pub dar vanto, perché ufo non fu de'Romani di fiflare nelle lor provincieuna Capitale. Quefta verità accennata già da noi di fuga diede maraviglia a molti, parendo contraria ail' idea comune, e a gl* infiniti Autori, che d' ogni paefe continuamente ricordano le Capitali. Non è ne pur quefto il luogo per trattar di propofito una cosi ampia materia; ma tanto ne diremo folamente,che bafti a far ben'intendere la quiftione, e a far con quefto ceffar le maraviglie di tal fentenza. Non crediamo irragionevole, ne intempeftivo il diffbnderfi alquanto in tal propofito, perché quefto è punto per l'Iftoriaantica d'ogniÇittà, c M z d'ogni


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DELL' ISTORIADIVER.ONA

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d'ogni provincia effenziale. Toccammo nel quarto libro la confufion che nafce dagli Scrittori per la perpétua contradizione, che fembra d'incontrare in efli, volendo, che quefte parti nell'ifteflb tempo foflero Italia, » non foflero; e avvertirrtriHgM||^^lnodo interamente fi fcioglie, con^B^Bjfce diftinguer 1* Italia naturale , e geografica dall*Italia légale, e politica . Con 1* iftefla facilita fâremo ora comprendere,come tante Città chiamate Metropoli anticamente , eran Metropoli nel medefimo tempo, enon erano ; cioè con avvertire, che non bifbgna confondere Metropoli regionarie, e nazionali con Metropoli Romane, e di reggimento. Ogni paefe ha fémpre avuto un maggior luogo, ogni regione una Città più grande, ogni nazione una più famofa dell' altre, e più popolata, e più ricca: in quefte fi tcnea per lo più da quel popolo il comun Configlio, in quefte fi ragunavano pertrattar degli aftari aile lor Republiche, e Comuhanze fpettanti ; in quefte furon gli edifizj più fplendidi, e fi celebrarono gli fpettacoli più fontuofi; a quefte facea capo il comrnerzio mercantile, e il concorfo, e di quefte intendono i Geografi, gli Storici, e gli altri Scrittori, e non meno le Medaglie, e gli altri monumenti, quando nominan Capitali, e Metropoli. Ma non di primati fpettanti aile cofe intrinfeche e proprie loro fi tratta, quando ccrcafi , fe le provincie Romane aveflero , corne ne' governi d'oggi giorno veggiamo, la Capitale . Quefta non è quiftione di Geograha, ma di governo Romano; e fta beniflimo infieme la grandezza di moite antiche Città dell' Imperio, e la dignità Metropolitica, che avean ne'lor paefi, col non eflerfi decretate da* Romani per centri dell'amminiftrazion loro nelle provincie , ne per fcdi del reggimento. Il comuniffimo equivoco di confonder cofe tanto per fe diverfe ha radice in altro, del quai perb ci conviene favellar prima.

Mirabil cofaè, corne fîano ftate confufe

finora le provincie Romane con le geografiche,

geografiche, nazional». Provincia Romana era

un tratto di paefe arbifrariamente fottopofto

fottopofto annuo governo d' un Prefide . Nel

coftituir perb le provincie non prendeano i

Romani regola dalla Geografia ; ma or di

moite regioni, o geografiche provincie una

délie loro compofero, ora ail' incontro d'

una provincia naziônale due o tre governi

fècero, ed ora con la meta d'una regione,

e con la meta d'un'altra, e di più pezzi,

e di varie dimezate genti una provincia fbrmarono.

fbrmarono. quefte erano poi ftabili, ofiffe,

ofiffe, dagli accidenti,dâll'arbitrio

accidenti,dâll'arbitrio e fpeflb dalla forza de'partiti, odal merito de' Perfbnaggi, che le faceano di tempo in tempo ampliare, oriftringere: il perché Strabone notô nel fine dell' opéra fiia, corne da* Romani fi divideano i paefi fecondo le occorrenze; e noto nel principio del libro quarto, come ufizio del Geografoera diaver riguardoallenaturali coftituzioni de paefi, e aile varie genti,non aile provincie Romane, che venivano fecondo occafione diverfamentecoftituite. Or poftocibeome potremo credere, che le Metropoli regionarie, e nazionali foflero altresï Capitali délie provincie Romane, quali eran cofa tanto diverfa ? e come farebbefi mai potuto fifiar Capitali in provincie, ch'erano cosi varie, ed incertc? Provincia di GiulioCefare acagion d'efempio furon le Gallietranfalpine,la Cifalpina noftra,e l'Illirico:quale in grazia diranno effère ftata di cosi fatta provincia la Capitale? Quella di Lepido comprefe la Gallia Narbonefe,e la Spagna citeriore, benchè da' Pirenei divife; quella di Setlo Pompeo comprefe la Sicilia, la Sardegna, e 1* Acaia, benchè frammezate dal mare. quai Città dovea mai ftabilirfi per Metropoli di cosi ftrani complefli di paefi ? La Cilicia, che fu poi diftinta in due provincie, quando fu retta da Pompeo, ebbe annefla la Bitinia ; quando da Caio Soflio la Siria: in quel tempo adunque le Metropoli délia Siria, e délia Bitinia dovean cercarfi in Cilicia. L'anno, che ne fu Prefide Cicérone, e Bitinia, e Siria fur provincie da fe, ma ail'incontro nella provincia di Cicérone fu comprefa 1* ifbla di Cipro, incorporata alla Cilicia anche fotto Appio Claudio, e fotto Lentulo, con che la Capitale di quella grand' Ifola farebbe ftata in Cilicia, come affai tempo per l'iftefla ragione quella délie Baleari nella Spagna Tarraconefe. Ne fi credefle, che le provincie Romane diventaflefo fifle , e ftabili fotto gl' Imperadori, poichè ail* incontro le andaron' efli a lor talento moite volte ora ampliando, ora riftringendo, ora in altro modo variando» Diocleziano le impiccolï poi fuordi mifura,come abbiam toccato. Bell' efempio ci fomminiftra un' Ifcrizione dell' eflerfi fecondo 1' ufo antico pel merito del Perfonaggio variata, ed ampliata una provincia in Italia fin prefto al quinto fecolo. La lapida fu eretta nell'anno 399 in onor d' Eufebio Conjolar dell* Emiliay dicendofi di lui, che a riguardo délia fua v'tgtlan^a,edélia giujli%ia fu aggiunta alla fua provincia anche la Città di Ravenna, che pareva, o che era prima Capital d' un' altra, cioè del Piceno. Ravvifafi da quefto marmo ancora, come Ravenna era bensi Metropoli regionaria

regionaria

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ria délia Flaminia, e del Piceno, ma non Romana, poichè in tal cafo per accrefcere la provincia Emiliaogni altra parte fifarebbe certamente prefa délia proflîma Provincia , ma non mai la Capitale del fuo governo, perché cib non fi farebbe potutofare fenza turbazion grandiffima. Quantemutazioni faceflè fin Giuftiniano nelle Provincie, appar dalle fue Novelle . Or' ecco in fomma, corne variando le provincie Romane di tempo in tempo, fè aveflero avuto Capitali , farebbe convenuto parimente altre Città andar degradando, ed altre coftituendo, il che farebbe ftato neceffario d'efprimere d'anno in anno nell' ifteflb decietar le provincie, e nel creare i Prefidi: ccco altresi, corn' erano ben fovente le Romane tanto bizarri compofti di paefi , che ai fubordinargli a una Capitale, non ci farebbe ftato modo : ed ecco per fine corne tanto différend effendo le Romane provincie dalle Geografiche, e nazionali, non convien credere, che foflèro, ne poteflero eflèr fempre anche Metropoli Romane, e di governole regionarie Metropoli, onde nonbifbgna confbnderle infîeme, ne argomentare dall' una fpezie ail' altra. Separate quefte idée, non recherà più maraviglia, ne farà difficoltà veruna il veder più. Metropoli in una Provincia, nel che grand* uomini arenarono più d* una volta ; poichè ficcome la provincia Afia per cagion d'efempio comprendevalonia, Eolia, Lidia, Frigia, Mifia, Caria, ed altre regioni, o geografiche provincie, ognuna délie quali fua Metropoli avea, e in alcune délie quali più Città pretendeano d'efTerne, e difputavano per tal prerogativa ; cosi non due o tre folamente, ma numéro anche maggiore di Metropoli potrà facilmente in una provincia Romana incontrarfi. Nel catalogo di Gerocle , raccolto come fi potè da i Mfs di Roma per 1* Olflenio , nella Provincia Acaia retta da Proconfole, oltre a Corinto nome fi dà di Metropoli a Tebe di Beozia, ad Atene d' Attica, a Lacedemone di Laconia, ad Elide d'Etolia. Non fi pub dire quanti eruditi edifizj per non eflerfi tra quefte cofe diftinto, pofino in falfo: non fi piib dire quale aggruppamentod'equivoci,e quantaconfufion d'idée ne fia nata tal volta in autori per altro dottifilmi, e dell' ecclefiaftica, e civil gerarchia, e délia facoltà légale, e in KUteria di cronologia, di geografia, di lapide, e di medagliegranprofe.(fori,emaeMa

medagliegranprofe.(fori,emaeMa nel governo délie provincie loro n?n fifialfero altramenteuncentro i Romam> e non coftituiflero in efle,come modernamenteèinufo, una Capitale, il dimoLIBRO

dimoLIBRO

186

ftreremo, o per meglio dire lo accenneremo ora compendiofamente. Noi veggiamo oggi giorno, come nelle provincie, che fono membri di maggior dominio, una Città fuol prefiggerfi, nella quale ftabilmentefoggiorni chi regge, e nella quale i Magiftrati fupremi rhèdano. Due pero vengonoad eflere gli eflènziali coftitutivi d' una Capitale : refidenza ordinaria del Governator délia provincia, e fêde ftabile del tribunal fupremo, e deffinitivo. Quandoadunque fi facefse vedere, come a que' tempi non in una fola, ma in più Città d'ogni provincia quefto s'inalzavaje come quello tantoeralungi, che aveffe Città prefcritta per fua dimora, ch' obligo ail' incontro avea di non fermarfi molto in veruna; chiaro farebbe, che del tutto diverfo dal moderno era il reggimento Romano, e che Capitali di governo non V erano. Ora che non s'imponeffe a' Romani Prefidi, come a' moderniGovernatori, di rifedere in una aflegnata Città , fi fa chiaro in primo luogodal nontrovarfi di tal coftume, o di tal legae ne' mo'

mo'

numenti, o ne' Scrittori veftigio; là dove degli altri obligbi loro menzioni li vcggono replicate. In pochi Autori folamente tutte eu. Au. le feguenti ordinazioni intorno a' Prefidi of- '• 3-.M* fervar fi poffono : che non partiflèro aa Ro- CnàtJ ma,prima che le Provincie loro fbfleroOr- vr*. nate;cioè a dire, decretatadal Senato lalo- çjr'c[\x, ro eftenfione , le milizie, il danaro , i Comiti, il viatico, i miniftri ; che non poteffero amminiftrar per foftituti, ma portarvifi perfonalmente; che doveflero aver fe- / 7. co gli Aiutanti, e miniftri dati dal Publi- App. dv. co; che regolarmente il reggimento non du- * *' rafle più d' un anno; che non poteflerocomperare, o acquiftar nulla nella Provincia, cu.Vtrr. fe non qualche fervo per foftituire a' mortij 6. che non poteflero metter piede fuor délia D{o[ Jg Provincia,ne aveflero autorità fuor diefla; eu. in che non doveflero fpogliare, o maltrattare '• i Provinciali, reftando a quefti libero adito d'accufargli, e di fargli condannare, fe avaramente, o fuperbamente portati fi fbf fero; che nell'andar girando la Provincia, come quafi di continuo faceano, fbfferoin ogni luogo ferviti di cafa per alloggiare con C{e fieno, legne , ed altre cofe più neceflarie; t.5.èp.i6. che non arrivando il fucceflbre, non partiflèro fenza lafeiar Vicerettore; che arrivato il Aul£m fuccefsore non potefsero trattenerfi più di /[V ™' trenta giorni nella Provincia ; che dovefsero prefêntare i conti del publico denaroall' F-»"»- l-iErario in Roma, e in due Città délie mag- %'a*\i^ giori délia Provincia. Queft.'ultimacoftitu- I9. «n/ezione rende ben chiaro, che non vera nel- g™*{™w le provincie Città capitale per governo, in videb.m« cui farebbe ftata la Cancelleria, e l'Archi- t«r.

vio,


i87 DELL'ISTORIADIVERONA

vio, ne farebbe rimafo in libertà di depo I fitare i conti in altre Città pur che fofsero délie grandi. In tempo di Tiberio voile Tac.Ann. Cecinna far decretare in Senato, che non fi '•3- potefsero condurre in provincia le mogli, ma

non fu rieevuta la fua opinione . Se prendiam permano ilcorpoCivile,intorno a'doV.iib. i. veri de* Prefidi in tre foli Titoli oltre a cint.\6.et quanta leggi ci fi prefentano, niuna délie Cod-i'b.\. quali refidenza impone in una Città più che *• 40. in altra; ma ben s'impone loro alHncontro d' andare in tutte, e in tutte efaminar la condotta de' lor Magiftrati, e l'amminiftrazione délie lor rendite ; vifitar le fabriche publiche, e far condurre a fine le incominciate a mifura délie fbrze d'ogni Città; offervare i magazini de' grani, e far perquiiizion de i delitti:con che ben fi manifefta, corne impoffibile fi rendeva il poterfi trattener molto in veruna. Quindi è , che il fermarfinella Metropolinazionale non fiafçriveva amerito, ma a delitto. Di queflo Cicérone accufa Verre Pretor di Sicilia più d* una volta, e nelle fettima invettiva, amaramente lo déride, perché pafsava il verno i/ie honus in Siracufa ; e poco dopo non meno, perché imperotor V1 pafsava il più. caldo tempo délia ftate. mtnjibui non girando, e non viaggiando, com' era &f- fuo dovere, fe non in tempo dolce . Vera

cofa è, che nell' inverno conveniva perforza fèrmarfi, ma non fi pub infêrir da cib refidenza pertutto l'anno;e tanto più,che in arbitrio de' Prefidi rimanea la fcelta del luogo, e che fpefso fi dividea da efli quel tempo ancora. Cosl del Legato Confblare m, 3. délia Spagna Tarraconefe dice Strabone, „• Aytitmi che fvernava ne* Ittogbi maritimi, e principalil'vlf'é'f- mentein Cartaginey e in Tarracona, tenendo quivi ragione. Cicérone mentr'eraProconfole di Cilicia, girb fempre qua e là, corne fi vede dalle fue epiflole, e fblamente per due mefi e mezo d'inverno trattennefi non in Anazarbo, o in Tarfb,ch' eranole principali Città délia Cilicia, ma in Laodicea, che fu un' accidentale appendice délia fua provincia, cioè una di quelle Città d" Afia che le furono quell'anno aggiunte, tra le quali ancora molto maggiore, e più fplentib. i». dida Città era Apamea, corne da Strabone s'impara. In Laodicea ne pur' era Pretorio, o fia Palagio publico, onde CiceroF4/W./.13. ne *n ca^a d'un fuo benevoloprefeofpizio. tf. 67. Coslnonera a Smirna nell* Afia, benchè fe ne chiamafse Metropoli, onde andatovi Antoninomentr'era Proconfble,in cafàdiPolemone afsente fi pofe, e ne fu fatto ufcir da lui, che tornb in quel tempo, corne racconta Filoftrato. Secondo le idée prefenti il Rettor délia Grecia a cagion d' efempio fi crederebbe tofto,çhe rifedefse in Atene.

188

Città, che primeggiava per ogni conto ; quando in efsa per efser Città libéra il Prefide ne pure entrava.

L'evidenza di quefti fatti ho ofservato in ragionando talvolta, che fa ritirare chi pur vorrebbe alla univerfal prevenzione falvar l'onore, nell'età inferiori, concedendo, che cosi fbfse nell' alto fecolo, ma cambiafse poi procedendo i tempi : la quai ritirata noi con l'iftefsa facilita renderemo inutile, e vana. Plinio il giovanefotto Traiano fu Prefide délia Bitinia, Provincia, che £

fi flendeva fopra l'Eufino, e comprendea *;

in quel tempo l'Ifole délia Propontide , la ej

Paflagonia, e gran parte del Ponto, e arriva va da Oriente ad Amilb, e da Occidente avea un piede in Europa per efserle an- f

nefso Bifanzio di là dal Bosfbro. Délie lec- | tere in tal tempo da Plinio fcritte , le po- t che nelle quali fi riconofca il luogo, lo mo- | • flran fempre in Città diverfe, e quel ch' è /,. ,11 più, ne appar talvolta , corne quelle dall' |j ifleffa Città non furono fcritte fêguitamen- %1 te, mâche vi era tornatodiverfevolte. La Kj prima dimora fu in Prufa , prima Città, R< ch' entrando in Provincia, fi prefentaffe, V dove a varie cofe provide. Dali' altra Pru- K fa par che fcriva altre volte, e fcrive anco- B ra trovandofi in Amifo, in Amaftri , in B Apamea, edaSinope, e da Giuliopoli, e K' da Claudiopoli, e da Bifanzio, e da Ni- m comedia , e da Nicea, d' affari in ognuna B fpediti facendo motto, e fenza vederfi K indizio che nell' una più che nell' altra fi K tratteneffe: anzi è indubitato,chein Ama- B fia, in Eraclea, edin altri infigni Città più B cofe avrà parimente operate, benchè me- B moria nelle epiflole non ne fia rimafa . Ma B non fono in quefla ricerca da tralafciaregli B Atti de' Martiri, ne' quali in perpetuo mo- B to fi veggono i Prefidi, e fempre in varie B Città. Oggi giorno tutti irei ,che fofTeroin B varie parti délia provincia prefi, e che dal B Governatore doveffero efTer fentenziati, fi B fpedirebbero tofto alla Capitale; ma allora fl fi riferbavano in ogni Città fino alla venuta B:'■;•■ del Prefide^corne parlai' Epiflola délie due f'i.m Chiefè Galliche fopra il Martirio di S. Po- É ; R tino. Perciô Probo, che reggea la Panno- ^;.P nia , riccvuto da Diocleziano 1* ordine per f la perfecuzione, Jlimo di dovere andar giran- %'. ;| do le circonvicine Città, per fàrne perquifi- Hi. \ zione,corne fi ha negli Atti di S. Pollione. Ne pochi Atti raccolti dal P. Ruinart corne più ficuri, e in Teodoreto, e in alcun altro Martirii fi veggono fatti efeguir da' Prefidi in più di quarante Città, che non furon mai Metropoli di niffun génère. Anzi la neceffità, che aveano d' andar girando, cagionava fovente,che fi faceffero condur

condur


iSg

LIBRO OTTAVO.

190

dur dietroque' pretefi delinquenti in varie arti .Nelprincipiodel quarto fecolo S.Taracone e compagni fon prefentati a Maffimo prima in Pompeiopoli, poi in Tarfo , e di nuovo in Mopfueftia, indi in Anazarbo : cosl I S. Quirino fu condotto dietro al Prefide di P«innonia Amanzio, che andava per le Città tinte, corne dicon gli Atti. Ma piùprecifo di tutti parla S.Giovan Crifbflomo nel pancgirico di S. Giuliano; perché narra, corne fu dal Prefide condotto feco in ogni parte délia Cilicia, e dichiara, che queflo anâare attorno duro un anno intero; vuol dire tutto il tempo del reggimento, che tanto era regolarmente, e fuor di eau* ftraordinarj, di un anno effendofi mantenuti i governi fino a tempo de' Goti, corne nelle Varie di Caffiodorio fi pub vedere.

Offervazion più particolare è da fâr ne' tempi a Coftantino pofleriori. Legge adunque di Valentiniano intorno al circuir le provincie de' Rettori, impone loro di portarfi non folamente nelle Città , ma per le terre tutte, e in ogni luogo indagar fbpra tutto con diligenza, ove gli Efattori de' diritti publici aveflero operato indiferetamente. Il non effer più le provincie cosï varte, com'erano in antico, rendea non impofli bile cosi minuta perquifizione. Verfo la tine del quarto fecolo la Città di Rodi poreb a gl'Imperadori Valentiniano , Graziano, e Teodofio le fue querele , perché i Prefidi délia provincia le faceano il torto T e il dan•

dan• di non paffar mai in efTa 1* inverno. La provincia era quella detta delh Jfole: fueretta fotto Vefpafiano, corne s'impara da Se•

Se• Ruffb . Ecco perb manifeftamente, corne non c'era punto idea di Metropoli per governo, ne di refidenza, poichè Rodi fuperior fenza paragone a tutte le Città di quell'lfole, onde riputatiffima, overo,com'

' è più probabile doverfi leggere, opulentiffima Metropoli dell'Jfole dïtutta l'Afia la chiamb Floro, e da lui Giornande, non prétende, che faccia in effa refidenza il Confolare, ma che ci fverni ; e non prétende che ci fverni fempre, ma qualche volta, mandandola del pari con l'altre Città più cofpicue délia Provincia. Ecco l'Impérial referitto, con cui le loro iftanze vennero benignamente appagate. La Città di Rodi convenevolmente, benebè tardiy fi è querelata dell' mgîuria fua : decretiamo perb inviolabiU wente, poichè in tempo d> inverno la naviga^ione è fempre incerta , e [peffo perkolofa, che debbano i Giudici (ch'era quanto dire i Pre"di) fvernare a vkenda in quelle cinque Cit*""> cbeft afferifeono deïï altre più degne. Chi dopooffervata quefta legge voleffe foftenere ancoraCapitaliRomane,e refidenza in elfe

fécondo l'ufo moderno de' Prefidi, alla natu- cetc,>! "[• ra ragionevole farebbe ingiuria, e a fe ftef- %™%% fo. Ma che continuaffe taie antico iftituto byema»- fino a gli ultimi refpiri dell' Imperio Ro- dj""df£ mano, appare fingolarmente dalla Novella recog»*. prima di Maggioriano, il quale,avendo co- ïc*nt' minciato i PreTidi ad aggravare i paefi co' viaggi loro, e le Città col dimorarvi troppo, e col iàrfi da elle mantenere , vietb con feverità il rifedere o^iofamente in veruna »'» on» di eue, e 1'efigerne il mantenimento per pjeeZ"^' più che per tre giorni, dopo quali dovefTe- us. ro mantenerfi del fuo. Quefta legge fu poi rinovata da Teodorico, corne abbiamo da Caffiodorio: e perché forfe era crefciuto 1* abufb, fu dichiarato ancora, che ûGwdice Romano. vale a dire il Prefide, a ciafeun V"r-V-}Amunieipio non fi portafle in tutto l'anno piu j „«'„„«, d'una volta, poichè i Mavvwri aveano ordi- «°n<mirit nate quejte ctrcuiTjom de* Giudta per utilita, pe„j;0 non per aggravio de* Provinctah. E poichè p«w*- gl'iftituti Romani più alungo che nell'Oc* (£"m cidente da tante nazioni occupato, durarono infieme col nome dell" Imperio in Oriente , farem fine con ofTervar nelle Coftituzioni di Giuftiniano confervata efattamente fino al fefto fecolo Criftiano la maniera medefima di governo. Ordina quell' Imperadore adunque efprefsamente , e replicatamente in varie délie fue Novelle a' Rettori délie Provincie di ^"^ *• andare in volta per le Città, di girarle fen- x%. 2j. za lor danno, e di andar per tutto in perfona fenza mandar foflituti: un luogo è notabil tra gli altri, dove per 1' ufo perpetuo di circuire, l'amminiflrar Provincie fi chiama portare intorno la pote/ià . Ordina pari- Nov- 3°. mente di tare in ogni luogo diligente per- f.Tlfà(K quifizione de'mal viventi, e di ofTervar le *tx.>i»&c, Jlrade, i ponti, gli acquedotti, le mura, i portï\ dovendocol veder tutto egli fteffo,provedere, che ogni cofâ fi mantenefî'e in ottimo acconcio, fenza che publico incomodo alcuno derivar ne potelfe. Chi faprebbe quefli decreti leggere, fenza fentirfi trafportare in ammirazione, e in encomj dell* antico fpirito , e dell' idée Romane ? Potrebbe quafi dirfi x che délia vera Politica ogni traccia péri con quelle,e fi fperfe; confittendo effa veramente in non aver ne' governi altra mira, che 1* util de' popoli, e il ben comune . Quanto lungi dal maggior frutto délie buone lettere , ch" è il trarne falutari documenti, e giovevoli, fiamo ftatifinora, credendo, che i Romani Propretori , e Proconfoli rifedeffero quetamente nella più doviziofa Città, al maggior benefizio penfando non che fi poteffe confèrire a quello Stato, ma che ritrar fi poteffe da quello Stato? Or poichè Wnclemenza

délie


ICI

DELL' ISTORIA DI VERONA

192.

délie ftagioni, e l'aver foddisfatto ad ogn* I incombenza, o rendea neceffario, o dovea I permettere, il ripofar qualche tempo, c il trattenerfi in una Citta, figilleremo ogni cola con una legge, ch'è forfe I' unica, la quale in génère di ciô parli. Nella Coftituzione, con cui ritorno i due Ponti in una provincia fbla, decreto adunque l'Imperador Giuftiniano, che per tal dimora i Rettori délie provincie poteflèro fcegliere quai Città lor piacea, pur che foffe taie , che decentemente poteflè accogliergli. Ecco le ^7'jtf 8' Par°Je délia legge. Il Prefide délia provincia ïçai *> non mandera particolari injpettori nelle Città, MÉT^L'- ma cinuirà egli Jleffo ; e il tempo, che avancejie*v, xj rà, fijlarà in una délie Metropoli} 0 in quaé£J&c lm1ue a^tra Città gli piacerày che fia pero fufficiente a dargli ricetto . Cosl parla il tefto Greco , e cosi fu intefo dall' antico, ed autentico Latino interprète, e da'moderni. Non potea per verità più fbrtunatamente coronarfi quefta ricerca , ne più decifiva pruova addurfi, che nel governo Romano refidenza determinata i Prefidi non ebber mai; eche le Metropoli in que'tempi erano puramente regionarie, e nazionali, onde nafceva l'effèrned'ordinario in una provincia Romana più d'una, com' anche da quella legge s'impara.

Altro coftitutivo délie Capitali fi è l'effcr fedi uniche, e rifle del tribunal fupremo, al quale (i convenga da tutta la Provincia per 1* ultima decifione délie caufe «ravi ricorrere. Taie è nello Stato di Milano il Senato, nel Regno di Napoli il Confïglio di Santa Chiara, in quello di Sicilia la gran Curia, che infieme col Vicerè a Palermo dimora. La refidenza de' fupremi Giudici è più eflènziale ancora alla Metropoli d'una provincia che quella del Governatore, corne più infeparabile; poichè in Francia per cagion d' efempio potranno i Governatori di Linguadocca aver prefo a foggiornare più in Montpelier, che in Tolofa; ma i Parlamenti non potrà chiunque fia far che dalle Capitali fi muovan mai. Or nel governo de' Romani ufo era , e indifpenfabil legge, che i giudiciari confeffi non in una fola Città délie lor provincie, ma in varie fi ragunaflero, e la giurifdizione in più luoghi fi efercitafTe . Siccome effenza del buon Principe fi par quella, di rifguardare ail' util de' foggetti più che al fuo, fe pur nel buon Principe il fuo dall' util de' foggetti pub fèpararfi ; cosl pareva a'Romani, che la diftinzione tra '1 buon governo, e '1 cattivo doveffe effere, diprovedere più ^1 comodo de' popoli, che di colui, che reggea. Ampie effendo pero le Provincie, acciochè nondoveffecoftare unviaggio

unviaggio lite, ordinavano in modo, che in vece che i litiganti andaffero a trovare il tribunale,il tribunale andavaacercare i litiganti. Quefto era un de'motivi d' obligare i Prefidi a girar tutta la provincia; ma perché i giudicii folenni non fi faceano fenza l'intervento délia Coorte, che i Rettori fteffi conducean feco da Roma, come nello Stato Veneto col medefimo nome di Corte li quattro Afieflori conducono ; e perché non fi faceano fenza intervento del Configlio compofto per lo meno di venti Giudici, quali fi fceglievano dalle Città, come da i'Frammenti d' Ulpiano, e dalla Greca parafrafi di Teofilo fi comprende ; cosi per la ragunanza diquefti confeffi,quali fi chiamavan Convenu , tre , quattro, fei , dieci Città a mifura dell' eflenfionc délia provincia fi deputavano délie principali, c fituate in modo , che qualunque parte délia provincia all'una o all'altra di eflè fblfe vicina. Il tratto dipaefe adognuno di quefti Conventi fubordinato avanti Coftantino fi chiamava Diocefi , come abbiamo altrove accennato. In Sicilia primogenita délie provincie, tre Città furon fubito deftinate a' Conventi giudiziali nell* eftremità dell' Ifola oppofte, Lilibeo, Mef- /; fina, cSiracufa, come fi pub raccoglier da \ Livio; ma ne fu poiaggiunta alcun' altra, '1 perché il Convento di Palermo fi nomina da Cicérone ; che afferma ancora, niuna , délie Città, in cui fogliono fermarfi, e celebrar , convento i Pretoriy eflere ftata efente dalle infamie di Verre . Nella Spagna Lufitani- ! ca le Città deftinate a'Conventi fur tre, nella Betica quattro, e fette nella Tarra- J conefe, che ci vengono tutte recitate da Plinio > infieme con quelle , che ad efle concorrevano nelle liti, talchè fc tenea fêmpre tal' ordine, come in moite parti lo tenne, una perfètta Geografia giuridica avremmo di tutto l'Imperio. La Dalmazia,che allor fi chiamava Illirico, ebbe tre Convenu, Scardona, Salona, eNarona. Délia Provincia Afia nove ne annovera 1* ifte£ fb Plinio, ma alcun'altri poi fe n* aggiunfero : in Celene di Frigia era certamente Convento a tempi di Dion Crifoftomo. In Cilicia nove pur ne nomina Cicérone nelle fue lettere. Che la Giudea foffe in cinque Conventi da Gabinio divifa, fi ha da Gio{eûb. Ecco pero quanto diverfo , e quanto contrario al moderno ufo délie Capitali, che uniche fono, come uno è ileapo ne'corpi, il Romano inftituto foffe. La durazion de'Conventi fi riconofee fin nel terzo fecolo Criftiano in Tertulliano, che fà mémoria del Convento Uticefe nel libro a Scapula Proconfole. Dopo Coftantino mancaron

del


LIBRO OTTAVO.

1 v>

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del tutto, ma piîi leggi fi veggono, che in • nuella vece addoffano a'Prefidi di tener ra- j iione in ogni luogo , a quefto fine principalmente efTendo lor commeffo d'andar per tutto e vietato da Giuftiniano il mandar foftituti per giudicare ; corne vietb altresi ad ognuno del feguito il ricever donativi, c 1'approfittarfi in verun modo, l'ufoeffendo continuato fempre délia Coorte giudiziaria, e de'Configlieri, corne fingolarmente ne' libri Bafilici fi riconofce. Ben û pub da quefto raccogliere, quanto poco s*, internaffero nel Romano fiftemaque'dotti, ch'efaltando il governo d' altre nazioni fopraquel de'Romani, hanno fcritto, corne per la gran diftanza incomodiffimo era a Provinciali il dover nelle liti trasferirfi fino alla refidenza del Prefide : fu tra quefti fingolarmente Ugon Grozio nella prefazioneall'Iftoria de'Goti.

Qualche oflervazione aggiungeremo ancora, più per illuftrar la materia, che per bifogno in punto cosi chiaro. Antonin Pio in un Refcritto, parte del quale vien' addotto da Modeftino, dividea le Città in tre claffi ; minori, maggiori , e maffime: con le maffime metrea le Metropoli délie gent't: ecco che non fenza autorità le abbiam noi chiamate Metropoli nazionali; con le maggiori mettea le deftinate a' Conventi giudiziali ; ecco che i giudicj non fi tenean da Romani nelle Metropoli. Ne gl' infinitï clogi, che di tutte le primarie Città in tanti Scrittori s'incontrano, tra le prérogative d'ogni génère, chefono addotte, menzion non fi vede mai dell* effer Metropoli Romane , centri del governo, e refidenze de' Proconfbli, e Propretori. Chi potrebbe credere in tutti tanta fciocchezza d* aver trafandato il principal pregio, e la più importante prerogativa ? Veggafi Ammiano tra gli altri, che prefe di propofito a far relazione délie Provincie, non già fecondo le divifioni de* Geografi , ma appunto fecondo la diftribuzion de'governi, che correa nell' Imperio nel quarto fecolo Criftiano. Dandonotizia in quefta fua relazione délie maggiori, e più. illuftri Città, in ogni provincia e d'Orienté, e d'Occidente due, tre, quattro ne nomina, come più fplendide, e fuperiori ail* altre ; ne mai di effer Capitale nel governo dà a veruna il vanto, o ne pur fa motto. Ognuno ben fa, che dopo il moderno fiftema niun prcnderebbe a dar notizia di Provincie fenza far principe dal dire in ciafcheduna la Capitale. Si ! puo avvertire ancora , corne fpeflb negli antichi tempi acerbe contefe nacquero tra *e Città, per effere in dubbio quai veramente foffe la Metropoli x e per arrogarfi Ver. illujlr. Parte I.

più d'una nell'ifteffo paefe il Primato. Veggafi per faggio in Dion Crifoftomo quanto difputaffero Nicomedia, e Nicea nella Bitinia, in Strabone quanto Sidone e Tiro nella Fenicia , in Ariftide quanto pugnaffero per quefto conto Pergamo, Efefo, e Smirna nell'Afia. Anche da cib ben chiaramentc apparifce, che nel dominio Romano qualche altra cofa s'intendea per Prima , e per Metropoli, ch' efïèr Capital nel governo ; poichè quefto era un fatto cosi patente, e cosi notorio, che non avrebbe potuto rivocarfi in dubbio, corne non potrebbero a dïnoftri/bpra cibcontender mai fra fe le Città del regno di Napoli, o del Ducato di Milano. Il contrafto délie undici Città dell' Afia in tempo di Tiberio , fe l'una di elfe foflè ftata Metropoli Romana nella provincia, era prefto decifo; anzinon farebbe nato. E% da riflettere ancora, che si fatti contrafti al tempo antico quafi inutili vanità fi riprovavano dagli uomini ûggi, e quafi difpute di niuna confèguenza . Contrajl'tam per un* ombra , difîè Ariftide aile Città Afïatiche: il contrafto è dinomi^ difïe Dione a' Nicomedefi. Chi non vede pero corne tutt'altro s'intendea certamente per Metropoli, ch' effer capi délie Romane provincie ? poichè lo ftabil foggiorno del Governatore, e de' fupremi tribunali non era un' ombra, ne un nome, ma potea in brève tempo far cambiar figura ad una Città, e di piccola, e povera farla divenir grande, e ricca. Cofa s'intendeffe, lo infegna Procopio ove narra, come Giuftiniano nel luogo di Mocefb Caftello di Cappadocia édifice una Città, e tanto la ornb, che dignità di jt £tl:^ Metropoli confegui; e fegue: cosi cbiamano i i-s- vv*- Romani la prima Città dellagentc. Dice l'iftef- ^J^ fo Autore, Ofimo efïèr la PrimaCittà delPi-> st/.Gotf' cenoy cbe i Romani ( cioè i Greci d'allora ) ufa* 1. %. e. 23. no di cbiamar Metropoli. Lucio Floro all'incontro Capo délia gente Picena fcrifle efler* Afcoli, poichè in quefto fenfo la cofa è fpeflb ambigua: cosi dell' Etruria Valerio inçamu. Maffimo dice efîere ftata Capo Bolfena, Plutarco la Città de* Vej, Stefano Cortona , Procopio Perugia, Livio nel libro nono Perugia , Cortona , e Arezzo , nel décima Bolfena , Arezzo , e Perugia . Come tre Livio nell' Etruria , cosi due diffe Plinio effere a fuoi tempi Capita ne' Voconzii, e due Floro nella Numidia ; onde riluce, fignificarfi per Caput ne gli Scrittori Città principali> e cofpicue, non Capitale direggimento, che non potrebbe effer più d'una. Caput fono anche dette le Città talvolta , ch' erano ftate fedi de i Re . Veggafi di nuovo adunque, quanto erroneo fia ftato in quefta materia il credere , che la prera*

N. zath


195 DELL' ISTORIA DI VER ON A 196

Praji. gattva aeiie Metropoli Jotto Romani fojje d'ejJ**" fer Capkali délia Provincia, efedi delRoma637! no Prefide t corne infegnb lo Spanemio tra gli altri , e fi è ftimato comunemente ; c I quanto fiano ben'appoggiate le fentenze in quillioni importantiffime fopra tal fuppofto fond a te.

Non permette I'aflunto d'infifter più a Iungo in queft'argomento con farfi a fventare obiezioni, e dirficoltà. Ma effendo quanto fi è detto fui gênerai compleflb dell* antica Storia fondato, e fu gl'iftituti del governo Romano efïènziali, e invariabili , e fopra le leggi , non è da credere, che con pochi qua e là ricercati pafli poteffe diftruggerfi, benchè ofcuri fofsero , e difficili, poichè qualche volta la vicinità délie cofe le fa in piu modi confondere infieme. General rifpofta aile difHcoltà tutte fi è, che bafta feparar le idée, e acutamente guardarfi da equivoci. Non vi è luogo, che a prima villa fembri a quefta verità più contrario, del decantato di Sparziano, ove dice, che avendo Adriano in odio gli Antiocheni, pensb di feparar la Fenicia dalla Siria, acciochè Antiochia non foffe detta Metropoli di tante C'tttà. L'efTerfi qui fecondo l'ufo di Metropoli Romana intefo ha fatto imbrogliare molti grand* uomini in felve d'inviluppate quiftioni ; di che da quanto nota fopra quefto pafio il Tillemont Noie t.y pub prenderfi faggio. Ma dopo quanto fi è inAdr. Jetto, clii non vedeora, che la Metropolità, cui voleva Adriano riftringere, era la nazionaie? il minorar la provincia Romana farebbe ftato più tofto oftèfa del Prefide, che d'Antiochia. Le Città d'ogni regione folean comporre una Comunanza : NON quinci nelle Medaglie il Comune de' Macedoniy H Comune de' Teffali, il Comune de'Galatiy il Comune délia Bitinia, e quinci fcrnTe Antonino, corne abbiam veduto, alla Comunitàd'Afia. Anche ne' più antichitemfJtiÂfT

antichitemfJtiÂfT 8^'*on* Per ca810n &'efempio eran tredici Città per teftimonio d'Erodoto, efbrmah

efbrmah ' vano una Republica fola. Concorrean perb i Deputati aile lor Metropoli in più occafioni, e quivi dopo ridotti fotto il dominio de'Romani trattavano di folennità, di fabriche, e di varie fpefe da farfi in comune ; per lo che lo fcemare il numéro délie Città ad una Metropoli tanto era, quanto fcemarle onore, e concorfo. Anche un Prefide fi trovb, o foffe flraordinario Magiilrato, che tento d' abbafiare Antiochia con fublimar Berea : ne lamenta LibaOr*t.

LibaOr*t. nio, e dice, che fe bene la fua commiffion non era di turbar lo ftato délie Città, con alzarc la minor fopra la maggiore , volea coftui, che Antiochia lafciaûe il nome di |

Metropoli, e il fuo Configlio foffe a quel- \

lo di Berea fubordinato : ecco l'efîetto di '

tal*onore. Che parimente di nome , e dignità anche Sparziano intendeffe, e non di refidenza di Prefide, o fimil cofa , indica egli fleffb efprimendo, che fpiaceva ad A- ! •

idriano, fojje detta Metropoli di tante Cit- | ta. S. Gioan Crifoftomo la chiama capo e nj\ j madré di tutte le Città Orientali, e Liba- "■'*! } nio Antiocheno Metropoli di tutta 1* Afia; ; \ ma nel Panegirico che ne fa, e nell'altre Orazioni ove la efalta, non tocca mai di :

refidenza fiflà del Prefide Romano , che farebbe flato allora il pregio più importante di tutti. Scrive Strabone, che vi era Palazzo per chi reggeva il paefe ; ma dovea cder già fabricato da i Re, onde lo chiama Reggia, corne col nome ifteffochia- B», ma il Palazzo, ch' era in Gerico . Malamente ancora fi fa fempre forza in alcunc poche, c grandiffime Città, le quali per l'infinita irequenza di popolo venivano a comprendere in fe una gran parte délia provincia, e lalvolta condizioni aveano parti- % colari, corne Alefïandria,che per effer'ufa prima a vivere in fervitù fbtto i Re, non avea Decurioni , ne proprj giudici , onde in cfTa un Giuridieo rifedeva mandato dall* Imperadorc; finchè fotco Settimio Severo *?«•:. gli Aleflàndrini formarono Configlio anch* *'•' effi, e fi elefler Curiali. Un' altro equivoco pub altresi nafcere, di cui non fi è fatta fin qui parola. Non bifogna confondere le Provincie con le Diocefi, ch' eran compleffi di più Provincie, ne i Prefidi co* Vicarj, o con maggior' ufizio, che a un' altra fpezie di Capitali potè dar principio . Più pafli abbiamo fpezialmente nelle leggi , che c* infegnano, corne il Prefetto del Pretoriod* Oriente fiava in Coftantinopoli, quel dell* Illirico prima in Sirmio , poi in TefTaloni- çj, ca; quel délie Gallie prima in Treveri,poi nL. in Arles ; e quando Giuftiniano iftitul il ^ Prefetto del Pretorio d'Africa, lafuafedey t,mdifle, ordiniamofia in Cartagine; e cosî vol- ^"K ' le, che quel dell'Illirico in Giuftiniana da %hl lui fabricata fi trafportaffe. Ma quefto appunto moftra , che molti teftimonj non mancherebbero anche délie fedi decretate a' Prefidi, fe tal' obligo aveffero avuto. Ordinb ancora Giuftiniano, che alcuni Duci fleflero di prefidio in certe Città, e tra effi in Cirta, o fia Coftantina,ch'erala metropoli nazionale, quel di Numidia; ma non potea da quefto dedurre il Nons, che # dovefle rifedervi il Confolare, ch' era cari- p ,'; ca diverfa, ne parimente potea dedurlo dall' et 3avère una volta fcritto S. Agoftino al Veicovo di Cirta, che trattafse col Confolare. I Quanto a' Vicarj délie Diocefi non fi vede

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LIBR'O OTTAVO.

in effi eosi chiaro, ed aile volte fi trovano in viaggio efli ancora. Di quello délia Diocefi d'Italia più leggi moflrano, che fingolare infpezione avea fbpra, le flrade, e i ponti, ele vetture publiche tuttavia che aveiïero aflai tempo foggiorno fifso, credibil fi rende, e che il noftro rifèdefle in Milano, univerfalmente fi tiene. Ma fi equivoca aile volte ancora ne' tempi, autorità oflervando anteriori al dominio Romano,o pofteriori ; e fi equivoca aflai più fpef(o da Metropoli Ecclefiaftiche a civili, di che ci accaderà di parlare altrove : e nell' jfteflb termine di civili fi equivoca, perché Je prime Città délie genti potean dirfi Metropoli civili, ma non bifogna per queflo intender Romane. Per ben conofcere, quanto facil fia il travedere in quella materia , baftaoflèrvare,dove fu tratto dalla prevenzione délie Metropoli quel gran lume délia facoltà Légale il Cuiacio . Ordinando Giuiliniano nel fine délia prima Novella, che tal legge dagli Arconti délie Metropoli, cioè da i Magiftrati municipali délie maggior Città , fi mandi ail* altre , interpréta il » Cuiacio per Arconti délie Metropoli i Prefidi délie Provincie Romane , perche nella Metropoli délia Provincia abitavano. E nella legge di Teodofio poco avanti addotta in favor de'Rodiotti, che il Prefide dell' Ifole debba fvernare a vicenda nelle cinque Città principali délia fua provincia, 1* impreflione, che quelle Città doveflero efler Metropoli d'altrettante provincie, lo fèce v imbrogliar tal legge con due Novelle di Giuftiniano, che niente hanno a far con cCfa; confondere la provincia delMfole eretta da Vefpafiano con un complefso di cinque provincie difparatiffimo, fubordinato da Giuftiniano a unQueflor militare; credere, che le Cicladi,e le Sporadi, ch'erano annefse ail' Acaia, fbfsero délia provincia dell'Ifole,quai non comprendevafênon l'Afiatiche, Rodi, Coo, Samo, Scio, Lefbo, Tenedo , e 1* altre, al numéro di die; cinove annoverate da Gerocle; fupporre, ( che la querela de' Rodiotti per non dimo\ rare il Prefide in Rodi, quando il vernogli I rendea impoffibile il navigare, fbfse ail* inl contro per dover' effi navigar d* inverno fin I nella Scitia per le lor liti ;e lo fece finalmeni te non confiderar 1' effètto del favorevol Refcritto, che a tutte quelle immaginazioni punto per verità non fi adatta.

Tutto queflo ragionamento ben fa conofcere, com' èfoverchio il travagliarfî per rilevar quai foflè fotto i Romani délia noltra | Veneta provincia la Capitale . Strano par | queflo a molti per l'ampia idea, che fi ha | délia celebratiflima Aquileia; ma foflepur' j Ver- Illufir. Parte!.

efTa flata più grande, epiù ricca di Ninive, edi Babilonia,non per queflo fi farebbein quefta fola provincia cambiato l'ordine gênerai del governo, e l'iftituto Romano. Come quella Città foflè fondata da* Romani, econdottavi Colonia per farfronte a gl' Iftri, abbiam veduto nel libro fècondo. Due ragioni la fecero col tempo diventar gran Città :1' efler divenuta il centro del commerzio con più genti Illiriche, trovandofi proffima al mare, e con fiti opportuni per ricettare i legni, che fino alla Cit- Str. /. s. ta fi conducevano ancora col benefizio del aVf»x«T«" fiume;e il fréquente paflaggiodegl'Impera- <&c' * " dori, e il far capo ad efla le milizie Romane, che contra più nazioni fpedivanfi. Ne l'eflere in fito paludofb le pregiudicava punto, perché dandofi efito all'acqua con foffe, e mantenendofî il moto per ridondarvi il mare, quand* era concitato, AltimyRa- i.i.cn. venna, Aquileia, e ait ri municipj di que* hogbiy incredibil falubrità godeano, corne attefla Vitruvio. Quanto fpeflb in Aquileia, o ne' fuoi contornifvernaflero le legioni, Li- A4»- " vio, e Cefare fanno fede. Augufto in occa- *£'el{ fion di guerre dalla parte délia Pannonia, Gai.'i. t. pcraftiitervi più d' appreflb, fi trasferivaa Ravenna, e talvolta fino ad Aquileia , come da Svetonio. Emporio, cioè luogo mer- cap. io. cantile, la diflè Strabone, e che vi concorreano le genti Illiriche per vender fervi, beftiami, e pelli, e prenderne in cambio vino, olio, e merci venute per mare: ricr ca percib chiamolla Pomponio Mêla. Ma A *• '• « non arrivo nell* alto fecoloa diftinguerfi per anco gran fatto tra le più cofpicue; onde ne Città infigne, come Milano, ne gran Città ladiflè il Geografb,come Verona. Quinci è che d* Anfiteatro, di Teatri di pietra, o d-altre si fàtte moli in Aquileia ne menzione fi è veduta mai, ne vefligio. Délie fituate in paludi per teftimonio dell* ifteflb Autore la maggiore era Ravenna, che avea allora canali, e ponti, come poi la Città di Venezia, ma era tutta di legno ; e la piii doviziofa, e potente di tutto il tratto, e non lontana dalle maritime paludi, era Padova, correndo voce, che vi fi fbffero computatl cinquecento d'ordineEqueflre, e fâ- /#.,.,*. cefl'e da fe altre volte venti mila fbldati;e »«»^«'«/. quantità di vefli d'ogni forte, ed altre mer- ^f'ro canzie, e lavori mandando in quel tempo a Roma, dal çhe potea raccoglierfî la fua popolazione, e ricchezza. Mêla le più rieche di tutta la finiftra parte d'Italia diffe eflere Padova, Modana, e Bologna. Abbiam già veduto da un'efimia lapida, corne fino al tempo degli Antonini i Garni montani non furon foggettati ad Aquileia, ma a Tricfte, onde pare, che in quella regia*

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DELL'ISTORIADI VERONA

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ne non primeggiaflè ancora. Ma dentro U I fecondofecoloCriftianoavanzb grandemen-1 te. I Marcomani invafero l'Italia da quel lato. Un paffo di Galeno, ove tratta de' librifuoiy ci fa fapere, corne gl* Imperadori -Marc Aurelio, e Lucio Vero paffarono in quella Città tutto l'inverno, per eflèr pronti a primo tempo contra Germani, in efla effendo da loro quel famofo Medico ftato chiamato. Altro di Luciano in un de'fuoi Dialoghi c'infegna, corne gran rotta avea;* p/v«- no avuta i Romani con morte di venti mila, onde poco manco Aquileia non fbfTe prefa. Affediata in quella guerra la dice ani.i9.et. cne Ammian Marcellino, ed efterminato Oderzo. Ma poichè prefero miglior piega le cofè, Marco più volte vittoriofb perfeguito i nemici in Pannonia, e fbggiogbdel tutto eflï, ed altri fèroci popoli, corne dal compendiato Dione. Lucio Vero incamminato verfb Roma, ebbe nel viaggio un tocco d* apoplefia, e ne mori in Altino.

Nel terzo fecolo ancor maggiore divenne Aquileia, e forpafsb dimolto Padova, e Verona, non meno per fiorirvi fempre più il commerzio, che per effer da quel lato il tranfito più, fréquente. Quando Maffimino depofto, e condannato dal Senato per la fua crudeltà, venne in Italia furiofamente, trovando abbandonata Emona,cinfe d'afledio Aquileia; che forte per fito non dubitb di ferrar le porte, e di bravamente difênderfi,corne Erodiano deferive, con fomma fede verfo il Senato, talchè in tre luoghi ripete Capitolino, che tagliaflero aile donne i capelli, per fare a gli archi in Max. et le corde. Direttori délia difêfa, e ComanBai.qui* dantj furon dueSoggetti d'ordineConfolam"jji fut- re, mandati a quefto fineda Roma,avenmnt <3c. done il Senato fpedito molti per tutte le reKÎ&KS. &'ont <*' Italia, affinchè tutte le Città fi mettefsero in difèfa ; dal che di nuovo ben'apparifee, corne Prefidi ne in Aquileia erano, ne allora in altra Città, o parte d' Italia. Fu perb innanzi le mura da fuoi fteffi foldati Maffimino col figliuolo uccifo; dopo <li che yenne in Aquileia Mmperador Pupieno. Nel raccontoçhe fa Erodiano di quella guerra, dice, che fu rifèrito a Maffimino dagli ef ploratori, come una grandijfima Città a'Italia cbiamata Aquileia era chiufa; e dice poi, come vi s' era raccolta quantità di gente per rifugiarfi, benchè come grand/filma Cktk, moltitudine avefsegiàdi proprio popolo, effendo quafï un' emporio in Italia a comodo di tutte le genti Illiriche, frequentato perb da gran numéro di mercanti, e di foraftieri, per l'affluenza del vino, e altri frutti délia terra, de' quali mancavapolePannonie, e infieme délie

merci ftraniere fomminiftrate dal mare. Mori in Aquileia Qiiintillo : andb per efsa in Pannonia contra i Goti Aureliano : prefso efsa fu ammazzato Coftantino il giovane, Au,, e in efsa fi fecero forti due Legioni con una £?( Coorte di Arcieri, quali eccitate da Nigrino Tribuno, e favorite dal popolo, fi dichiararono per Coftanzo, e fi prepararono a foffrir l'afsedioda Giuliano, animando a cib gli abitanti Itallant, dice Ammiano, con W% che moftra, che ve n'era quantità anche d' !'* if Illirici.L'iflefso Autore chiama qui vi quel- """ * la Città forte per fito,per mura, e per forti ficazioni, operibtts dovendofi Ieggere , dove op'tbus hanno le ftampe; e non nominando punto in tai' occafione il Confblare délia Venezia fa conofeere , che in Aquileia non rifedeva, come in tutte l'altre occafioni pur fi conofee. Giuliano, che fi trovava allora • '

a Naifso in Dacia, fentendodire,che quella Città era ftata più volte afsediata , ma non mai prefa, mandb genti, çhe fortcmente la ftrinfero. Come fofsç da due parti attaccata, come dato fubito in vano un' afsalto, e non trovandofi if terreno a propofito per machine, e cunicoli, fbfsero poi fatte torri di legno più alte de'propugnacoli, e porte fbpra barche congiunte fui Natifone, che pafsava lungo le mura, vçniffero con fuochi lanciati accefe, e fatte precipitare; e come di parte e d' altra fi combattefse più volte fèrocemente, Ammiano deferive. Intefa poi la morte di Coftanzo, fi lafeiaron perfuader gli afiediatid'aprirle porte, e di çonfegnar Nigrino,ch'era ftato il primo autore di tanto Hanno. Coftui pochi giorni dopo fu legalmente fêntenziato, e cosi due Decurioni Aquileiefi, da Mamertino, PrefettQ del Pretorio per /' lllïrico , come lo chiama Ammiano poçhi verfi dopo; il che mérita rifleffione. Nella ftefsa Città fu poi uccifo MagnoMaffimo Tiranno, che dopo avervintoGrazianoguerreggiava contra Teodofio. Quanto fréquente fofseilpaffaggio degl' Imperadori, e la dimora in quella Città, moftrano le moite leggi qui vi date da Coftantino, Goftante, Graziano, Teo. dofio, e da Onorio, e da' tre Valentiniani. La frequenza d'eferciti a quella parte quafinecefsario, e l'affluenza del çommercio refe facile il battervi moneta, e tenervi cafsa publica : perb il Procuratore délia Zecca Aquileiefey e il Prepaftto de* Te fort d* Aquileia veggiamo nella i^o/^wtraglilJfizjdell• Imperio. Armata navale vi fi teneva ancora, quando la ftefsa Notiziafu fcritta,che nomina il PrefettQ délia Claffe de' Venet't àd Aquileia: non già perb finda' tempi d'Augufto, come credè il Pancirolo per avère #„,,:, I equivocato dall' oppido Forogmliefe nominato 14!

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da Tacito, ch' è Frejus di Provenza, al noftro For«w Ittlti : Augufto non pofe Clafse che a Mifcno, e a Ravenna. Con ragione adunque la computb Aufonio tra le più illuftri Città dell'Imperio, c non le antepofe in ïtalia non Roma, Milano, e Capua, lodandone il porto, e le mura;ma avendole afsegnato tra lediciafette,di cui feceelooio,il nono luogo, avverti,che l'avea mef; fa cosï innanzi, non perché dovefse veramente precedere a tutte quelle ch' eran dopo, ma pel merito récente dell' efser in effa ftato trucidato Maflîmo uccifor di Graziano. H miferabil corfo dell'umane vicende fèce, che cosi fàmofa, ç nobil Città a mezo il quinto fecolo venifse da* Barbari prefa, e afiatto defolata, talchè cent' anni dopo afferma Giornande, che appena nerimaneano i veftigi, Délia fua ampiezza, ricchezza, e popolazione fecero memoria gli Scrittori anche dopo la fua ruina, corne fingolarmente appare nel Proemio d* una Novella di Giuftiniano; il traduttor délia quale falfi concetti per altro introdufse con la fua falfa verfione, che molto ci fiam fempre maravigljati, fia ftata riçevuta univerrV falmente. Il Greco veramente fignifica corne fegue: aquileia, Città Occidentale gran, difftma, e çbe fpefe volte fu dagl' Imperadori \l, abitata: ma la traduzion Latina vieneadir ■"• cosi: Aquileia y la più grande di tutte le Citm ta d'Oçcidente, è che moite volte con le fieffé «■ Reali Città confrafto. Non feppe 1* interprcJ." te, che il fuperlativo in Greco, benchè col a fecondo cafo apprefso, non fempre ha fbr^ za comparativa corne in Latino. Infegna \am Euftazio, che quando Omero chiama Chi'"' rone giujiijftmo de i Centauri, non vuol dire , giuftofopra gli altri tutti, ma giufto tra • v effi. iE già ftato avvertito, ch' ove ha Tu*'iu. cidide voce altijfwa di tutte, non altro vuol dire che molto alta. Poteafi egli credere tanta fçiocchezza in chi ftefe laCoftituzio*. ne, d'afferire Aquileia maggiore anche di Roma? e di fognar fuoi contrafti con le Città, çh'crano ftate fedi de i Re? prima s délie Città Occident ait per grande^a, per po"'*• polaçione, e per abbondan^a arrivé a dir Mi; lano Procopio, ma. dopo Roma. | Qualunque perb fi folle Aquileia, che t Capitale di provincia Romana efler nonpotea ? quanto fi è detto rende a baftanza chiaro. Vien* addotto per provaria taie l'eflervifi battuta moneta, e tenuta cafla publica \ il che per 1' ifteffa ragione délie fréquente fpedizioni nella Pannonia, e dell' efler luogo forte, fucomuneanche a Sifcia, médiocre Città al Savo , che non fu Metropoli di forte alcuna: in Sifcia pure mette I la Notizia un Procurator délia Zecca,eun

Prepofto de i Tefori corne in Aquileia. Vien' addotto,che quando il SenatoRomanodopo l'elezion di Tacito diede parte in molti paefi dell' aver ricuperato il giusdi crear gl* Imperadori, tra le gran Città, aile Curie délie quali fcriffe, fu Aquileia féconda Vopifco : ma che a quelle non fofle fcritto corne a Metropoli Romane, fi rileva dall' efler tra 1' altre Atene, eCorinto, le quali erano délia provincia medefima , Cosi 1* Imperador Giuliano fcrifle a gli Ateniefi,a Z»JM.s. gli Spartani, e a' Corintii. Si mandavano anche le leggi aile maggior Città, e aile Metropoli nazionali, perché da efle fi propagaflero nell' altre. Ecco pero quale fpezie di Capitale fofle Aquileia, benchè tal titolo dagli Antichi non le fofle dato, e ne pur da Procopio, che a più altre lo diede, e che Città maritima ^grande, e piena di popolo fola- gel[> i mente la diflè. Metropoli, e Capo délia Ve- FW./. t. nezia la chiamarono folamente Giornande, ', 4' e Paolo Diacono, o intendendo di Metropoli regionaria, o perché gli autori bafli fecondo l'idea de' tempi loro délie antiche cofe favellano. Chiamafi cosi anche nel Cronico Pafcale, conofciuto già da tutti per un centone di varie mani con più contradizioni, e in cui crede il Goar avefle parte perfona pofteriore a Fozio. Non è cofa da farne conto, fuorchè per Confblati, chefu il motivo, per cui l'adoprbPanvinio, e in quefti fteflî quanto fia erroneo, offervb tra gli altri ilBaluzio:più lepidezzecon- aJUb. d» tiene quel capo medefimo, ove Aquileia fi Uort' nomina. Non è per altro da dubitare, che quella Città Metropoli délia fua regionenon fofle, cioè de' Carni. Fuor de* confini délia Uh. y Vsneçia la difse Strabone, il che fu ripetu* to da Euftazio fopra il Periegete. Ne'Carni, quali infieme co' Veneti difse Mêla abitar la finiftra parte délia togata Gallia , la pofero parimente Plinio, e Tolomeo. Ma dopo computati i Carni co' Veneti, Aquileia fece figura di Metropoli anche délia Venezia infèriore, e crefciuta a difmifura nel terzo, e nel quarto fecolo, benchè Verona, e Padova fofsero ftate già gran Città prima che Aquileia nafcefse,le avanzbtanto di popolazione, di çoncorfo,e di ricchezza , che venne a efser confiderata corne regionaria Metropoli délia Venezia tutta.Ma per quanto è del governo Romano , fe foffe ftato in ufo di fiflar Capitali, non fi farebbe nella Veneziafcelta Aquileia,ch'era nell' eftremità di efsa, e troppo perb contraI ria a quel comodo de' popoli, ch' era il primo fcopo. Non paçhi hanno arguita refidenza di Prefidein una Città, per efservififcoperta Ifcrizione a onor di Confolare, o di Correttore inalzata. Se taie argomento valefle,

valefle,


*oj

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lefse, Capitale délia Venezia farebbe dadir Verona, in Verona unicamente efsendofi, corne abbiam veduto, trovata memoriad' unConfolare,ch'era la propria dignità délia provincia, e d'aver lui qui attefb ail' ornamento délia Città, anzidi due Confolari; ed efsendofi ofservati inokreoperarqui più Correttori ,il che d'un folo pofsonvantare Padova, eBrefcia. Ne poco cafoèda fàre pertalconto anche dell'Anfkeatro.Secondo l'idée Greche il più fuperbo edifizio baftava a pretender Primato.Efefb>ove di cio fi contendefse, mettca toflo innanzi il fuo Tempio. Primato facea parimentepretendere aile Città, l'efser fedi délie publiche fefte, e de' più folenni fpettacoli, a quali dalle circonvicine parti d'ogn' intorno fi concorreva. Vegganfi di cio in più luoghi Dione Oratore, e Filoflrato. Ma non per queflo di tal prerogativa vogliam noi darci vanto.

Inqueflo fecolo furono in Verona piùvolte gl* Imperadori, e che qualche foggiorno ci fecero, fi pub arguir dalle leggi. Data in quefta Cittàda Coftantino nell'anno 330 una ne porta ilCodice di Giuftiniano :1e date di effo hanno poco credito, ma con gl' îfteffi Confoli l'abbiamo, benchè afsai varia, nel Teodofiano.Inquefto con daterettiricate e ficure leggi veggiamo di Valentiniano padre, che ci fanno conofcere, corn' ei Mette qui nell'anno 364,0 nell'anno 365. altre di Valcntiniano figliuolo, cb'eglipure ci Mette nel 3 8 3, nel 384,6 nel 38s. Una, che premette il nome di Graziano, ha fatto credere ch* ei foffe qui 1*Agoflo dcl 382. Di Teodofio il grande cinque leggi abbiamo rilafciate in Verona nell'anno 39050 di Onorio una nel 399. non dovendofi dubira*'e AppiU. re, che Verona pafsata quivi in nome di Con/• 59. foie, non fia il luogo délia data mal fituato. Fréquente paffaggio degl'Imperadori poflbno indicare ancora le moite colonnette Migliarie, che fi fon trovate nel territorio noflro. Preflb Romani principalitfima cura era quella délie flrade. Son famofele laflricate perl' Italiafinda' tempi délia Republica; ne mancb fottogl' Imperadori taie attenzione. Principali eran quelle , che fi chiamavano Militari, e fêcondo fcrive D dehe. Ulpiano, aveano efito al mare, 0 aile Città, Dfi.'iiares ' ° <? publia jiumi, 0 in altra militar via. A txitumaj Verona facean capo le ftrade di Milano, d' mw> <&(. ^quileia, e per Germania. S'imparadall' Itinerario, che una Manfione era in quefto diftretto a Sarmione, meza ftrada in circa tra Verona , e Brefcia : cosi chiamavanfi alcuni cafamentj publici, ne' quali prendevano alloggio i Prefidi, e gl* Imperadori fteffi, e quelliche viaggiavano con diploma.

D'ogni manfione avea cura un Decurione r i con nome di Prepofito . Per quando occor- D refle fpedir con follecitudine, fi ha in Procopio nell' Iftoria Arcana , corne nel cam- f„ mino d'una giornata non meno di cinque mutazioni di vetture flavan difpofte, guernite ognuna di 40 cavalli velociflimi. In fatti fcrive Capitolino, che un meffo fpedito da Aquileia con l'avvifb dell' uccifion di Maffimino giunfe il quarto giorno a Roma. Il laftricodélie vie, che faceanopiù altede campi, era condotto eccellentemente. Nell' Appia lavorata poco meno di 900 anni avanti difle Procopio, che a fuo tempo non v G*; era pietra fuor di luogo, e ch'eran talmen- ' "' te congiunte, e commeflè in quadro, che non per arte,ma pareano in quel modo nate, e fituate dalla natura.Nel mezo faceafi un rilevamento, che chiamavano Argine, rimanendo più baffi dall* una parte, e dall' altra i fentieri de' pedoni : perb 1' Axgtne déliafirada fu nominato da Virgilio, e fu &.: fpiegato da Servio perun'eminenia nel mezo . Nel Vexonefe qualche veftigio dell' argine, e del felciatoantico, par che rimanga ancora preflb allô fcendere nella bafla di Caldiero: che per là paflàffe anche anticamente la firada, e fi facefle la prima mutazione, l'Itinerario Bordegalefe dimoftra. Ma per follievo de* paffaggeri, e perché poteflè chi viaggiava regolarfi, e prender le fue mifure, ufavano ancora di contraffegnare ogni miglio di firada con piccola, e tronca colonna, nella quale era incifa la diflanzadiquel fito dalla Città, nel cui diflretto fi era . Sopra il mantenimento délie (Irade vegliavano gl' Imperadori fleffi pe' loro frequenti viaggi con buoni ordini.Quefl' anni addietro tra più altre lapide fcoperte preflb l'antica Celeia nella Stiria, una ne fu, che abbiam pofta in ferie, per vederfi in eflà corne Severo, e Çaracalla comandaror no y che fofj'ero rimeffe lé piètre migliarie per *•''' vetufià caaute. Qiiinci è, che fopra quefle piètre i nomi fi fcolpivano, e i titoli degl' Imperadori, per lo che gran conto fe ne fa dagl* indagatori dçll'antichità, e dell* Ifloria. Non poche ne abbiam noi nçlMufeo, trovate tutte fui Veronefeda quella di Magnenzio in fuori. Non è già perb da dedurne fempre paffaggio per qua dell* Imperadore ifcrittovi, baftando, che imperaffe in quel tempo, e gli fbffero i Veronefi ben*afiètti. La prima colonna, che abbiamo, è di Decio, e fi vede in eflà, corne flette a diecinove miglia dalla Città : fi è trovata un miglio di là da Pefchiera, e fe di tutte il pre- fy. cifo fito fapeflïmo, ove fi fcavarono, l'offervazione fe ne confermerebbe dell' effere le miglia Romane flate un quinto più corte

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del le noftre. Succedon due di Diocleziano, e ]Vla0îmiano, e de'due Cefari Coflanzo, e Galerio , ma con curiofa particolarità ; perché nell'una e nell' altra il nome di Galerio Maffimiano è rafo d'antico, e con ifcarpello annullato, e nell'una di effe anche le due lettere replicate, quali fecondo 1' ufo Romano indicavano effer due i Cefari, corne ove le Ifcrizioni fi riferifcono , pub offervarfi. Abbiam veduto, che Verona prima d'effer prefa da Coftantino fu Maflenzjana: nel tempo adunqueche per Maffenz/ioftette, il quale avea tolta a Galerio 1* Italia, e contra di lui s'era chiamato Imperadore, il nome dell' emulo farà flatoraf0} e abolito. Niente men curiofb è un'altro cippo, in cui fi vede da un capo il noine di Maffenzio, e dall' altro con lettere oppofte i nomi de' Cefari Crifpo,e Coftantino con 1* iflefse note, che fegnano il miglio undecimo. E credibile, che dovendo rener quefta ftrada Crifpo dopo a ver vinti, e debellati gli Alamanni, fbfTe rivolta la colonnetta, cacciando fotto terra il nome di MafTenzio, e facendo feolpire dall' altro capo quel di lui, e del fratello. Queft' iferizione diede motivo a importante sbaglio di creder Maflenzio Imperadore, cioè vittoriofo, 1' undecima volta, per efferne al Cardinal Noris flata forfe mandata copia con IMP. XL in vece di M. P. XI. dal che fu tratto nell' inganno anche il Tillemont. Due n* abbiamo ancora di Coftantino il grande, due di Giuliano, di Gioviano una, ed altra di Magno Mafïïmo col figliuolo Flavio Vittore. Abbiam porta in quefta clafTe 1* iferizion di Magnenzio, per effere in colonnetta fimile ail' altre, e che moftra perb effere flata dell' ifteffo génère.

In queflo fecolo corpi di milizia erano diftribuiti per l'Italia, non meno per prefidio,che pertenerfi pronti ad ogni occafione. Tre ne flettero nella Venezia, cioè in Verona, in Padova, ed in Oderzo. Era ciafeun di quefti fotto il comando d'un Pre. fetto, e perb veggiamo nella Notizia il Prefetto de'Sarmati Gçnt'tli in Verona. Gentili fignifica flranieri, cioè non comprefi nell ' Imperio, il che tanto era quanto dir bar• bari, ed efcluû* da' privilegi, che porta va ■■ fecol'efser Romani. Taie è il fenfo délia îcgge di Valentiniano Seniore, che fa delitto capitale il matrimonio d'un Provinciale con donna Barbara, e di un Gentïle con donna Provinciale. Si ha nell'Iftoria Mifcelk > che Stilicone in tempo d' Onorio avea fotto le infegne gran quantità, e di Roma™> edi G eut ili, „ Nç\\z Diocefi d'Italia fei Arfenali, ofia I

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officine e Fahrkbe d' armi dopo Coftantïno furon coftituite, corne nella Notizia fî legge, la più infigne délie quali in Verona. Più infigne dico,perchè dove nell'altre cinque un fol génère di cofe fi lavorava, in quefta fe ne facean due, cioè Scudi, ed Armi. Armi è da intender qui per armature : cosi fu detto da Salluftio, e da Cicérone tela et armay e diffe Servio armi effere,qu<e armos tegunt. Ora par verifimile, che fabrica per cui c'era bifogno di tanto ferro, reftarîe affegnata a Città, che qualche vena di ferro nel fuo territorio aveffe. 11 nome di Ferrariay che porto una terra nel Montebaldo , ne pub fare indizio : ma luogo molto più opportuno a tal lavorio era il fito di Campione fui lago, dove tuttavia fon fucine,c poco difcoflo c'ècava:dalcheparrebbe nuova congettura poterfi trarre, per creder quel fito anticamente del Veronefe. ' Al prefente di ferro ha Brefcia altrove minière affai piu ricche, ma di quefte non c' era anticamente ufo, ne notizia; il che fi fa palefè dal non farne Plinio menzione, i^s.cm, dove offerva, che fi trovavano anche in Italia abbondanti minière di ferro , e quelle nell' Elba : e dall'avère il Re Teodorico , benchc fignor di Brefcia , mandato a cer- cair.Var car vene di ferro nella Dalmazia: corne al- /.j, «p.15. tresi dal vedere, che niuna fabrica d' armi era in Brefcia, alla quai Città invirtù délie moderne cave farebbe fenza dubbio alcuno flata affegnata la prima, All'incontro miniera d' oro feraciffima era a tempi di Polibio citato da Strabone preflb Aquile- Vlh ia, délia quale ne'pofteriori tempi fi smarx\ la notizia del tutto . La menzione del nort.ro lago ci fafovvenire diquel buon vecchio Veronefe ricordato da Claudiano, il quale nato vicino ad eflb tanto amore portb al fuo paefe , che non feppe partirne mai, onde il Benaco fteflb, e la proflima Verona furon per lui leeftremità del mondo. Or paffiamo a rintracciare quanto è poffibile in que' tempi dell' Ecclefiaftica Iftoria nortra, e a dar notizia de'primi, che reggeflèro la nortra Chiefa. La neceflltà dell» iftruzione , e délie ordinazioni fottopofe ogni Criftiano gregge a un Paftore. A quefti, ficcome la Fede nacque prima in Oriente, il Greco nome fu dato di Vefcovi. Paftore e Vefcovo dell'anime chiamb S. Pietro il Salvatore ifteffo, e Vefcovi quei che gover- L *'2* navano i fedeli, e gli pafceano con la dottrina, chiamb più volce S. Paolo. La voce vien'a fignificar'Infpettore, e Curator diHgente, e fe ne valfero gli antichi Greci per alcuni ufizj civili, corne in più Scrittori fi vede. Ne'Digerti cosi fon chiamatico- de M«». loro,che nelle Città avean l'infpezione del e^on- *•

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pane, e délie grafce. La fucceffione contînuata de Vefcovi, per cui fi è confervata , e mantenuta fempre, quafi di padre in figlio, la tradizione Apoftolica, è per la religion Cattolica e Romana un argomento cosi certo di verità, ed una pruova tanto indubitata délia fua difeendenza daCrifto, che baftar potrebbe da Ce per far conoicere a chi le profèffà l'errore, e la novità délie varie Cette da noi fèparate. Perb di quelle De Vra- del tempo fuo , mofirino, dicea Tertullia/"■'/"• no, le origini délie lor Chiefe , fpieghino l' ord'irw de lor Vefcovi, t aiment e dal fuo principio per fuccejfoni condotto, che il primo Vefcovo alcan degli Apojïoli, 0 degli uomini Apofiolici >cbe con e/Ji ufarono, per predeceffore, oper autore ave/Je ; corne alcune ebbero tra le Chiefe noftre, e la Romana fingolarmente , dalle quali poi procedendo i tempi il lume délia Fede in tutte 1* altre diffufefi. Che S. Pietro venifïè a Roma,vi fbndaflè quella Chiefa, e fucceffori fuoi continuati fbffero i Papi, è tanto manifefto, che non ci fu mai prima de'proffimi tempi chi ne dubitaffe , e per contenderlo bifogna impugnar quanto nell' antiche età fi ha di feritto. Que' moderni Eretici, che tal verità hanno voluto rivocare in dubbio, dal Pearfon,ch'era del lor numéro, e aflfai di loro più dotto, convinti fono ftati pienamente, e confufi. Sant' lreneo, dopo d'efïerfi fatto forte nella tradizione Apoftolica, venuta per la fucceffione de'Vefcovi, e infegnato, corne per non aHb. 3. #. ver gli Apoftoli feritto tutto , ma molto »"3- infegnato con la viva voce, i pafli ofeuri, che fi hanno feritti, debbonfi dichiarar per la tradizione,pafïata ecuflodita nelleChiefe fucceffivamente; viene a dire, che troppo lungo e/Tendo il regiflrare le fucceffioni délie Chiefe tutte, bafta offervar quella délia maflrma tra l'altre, fbndata in Roma du S. Pietro, e da S. Paolo, potendofi con l'Apoftolica dottrina , quivi mantenuta e tramandata, confbndere a baftanza ognun che travia ; mentre i Fedeli tutti d' ogni parte del Mondo a quella Chiefa debbon far capo per la fua principalità, e per la tradizione degli Apoftoli ficuramente confervata inefla. Tutte quefte precife parole di Sant' Ireneo abbiam riferite , perché fi riconofca maraviglia non efïère , che délia Romana Sede intera notizia , e quafi perfetta Storia fia rimafa ; ma non cosi è avvenuto dell'altre d'Italia, e d'Occidente. Délia maggior parte di quefte in profonde ténèbre fi nafeonde là prima età, ne del precifo tempo in cui vennero erette, e formate, ne da quai dell' altre prime il fondator fi fpiccaffe , è d' ordinario poffibile di render conto. E non fol queflo, ma non

avendone punto, ne poco parlato Eufebio, che dell' Iftoria Ecclefiaftica fino a Coftantino è l'autor' unico; e non avendo efîe per gran tempo avuto Scrittore alcuno, ne mentovate eflendo dagli altri, quafi tutti i Vefcovi de'fecoli anteriori a'documenticonfervati negli Archivj, fuor di que'pochi, che troviam ne'Concilj foferitti, pare, che ofeuri doveflero rimanerci edignoti. Ma voile la divina Providenza , che da un antichiflimo ufo Ecclefiaflico la notizia de' primi Vefcovi délia maggior parte délie Chiefe alla poflerità tramandato fofTe,e fu quellode'facri Dittici. Ne furon di varie forti, ma qui di quelle tavolette vuolfi intendere, nelle quali per far memoria ogni Chiefa de' fuoi Paftori, e pregar per effi, e in fegno di comunione, e di mantener l'ifteffa Fede, fi feriveano i nomi de' preceduti Vefcovi, e nel canone délia Méfia fi recitavano. Quinci è, che diffe Sant' Agoftino nella Conferenza Cartaginefê : fiamo nella Cbiefa y dove Ceciliano amnûnifirb il Vefcovado y e mort : récitiamo il fuo nome aiï ah are: cornu- c> nichiamo con la fua memoria. Perb Ciri llo Alef- "•»;-. fandrino ingannato volea efclufo da' Dittici S. Gioan Crifoftomo , finchè finiftramente opinb di lui. Di Euftazio Vefcovo d' Antiochia intervenuto nel Concilio Niceno ferifle Facondo: vien nominato folennemente ne'fagrific'j infieme con gli anteceffori fuoi, e fucceffori. Ne gli Atti del Sinodo Mopfuefteno, inferiti nel Concilio Coftantinopolitano fecondo, cosi dicono i Vefcovi al Teforiere di quella Chiefa. Si recitino i jacri Dittici, che diebiarano l'enumerazione de* Sacerdoti di yd fanta memoria di quefia Città di Mopfuejliay P-l]- da che la pur a e ortodoffa Fede ci fi predica : ne'quali Dittici era feritto cosi : Per li Vefcovi, cbe ripofanoy Protogene &c. e feguivano i puri nomi. Durb gran tempo in moite Chiefe queflo coftume . Adalberone Arcivefcovo di Rems interpellato nella fine del fecol decimo intorno a' primi Vefcovi di ^ i, quella Chiefa, e alla ferie di effidaFulcui- c-, no, gli diffe , efTer quivi in ufo da immemorabil tempo, che nella folennità délia Méfia, alla confecrazione del corpo del Signore , in quella commemorazion de i defbnti, che fi chiamava fopra i Dittici, il Suddiacono Ieggefle con fbmmeffa voce ail' orecchio del Prête tutti i nomi ad uno ad uno de' Vefcovi, che avean tenuta quella Sede. Ne fiamo già si fêlici, che quelle tavolette , o membrane ifteffe nelle varie vicende de' tempi fi fien confervate fino a di noftri; ma in moltiflime chiefe monumenti, o Scrittori confervati fi fbno , che la notizia de' Vefcovi dagli fleffi antichi Dittici traferiflèro. Corne ne' Martirologj la

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brcvità, e femphcita d* effere anticbi, e finceri fa fêde, cosi in tali memorie indizio I fa d-efler venute da Dittici il veder riferiti I folamente i nudi nomi, poichè non altro I era ne'Dittici fcritto: per6 Cirillo nell'Eoiftola ad Attico gli chiam.6 una volta fa\ cri Bretti, e un'altra Catalogo de'Vefcovi \ e • tra' Latini Incmaro Arcivefcovo di Rems richiefe il fommo Pontefice Nicolao, fe j doveffe permettere di nominar' Ebone ne' facri Dittici délia fua Chieja, o fe doveiïe proibire di tenerlo in avvenire nel Catalogo %> Vefcovi. Per darne un' efempio in Città anoi'proffima, nonè da dubitare, che la recita de' nomi di trenta Vefcovi Brefciani che fa in un Sermone Ramperto, il ; quale tenne quella Sede nel nono fecolo, J I da'Dittici non derivaffe. La noftra Chiefa j '' non fu si fortunata, che da cosi fatti ficuri fonti gliene foffero trafmeffi tanti : tuttavia anonimo Scrittore de' tempi di Pipino gli - otto primi con 1'ordine loro le confèrvo. Cosiparlaegli ne'fuoi verfi ritmici, cheabbiam pofti in ferie co'Documenti . Primo pr:dko in Verona Eupreph Vefcovo ; fecondo DmùàrianOy terçp Simplicio , quarto Procolo Confeffare, Paftor' egregio. Quint o fu Saturni\ no, e fejlo Lucilio; fettimo fu GricinoVefcovo, *■ ( Dot tore t ottavo il Pajiore, <? Confejfor Zeno^ ne, inclito Martin. E'da avvertire, che 1" % eflcr quefto monumento in verfi, qualche % parola fece apporre al puro catalogo; e che 1 l'avcr voluto il ritmico Poeta celebrar fingolarmente Santo Zenone , più cofe délia fua vita gli fece aggiunger nel fine; ma cio nulla pregiudica alla fua fede, riconofciuta fempre fino a' proflimi tempi nella Chiefa Veronefe, corne Giovanni Diacono autore del fecolo decimoquarto dimoftra,che nella fua Storia, veduta dai Panvinîo, e citata, i primi noftri Vefcovi con 1*ordine medcfimo regiftrati avea.

Euprepo è nome Greco, ma il trovarfi fcritto Euprepio, e il faperfi, che più donne Euprepia fi diffcro, moftra, che foffe già palfato in gentilizio Latino , corne Boeto pafsô in Boezio. Di queflo noftro primo Vefcovo il tempo, e la miflione reftano in ofcuro. I noftri moderni Scrittori veramente, non volendo, che la lor patria parefle da meno dell' altre Città , le quali nelle Storie, che dopo il rinafcimento degli ftudj furon comportefpedito da S. Pietro vollero il lor primo Vefcovo, affèrmano , che Sant' Euprepio parimente fu da lui mandato a Verona. Aggiungefi nell* Ughelli, che fu uno de' 72 difcepoli del Redentore, e che il prim'anno del fuo Vefcovato fu 'û^^ di i Crifto. Ma quel ch' è più , il gran Baronio v • ancora, tra i pochi a'quali accordb l'effere y| Ver. muftr. Parte J.

ftati creati da S. Pietro, al noftro Euprepio diede Iuogo; di che fe qualche motivo, o qualche raggio d'autorità fcoperto aveffe, grand'obligo dovremmo avergliene: ma del noftro volgargrido niun fondamentoapparendo, e fapendofi, che il fêfto Vefcovo fedeva nella meta, e il quarto nel principio del quarto fecolo, ben fe ne viene a raccogliere, che prima del terzo feder non poteffe il primo : poichè fecoli d* intervallo non debbono ammetterfi mai, ripugnando aile più facrofante regole del Crillianefimo, e non avendo mai ne forza di perfecuzioni, ne altra infernal machina fatta interrompere per si gran tempo la Religione, e l'efercizio fuo. Il fecondo de'noftri Paftori fu Dimidriano, Simplicio il terzo , de' quali altra notizia non abbiamo ; ma ben molta ne abbiam del quarto, cioè di S. Procolo Confèflbre infigne, e che ardentemente defiderb d'eflei" anche Martire, corne parlando de'Santi Fermo e Ruftico, abbiam già moftrato. Riluce daquegli Atti, com'ei reggea la Chiefa Veronefe nell'anno 304. Di queftofanto Vefcovo nobil monumento fi confërva nel fotterraneo délia fua Chiefa , cioè fchietta lapida di marmo Greco con Ifcrizione riferita dal Grutero, ed emendata da noi nell* Epiftola aggiunta ail'Ughelli. Imparafi da que- ».!<»/#. fto marmo, corne col fuo corpo reliquie **X 1, d'altri Santi in molto antica età nell' ifteflb luogo furon ripofte. Succefle a S. Procolo Saturnino, ed a Saturnino Lucio, o fia Lucilio , o vogliam dir Lucilio. Intervenne quefti, e fofcriffe nell'anno 347 al Concilio di Sardica ; ed eflendovi tra gli altri Vefcovi intervenuti Protafio di Milano , c Fortunaziano d'Aquileia, fofcriffe il noftra tra'primi, ed avanti il Milanefc,el'Aquileiefe, o per effere anziano di confecrazione, o per efferfi trovato prima alConcilio, o per altra incognita ragione. Tra primi fi nomina egli ancora da Sant' Atanafio nell* Epiftola a Coftanzo, dove i nomi recita di que' Vefcovi in affai maggior numéro, che non fi leggonone'Storici frammenti diSant* Ilario. Dopo Lucilio fu Cricino, il quale non fecondo, corne fènza alcuna pruova mertono i noftri, e cosi l'Ughelli, ma fu anteceffore di S. Zenone, di cui ferive anche Andréa Dandolo, che a Brichino fuccefse ,e(stt\- do il G del manoferitto ftato pre/b per B.

Ma illuftrb fopra tutti la noftra Chiefa Zenone, poche efsendo tra le Latine quelle, che vantar pofsano un Santo Padre, quai vien'egli riconofciuto, e venerato, e nella quai clafsevien collocato pe' fuoidotti, fruttuofi , ed eleganti Sermoni. Que' Critici, che ne han fatto si poco conto, ç

O che


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DELL' ISTOR1ADIVERONA

«M!

che non hanno faputo riconofcere la mag- j gior parte di efli corne d' autor certo, e corne di lui, ècredibile, che non ne leggeffero che alcuni pochi, e fopra quelli precipitafsero il giudizk» loro. La Chiefa Milanefe fin dall' antiche età nel Prefàzio Ambrogiano lo chiama Dottore : ma di cib farà da ragionare altrove, cioè nel Trattato degli Scrittori. Quanto al tempo in cui tennequefta Sede, fi ricava dall'efsere ftato fecondo dopo Lucilio; dall'efsere iiruccefsor /.■*. 6 e;-. fuo vifsuto in tempo di Sant' Ambrogio, ids,agr. come ^a lettere di quefto apparifce; e dal dir lui non per giufto computo, ma fecondo i modi, e gli accrefcimenti uiati nel ragionare, che i primi tempi de' Criftiani, e gl* infegnamenti Apoftolici erano ftati qttafi Se.de 4.00 anni avant i; fe pure, benchè cosî porve?!eoam- tmo l'edizion prima, ei tefti a penna, non piiusWc. dovefse leggerfi 300 per la parola , che fegueapprefso. Pubcrederfi, che non molto lontano dall' anno 390 rendefse 1' anima a Dio. Dice il noftro Anonimo, che grandi, e mirabil cofe operb quefto Santo venuto di Siria in Italia, e lo chiama non fola/. 3- <••><>. mente Confefsore, ma inclito Martire. Martire lo chiamb S. Gregorio ne' Dialoshi, il che fu ripetuto da Paolo Diacono;lafciando i MartirologidiRabanoMauro, di NotkeroBalbulo, e d'altri. Chi lonega,non avrà per fe un cosî antico teftimonio, quai è S. Gregorio, che lo afferma. Molti furono, che tal palma ottennero anche fuori délie perfecuzioni uccifi per la fede, e per ferviziodi Dio o da* Gentili, o da mal vagi uomini: ne abbiamo poco lungi da noi , e negli fteffi tempi 1' efempio in S. Sifinnio, che mandato nel 397 daS. Vigilio Vefcovo di Trento a predicar la Fede nella Val Nonia, oradi Non, vi reftb da i Pagani uccifo, corne û ha da S. Vigilio medefimo, al quale l'ifteffo avvenne pochi anni dopo nella Città, per efsere ftata refa dalui interamente Criftiana, come da S. Zenone Verona. Ripofatoin pace lo diceCoronato,autore d'inferior tempo, nella Vita più volte divulgata, ma délia quale pochiflimo conto pub farfi, cosî per leincongruenze grandi , che contiene, come per efserfi trovata ne' diverfi efemplari afsai varia . Molto rnaggior confderazione mérita per verità 1* averne fempre la noftra Chiefa come di Confefsore, e non di Martire celebrata la memoria ; ma forfe il non aver confeguito in tempo di publica perfecuzione il Martirio ne fucagione. Siaci permefso di regiftrar qui un beiliflimo, e replicato teftimonio refo dal noftro Santo a gli antichi Veronefi, difingolar pietà, e di Criftiana liberalità celebrandogli, non già conferapliceattributod'onore,

conferapliceattributod'onore, potefle crederfi ufato pci civiltà,e per conciliar benevolenza, ma con tutti quefti fentimenti ne' due Sermoni f0. D pra 1* Avarizia. Dice adunque nel primo. &• Noi perd non ad avari f ma degli avari al.^ biamparlatOy ofratelli: per altro co' foli di. c! viniefempjperorar convenivay fe aie un taie fi trovaffe qui\ ma perche in voi fede, e pietà che afeacciar l'avari^ia è fufjiciente, vive, e trionfa , degnifiete tutti non tanto d' avère quanto d'effere argento ed oro ; imperciochè voi fiete l'oro vivo di Dioy voi /' argento di Crijïo^ voi le ricebe^xe dcllo Spirito Santo. E nella fin del fecondo. Qaejle cofe pero non per voi fon dette yfratelli, la cui liberalità è nota al h Provincie tutte, e le cui pie femen^e fi fpargono in certo modo per le parti del mondo tutto : da voi molti fon ricomprati, molti liberatida i fe. rali editti, molti ringra^iano dalle dure impoflç ix profeiolti. Le vojîre café a i pellegrini tutti fo. \ no aperte : fotto di voi ne vivo ne morto alcuno è mai (lato veduto nudo per affai tempo. Già i noflri poveri non occor più, cbe dimandino gli aliment i : già le vedove, e i miferelli hanno di che teflare. Potrei in Iode di quejla vojîra félicita dir di più, fe non fofte miei ; unafol cofa pero tacer non poffo per /' allegre^a : dando ad ufura a? poveri le facoltà tutte, fen^a odiofità, e domata /' avariai a , le traiferitc a vofira rendit a : imperciochè chi far à più rkco d' un 3 uomo, di cui debitor fi profejft Dio ? Abbiam letto avaritia Jubaïïa, perché avaritiç fubaftas, come hanno le ftampe , non fa fenfo. Per chi vuol S. Zenone de' tempi di Gallieno, potrebbe qui ofservarfi , che conditions per tributi non fi troverà prima de' tempi Teodofiani .

Non ci poffiam difpenfare per modo alcuno dal prévenir le querele, che ci faranno fàtte per aver meflb il noftro primo Vefcovo folamente nelterzo fecolo. L'impreffion comune , che da* tempi degli Apoftoli la noftra Chiefa non meno dell* altre di quefte parti fbfle già eretta, farà parer troppo ftrana in quefta parte 1* Iftoria noftra. Ma egli è ormai tempo nella chiara luce di quefti giorni di fgombrare le popolari, éd. infufiftenti opinioni, e di metter nel fuo profpetto la verità. Lentamente fiandbpropagando in quefte parti la Fede. Noi abbiam veduto, come nel principio del quarto fecolo ftava S. Procolo co' pochi Criftiani in un nafcondiglib. Il noftro Anonimo attribuifee a S. Zenone 1' aver finalmente ridotta Verona con la fua predicazione al battefimo;il che cifaintendere,comeavanti lui granquantità di Gentili c'era ancora. Nell' anno 397 poco lontano da Trento fu martirizato dal popolo S. Siflnnio, e compagni, perché vi predicavano la Fede: per 1'

ifteffâ


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L I B R O OTTAVO

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(iftefïa ragione tu anni clopo martinzato à. yjoilio Vefcovo, negli Atti del quale , benchè impaftricciati di giunte, e perb di pocaautorità, fi legge, ch' eccitb i Vefcovi di Verona, e di Brefcia a combatter Mdolatria nelle Diocefi Ioro,eche con Ior licenza venne a predicarvi egli fteflb.Ma inRoma fteiïa dove la Fede era ficuramente data daS- Pietro piantata, a' tempi dell'Imperador Graziano ftava pur' anco un' ara délia Vittoria nel luogo, ove fi ragunava il Senato; e perch' egli la fece levare , la i, meta de' Senatori, ch' era pagana, per porî*ïU tarnea'fuccefibri lefue querimonie depuy.^'- tb Simmaco Prefètto di Roma. Ne la fa:<. mofa legge di Teodofio, con cui ordinb, che tutti i popoli dell' Imperio quella religion profèflànero, che avea data S. Pietro ai Romani, e per la quale il nome di Crifliani Cattolici portar doveflero , venne a diftrugger la Gentile, poichè contra gli Aria^ nifu diretta, e contra altri Eretici. Laleg"% ge d' Onorio contra i Pagani ben moflra ••:,- quanto numerofi fbiTero ancora nel quinto «- "x fecolo. Non fi credefîe già per quefto , che in Verona, e in tant'akre Città folamente nel fecol terzo feminata fbffe la Fede. Motivi offervammo già di crederla qui fin ne' primi tempi allignatajma non bifognaperfuaderfi, che a tanto numéro veniflér sîtofto i Fedeli, e con fuflidj tali, da poter formare un Clero, ed eleggere un Vefcovo. Regolarmente, perché germogliafle, e fruttificafle il divin Cerne a tal fegno, vi fi richiedeano più età : fappiamo, che Chiefe in qualche numéro, e palefi non ebbero i Criitiani che nel fecol terzo. Invaghifce mol*• ti il pregio di venir da S. Pietro; ma chi . ' dubita, che non ne vengano tutte le Chiefe d'Italia fingolarmente? per tal difcendenza perb non è neceffario, che S. Pietro mandafle in ognuna a rifedere un Paftore; bafta ,che quei facri operarj mandafle, da' quali i primi femi in moltiffimi luoghi fi iparfero, onde poi derivarono di mano in mano le Çhiefe tutte. Gioconda immaginazione è quella, che potefle S. Pietro deputare un Vefcovo in particolare per tanto numéro di Città ; quafi egli cosl gran numéro di difcepoli, e di convertiti atti a tal miniftero aveflê in pronto, e quafi doveflè mandargli a negozio fatto. S. Pietro farà ftato fecondo 1' ufo Apoftolico i in più Città d'Italia egli fteflb, e nelle va'"l

va'"l parti di efla fpedï fenza dubbio con

iacro carattere, e dopo aver loro impofte ^ lemani, compagni, eminiftri, perché fef.4 minaffero 1' Evangelio ; ma quefti erano t ^ Sacerdoti, e Vefcovi non aflîfli ad un fol luogo, ma vaganti, e dopo aver annunziat Ver, Muftr. Parte J.

ta in una Città la Fede paflavano ad altra, corne richiedea la neceflità di portarla da pertutto. Tali forzaèch'effifouero per qualche tempo, anzi tali furon per lo più gli Apoftoli medefimi : il nome ifteflb di Vefcovo indicb già prefîo' Gentili ufizio, che obligava a vifitar più Città , e a vegliare '«EVn. fopra più luoghi, corne da Suida fi ricava, e da Cicérone, il quale dal volerlo Pom- Att.i.7.\ peo cçn tal nome per tutte le fpiagge délia fr'^°'ej.„t Campagna, arguiva di dover'elîere qua elà gtn tfe vagante. Preme fopra tutto 1' ernulazione «&'"" ■>. dell'akre Città, che si d'antico le lor férié incominciano, e continuano felicemente. Ma o Dio! quanto defiderabil farebbe, fofTe ftato fempre dinanzi a gli occhi d' ognun che ha fcritto, il fatto di quel Prête d'Afia riferitoda Tertulliano,il quale aven- deBa^u do con buona mente, e per 1* amore, che c-lia quell* Apoftolo portava, compofto un libro de* viaggi di S. Paolo, ma con mifchiarvi falfi racconti, e con attribuirlo a S. Paolo fteffo, ne fu cafiigato feveramente con la degradazione, e cib per fentenza di S. Giovanni, per quanto S. Gerolamo accen- deVir. na. Il fatale inganno di creder lecito il fin- ll/-c-i' gère a buon fine, e di fuppor cofa indifférente la falfità ufata per fare altrui piacere, e fenz'altrui danno; la femplicità ancora di credere a tutto, e di aver fede a voci volgari, e a monumenti, o Scrittori di baffo tempo, hanno fatto corrompere in modo la purità délia Storia di varie Chiefe, e vi hanno fatto introdur talvolta novelle cosl ripugnanti alla verità de' tempi , alla Cri ftiana difciplina , e al buon fenfo, che non fi po/fon Ieggere fenza ribrezzo da chi ben* intende quanti mali si fatto adulteramento cagioni. Non entriamo in cib per ora, e avvertiam folamente, corne procedono con fomma uniformità a quelle dell' altre parti, e le noftreantiche memorie, e i noftri moderni Scrittori. Da querti gli otto primi Vefcovi, per connettergli co'tempi Apoftolici , fi fon fatti diventar fedici : Eufemio, Agapio, ed altri fi fono autorizati con ifcrizioni, alcuna délie quali adottata dal Grutero, ma fono de' proflimi fecoli : I0^ 4* e perché l'Epiftola di Sant'Ambrogio moftra Zenone viffuto a tempi fuoi, o poco prima,due Zenoni fi fon meffi fuori: fimil cofa appunto troverà praticata in molt* altre Città, chi fi prenderà cura difàrneefame, e rifcontro. Ma dalle antiche e fincere memorie noftre ci il prefênta 1' ottavo Vefcovo nell' inclinare del quarto fecolo. In quel tempo medefimo, per offervare i noftri vicini, la Chiefa di Brefcia, per più titoli parimente illuftre, avea S. Filaftrio, il quai per autorità di Ramperto, VefcoO

VefcoO VQ


2i5 DELL'ISTORIA DI VERONA LIBRO OTTAVO. 216

V.S.GMJ. VO Brefciano del nono fecolo, fu il fettimo op.p.z66. inqueUa Sede. fuo fucceflbre fu S. Gaudenzio

Gaudenzio di Sanc Ambrogio. Mentré fedeano Filaflrio fettimo inBrefcia, e Zenone ottavo in Verona , in Bergamo M'l79. era il ter^o Vefcovo, come dal medefimo Sermone di Ramperto ficuramente apparifce. Di Trento veggafi da quanto abbiam detto di S. Vigilio, fe fi renda probabile , che quella Città foffe convertita da Sant' Ermagora l'anno di Crifto yr. Di Milano fi ha un antico Catalogo nel Mufço Italico del P. Mabillone , al quale furon peu aggiunti d'antico gli anni délia Sede, e il giorno délia morte: ma che i nomi, e l'ordine vengano da'Dittici, e fien perb autentici, fi riconofee dal mancarvi Auflènzio, che fu Ariano, poichè ne' Dittici, ch' era un contrafegno di comunione , i nomi degli Eretici, o non fi ferivevano , o feritti fi cancellavano. Ora nel detto Catalogo Mim. 1. rocle, che per autorità d' Optato Milevi, tano nell'anno 313 intervenne a un Concilio in Roma, è il fèflo Vefcovo: o ilquar^ to, o il quinto fedea in quel tempo de'noflri. Non vi fi vede S. Barnaba, fe nonagfai»09, giunto da mano recentijjima. Scriffe Innocenzo primo nell'Epiftola a Decenzio, non folamente in Italia, ma non trovarfi ch'altro Apoftolo che S. Pietro abbia predicato nell'Occidente tutto, e nell'Africa; e da V lui pero, e da' fucceffori fuoi efier' andati derivando i primi, che in tutte quefleparti inftituifler le Chiefe. Sant'Ambrogio nominando i più fingolari de' fuoi predeceflbri, e che (i erano più diftinti nella profef inSerm, fion déliaFede, ricorda Mirocle, Euftoron.Aux. gic)j eDjonjgi^ ne(jj S. Barnaba fa menzione;

menzione; non la fànno i Calendari, ed Antifonarj antichi di quella Chiefa. Padova comincia da S. Profdocimo , che fi fa ordinato Vefcovo daS. Pietro nell'anno46, c per condur la cofa al divifato fegno fi fa durato nel facro miniftero anni 93 , e caniv.Vy.M. pato n^ QQn cne autorità talimeraviglie ''5'f'4x 3' fi aflerifeano , non è in ufo di riçordare; ma chi le afferifee, le fuoi diftruggere ancora, ricevendo gli Atti di Santa Giultjna, e di S. Profdocimo, ne'quali fi ha, come quella fu martirizata fotto Diocle/,iano, e che quefii diè fèpokura al fuo corpo . Vi* cenza in tempo di S. Zenone mette S. Apollonio,avanti al quale non recita più di tre o quattro nomi. Aquilçia comincia da S. Marco, il quale impoffibij per verità non è, che da Roma, ove fu in compagnia di

S. Pietro, pafTafTe a predicare in quella Città, come impoflibil non farebbe parimente, che fofle pafTato in Italia, e a Milano S. Barnaba; ma dell' aver S. Marco predicato in Egitto, e inftituita la Chiefa d'Aleffandria, efprefsa menzione fece Eufebio; d'Aquileia non fèce motto. Non ne parlarono Rufino Aquileiefe, S.Gerolamo edaltri, che opportune occafionin' ebbero.Ne pero deefi credere, che Andréa Dandolo, Storico per quell' età, e per quanto narra de' fuoi tempi pregevoliflïmo, la venuta di S. Marco in Aquileia di fuo talento, e fenza autorità regifirafîe; come fanno penfare tutti coloro, che per efaltare Aquileia finora hanno feritto ; mentre a lui la prima menzione di cio attribuifeono, quando tal grido era nato fin da tempi di Paolo Djacono; il quale ove ferive , che $. Pietro çreb Vefcovo di Metz S. Clémente , dice ancora, che mandb Sant'Anatalone a Milano, B e ad Aquileia S. Marco. Per 1' età, e pro- ';'; feffione di Sant' Ermagora gran difh'coltà purnafeono, fpezialmente dall'antichifllmo martirologio del Fiorentini: ma fenza queflo bafti ofiervare, come da lui al fucceffore una lacuna interpongonod'anni 206, ne'quali dicono, che vacb la Sede. Or chi potrebbe mai si inaudita ftravaganza ammettere, e tanto contraria a'Crirtiani iflituti,e diftruttiva délia religion medefima? Aggiungafi , che in tal cafo non fi potrebbe più dciivare dalla prima milfione l'origine , e la difeendenza , ma folamente dalla féconda. Rimediar voile a tanto difordineil Palladio nella fua Storia delFriuli, e continuar la fuccefiione, ma çon dure arbitrariamente lunga vita a tutti, c (ccondo 1' ufo di corromper gli antichi cataloghj per via di giunte , con metter duc Fortunati, e due Vakriani contra le tradizioni tutte. In fomma,Jafciando a parte S. Quirino, del quale tanti racçonti fono ftati fatti, e che fi fa non trovarfi ne' monumenti Aquileiefi, fette, ovogliam dire otto nomi regiflrb quella celçbratiflima Chiefa per immemorabil? ufo avapti quello di Fortunato, çhe a mezo il quarto fecolo fbttofcriffealConcilioSardicefe :ond'eçcoçhe l'ottavo, o al più il nono Vefcovo fedea quivi, quando Verona avea il fefio : ed ecço per confeguenza, come fecondo cib, che abbiamo in quefte parti generalmente avvertito , non tanto diverfo , e lontano fbrza èdir fbffe il tempo, in cui l'una e l'altra Chiefa fuiftiftuita, e formata,

FINE D E I< L I B R O OTTAVO,

DELL'


DELL ISTORIA

DIVERONA

L I B % 0 N 0 N 0.

é^^WSjj4£$€j^i& Uovo, e deplorabile afÏNw^^^^^lffl petto di cofê , infaufta il É'v^^^ilK ^er'e d-i miferi avveni% ^^Iw^d ip mentl y c fventurata F fl^T^sT^ f| trasformazion deli* Ita1-

Ita1- If ^a c* metter^ il quinto £;fc^plllpnifr 1^ feçolo dinanzi a gli occhi- Caddein queftofinalmente a terra il fuo Imperio, e lacerata in varie manière ed afflitta , non folamente perde il dominio dell'altre nazioni, ma difeftefla. Era aiïai tempo, che diverfe genti Settentrionali formate in numerofi , e potenti eferciti, o teneyano, o a piacer faccheggiavano moite provincie Romane . Terribile fopra tutti gli altri era il nome de' Goti : da e(fi principalmente ven-1 nero per lo fpazio di vent' anni i depreda- « menti, e le ftragi, deplorate da S Gero^3 ,i lamo, nel vafto tratto tra Coftantinopoli, e „ • /' Alpi Giulh> feparanti la Venezia dalla fu% perior Pannonia, délie quali dice AmmiaJJU <. no , che fi çh'tamavan Vçnete anticamente , *:■ Morto Teodofio il Grande, la potenza, e la condotta del quale, anche per via di donativi e itipendjpur tennegli in qualche fire- no, erfero l'animo a maggior cofe, e s'in;; vaghirona dell'Italia (tefl'a, Secondo ladif| pofizion. di Teodofio imperava Onorio in % Occidente con la direzione e tutela di StiliJ cône, çd Arcadio in Oriente con quella di % Rufino, Quelti due miniftri feelerati e in'% fedeli afpirando ail*Imperio, {e la intefero « co' Barbari occultamente,e molto contribuirono aile fufseguite defolazioni. Di Stilicone verramente, uomo peraltro di gran valore, 1 cosi non parla Zofimo, ma ne fanno. fede a "Jtia, baftanza Numaziano, Giornande, Orofio, ♦ U?' e Filoftorgio riferito da Fozio. Il Re Ala{ji, ricQ adunque lafciando la Pannonia , ove allora co' fuoi Goti facea foggiorno, verfo ; ; Italia prefe le mofTe, e l'anno quattrocent' !

uno entrb in effa fenza contrario. La confufione,e la contrarietà de'Scrittori di que* tempi, ne ci lafçia affatto accertare, ne a baftanza diftinguere le marchie, e i fàtti in quell'invafione avvenuti: ma egli è certo, che dopo la battaglia di Pollenza, incamminato Alarico per ufeir d*Italiafecon» do il convenuto con Stilicone, giunto a Verona mutb parère, e contra la fede voile contraftar di nuovo , onde fegui altro fatto d* armi con vittoria de' Romani, avendo pe» rb detto Claudiano nelle lodi d' Onorio, e di Stilicone , che Verona non p'tccol cumula & fiaveva aggnmto altrionfo, e che l'Adige avea r°«{»^"* portato al mare il fangue,e i corpi de'Go- quasc. ti. Dopo quefta feonfitta fe ne fuggi Alarico con 1' avanzo de' fuoi di là dall* Alpi. Quattr'anni appreflb venneatentar fuafortuna Radagaifo Scita con gran moltitudine raccolta da più nazioni nella Sarmazia, nella Germania, nella Gallia, ed in altre parti: fu rotto da Romani, e ne'monti fopra Fiefole diftrutto, e fatto perire il fuo eier- OnÇ. l. 7. cîto. Mal'anno 408, raccolta il Re Ala- {' 7, 1' rico nuova e maggiore armata, e chiamati in fufîidio co' fuoi Goti ed Unni Ataulfb fratello di fua moglie, pafsb di nuovo in Italia per la folita via d' Emona, e difcefo al piano trapafsb fenza oftacolo, e filafcib addietro Aquileia , Concordia, Altino, e dopo queflo Verona, corne abbiamo altrove R>ft-i-5accennato doverfi leggere in Zofimo; dove c' 37' pafïàto 1' Adige , indi il Po ad Oftiglia , giunfe nel Bolognefe. Qiiinci lafciando Onorio in Ravenna, fi conduffero i Goti dirittamente adaflèdiar Roma. Ridottaqueita ail' eftremo , fi compofe con Alarico , fecondando a forza ogni deûderio fuo-, ma dopo varj avvenimenti ritornb egli 1* anno appreffo, e la preie, e la faccheggib; protbtuendo in tal modo per la prima volta la grandezza, e la maeftà del fuo nome , e

fu-


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DELL' ISTORIA DI VERONA

funefto preludio fàcendo ail' eftinzione del fuo dominio ,e ail' annichilamento délia fua autorità. Morï nel feguente anno Alarico, mentre meditava di paflare in Sicilia , e nell* Africa. Fu da' Goti foftituito nel comando Ataulfo, il quale non molto dopo ufci d'Italia, e fe n* ando a regnar nelle Gallie.

Ripiglib Roma il fuo governo, e Onorio celebro in effa i Vicennali del fuo Imperio l'anno 411, come fi ha nel Cronico di Marcellino. Erafi gli anni avanti tra più altri tiranni follevato in Britannia Coftantino , al quale riufci d'occupar la Gallia, e parte délia Spagna. Venne in Italia ancora, o per fbccorrere Onorio, come profefTava, o per ifpogliarlo anche di quanto gli rimaneva. Nota il Mezabarba , ove rifèrifce le fue Medaglie , che venifle a Verona , ma tornafle poi addietro;aggiungendo,chepre{6 poco dopo in Arles, nell* eflèr manda to prigione ad Onorio, arrivato al fi urne Mincio, che fui Veronefê fi valica, per ordine dell'Imperadore fbfle uccifo. Venuto a Liberona in Liguria lo diffe Sozomeno, ove pare doveffe dire a Verona nclla Venezia ; e uccifo fui Mincio lo dice Frigerido prefto i.t.f.9. Gregorio di Tours; ma per altro leggefi in Olimpiodoro, che Coftantino venifse fino a Ravenna, e che dipot a trenta miglia da Ravenna lo facefTe uccidere Onorio : di Verona per occafion di coftui non fi fa menzione da Zofimo , ne da Marcellino , ne da Orofio. Ma Onorio per altri profperi fucceffi nelle provincie fufleguiti, entrô in Roma trionfante l'anno 417. € poichè da' Goti gli era ftato confègnato Prifco Attalo, che i Romani per compiacere Alarico avean Profp. già dichjarato Imperadore, lo conduffe incbron. catenato avanti il carro. Morto Onorio nel 415, fu in Roma proclamato Imperadore Giovanni: ma effendo fuggita a Coftantinopoli Placidia forella d'Onorio con Valentiniano figliuol fuo, e di Coftanzo , Teodofio giuniore, che imperava in Oriente, gli rimandb con efercito, appoggiando a due fuoi Capitani l'imprefa. Venuti queftinellaDalmazia, e prefa Salona, l'uno fe n' andô ad occupare Aquileia , conducendo feco Placidia, e Valentiniano;1'altro andb per mare contra Giovanni, il quale, come l*i- 1*. Filoftorgioracconta, prefo per tradimento de'fuoi, e condotto in Aquileia, fu quivi fattomorire. Pafsb dunque a Roma Valentiniano terzo, e fi mife in pofseflb dell' Occidente. Tra le moite calamità del fuo tempo fu fingolarmente fatale alla Venezia tutta l'irruzione degli Unni, e di molf altri barbari, che infieme raccolti fotto la condotta d'Attila crudelmente la mifero a

fuoco e fiamma. Vedefi in Marcellino,co- AI, me coftoro avean fin nel précédente fecolo c/ occupate le Pannonie ; e in S. Gerolamo , come nel principio di quefto ufcendo nova- f'jj mente da i paefi tra '1 Tanai, e '1 Caucafo, pofero in terrore tutto 1' Oriente . Ma venuto in Attila, uomo féroce e terribile il regno di quafi tutte le genti Scitiche, eaggregatofi aile fue bandiere infinito numéro d'uomini di varie nazioni, intraprefe d'abbatter l'Imperio, e d'infignorirfene. Invafa e grandemente afflitta ne fu la Gallia; ma l'anno 451 ebbe Attila in efla per valor d'Ezio famofb Duce de' Romani uniti co'Goti e con altre genti la memorabil rotta.Ritiratofi non per tanto nella Pannonia, in cosi brève tempo riftorb le forze , che dentro il fufleguente anno con efercito numerofifïimo venne a invader l'Italia . Non ci fu chi fi pre/entafse ail' anguftie de' monti per impedirgli il pafsaggio, talchè arrive fino aile mura d' Aquileia fenza contralto. Quella gran Città per virtù di braviffimi foldati Romani fi pofe in difefa, e valorofa refiltenza fèce; ma l'efpugnb alla fine, e barbaramente la inceneri . Allora fu, che Altino, Concordia, e Oderzo defolate in modo rimafero, che non più ritornaror.o al primo ftato. Come foffèro trattate Padova, Vicenza, Verona, e Brefcia, ne'frammenti délia Storia di Prifco confervati tra le Legazioni non fi legge; maGiornande, il quai da elfa prefe, attefta, per tutte le Città Venete aver'infuriato gli Unni, portatifi poi a depredar Milano , e Ticino,cioè Pavia.Délie giunte fatte all'lfloria Mifcella è qui da far poco cafo. Stava il Barbaro in dubbio di pafl'are a Roma ; quando illuftre , e pacifica Legazione gli giunfe, che gli fe cader l'armi di mano, talchè porto fine aile defolazioni, promife pace, e ripafsb 1' Alpi. Capo di tal Legazione fu il gran Pontefice S. Leone , accompagnato fecondo Profpero nel Cronico da due Senatori, Avieno ftato Confole, e Trigezio ftato Prefetto. Ma Cafllodorio o i';< altri compagnigli dà, o altra legazione accenna, dovefcrive, che ad Attila fu mandato il padre fuo, infieme con Carpilione figliuolo d'Ezio, e ch'egli feppe intrepido manfuefare quel féroce Re . Nel Cronico perb l'eflere ftato fpedito ad Attila, e 1' aver da lui ottenuto pace, attribuifce egli ancora a S. Leone. Dopo molti configli tenuti in Roma dall' Imperadore, dal Senato, e dal Popolo non fi era faputo penfare miglior partito . Quefto famofo abboccamento di S. Leone con Attila fegui nel Veronefè, e nel luogo ov'ora abbiamo Pefchiera ; il che fi fà chiaro da Giornande,

che


2zi LIBRONONO.

1 che lafcio fcritto feguifle , ove fi paffa il | Jtfmcïo, ed ove il paflaggio di tal fiume è I molto frequcntato da quei cbe viaggiano ; con % hii'i- che yjene a indicarfi il fudetto fito,pelqua*Ë "",! le corfe fempre l'Impérial via da Milano %ntî<'m jn Aquileia, poco .difcofto dalla manfton di /#""'" Sarmione. Si è trpvato ne'manufcritti,che îi^fw. taie incontro feguiflè in Arovenco ; ma doIf veali leggere « Ardelico, nome del borgo, 1 ch'era in quel luogo, corne fi ha da piîi lapiH de trovate quivi, e da noi già riferite nel I libro quinto . Chi fcrifle, il luogo di cosi 1 rnemorabil fatto efsere ftato ove sbocca il % Mincio ncl Po, d'autore antico non ebbe I appoggio. ' J Nell'anno 4 5 5 fu trucidato in Roma Va,1

Va,1 terzo; e inalzato alla dignità Impériale Maflimo ftato due volte Confole , e Patrizio : ma fra due mefi venuto d* Africa co'fuoi Vandali Genferico, prefe, ecrudclmente faccheggib la mifera Città , rimafovi Maflimo uccifb. In quefto tempo fu nelle Gallie acclamato dall'efercito Im peradore Avito , che trasferitofi a Roma * vifu ricevuto^ corne Idacio efprime, e furono

furono Legati a Marciano Imperadore in Oriente, per procedere unitamente nell* amminiftrazione e difefa dell'Imperio. Ad ; Avito fuccefse Maggioriano, a Maggioriano Severo ( nel cui tempo fu vinto, e uccifo prefso Bergamo il Re degli Alani) a Severo Antemio, ilqual fu ammazzato l'anno 471, accefafi guerra civile in Roma. Olibrio, Glicerio, e Nepote fecero dipoi la fcena loro : venne queft' ultimo cacciato di fede da Orefte Patrizio, il quai non perô afsunfe l'Impérial dignità, ma nel 47s ï ne conferï il nome al figliuol giovanetto per ^ nome Romulo Augufto,dettocomunemenJ te Auguftolo . In quefto finalmente ebbe *1 termine il Romano Imperio, e fi annullb , .m. e s'eftinfe la libertà, e '1 dominio d'Italia ^ e Roma : perché nel proflïmo anno pafsato in Italia Odoacre con efercito d'Eruli, e Turcilingi,e d'altre genti prefe Roma, uccife Orefte in Piacenza, imprigionb Augultolo in Ravenna, e lo relegb; indi foggiogata per quanto aftèrma Giornande l'Italia tutta, prefe titolo di fuo Re, e per poco meno di quattordici anni vi fi mantenne.

Nel veder caduto finalmente a terra il

Romano Imperio, e fvanita, e diftrutta

quella univerfal Republica , che in virtù

del comunicarfi, e dell' intereflar tutti pareva

pareva promettefle perpétua, potrebbe taluno

taluno in qualche parte il credito di

talfiftema: per ifgombrare il quale ingan^1

ingan^1 fererno avvertire, corne non avvenne

7 C 1° > fe non quando , oltre a' vizj enormi,

i % et* a S*' iniqui coftumi, co' quali Roma fi

2.22

procaccio ruina, queft' iftefTa idea, e queft» antica ordinazione in eflà fi guafto, e corruppe, e prima fi avvili, poi fi pofe ira odio la Cittadinanza , talchè dell' antidoto fi fe veleno.Molto per altrocerta mente contribuî al precipizio il divider 1' Imperio, e per confeguenza le fbrze, con raddoppiare 1* Impérial dignità; molto l'eflerfi meffi a rifedere gl' Imperadori ora in Nicomedia, e in Milano, ora in CoftantinopoIi,ed in Ravenna, abbandonando Roma, che corne fonte, e fede dell' autorità, cosi dovea fempre effer centro délie forze, e prima e perpétua cura : molto finalmente le interne gare, ed i tradimenti , quafi tutti i barbari eflèndo ftati da chi primeggiava nell'Imperio fceleratamente invitati, e afliftiti. Ma a difpetto di tanti mali farebbefi mantenuta almeno in Italia la libertà Romana, ne fi farebbe mai da forze efterne potuta abbattere, fe quell'amore, e quella fozietà, che l'avea comporta, e prodotta, avefle continuato coll* iftefla forza di vincoli, e coll* ifteffa riputazione di nome. Ma voile fatalità , che quella medefima cittadinanza Romana, per la quale fi era refa tutta 1* Italia una Città fola, e per la quale ognuno avrebbe volontieri verfato il fangue per confervar Roma, dall* imprudenza d'alcuni, e dall* avarizia d' altri fofle fatta cadere prima in vilipendio, pofcia in odiofità; con che rotto l'incanto, e difciolto il comun legame, niun pensb più che al proprio interefle, e a fe fteflb, ch 1 è la via più certa, e più brève per mandar tutto in ruina. A cosi fatto cambiamento fi fece ftrada in più modi. Fin dall' ultime rivoluzioni civili fi trovb chi per privato interefle comincib a concedere per danaro il grado di cittadin Romano. di cib fi vede accufato Antonio preflb Sifilino. Il prezzo perb era grande, i*c*f onde difle quel Tribuno a S. Paolo , a me quefia Cittadinanza è coflata una gran fomma. Ail. Ma in tempo di Claudio, uomo pendente *gXI 1, moite volte allô ftolido, principib Meflalina, ed altri délia famiglia Impériale a impetrar mercenariamente queft' onore a molti, e non a gran prezzo, corne dice Dione era prima folito, ma per si poco, che venne in proverbio poterfi diventar cittadin Ro- 7,;,^ mano per vetri rotti. Il che fommamente fpiacendo a i ben' aftètti, e tanto più che non era coftume di conferir tal condizione a ftranieri, fe non per rari meriti e grandi, ne fu quell' Imperadore amaramente dileggiatoda Seneca nella Satira fopra la fua morte, in cui graziofamente elaggerando, fa dire a Cloto, ch' ell' andava fofpendendo di recidere il filo délia fua vita, per la curiofità di vederlo cittadinizare anche que*

pochi


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DELL'ISTORIADI VERONA

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pochi che reftavano nell' Imperio fenza tal grado; già che pareva, ch' egli avcflè deliberato di veder con la toga Greci, Galli, Ifpani, e Britanni tutti. Cosi maie fervb D;o.w.55 Claudio il ricordo, che fi vede in Dione, lafciato da Augufto a Tiberio, ed alla Republica, di ammetter parcamente alla cittadinanza. Per verità effendoeffa in quel tempo comunicata già ail' Italia tutta, che baftava in tal fituazione a difènderfi da tutto il mondo ; ne onefto era, ne utile il diffonderla fenza motivo ragionevole, e fenza merito particolare in uomini d'altre nazioni. Con tutto quefto anche in tempo di Marc* Aurclio dice Vittore, che fi conferi

p"om-fcut ta^ grat^° a °Sn* ^orted» genteindiftintamen&t. te : ma ciô che diede l'ultimo crollo, e ogni

cofa confufc, e annullo il fiftema, e la gerarchia Romana, fi fu la coftituzione di Caracalla, con cui diede la cittadinanza a tutto 1*Imperio, e dichiarb Cittadini generalmente tutti gli uomini liberi d'ogni Provincia. Qucfta legge non fblamente venne ad avvilire, anzi a diftruggere quel privilegio, nel prezzodel quale confifteal' arcano del dominio, ma venne di più a metterein odio il nome Romano, e la Cittadinanza in abborrimento; e cib per ragion del motivo , e dell' eftètto: poichènonbifognacredere, che quel moftro di Caracalla foffe a cib indotto da buon fine, e da defiderio di ridurre in comunione,e di guadagnar 1' affetto délie genti tutte; fu indotto dall'avidità di fpogliarle, e di depredarle ugualmente. Aveva egli per la fua infaziabile avarizia, e per profonder ne' foldati, quali facea illrumenti di fua tirannide, inventate di nuovo moite, e graviffime gabelle; avea ridotta in décima la vigefima délie manumiiïioni, e quella délieeredità, e de'legati; avea fconvolte , o abolite le fucceffioni, e le immunità: ma perche non pochi di quefti gravami venivano a caderefolamente fu i Cittadin Romani, non vivendo gli altri col gius civile, e ne reftava perb libéra la maggior parte délie genti, e délie perfone, che fece egli per fottoporvi tutti ? accomunb a tutti la cittadinanza Romana, acciochè niuno in tutto 1' Imperio E*c.tijb. ne rimanei'fè efente: tantochiaramenterac*7n!.i7 cogliefi da Dione negli Eftratti del Porfiro&• genito. Quindi è , che ficcome era fuggita

P4"1W^ negl' infènori iêcoli la dignità del Decurio•vu'tvut&e nato per 1' aggravio, e fpefe che portava feco,di chepiùteftimonjabbiam nelleLeggi ; cosi principiaron gli uomini a fottrarfi molto più dalla cittadinanza Romana per le impofte maggiori, cui fottoponeva. Al tempo di Traiano li cittadinizati dinuovo, fbilè per cariche fotlenute in Città di gius

Latino, fofle per grazia del Principe, fe non ottenevano infieme il gius délia cognazione, rimanean fottopofti alla Vigefima nelle eredità non folamente eftranee, ma ?lPlï, neceffarie; talchè la Cittadinanza riufciva *«*<.•. loro d'aggravio grande : e con tutto cib, tanto era ancora 1' amor di efla , per effa volontieri il foffrivano, prima che da Traiano foffe alleviato. Ma dopo le novità di Caracalla fi venne finalmente a taie, ch' ebbe a dir Salviano : // nome di Cittadin Romano una volta non folamente apprc^ato, ma ' ' s' comperato a grau cojio, or a fi ripudia, e fi fugge : ed ebbe a dire Ifidoro nel Cronico , che molti ftimavan meglio ftar foggetti a' Goti, che fignoreggiar co' Romani, portando il grave giogo de' tributi. Ed ecco la ragion maffima délia caduta di Roma, dell' annichilamento délia Republica, délia ruina dell' Imperio; infuperabile,finchè nella fuaconfervazione ebbe ognuno intereflè , e finchè il nome Romano fu l'idolo del comune affetto, e del defiderio; efpoito, e fragile aile invafioni, quando i popolidiventaronoindifîèrenti, anzi avverfi, equei d'Italiafingolarmente , ne* quali dovea fempre confiftere il nervo délia difefa, ci quali dall'agaravio dell' eccefiive impofizioni rimafero più degli altri alienati, ed oftèfi, perché del gius Italico 1' efenzione appunto era il principal coftitutivo, corne da Paolo fi ri- de C/f. cava. Primo eflétto dell'alienazion dell' Ita- '• !l lia dal nome Romano fi fu, il cominciarfi allora in regioni cosi popolate, epernatura si bellicofe a penuriar di foldati ; di modo che fu poi forza aflbldar genti firaniere, c chiamare a difefa dell' Imperio quegli itefii barbari, che n'erano nimicinati: cosi di Maffimiano, e di Coftantino tocca Giornande, quanto di milizie Gotiche fi valeffero; Unni per guardar l'Italia cercb Belifario; Goti, e Gepidi fi mandarono a cuftodir la Gallia; e contra i Goti convenne finalmente chiamare in Italia foldati Longobardi; il che per più motivi non fu certamente tra 1* ultime cagioni del precipizio noftro A tal fegno, mutata la direzione, fi venne in quell'ifiefia Iralia, che nel feMo fecolo di Roma minacciata da' Galli, i.yt-? fola, e fen^a alcun' efierno aiuto armb in bre- V°J* ve tempo fettecento mila fanti , e ottanta uik-» mila cavalli, corne in Plinio fi legge; edel- *''""*" le forze délia quale finchè Roma potefie valerfi , niuna gente, e niun Re del mondo poterie tener fronte,diceva Annibale co- i»'*'!' flantemente ad Antioco. Svanita la paflione, e 1' aflètto per la Republica, e non confiderata etfa più corne utile a tutti, dove prima ogn' uomo, e fin le donne farebbero ftate foldati, corne in qualche occafione fi vide


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LIBRO NONO.

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| Je divennero 1 paefî,e le Città immobili, 1 e indifFerenti, ed altra difèfà non fi ebbe piîi | dalle aggreflioni ftraniere, che quella di 1 nîercenarii foldati, non délia confervazione I ^eii'Italia anfiofî, ma délia paga. Quefta | verità fpicca in Erodiano mirabilmente , ove parlando d'Aquileia, quando fece refi£enz,a a Maffimino, dice, che le muraera% no allora diroccate , perché in tempo de' '-* Romani godevafî profonda pace, e partici» pando le Città d'Italia délia Republic a, tiédi ei" mura avean bifogno, nèd'armi. Ecco corne 01. il participar délia Republica ferviva prima 3: dimura, ed'armi; ed ecco, corne fe il - pregio e l'amore délia cittadinanza Roma••"" na, e fe 1* interefle ch' ognuno avea nella publica difèfa, e confervazione, non foflero ftati si pazzamente fatti fvanire, mura, ed armi infuperabili in ogni parte d' Italia ritrovato avrebbe anche Odoacre, ne gli fa; rebbe riufcito mai di conquiftarla, e dimiferamente

dimiferamente in fervitù. * Régna va egli ancora fenza contra fto , quando l'anno 48 9 mofle contra di lui Teodorico. Coftui da Teofane, e da Malco Retore fi dice figliuolo di Valamiro; da Giornande , e dal Continuatore délia Mifcella di Teodemiro, fratelli che regnarono un „ dopo l'altro fu gli Oftrogoti. Eflendo ancora fanciullo ,fu in una pace confegnato a Leone, che imperava in Oriente, peroftaggio, 1 c per pegno di ficurezza. Reftituito al padre fi fegnalb col valore, e dichiaratoRe, fu chiamato da Zenone a Coftantinopoli, perché gli fofle d' aiuto contra Bafilifco; in che si caldamente operb, che Zenone per gratitudine refe poi Teodorico un de' primi .57. perfonaggi délia Corte, e del Greco Imperio, Patrizio facendolo, e ordinario Confole. Ma di cib non appagandofi i fuoi Oftrogoti, che duramente fra tanto vivean nell' Illirico, pregb 1* Imperadore di lafciarlo andare contra Odoacre in Italia ; rapprefentandogli, come fi ha in Giornande, eflère a lui più utile, ch*egli fenza fuo difturbo la occupafle, e per fuo dono la godefle, che un Re fuo nimico vi tiranneggiaffe.Nondiflentl Zenone, e Teodorico pofto infieme 1'efercito, perla via delSirmio, e délia Pannonias'incamminbverfol'alpiGiulicDifcefo nella Venezia,fi accampb alLifonzo. Quefto fiume non è nominato dagli antichi Geografi : primo forfe a nominarlo fu ?"• Caflîodorio:cagione dell'efler rimafo occulr/.i. to fi fu} perché non porta va eflb al mare il h»on fuo nome , come le carte del Cluverio, e del Cellario erroneamente dimoftrano, ma unendofi giunto in pianura col Natifone, il nome di quefto folamente rimaneva ne' temt- pi antichi ; come ail' incontro negl' inferio^ Ver.lllufi.PartçJ,

ri del Natifone fi difperfe,e il nome delLifonzo rimafe. Andb Odoacre a combatter Teodorico, ma n'eb'be la peggio. Non vi era più Aquileia, che potefle far* argine a' vittoriofi, perb Odoacre fi ritiro a Verona', e raccolte le forze,a' 27 di Setrembre pofe gli alloggiamenti nella minor Campagna: tan- Exe.de to fi legge nell'ottimo Autore anonimoedi- ™^£" to dal Valefio a piè d'Ammian Marcellino. tum in Teodorico fenza metter tempo in mezo ven- «""?°'"'-^ ne a combatterlo: fegui il conflittonella fa- „e„fe. mofa pianura, teatro di tante celebri battaglie: la vittoria fu de' Goti, e de' vint! molti ne diftrufle il. fèrro fui campo, molti co' fuoi rapidigorgbil'Adige nellafuga.Cosl leggefi nella Mifcella, dove fi aggiunge, HifiMifc. nell'ifteflb calore délia vittoria,e nellacon- ;'*' *5fufione de' fuggitivi eflere ftata occupata Verona. Riempiuto di cadaveri dice Ennodio in quel fatto d'armi il cbiarijjimo tra fu- in Vaneg. mi. Paffaron di poi Teodorico a Milano,e Î"^'n2"d7rOdoacrea Ravenna, dove dopo varj avve- fime&è. nimenti fu aflèdiato, e nel 493 uccifo. Avea il vincitore mandata a Zenone foleni ne Ambafciata per effer confèrmato Re;ma ! i Goti fenza afpèttar rifporta, e fenza dar1 fi cura délia volontà d' Anaftagio, fucceduto di que' giprni a Zenone nell' Irnpero di Coftantinopoli, lo conferrnaron' ejft, come dice l'Anonimo Valefiano, e fenza afpèttar 1' ordine del nuovo Principe. Re d' Italia lo »«» **)<- proclamarono. iuffitmm

Regnb coftui tranquillamente 33 anni, fe efr. , facciam principio dall' uccifion d' Odoacre, e 37, fe lo prendiamo dall'ingreflb in Italia, e dalla prima vittoria al Lifbnzo, co- cajf.va*. me appare da un fuo Refcritto volea egli ,x che fi prendefle. Quefto fondatore del re, gno Italico tanto amb Verona , che ne ri. porto fopranome di Veronefe, non altrimenti che Teodorico Veronefe venendo chia; mato dalla maggior parte de' Scrittori Te. defchi, e cosi ne' Cronici, che poflbn vederfi nelle raccolte del Piftorio, del Goldafto , di Giorgio Fabrizio, e d'altri. Ennodio nel Panegirico, che gli recitb, dovendo nomînare quefta Città, in luogo di dire preffb Veronay difle prejfo la tua Verona:, con che indicb la fpeziale afezione , ch'ei le ^"" *P«d moftrava, onde fi potrebbe quafi credere , t"a°m ^, che il fopranome di Veronefe gli fofle prin'. cipiato fin d'allora. S'otto quefto Re 1* ordine del governo Romano fi mantenne, e continuaron gl'ifteffi nomi délie dignità,in pruova di che bafta veder le Formole di Caffiodorio. De'Prefetti Pretoriani lamenzione è fréquente , e Confolari , Prefidi, e Correttori in più regioni d1 Italia fotto di lui, ede'fucceflbri fuoi fi veggono pur'ancora, E ftato feritto da dotti uomini, che

P Teo-


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DELL* ISTOR.IA DI VERONA

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Teodorico, e gli altri Goti, nuovo ufo introduceffero di mandare in ogni Città, ed v. ift. in ogni Caftello un Conte, o altro MagiK"P 1\. ftratoPerrcggere, o far ragione; il che fe *. t ' ' folle,tutto ilfiftema antico farebbefi perlui trasfbrmato, e cambiato; ma cib veramente non fi verifica , come pub rilevarfi con ficurezza dalla ferie délie Varie di CaffioV. 14. dorio. Ordinafi in una, chei Prefidi délie Provincie, l'antico ufo fervando, fi portino nel lor'anno in tutte le Città, e luoghi; il che farebbe ftato fuperfiuo, fe in ogni Città, e terra folle ftato un particolar Governatore . Erano giàjnoltre nelle Città, fpezialmente d'Italia, i Magiftrati municipali, quali chi tien la fudetta fentenza , convien dire , fupponga dopo il regno di Teodorico aboliti. Ma gli Onorati, eiCuriali délie Città mentova pur ancora Caffiodorio, e tra l'altre pruove, che fi potrebbero addurre,dell'efferfi quefti mantenuti, bafta veder l'iftrumento divendita dell'anno 540, confervato in papiro nella Biblioteca Vaticana,e da noi publicato nella Stot*g. 157- ria de' Diplomi : perché inferto in effo è un "tfuV- atto diretto non già al Conte,ma al DifentioqutOr- fore, a* Magiftrati, e a tutto 1'Ordine, éi» &e. cjoe a. Decurioni, délia Città di Faenza , con cui fi pregano dal venditore di voler con l'autorità loro dare il poflèfïb al compratore de'béni venduti. Ecco perb munifeftamente, come la Comitiva délie Città, di cui dà la formola Caffiodorio, dee intenderfi d'alcune fojamente, e forfe per commiffione fpeziale, e particolar motivo: perb veggiamo in quella del Conte di Roma, come il fuo ufizio eflèr dovea d* invigilarc contra chi avea prefo a rubare da publici edifizj metalli, emarmi. Ma non bifogna creder per quefto, come i modérai Scrittori hanno fatto, che !• Italia godeffe allora félicita, e confêrvafTe 1*antico ftato; perché riguardando alquanto più a dentro , noi farem conofcere, che di libéra, e dominante ferva divenne veramente, e divenne di quello flraniero popolomiferabil preda, einfelice.Comegraviflimo delitto fu in que'tempi imputato a Boezio /' avère fperarï.'ï'îf' t0 anco™ l* Ubertà Romana. Vera cofa è , che i Refcritti, e le Epiftole di Teodorico fpirano amore, e rifpetto aile noftre leggi, c di giuftiffimi fentimenti , e Romani fon quafi fempreafperfe, e fregiate; ma cotefto non tanto era linguaggio di Teodorico, cdegli altri Goti, quanto di Caffiodorio, talchè aU'efferfi valfodi lui ne'primi ufizj, e fpeiialmente in quello di Segretario,èdebitor quel Re délia bella comparfa, che in quefta parte ha fatto nella pofterità . La corrente de'moderni Scrittori efaltaTeodorico,

efaltaTeodorico, i fucceffori per ordinazioni, nelle .

quali i Goti premura non poteano avère, e ] "''

forfe più d'una volta ne pur cognizione del- *.'»■

la materia . In oltre le nobili efpreffioni "^,

verfo la Republica Romana non fanno, che nell'elezione, o nella confermazione voleffero effi riconofcerne punto 1' autorità : onde il fucceffore Atalarico, benchè vantafic alcuna volta d'efser fatto Re per confenfo de'Romani, e de'Goti,fcrivendo ad Ana- |4

ftagio a Coftantinopoli,echiedendogliamicizia, e pace, chiamb il dominio d'Italia non conceffione del Senato, come glTmpe- JVI, radori diceano, ma Régla eredità: con che *•<■ tutta la Republica fe ne va a terra . Do- ^' po la coftoro invafione di milizia Romana, r<^< e di Legioni, e di Coorti Italiane non fi parlb più; ma l'armi rimafero inmano de' foli Goti, e di loro fi fece propria la profeffion militare, e la guerra ,che fu per noi un' infatlibil marco di fchiavitù. , benchè inorpellato finamente con vaghi nomi ; dicendofi ne' lor refcritti dovere i Romani voler be; e a' Gcti, che difèndeano la Repu- v»-,\ blica guerreggiando ; ed altra difièrenza non ^ correre dagh uni a gli altri, fe non che i pj,'" Romani godeano quetamente la lor Città, df* e i Goti le fàtiche militari per comun be- vin., nefizio foffrivano : il che ben'intefo era un' illi*> amaro dileggio, e una beflà, ma la viltà, ™£. e la ftolidezza, che fuol' introdurre negli animi Iafèrvitù, comincib forfe allora a far parer dolce tutto quello, che ad ozio conduceva , e a poltroneria . Or che diremo dell'eflerfi iGoti impofleffati anche deiterreni, e dell'aver tolto agl'Italiani non una 1 décima parte, o una compétente porzione, ma due terzi de' loro campi ? Quefta particolarità ne dagli antichi Storici, ne da modérai Autori mentovatafuol'efsere,nèconfiderata ; ma quanto afpra riufcifse allora, e crudele, pub penfarlo ognuno, e dall' averla in pace foffèrta ben fi pub raccogliere,a quai fegno fofle allora l'Italia ridotta. Imparafi tal fatto da un pafso di Caffiodorio, dove per accidente nelle lodi di Venanzioframmette, com'egli nella Députa- y„\\. %ione dette Ter^e e le pofjejjioni, e gli animi de' l6 '"', Goti y e de'Romani congiunje \ dovendo coftui ^,> efsere ftato uno de'deputati a cosïbarbara, »«». e difuguale ripartizione. Quefto ofcuro paffo ci viene interamente fpiegato dalle leg- ^I(!s; gi de'Vifigoti, nelle quali Ci parla délia di- ^j, vifion délie terre,e de'bofchi fattatra'Go- ?fM ti, e Romani, e fi décréta, che il Romano ^'£ nulla pofja arrogarfe dette due parti del Gotoy wv,lti e nulla il Goto detta ter^a parte delRomano. m"M

In tempo di Teodorico aile Rezie, dette difefa,e riparo dTtalia contra fieri edagrefti popoli,û mandava un Duce, cher eggea

ipae-


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I paefi,e i foldati: erano dentro la fua giurifdizione i Breoni gente marziale: a lui d* andar girando i confini commettea il fuo Diploma. E notabil per altro, che Trent0 quale anticamente fu délia Rezia , fi riconofce in tempo de'Goti délia Venezia, poichè per una careftia in quefta provincia avvenuta, comandb il Re, che fi foccorrefse co' magazini di Trevifo, e di Trento: e cosi dicafi di Feltre, a i Magiftrati délia quale ordinb Teodorico di concorrere alla fabrica d* una Città, che per fuo comando fi fkcea nel Trentino, dicendo, non potere quel piccol territorio portar da fe si gran pefo. Tal Città perb molto è credi bile altro non fbfse che il Caftello di Veruca. Notb GelIio,efscrfi findaCatone cosi chiamati i fiti alti ed afpri; ecco perb quanto fia tal nome de' Re Goti in Italia più antico. Altra Veruca fu di là da Aquileia, il quai luogo veggo nel Magini chiamarfi Rocca, e da Veruca efser venuta in fatti la voce di rocca alla noftra lingua, molto è probabile. La Veruca Trentina , nella quale ordinb Teodorico a' Goti, e a Romani , cioè a gl'ltaliani,che abitavano inque'contorni, di trasfèrire il lor domicilio, e di fabricare in efïà, vien defcritta quafi naturale, inacceffibile, e rotonda torre di faflb, che forgea preffo 1* Adige, dilatandofi nella cima, e Caftello perb formando quafi fingolar nelmondo,ed attiffimo per far' argine infuperabile aibarbari da quella parte.Tal defcrizione la fa ficuramente conofcere per quel macigno ifolato, che gira un miglio , e fi chiama in oggi Doftrento, tra *1 quale e la Città fblamente il fiume, e poco tratto di terreno intermedia : da quella cima alquante bombe trovate poco lontano, dove allora fi fàbricavano, gettaron fbpra Trento i Franzefi nel principio di Settembre del 1703. De'vini Veronefi per la Regia menfa in tempo d'Atalarico avidamente cercati parlammo nel libro fefto. Ora ricorderemo le barche corridore d' Ofliglia. Correafi allora per publico fervigio la porta anche per acqua, ed a cib erano deftinate certe barche lunghe, dette con voceGreca Dromoni dalla velocità, e dal corlo . Ordinb adunque Teodorico, che fe ne teneflè in Ofliglia, affinchè poteffero efter di fuffidio a'corrieri, e dar talvolta fofta a'cavalli. Ma rinovazione è forfc da credere in cib quella di Teodorico più toflo che inftituzione ; poichè nella delineazion de* viaggi , per lTmperio,checi moflra la terzatavola Peutbgeriana, la via da Verona a Raven• na, da Ofliglia in giù fegnafi corne profeguiva e per terra, e per Po. Vietb replicatamente quefto Re il pefcar per via di fieVfr. Illufi. Parte I.

pi, e traverfe, che impedifTero, o difficol* taffero la navigazione ne' fiumi Mincio , Ollio, Serchio, Arno, e Tevere. Granbene, e gran maie dice di lui anche 1' Anonimo fopraccennato, ch'ottime, eficurenotizie ci reca: ma infulfe fâvole per altri di pofterior tempo fono ftate fcritte, e tra 1* altre, che i Demonj lo ferviflèro a caccia in figura di cavalli, e di cani, il che fuefprefso moki fecoli fa in unrilevo di marmo nella facciata di S. Zeno, corne i verfifcol- o ngem piti C infegnano. Di religione inficme co' fi"1'""' fuoi Oftrogoti fu Anano , e fu il primo , che nell* elezion del Papa fatta dal Clero, r-jr.nil e dal Senato e popolo Romano, fi voleïîe 1^ intramettere; l'efempio iuo avendo poi feguitato Giufliniano, e i fuccefsori, che fi rifervarono di approvare chi fofse eletto . Primi furono iRe Goti altresl a voler confèrmare i Vefcovi dalle Città eletti, certa fomma di denaro per tal confèrmazione efiggendo, cooneflata con profefsare didarla a' poveri.

Le Città, dove Teodorico Re non d' Italia folamente ma délie occidentali provincie, fu folito far dimora, furon Ravenna, e Verona . Mirabil cofa è, corne voleffe anch'egli allontanarfi da Roma . A dar si funefto efempio, avean prima indotto Diocleziano la grandezza délia Città,la maeflà del Senato, e la licenzadel popolo. Coltantino , che nuova Città volea fàr prima fu la cofta dell' Afia preffo il fito dell* antica Troia, fu indotto fors'anco dal volerfi trovar più pronto contra le nazioni Orientali, benchè Coftantipoli,ch*egliedificb, foflè la ruina e dell* Imperio, e délia Chiefa ; dell* uno, per averne in tal modo mortalmente fèrito il capo, edil cuore, cioè Roma ; dell' altra, per lo Scifma funeltiflimo, che con la fua grandezza, econ la refidenza dell' Imperador Greco poi cagionb. In Occidente la neceflità del difenderfi da più nazioni tenne fpeffo ne'baffi tempi gl'lmperadori a Milano: ma dopo l'indebolimento dell'Imperio glifece ancora cercare i luoghi fbrti per ficurezza, e in efïï far foggiorno, dal che fu perfuafb Onorio a trafportarfi in Ravenna, e dal che i Re dTtalia furono indotti poi ad anteporre a Milano Pavia, chiamata fortiffima da Procopio. Verona e per l'amenità del fito, e Eel.Gmf; per farda quefta parte contra le nazioni /•*.*."• frontiera, e non meno per effer forte, potè da Teodorico eflèr prediletta. La fortezza délie Città nafcea per lo più in que' tempi dall'acque: forte perb rendeano Pavia il Tefino, e il Po ; forte Ravenna il Po, e le paludi; forte Verona 1* Adige, che da tre parti l'afîicurava . Che in quefta Città afP*z

afP*z


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DELL' ISTOR.IADIVERONA

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fai foggiornaffe Teodorico, il noftro Anoni- | mo Valefiano infêgna, che o vifTe in quell' ifteffa età, o fedelmente prefe da'Cronici originali, e dalle memorie ancora a fuo temVtrons po efiftenti. In Verona per timor délie genti, tonfiftentt vaje a dire per minaccia di ftraniera invafione, dimorava egli, quando certo tumulto nacque in Ravenna tra Criftiani,e Giu- } dei, quali perb a Verona corfero. In Verona rilafcib un divieto d' ogni forte d'armi pt mtiiut a' Romani, col quai nome glTtaliani tutti j Romanur jntendeanfi. In Verona era , quando fu accufato di congiura Albino, che nondovea faperû* accomodare alla fervitù ; e parimente quando Boezio validamente difefe il Senato Romano, contra del quale, corne creCenf.Vbti. <juto fc taj congiura parcecipe , volea Teodorico

Teodorico il che abbiamo da BoeTb™mat, zJo fteffo.Qui perb e* fi coftrui régal Palaz*t Vaia- Zo, il che non avrebbe fàtto, quando di ^qûJdt"* fpeflb dimorarvi non aveffe avutoin ufo. An&um &c. che la Colleçione Iftorica, che vien fino a Pipino padre di Carlo Magno, publicatagià da Enrico Canifio, dice di Teodorico, che *«W.Ï, fabrico i Palazzi fplendidijfimi di Ravenna, di Verona, e di Ticino cognominato Pavia. Queue tre Città, e Roma ancora, furon d'infigni fabriche da quefto Re onorate, e abbellite: ma Verona fopra l'altre, perché vi fabricb nuove Terme, e fecondo l'ufo antico acqua introduffe con rinovar l' Acquedotto, mpertm çfr* era da gran tempo difirutto. Dal Palazzo t'2,lL alla P°rta delIa Città, perché vi fi cammiporticum naffe a coperto, e comodamente , fabrico ttddiait. un portico jn qUaj jUogo foffeil Palazzo,

molto fi difputa, mentre non ne rimane veftigio certo. In vecchiemembrane fi trova nominato Palazzo in più d' un luogo, e fi trova nominata Corte Regia nella parte , ov'ora è l'orto del Capitano. Ma con tutto cib abbiafi per indubitato, che alla collina di S. Pietro, e fopra di effa quel Palazzo fu eretto, poichè fappiam di certo, che qui abitarono alcuni Re pofteriori, corne vedremo a fuo tempo,il che non avrebber fatto, fe non vi avefler trovato Palazzo. Aggiungafi, che l'antico Campidoglio avrà preftatealla nnovafabrica più parti da c„»m* P°ter^ene v'aleie Raterio Vefcovo nel fecol V'tff decimo,fcrive, che in certi tumulti gli fu *""! h ^uggento d* muntare a qtfflforte luogo, che fi yiliumvo- cbiamava PaUzZ0- ecco perb, che il Palaz"'«'' t<»»- zo era in alto. L'iftefib autore avvifato, {cen erem. c^c JJ porfiCO & $ Pietro minacciava ruina, forthum fait a confiderarlo : ecco il Portico contii'-ïfclnài guoal Palazzo, che abbiarn veduto pur' "èe. ora inalzato da Teodorico. Nell' Archivio

di Santo Stefàno rotolo del 993 fa menzion del Palazz 0 antico in quella vicinanza; uno del 1070 di perfona di quella contrada di- |

ce, che abitava preffo al Palazzo non lungi dal ponte; altro del 1109 fa menzion quivi del luogo cfrera detto Atrio.ln alquantecarte dell'ifteffo Archivio fi fa menzione anche di Caftello.Una del 1058 contrattoha d'abitante nel Caftel Vérone fe preffo Regafte, corne fi chiama ancora il tratto a piè del colle: più altre pofteriori di poco al 1100 dicono quella ChicCa fituata preffo il Caflello. Apparperb, corne o 1* ifteffa cofa fu il Caflello, e '1 Palazzo, corn'anche da Raterio trafpira; o fu l'ifteffa çollina furon proffimi l'uno all'altro, o l'uno fu dentro l' altro comprefo. Or che farebbe, fe del Palazzo di Teodorico fàceffimo qui vedere il profpetto ? e pure non fiam lontani dal crederlo; poichè nel Mufeo Mofçardo improntata molto d'antico fi conferva la feguente figura, dalla quai s'impara, corne il primo,e più veçchio figillo délia Città rapprefentava un Palazzo.

Le poche reliquie, che fi fon vedute finora di fabriche Romane , quali fervilfero d' abitazione , fanno conofcere corne Palazzo antico vien qui effigiato . I molti piani, la forma, e piccolezza délie feneftre, le arcate nel pian terreno, quali moftra il figillo continuaffero ancora di parte e d' altra, e gli ornamenti délia cima non lafceranno dubitar di quefto, chi nelle antichità fode, e fondate offervazioni abbiafatte. Palagi ammirabili in tempo di Teodorico eflèrfi eretti, ricorda anche Caffiodorio nel Cronico. Ecco perb, corne i noftri Cittadini, quafi a imitazione delleCittà Greche, le quali i lor più infigni edifizj fpeflb eftigiavano nelle rnoneie, credettero di non potere elegger fimbolo alla lor patria più decorofo, che il Real Palazzo,dal quale indicavaii, corne refidenza de i Re d'Italia era ftata più voltequefta Città.Si

do-


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dovea ctfnfervare inquel tempo,o gran parte dell'edifizio fteflb,o qualche antico monument», in cui fi vedefle dal vero figurato tutto, Gli archi continuati nelbaflb fanno çonofcere, che privata cafa non era quefta, e moftrano lo ftile de' Palazzi di Teodorico; poichè il noftro Anonimo ci fa fapere, come anche intorno ail' edificato da jui in Ravenna eran parimente Portici : anxi Giovanni Diacono prefîb il Panvinio afferma , che il noftro ancora da gran Portko çlrcondato era, come in quefta figura veg• gianio. Nel fecondo piano, ove furono ag, giunte le lettere,par fofTero logge architravate, dalle quali altresi principefca fabrica fi dimoftra ; ma le colonne nell' originale fon tonde, e più piccole, e meno diftanti, che nella ftampa non apparifce. : Nuovo recinto di mura fàbricb in olf tre Teodorico a Verona, come il più volte accennato, e non a baftanza lodato Storico infegna. Di quefto fecondo recinto pezzi qua ç làfopravanzano moltograndi,tutti dell'ifteflb materiale, cioè di pietratenera in quadridi poça grawdezza, e dell'ifteffo lavoro aflai regolato, e uniforme, ma non paragonabile in niflun modo alla groffezza, robuftezza, e magnificcnza délie mura di Gallieno, benchè alla rinfufa comporte. Serravafi in primo luogo laCittà per tal muro dal primo piegar dell* Adige, ov' abbiam' ora il Caftel vecchio, al fuo ritorno preflb il baftioo dcl Crocififlo. Serviva quafi di riparo, e di foflb un piccol ramo del fiume, che credibilmente per quefto effetto, e per ifolare il corpo délia Città del tutto, farà ftato allora derivato, e come al prefente il veggiamo, condotto. A ridoilb di quella fu poi ne'proflïmi fecoli fabricata interiormente la muraglia, che chiamano di Cittadella. Il primo pezzo ri marie ora dentro il Caftello: veniva ad unirfi ail' Arco de' Gavii, che comprefovi , fu fatto fervir di porta, come da* fegni fi riconofce, e particolarmente da una pietra curva, inferita nell'alto dell'interior muro, ch'è parte del cerchio, in cui fecondo l'antico modo fi facea girare il perno fuperiore dell'impofta. Preflo quefta porta , edafua ditèfa fcorgefi fecondo l'ufb antico unatorre, laquafe nel di fopra è di fabrica Scaligera,perché quando fu edificato il Caftel vecchio, o dovea eifer ruinata, o non dovea effer* alta a baftanza : ma fotto taleaccrefcimento un tratto fi vede del materiale, e del lavoro di Teodorico; e la parte inferiore fi riconofce tutta di gran piètre antiche ftate prima in opéra, e tra quefte alquante tolte dall' Anfiteatro, che avrà pe*o patito allora una féconda morte, poichè i

48 furono in quefto recinto le torri, come *• D«- vedrcmo altrove. In più luoghi del muro (Um' 1' vedefi ancora qualche antico baflb rilevo inferito, in particolare un'arca preflb il ponte di S. Daniele, quale per le tefte> o bufti, che dimoftra, a più favole popolari preftb motivo. Ma perché oltra 1* Adige ancora abitar dovea molto popolo, non parvea quel Re, che fofie compiuta 1* opéra, s' anche di là non fi rinferrava, il che non fiera fatto a tempi di Gallieno. Vedefi pero preffo il Monaftero di Santa Maria in Organo un pezzo dell'ifteflb muro, che principiando dal fiume, arrivato alla ftrada, quai per certa fimilitudine con la Romana potrebbe chiamarû la noftra Lungara, moftra fêgni, e veftigi délia porta, che quivi era, e fi chiamava dell'Organo .Fino a quefta è credibil venifle il Portico di Teodorico. Saliva poi la muraglia fu la collina,altroframmento rimanendone lungo il giardinGiufti: profeguiva per alquanto fpazio poco lontano dal fito del terzo recinto; indi girando, e fcendendo, terminava ail'Adige comprefo dentro il colle di S. Pietro, ma reftandone efclufa la Chiefa di Santo Stefano , che rimaneva poco lontana dalla porta di tal nome,come dalle antiche carte diqueU* Archivio s'impara.

Ci è molto ben noto, che gran lite imprendiamo co' noftri Storici, e co* Veroncfi Antiquarj, attribuendo a Teodorico quefto fecondo recinto, ch* altri vuole fatto in tempo di Carlo Magno, altri di Pipino, altri di Berengario, altri dopo il mille, c forfedopo il 12.00. I noftri mctivi per6 addurremo. Il fudetto &e di nuove mura in- «•""«■ «». dubitatamente cinje la Città noftra ; quai &££" furono adunque , e dove fon' ite cotefte ttm. mura ? poichè d* antichi recinti altre reliquie non abbiamo, che le pur'or narrate, e quelle di Gallieno di qua dall'Adige. Il nome di Murnovo, che apparifce nel vecchio Statuto, e che per antica tradizione l- 4.^54. diamo ancora a quella parte, che fuflifte ail'Organo, l'embra accordarfi col favellar dell* Anonimo. La porta quivi era doppia, cioè a due fori, come quella di Gallieno, il che fu oftervato anche dal Mofcardo nella fua Storia, quando ven'erano avanzi più manifefti, col fondamento de'quali difle, ch' eran due porte congiunte: ben da iftMVtr. quefto apparifce come tal fabrica non fudi /-s* baflo tempo, de' foli antichi fecoli efiendo ftato il cofturrie di far doppie le porte délie Città.Maquelloche ancor più convince, fièl'autoritàdi Giovanni Diacono. Illuftrb quefti la Chiefa Veronefe nel fecolo del mille dugentjo, e nel principio del fufleI guente, e fcrifle Annali accuratijftmi, edùmmen-

edùmmen-


235 ' DELL 1 ISTOR.IADIVERONA

wenfafaticay corne chiamagli il Panvinio, che ne leffe l'originale in membrana,eflendofi poi con irreparabil danno perduti. Or di lui fono quelle parole dal Panvinio trafcritte, e per buona forte addotte: le mura dm. Ver. di Veronaycbe al prefente abbiamo ,fur cojîrui/.i<:. 23. te da Teodorico Re de'Goti. includendo nella Tbeodori- Cttta le anttebe. Fotrebbefi egh credere, che w/Cff. queft'Autore aveffe ignorata la fabrica délie mura, che fofle feguita poche età avanti lui, e le aveffe in quella vece attribuite a tempo tanto rimoto? Falfa prevenzione, e comune inganno fece pero, che il Panvinio, o chi la fua poftuma Opéra in tanti luoghi interpolo, aile fudette parole contradicefle. E notabile, corne da quefto, e dall' anterior capo del Panvinio fteflb fi riconofee con certezza, corne il noflro Diacono avea letta l'Iftoria da noi più volte citata, fmarrita poi per tanto tempo, e nel paflato fecolo finalmente ritrovata , benchè molto tronca, da Enrico Valefio. Or tuttiquelli, che tengono ail'incontro da Carlo, da Pipino, da Berengario , da Enrico, o dalla Città medefima eflerfi edificato il fecondo reciuto, fondamento non hanno alcuno , ne di Scrittor, che cio affermi, ne di legitimo documenta: una carta folamente è flata publicata, per la quale in tempo di Pipino converrebbe crederlo eretto , ma è ficuramente falfa, e fuppofta, benchè grandiffimo tempo fa, corne altrove fi farà vedere . Non è pero, che l'error di credere de' proffimi tempi quelle mura, molto feufabil non foflè, perché da motivi nato,che pareanoindifputabili, e per li quali noi pure ambigui c fiuttuanti fummo gran tempo. Cartepecore infinité del decimo, dell'undecimo , del duodecimo fecolo nominando Chiefe, e fiti oltra l'Adige, o pofti tra '1 primo recinto, e il fecondo, efprimono> che tali Chiefe,e luoghi erano fuor di Città: cosl dicefi di S. Lorenzo, di Santi Apoiloli, di S. Fermo maggiore, di S. Maria in organo, di S. Giovanni in valle, e di piîialtre: par dunque chiaro, chenonfoffe fabricato ancora il fecondo recinto, dentro il quale tutti que'fiti di parte ed'altra furon comprefi. Ma ci s'è finalmente prefentata la foluzione di quefto nodo nell'avvertire, corne in più documenti anco del ' decimoquarto fecolo, e pofteriori aile terze mura, anzi fin neldecimoquinto, fi trovano le fudette parti chiamate talvolta fobborghi,e confiderate corne fuor di Città ;da che appar chiaramente, corne continub femprenelpopoloVeronefe l'anticoufo di chiamarefuor di Città, quanto rimanea fuor del primo, e più vecchio recinto. Ravvifafi tal verità perfettamente nell'operetta inedita

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I di Francefco Corna, che intorno al 1450 lavorb una deferizion di Verona in ottava rima. Diccgli quivi, che la Città era Da le tre parti d'acqua circondata ; onde non avea per Città il rimanente, ma per appendici. Afferma, che vierano oltre a cento Chiefe, 50 nel corpo délia Terra, e 50 ne'Borghi. Dice, che intorno al Borgo verfo Occidente volgean le mura circa due mi. «lia. Chiama Borgo primo quanto è oltra 1- *

Adioe, dicendo pero che la porta delVef l

covo Si è del Borgo principale entrât a, e nominando fra le Chiefe di eflb S. Nazario, Santa Maria in organo, Santo Stefano, e S. Giorgio: appunto corn'effare in fobbor00

fobbor00 Vitale, avea feritto Raterio nel Sermon di S. Metrone. Cosi chiamiamo ancora Porta quella di Gallieno, e S. Michèle ad portas fi dice ancora negli atti, benchè dopo i tre pofteriori recinti non abbia più fervito di porta. Ecco pero manifeflamente la ragione del trovarfi detti ancora fuor di Città i luoghi comprefi già da gran tempo neiie féconde mura, e corne difficoltà non rimane alcuna a crederle fabricate da Teodorico. Indica il Panvinio d'averletto in Giovanni Diacono, che quel Re riftaurafle anche il Foro, e più Bafiliche,e che /,4.

I 1' acquedotto da lui rimeilb fofle preffo il Teatro; ma quel luogo c tanto dalle giunte fcontrafatto, che non fe ne pub far conto. Ben s'impara ail' incontro dal noftro Anonimo, clv ei fece atterrare Y Oratorio /n!. di Santo Stefano, cb'era in un fobborgo délia /« Città aile Fontanelle, con l'aitare cbe quivi "■', parimente era. Tal'ordine ei diede negli ul- 0 ■ tim'anni di fua vita, adirato per altruiper- rh,K verfo artifizio contra Cattolici , quali per altro benchè Ariano moleftar non folea.

Mori Teodorico 1* anno 5x6. Succeflbre fu il nipote Atalarico, quai morto ott' anni dopo, Amalafunta fua madré rimafafo1

rimafafo1 nel regno, prefe per marito il eugin Teodato, che la fece poi empiamente imprigionare , e morire. L' efpreflà Jndizionc lafeia in dubbio , fe foflè nel 522, o nel 537, che quefla provincia foff'rl un'incurfione da Svevi, per li danni délia quale fu feritto al Canonicario , cioè ail' efattor de' Vu.i tributi, délie Vénerie, che il Re volea efen- Ï ti dalle impofte quell'anno tutti coloro,ch' erano ftati per la detta feorreria danneggiati.

danneggiati. fu poco dopo, che la Veneziainferiore pati eftrema careftia di biade, non effendovifi raccolto ne frumento, ne panico , ne vino ; il che avendo la provincia mandato a rapprefentare alla Corte per Agofliho fuo Legato, Ecclefiaftico di molto XUmerito, ordine ufcî, che fofle reftituito il J frumento ,e '1 vino contribuito per ufodell*

arma-


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1 armata dalle Città di Concordia , Aquileja eForogiulio: dove fi vede, che Aqui$ leia non era disfatta del tutto, e che Fo1 rogiulio era già Città di confiderazione . I L'anno 535 incominciôlaguerramofladall' | iniperador Giuftiniano, ch' era ftato ecci1 tato con legazione dalla mifera Amalafun| ta, tofto che fii carcerata . Furono aggredite prima Sicilia, e Dalmazia: Gotiucciï fero Teodato, e fècero Re Vitige : Roraa i venne occupata da Belifario, il quale dopo varie vicende tre anni appreflb prefe anche Ravenna, e Vitige ineffa: con che fe gli arrefero fpontaneamente i luoghi forti délia Venezia, coine û ha in Procopio, e Trevifo tra quefti, cheperefler taie a cagion de'piccoli fiumi , che il rigiravano, avea in que'tempi cominciato a renderfi confiderabile. I Goti, ch' erano di qua dal Po , vollero far Re Uraia nipote di Vitige, che dimorava in Ticino: ma egli configlib più tofto dieleggere Ildibado, detto anche Teuf dibaldo, ch' era Comandante del preftdio in Verona, molto valorofb nell'armi, e nipo>c te del Re de'Vifigoti. Cosi fu fatto, chiamandolo da Verona, dove fi era trattenuto fenza andarfi a mettere come gli altri in mano di Belifario. Ildibado in tanta depref fione di fbrze offèrfe a Belifario di riconofcer lui per Re d'Italia; il che rifiutato da quell' Eroe per non mancar di fède al fuo Signore, dopo la di lui partenza per Coftantinopoli comincib a ragunare i fuoi, e combatte profperamente a Trevifb contra gl' Imperiali. Ammazzato fra poco tempo, per iniquità da lui commeffa a fuggeftion délia moglie, e goduta da Erarico una brev' ombra di regno, dal confênfb délia nazione fu confèrito lofcettro al nipote d'Ildibado, ch' era Comandante in Trevifo . Coftui fi chiamb Badiula, o fia Baduila, nelle fue monete, e cosi per lo più vien detto da' Iatini Scrittori. Procopio, e i Greci lo differ Totila: Totila, 0 fia Baduila , difle Giornande, ove fia ben Ietto; ben perbilDan" dolo: Toula y che fu anche detto Baduila. I Capitani di Giuftiniano ftimolati da lui tenner configlio in Ravenna, e deliberarono doverfi prima efpugnar Verona, e far prigione il prefidio quivi da' Goti tenuto , indi marchiar contro Totila fpeditamente. Conduflero l'armata Coftanziano, e Aleffandro, e fi pofero a campo nell* aperta pian«a otto miglia dalla Città. Dimorava in quel luogo a Verona proffimo Marciano , principal Soggetto in quefle parti ? nimico a'Goti, ed affezionato all'Imperador Greco- Quefti manda alcuni fuoi con danaro, per indurre certo fuo anticoconofcente,cui „ era aPPoggiata la guardia d'una porta, a ri1

ri1

ceverdentroi Greci di notte tempo: quai cofa accordata, i Comandanti Imperiali ne fece intefî. Artabaze ArmenoafTunfefopra dî fe l'imprefa, e con cento fcelti foldati fu la meza notte fi prefento alla porta, quale aperta conforme era convenuto, furono ammazzate le guardie,e fpedito achiamar 1' armata. I Goti credendo prefa la Città dal nimico efercito, fuggirono dall'oppofta parte per altra porta : ma avvcnne , che gl' Imperiali, in vece di follecitar la marchia celercmente, fi arreftarono alcun tempo in diftanza di cinquemiglia, per difïènfion che nacque tra i Capi intorno al divider la preda, e al ripartir fïa loro le fpoglie, e le ricchezze délia Città . Venuto perô gior- -W t\ rVno, fcoprendo i Goti dal proffimo colle di ^"J'èê. S. Pietro, dove s'eran raccolti, il poco numéro de'Greci, ch'eran dentro, e quanto ancora fbflè diftante l'efercito, corferonella Città, rientrando per l'iftefTaporta,che dagl' Imperiali per la poca pratica, e pel poco numéro ne eraftataoccupata,nechiufa , e ferocemente aflalirono Artabaze col fuodrapello. Si pofero quefti in brava difefa, talchè giunfe fra tanto 1'armata, ma trovb ferrate le porte . Riconobbefi in queft' occafione perfettamente quai difpofizion d'animo produca ne'popoli 1' aver'interefTe, e parte in un dominio, o il non averla;e fi comincio a vedere il nuovo efïètto délia fervitîi, tanto contrario all'univerfal coftume délie prifche età: poichè fe tal cafo avveniva alcun fecol prima, non v* è dubbio, che i Veronefi, entrata dentro una truppa di Romani lor confratelli, e concittadini, non aveffero fubito prefe l'armiin fuffidio loro, e non aveflèro almeno ferrate le porte dietro a* Goti ufciti, o apertane una ail'efercito Impériale, quando giunfe aile mura. Ma cambiato il civil fiftema, e trattandofi d'effèr meramente fbggetti o a* Goti, o a' Greci, accadde allora in Verona 1* ifleffiffimo, che all'età noftra inaltre Città fimilmente forprefê abbiam veduto accaderei cioè che nel contrafto, e nella pu» gna tra le due parti i Cittadini fpettatori indifïèrenti fè ne fon refi. Abbandonati perô i pochi Imperiali, e dagli abitanti, che non fi moffero, e dall'efercito, che vedute chiufe le porte, e i Goti in armi, prefe partito di ritirarfi, o rimafero uccifi,oprecipitofamente fi gettarono dalle mura.

Quefto fatto diede modo a Totila d'ingroflar l'efercito, e gli fu principiodi molti profperi avvenimenti,talchè Giuftiniano fu coftretto a rimandar Belifario in Italia, Venuto quefti, ma con pochiflime forze, continué per dieci anni la guerra da Procopio defcritta con vario evento. Nel quai 1 tem-


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DELL' ISTORLA DI VERONA

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tempo i Franchi, che aveanogià occupata laGallia,cogliendol'opportunitàdel guerreggiarfi afpramente tra'Goti, e Grecinelle parti interiori, calarono in Italia regnando fopra dieffi Teodiberto, ed occuparono l'Ai pi Cozie, la Liguria, e una gran parte délia Venezia. Mandato poi Narfete in luogo di Belifario a comandare in Italia, entrato in efTa conl'efercito dalla partedella Dalmazia, mando a chiedere il pafïb a' Franchi, che in alcuni luoghi fbrti délia Venezia tenean prefidio: ma negato daquefti, fu chi lo perfuafe a condur l'armata lungo l'Adriatico, tenendofi per lo partito de'Greci i luoghi adiacenti al mare, e potendofi fuperar la difficoltà de' molti fiumi con raccolta di barche per far ponti : il che creduto da Totila impoiïïbile, non fi era dato cura, che di precludere la confueta via, con mandar Teia, il migliore de' fuoi Capitani, col fior più fcelto délie fue truppe a Verona tenuta fempre da' Goti. Ed avea Teia con fofte ed altri lavori tahnente impedito il paefed'intorno al Po,cheperqueûo ancora fu neceflario a Narfete d'appigliarfi al configlio, e per le fpiagge, epaefi bafli condurfi a Ravenna. Nonmoltodopofegui la battaglia, in cui furon disfatti i Goti, e Totila uccifo, indi prefa Ravenna; il che avvenne nell'anno 551, corne ben fi vede in Ermano Contratto,e inTeofane. I Goti avanzati al conflitto paflarono il Po, e fecero Teia Re. Valeriano mandato da Narfete attaccb Verona ; ma fufcitati i Franchi, ch'erano qua e là in prefiTroccp.i. dj0 per la Venezia, abbandonb l'imprefa. ' 33' Procurô Teia dimuovere infuo favoreillor Re Teodebaldo; maquefti, che afpirava a far 1' Italia non de'Greci,o de'Goti, ma fua, corne dichiara Procopio, non aiienti. Non andb gran tempo, che morï anche Teia valorofamente combattendo nelle parti di Napoli, e con eftb ebbe termine il regno in Italia de' Goti, eflèndo poco dopo ufciti d'Italia per non ritornarvi più tutti quelli ch'erano fopravanzati al conflitto, patteggiati da Narfete. Abbiamo in Agaz,ia, corne péri altresi, e refto diftrutto un grand'efercito d* Alemani, e di Franchi, condotto da due fratelli Leutari, e Butilino per rimettere, o foftenere i Goti: di Butilino, e de'fuoi fu fatta ftrage orribile preflb Capua. Leutari moria Ceneda nella Venezia, mentre volea ritirarfi, e ripa/lare i monti, battuto prima, indi confumato da pefte il fuo efercito. PaoloDiaconoperb dice più credibilmente, che mori tra Verona, e Trento ; ecosl Landolfo nelle giunlii. %. 0.%. te ail' Iftoria Mifcella.

In quefto modo a difpofizione di Narfete,

Narfete, di Giuftiniano refto ITtalia: ma illuftre memoria délia noftra Città ci ha confervata Agnello Ravennate; cioè d'averef- ,,Mf fa dopo la caduta de' Goti prefe l'armiper *x tenerfi in libertà, e per difenderfi da Gre ' ci. Tanto s'impara, dove tocca il detto Scrittore, corne dopo la morte del fbmmo Pontefice Pelagio, e dopo d' efler Narfete paflàto a Roma, fegui conflitto co' Cittadini |B> Véronefi, e refto prefa 'Verona il di ventiLuglio "<» da'Soldati: deefi intendere dagl' Imperia- 'l'Jli a quali folamente fecondo l'ufo Roma- 1 , no fi attribuiva ancora il nome di Militi, '^ onde poco prima parla Agnello d'altro corn- «,,,'; battimento tra Goti, e Militi.Si ha inTeofane, corne nell'anno 555, giunfero a Coftantinopoli trionfali mefft d' aver Narfete pre- ^ fe due forti Città de' Goti, Verona, e Ère- '''■ fcia: donde apparifce, che Brefcia feceanch' efla refiftenza : men bene dice perb 1' autor Greco, e non fenza inganno qualche Scrittor di baflb tempo prefe da lui, che quefte Città fbtfer tolte a Goti, l'intera depreffion de'quali con la morte di Teia, e con l'ufeita di efli dall' Italia era feguita più di due anni avanti. Agnello, il quale délie cofe d'Italia avea memorie aflui più certc, afferma, che fegui il conflitto non co* Goti, ma co' Cittadini Veronefi, i quali per detto corfo di tempo fi mantennero adunque in libertà, e per confervarla, ofarono da fe ftefïi difenderfi, t far fronte a'Greci. Non dunque debolezza ,0 viltà gli avea tenutipoc' anni avanti immobili nella forprefa tentata da'Capitani di Giuftiniano; ma bensi quella ragione, diventata poi ne' popoli d'Italia principio primo, di non volerïi fagrihear per altri, ne efpor la vita, dove non di proprio, ma fi tratti d'intereflè altrui. Rimafi perb foccombenti i Veronefi, la Città loro rimafe infieme con 1* altre in podeftà de' Greci.

Nel periodo di tempo da quefto libro comprefo novità avvenne, délia quale non dee tacerfi in Iftoria, che non di Verona folamente, ma corne fi è potuto offervare, délia Venezia tutta nelle prifche età i più importanti avveni menti raccoglie. Cib fu la formazione d'una nuova Città , che di tutta la provincia fu poi Regina, e nella quale fi trafportb diefla anche il nome,effendo peredificarladatutte le fue parti concoriagente. Alcune ifolette formate avea la natnra nell' ultimo receflb del golfo Adriatico , e innanzi ad efle, quafi per parapetto dagl'înfulti dell'onde, e dalle aggreffioni navali, ftrifee opportimiflime di terreno avea collocate con bocche, e canali per ncettarea piacere i legni, e per godere del benefizio del mare fenza il pericolo. In quelle


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fteifoleîte dalle marine paludi attorniate 1 sî po-hi anticamente furono abitatori, che jneffë ne purdi villaggio memoria cirima„e o notizia . Ma poichè nel principio del niiinto fecolo cominciarono i Gotia fcender psr l'Alpi Giulie in Italia, replicando più volte di tempo in tempo sî fatte invafïoni, per lequali ne le facoltà, ne le vite intutta la Venezia eran più fleure, nuovo riparo andb fuggerendo 1' anguftia, e '1 pericolo; cioè di trasferirfï con le famiglie in quelle lagune, aile quaîi i Barbari,che ne barche aveano, ne appreftamenti maritimi , non potean venire. Abitazioni,e café fi cominciaronopero a fabricar quivi : ma l'efempio di pochi fu dopo la meta del fecolo abbracciato da molti ; perché avendo Attila pref3je ruinata Aquileia, Città popolatiffima, e avendo méfia a ferro, e a fuoco anche la Venezia fuperiore da un capo all'altro, in cran numéro furon coloro, che cercarono in mezo aile maritime paludi rirugio, e fcampo, e che infieme raccolti principiarono in quella nuova popolazione forma, e regola di ooverno a coltituire . L'ordine délie cofe jnfegna, che foffe a cib dato cominciamento, quando l'Imperio Romano era già inccrto , e vago , corne dichiarb Svetonio il principato di Galba, e d'Qttone, e di Viteilio, ma con molto maggior ragione potè chiamarfi il fiuttuante, e difaucorato de' molti, che negli ultimi venticinqu'anni ne portarono il nome: fuquello il tempo, di cui diilè Salviano,corne la Repttblka Romana 0 morta era, 0 moribonda : talchè Valentiniano terzo potrebbe a ragione dirfi 1* ultimo degl* Imperadori. Si continub, efi diè compimento ne' tempi apprefïb ; perché rinovandofi le irruzioni ftraniere prima da Odoacre, poi da Teodonco, indi da Alboino, che tutti per la Venezia vennero, continub altresl a paflar gente nelh afilo di quell'Ifble, quali perb edificate già ingran parte, e ripiene, di Città, e di popolazione unita vennero a prender forma, e fem> bianza.

La prima menzione,chefi abbia diquefta nuova gente prefîo gli Antichi , trovafi inCaffiodono; il quale avendo ordinato a i provinciali dell 1 Irtria di pagare il lor tributo in quelle fpezie, che più abbifognavano, e di venderne ancora per ufb, e cott modo délia Città di Ravenna, ove il Re Teodorico fi tratteneva, richiefe apprefïb quefto popolo di famé con le fue barche fpeditamente il trafporto. Avvenne cibeffendo Caffiodorio Prefetto Pretoriano, e nelMndizion prima; per confeguenza l'anf° S2.3, poichè fotto Atalarico , da cui 1' iftefla dignità egli ebbe di nuovo, l% Indi| Ver. Mujlr. Parte l

zion prima noncadde. Ben mérita quefto preziofo, e per l'Ifloria Veneta incomparable, e fondamental monumento d'efîcr qui riferito a diflefo.

A Tribum de Maritimi Senators Vrefetto del Tretorio.

Abbiam già ordinato, che /' Ifîria ollo, e vino y délie qualicofe in que fi' anno abbonda ymandi a Ravenna. Ma voiy che nel fuo confine quant it à poffedete di barche , procurât e con ugualpronte%za di celeremente condurre, quanto effa è préparât a a confegnare. Uguale far à il merito degli uni e degli ait ri, già che fe l'una 0 /* altra di quefie coje mancaffe, non fi confieguirebbe l'effetto . Siate dunque pronti a i vicini viaggi voi, che fipeffo trafcorrete i grandiffimi. Navigando nella patria, pare , che andiate vagando per le café voftre. Altro comodo vifi aggiugne, per aprirvifi uri" altra via ficura fiempre, e tranquilla; imperochè quando dagl* infiitriati venti e impedito il mare, firada a voi prefiano fin mi ameniffimi. 1 vofiri legni non temono de* catt'tvïventi:con fomma félicita toccanola terra, e non périfcono, benchè urtinofréquent emente. Si crede da lontano, che fcorrano per li prati, porche accade, che /' acqua non veggafi. Camminano tratti da fttni, quando per funi fogliono effer tenuti fertni; e mutatoV ordine a) ut an gli uomini le navi co'piediy tirano fin^a fatica quelle che gli portano, e in vece delhaiuto délie vêle, ftfervono del pajfo più ficuro de' barcaruoli. Giovaci di r'ferire , corne abbiam veduto effer fituate h ab:ta%)oni voJlre. Le commendabili Vénerie, piene già di Nobiliy da M('Z°g'orno hanno il Po,e Ravenna, da Oriente godono /' amenîtà dell'Jonia jpiaggia, deve altcrnando il fli'ffo, e a vicenda inondando, or a cuopre la face ta dey camp't, or la fcuopre . Q^'wi è, quafi a modo d'uccelli acquaticiy il dimorar vojiro: poichè l^fieflb fito or a par'tfola, or terra ferma, onde creaerefii effer le Cicladi, dove feorgi in un fubito /" afpetto de'luoghi cambiarfi. C-cladi fomiglhano errtamente le café per V ampie^a delb acqua fparfe, non da natura prodotte, ma da opéra umana fondate. Imperçioche folida terra canpieghevoli vinchi jlringeft quivi infieme , e non fi terne d'opporre a i maritimi flutti cost fragildifefia, mentre la guadabil piaggia non infefia con onde grandi, e t acqua, corne poco ait a, vien fen^afor^a . Solamente di pefci adunque gliabu tanti abbondam : i poven , e i ricchi convivono ugualmente : l'ifieffo cibo tutti pafee ; /' ifieffo luogo ricetta tutti; non fottopofli pero all% invidia délie abitaçioni, con che quel vr%io sfuggonoy che tanto pub nelmondo. Tut ta /' induJiria allefaline è rivolta: in vece d' aratri, e

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di falci maneggiate i cilindri ; qiùncï proviene ognï voftra rendit a; effendo che in virtit d'ejfe anche le cofe, cbe da voi nonfifanno, poffedete. Quivi in certo modo moneta fi batte, che jerve al vitto. Alla voftr' arte ognifrutto délia terra è fubordinato. Potrà taluno non curarfi dell'oro, maniun far à, che non defideri il fale, e meritamente, quando ad effo ognï cibo dee, che pop a ejfer grato. Il perche le nav't, cbe quafifoffero animait, légat e a i vjjiri muri^rifarcite con diligen^a, aciocchè quando il pratichiffimo Loren^p, ch' è fiato mandato a procurar le fudette fpezje , vi darà avvifo , poffiate [ubito accorrere, fen^a lafciarvi ritardare da nijjuna dïfficoïtà, mentre fecondo la qualità del tempo opportuna Jirada potete eleggère.

Da quefta epiftola di Caffiodorio, il cui cognome fu Senatore, fi riconofce, corne il nome di Venezia, o di Venezie non era peranco trasfèrito , e come la nuova Città non era formataperanco,ne congiunta infieme, e con particolar nome non fi dinotava ancora, poichèfi chiamano gliabitatori diquell' ifole, quafi con fopranome i Maritimi: nominb Venexjani Capitolino nella vita di Lucio Vero,ma tal voce fignificavaallorauna délie fazioni del Circo. Vi fi riconofce ,co(jnifape me in quel principio riputati moko erangià fpatia nell'artc navale quegli uomini, e aià gran ùs infini- v^gg 1 Per mare împrendeano. vi fi tocca, "> come l'alta Venezia, e la baffa di famiglie

l'L'nçNe. nobili, erano per 1* avanti ripiene ; dal che biiibui. fi pub intendere, che non ne fofl'er più, per eflerfi gran parte di elle nel ricovero délie lagune ridotte: ed è natural cofa il credere, che chi avea più degli altn da porre in falvo, più degli altn vi fi affrettafiè. Con tutti i Rettorici concetti di Caffiodorio ben il pub arguire ancora, che oro, argento, e preziofecofe non vi mancafTero, poichè cib, che facilmente trafportar f\ potea, non farà certamente ftatoabbandonatoinpredaa' nimici. L'avère ancora fenza pofïèder terreni potuto fufliftere in tanto numéro,e fabricar tanto, e renderfi tofto cofpicui fu 1' acque per tanti legni, e con efli grandiflimi viaggi si tofto imprendere, ben moftra, che gran ricchezze i primi portaffer feco. Ma per quanto è délia Comunanza, atfatto povera fu per certo in quella prima età: illuftre con tutto cib, e memorabile tal povertà fi refe per la libertà, che l'accompagnée che la nuova fondazione, e il primo ftabilimento del governo produite. Coloro, che intantilibridi cib fi fon fatti befïè,non videromolto a fondo, e molto a dentro per verità non intefero.Tal fatto con quanto in queft'Iftoriafi trattaècosi conneflb, ed ail* intelligenza délie fufleguenti cofe

è cosï importante , che non crediamo di deviarci punto col prender di propofitoa 1

dichiararlo. i;

Non fi pub parlare in tal materia con fon. V

damento, fe non fi ftabilifce prima, e non S

fi dichiara bene il vero efïère délia Republi- £

ca, e dell' Imperio Romano, e fe non fi fvelle '

dalle menti quel grand' errore, di creder |

Roma paffata dopo gl' Imperadori a ftato |

Regio, ed a Monarchia, Cefare fu credu- fj

to degnodi morte folamente per fofpetto, I

che ci penfaffe. Augufto, il quai veramente ftabili il Principato, e mutb la forma del governo, non folamente non ricevè dal Senato, e dal Popolo la podeftà Regia, ma ne pure la Dittatoria, I nomi del fupremo grado trafmeflb a' fuçceffori furon di Principe, e d'Imperadore ; 1' uno e l'altro d* antico ufo nella Republica. Principe o fi dicea il primo de'Senatori,e che parlavaprb ?,,, ma, o dinotavanfi con tal vocabolo li prin- ~f cipali de' cittadini, onde Principi di Roma G mentovb Livio nel quinto fecolo; e cittadi- ti.-, no Principe ,e Principe Senatore, e mandati a Brutoi Principi délia Città per Legati,dif- ^j fe Tullio. Imperadori chiamavanfi i fupre- u. mi Comandanti d' armata, ed i vittoriofî ; perb veggiamo in più Medaglie Confolari tal titolo. e degi'Imperadori Panfa, edlrcio moite lodi ha Cicérone, e tante volte w fi parla in Livio di Scipione Imperadore, di quelli, ch'erano flati Imperadori in Maccdonia, e dell* ufizio del bravo Imperadore. I Greci non volendo ufare voci Latine, e non avendo la çorrifpondente a quella d' Imperadore, malamente la refero moite volte in lor lingua con quelle di Re,di Difpotico,o f,: di Monarca ; de' quai vocaboji non è pero '-,:-.. da far cafo, ne pub giuftificarfene in modo alcuno il parlare improprio,e délie dotte orecchiç oftenfivo,di tanti moderni Scrittori,che notano negl*Imperadori l'annodel Regno, e ne' Romani il tempo délia Monarchia-, Monarchia avendo chiamata Appiano ançhe quella di Silla, ed avendo Strabone ail' incontro per fignificar gl' Imperadori ufato ordinar iamente un nome, il quai niente piùvolea dire, che Duce, oPrefetto. Da' ":i Greci prefero poi l'attributo Regio autori, e monumenti Latini del fecol baffo, volendo con ciq indicar cofa fuperiore, e fublime. Per altro nel decreto délia Colonia Pifana, benchè fatto per adulare Augufto,il titolo, che gli fi dà, è di Cuftode dell* Imper o Roma- *•c." no. Severo Aleflandro Fattori del Publico £> chiamava gl' Imperadori. Augufti Princi- M?1-- pi governanti il Romano Imperio fi chiamano "'.;"' due degli ultimi Imperadori in un Papiro tfJ; da noi publicato. Nome d' amminiftrazio- ?-14'' ne fu folito di dare Augufto al fuo Principato ;


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pato; nc^ucit* m ucn'impeno iucco,poi! 4 ehè prefa una parte délie provincie in fua 1 cura, rimafe l'altra come prima a quella f| delP°P°^°> e del Senato; talchè quando ûAlti. bandi Cornelio Gallo, il bando fu dalle pro|§ vincie fue, non da quelle del Popolo; edè £§ notabile, che maggior titolo, e maggior gra|| doebberoi Prefidi mandati dal Senato, che |f i mandati dagl' Imperadori, mentre Pro|4 pretori fi difler quefti, e Proconfoli quelli. t Queft'iftefla amminiftrazione non fu aflun53. ta da Augufto in perpetuo, ma per dieci anni; promettendo ancora di deporla prima, fe prima gli foflè riufcitodi ridurre a quiète, ed a ficurezza le provincie di confine da lui per fè ritenute . Spirati i dieci anni, gli fi andbprorogando la poteftà o per decennio, o per cinquennio, finchè viflè; afïèrmando perb Seneca, ch'egli non inter„,•,. mifemaid'augurarfiozio, e quiète, e di ««■ chieder vacan%a dalla Republica. Quefto fu ^ il nuovo fiftema refo neceffario dalla condi- • zione de' tempi, ma che lafcio come prima il fondo dell* autorità nel Popolo, e nelSenato. Délie Provincie acquiftate dopo non fi troverà mai detto, che in podeftà d'Imperadore alcuno foiïèr ridotte, come veggiamo nelle Medaglie di Traiano dirfi ridotte in potefià del Popolo Romano 1* Armenia, la Mefopotamia, l'Affina, la Paleftina. Anche la cura, e il gi us délia moneta, j ch'è materia cosi importante, reftb divifo; perb veggiamo in quelle di métallo, ch'erano in maggior numéro , fegnata 1* autorità del Senato; e nelle contromarche , di cui fi trovano imprefle moite Medaglie battute in Roma nel primo fecolo dell* Imperio, fi veggon quelle lettere NCAPR. délie quali Te ci pub effer lecito d' afiegnar 1* interpretazione, diremo parerci aflai chiaro, che debbanfi cosl fpiegare : Nummus cufus autloritate Populi Romani.

Altra mutazion fi fece nel venir trafportata in gran parte 1* autorità de' Comizj, e del Popolo nel Senato, come toccammo nel libro fefto, al che fece ftrada Augufto, i- deputando un tempio, perché in efl'o confultaffe délie guerre il Senato, materia , che prima fpettava al Popolo, e ordinan£■ do, che dal Senato fi mandaflero i Prefidi ; nelle provincie : ma quefto altro non fu , 6t che un trasfèrir 1* effenza del governo da mokitudine indeterminata a moltitudine fcelta, non altro eflendo, o dovendo efsere il Senato, che la parte più degna del popolo . Continub in oltre per fempre infieme col nome, e diftinzione délie tribu unacerta cura del beneplacito popolare. Perbdif^ *e Ammiano fin ne' più baffi tempi : benchè

f' 6, 'e tribù fiano oçiofe, il nome del popolo Romano j Ver, Illuflr. Parte L

■fi

è perb riverito, e cofpicuo . Nella elezion di Tacito fi voile proclamarlo a' foldati, c a* Quiriti nel Campomarzo , come fcelto *V/- dal Senato col piacere di tutti gli eferciti. ""^u%f Novità fu ancora di gran confeguenza , er«. quando le Legioni, e i foldati Pretoriani cominciarono ad elegger gi*Imperadori;ma quefto altro non fu, che un ripigliarfi la parte del popolo militante , quel fupremo arbitrio délia Republica, ch'era prima ftato del popol tutto . Fin nel quarto fecolo di Roma il Confole Manlio fece approvar dall* efercito, e decretare una legge; perché quando la Republica è in guerra, il Liv' '• 7* popolo è nelle tende.Cosl alla meta del fecol fefto, eflendo morto in Ifpagna Publio Scipione, 1* e/ercito con Comizj militari un' '^^ m"f. altro Générale fi elefle, cioè Lucio Mar- inaribui . cio : per lo che fu poi detto in Senato, effer l- *6-1«- cofa di mal' efempio , che gl' Imperadori fofse- /^flè" ro dagli eferciti eletti. Quefto efempio dopo exerdùeftinta la progenie de iCefari troppo fu le- *"' guitato ; ma tali elezioni perb ebbero fempre bifogno délia conferma del Senato. II primo, che fuor di Roma, e dall'efercito fbfle acclamato, cioè Galba,avanti la conferma, e l'approvazioneyî profeffava Legato Svtt.t.10, del Senato y e del Popolo, non Imperadore. fêlT* Ma in tempo di Vefpafiano legge fu promulgata, un pezzo délia quale ,che in Campidoglio a Roma originalmente fi conferva in métallo, ci fa perfettamente conofcere, dove confiftefle pur fempre il fondo dell* autorità . Si conferifce con quefta al v. <?«*. detto Imperadore facoltà di far confe- ?•***• derazioni , di ragunarc il Senato , di dilatare il pomerio déliaCittà, edi farequanto conofcerà giovevole alla Republica nel modo appunto, ch'cia ftata avanti la medefima facoltà confêrita , non già a* fuoi predeceflbri tutti, ma folamente ad Augufto , a Tiberio, ed a Claudio. Si décréta di tener ne* Comizj ordine diverfo per coloro, che nella dimanda di qualche ufizio foflero raccomandati da lui. Si fa efente anche Vefpafiano non già dalle leggi generalmente, ma da quelle, e da que'plebifciti, da» quali erano ftati efentati li tre fopradotti anteceffori fuoi; efi conferma finalmentc cib, ch' egli fino allora avea fatto, ordinando fi abbia per valido, come fe per comando del Popolo forte fatto. Maravigliaper certo è , come tanti fi fien trovati, che ftimaflero, o di ftimar fingeffero , confêrita con quefto Senatufconfuko a gl'Imperadori podeftà Regia, e indipendenza anche dalle leggi. La cofa è tanto da fe palefe, ch* è faverchio parlarne . Ben perb contra 1* errore, o contra l'adulazione di Tribonial no invei 1' efimio Giurifconfulto Vicenzo

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A Rom. Gravina; e bcn fofpettb, che fua fraude j m?' fofle la menzione di legge Regia da lui attribuita ne'Digefti ad Ulpiano: ma Tribooiano parlb con l'idea del tempo fuo,quando Regno eflèndo veramente divenuto il Greco , fi pensb egli forfe, la condizion di Roma eflëre ftata 1* ifteffa, che vedea cfler quella di Coftantinopoli.

Continuaron fempre gl'Imperadori adef{ér capi délia Republica, e fuoi perpetui Generali, non mai fignori : nulla a cib pregiudicando, che alcun de' peggiori podeftà eccedente, e affoluta tirannicamente operando talor fi arrogafle. Ad Ariftide vifîuto in tempo di Marc' Aurelio parve la Republica Romana effere un mifto, e un temOrmt.mi peramento dtlli tre ftati, monarchico, noXtm. bile t e popolare . Con nome di Republica continuaronoachiamarla anche gli Scrittori del quinto, e del fefto fecolo, corne pub fingolarmente vederfi in Ammiano , ed in Cafliodorio . Diffe Orofio, che ad J.y.r.jc Onorio fiappoggiava allora la Republica. Dell* Africa diffe Giornande , che mano gentile, cioè ftraniera, /• avea ftaccata dal corpo del**/>.3î. la Romana Republica. Simmaco ferivendoa Tcodofio, e a Valentiniano, nomina Co/.io. ef. liante, che avea retta la Republica, e Giu* 0" liano, che l*aveagovemata\ efa,cheRo#/>.

efa,cheRo#/>. ma dica loro, e profeffi d' efser libéra; la TJ"fumT 1?al. dichiarazione fommo delitto, ed ingiuria eftrema in uno ftato monarchico farebbe ftata. Vedefi nelle monete d'Onorio, edell'ultimo Valentiniano continuata fempie la folennità de' voti decennali, che inuicava la confèrmazion délia podeftà di dieci in dieci anni Ampliamento d'autorità defumeano gl'Imperadori dal farficonferire più Magiftrati,. e dal cumulare in fe le dignità Tribunicia, Pontificia, e talvolta Cenforia , e fpeflb Confolare, con che ben mortravano di non a ver punto la Regia. Sedeano anch' effi in tribunale come gli altri giudici, talchè abbiamo da Sifilino, che Adriano , e Marc'Aurelio continua vano aile volte in tal miniftero anche la notte: anzi avanti Diocleziano, il quale , e/fendo il fafto proprio délia baffe nafeita, s'itivaghl de'collumi de'Re di Perfia,ecomincio a farfi adorare, e a mettei gemme e*f. ne'veftimenti, abbiamo da Eutropio, eda ciren. Cafliodorio, che il faluto a gi' Imperadori "'"' - 9" era l'ifteflbdel confueto a'gmdici, ne altro portavan di più de'privati nell* abito , che la clamide di porpora. Corona, e diadema fu introdotto negli fteffi tempi, ma come ornamento. Gemme veramente avea principiato a mettere in ufb anche Elagabalo, ma dal fucceffore Aleflandro rigettate tofto, il quale ripiglib i veftimenti comuni.

comuni. pochi Imperadori feguiron l'efempio di Marc'Aurelio nel prenderfi fpontaneamente un collega nell' Augufta dignità, e fu feelto più d'una volta chi non avea niuna attinenza di fangue, il che ripugna alla Monarchia, che in tal modo è incomunicabile. Graziano, benchè a verte intimi congiunti, fi prefe per compagno Teodofio, che gli era ftraniero, perché lo conobbe più abile a tanto ufizio. Le mogli non furon mai cercate dagl' Imperadori nelle café de i Re, ma nelle famiglie cittadine, ed a'Cittadini Romani diedero altresl le lor figliuole, e forelle. Il ReTeodorico ail* incontro, infignorito che fu dell* Italia, tutti i parentadi fuoi per moglie, per forel- t.j;i; le, per figliuole, pernipoti, contra fie con '■& altri Re. La cafta degl* Imperadori fu fempre diverfa da quella délia Republica : quefta fi difTe Erario publico , quella Fifco privatOy come efpreflamente fi pub imparar da Sparziano. Del lor patrimonio partico- >'»&/, lare va intefo, ove fi parla nelCodiceTéodofiano di poderi Fifcali, e d'affittuali della Cafa Augufta ; ma dell' altro intende quella penalità anche in alcune délie più baflè lapide efprefsa , di dover dare una certa fumma ail' Erario del Popolo Rom a no. Ampliflimi patrimonii avean per altro gl* Imperadori in moite provjncie , de' quali avean cura i Proçuratori Auguftali , e i Conti délie cofe private, e di quefti eran padroni; ma coplilleano in terreni, come le varie leggi de'fondi patrimoniali, e d' altri Titoli fknno intendere.S'impingub illor Fifco grandemente, quando fi appropriarono i béni de' Tempj de' Gentili ; Valentiniano, e Valente ftatuirono in una legge, tutti i luoghi, ch'erano di ragion de i Tempj, dover reftare aggregat't a quelpatrimonio, c. 1 cb'è privât0 noflro, çom'eflî parlano. Il Se- "';'•,' natoconfervb fempre la fuamaeftà, equan- »-.Kdo gl' imperadori traviarono, gli condân- '^, nb, gli dichiarb nimici délia patria , e ne ),«» cafsb gli atti, come più volte pub nell* Iftoria vederfi. Le legazioni, e le iftanze s'indirizzavano niente meno al Senato, che a g,l' Imperadori, la quai bella notizia abbiam ricavata da infigne , e non per anco nota Greca Ifcnzione , che abbiam nel Mufeo, nella quale la Città d* Argo onora Memmiano fuo çittadino per Legazioni da lui foftenute m pro délia patria, ç di tutti ide- "-^ ci al Senato, e a gl' Imperadori . Alefsandro „■.« i Prefetti del Pretono, e délia Città, e i &'•*'. Senaton non creb da fe,ma co*voti del Se- 7B°^ nato. Macrino acclamato dall'efercito feriffe a' Padri coferitti, che avrebbe ritenuto il i"eggimento,fe fofse lor piaciuto cib, che piaciuto era a'foldati. Morti i Gordiani in v-c'!''

Afri-


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LIBKO NONO.

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Africa, il Senato creo Imperadori in Roma . Pupieno, e Balbino;ecreandone due, ben moftrb di ftimare tal fuprema dignicà un IVlagiftrato: cosl poi fece de' figliuoli di Macriano. A'Confoli dal Senato, e non dagl* Imperadori, furon fempre date le infegne, cioè i Fafci, e il bafton d'avorio, corne in 1. un'epiftola di Valeriano fi legge prefso Vopifco. Per la elezion di Tacito fei mefi di efemplare, e pio complimento fecero tra loro l'efercito, ed il Senato: efsendofi da quefto poi mandate lettere in ogni parte , percbè a tutti i Socii, ed a tutte le nazioni fi , facefse notoyefser tornat a la Republica all'antiçoflato') le leggi dal Senato doverfi prendere , al Senato indiri^ar le fupplkbe de i Re barUn , e délia pace, e délia guerra efserfi pcr trattare in Senato. Probo chiedendo , che reftafse convalidata la dignità Imperadoria lui da' foldati conferita, fcrifse in quefti termini: ottimamente Padri cofcritti l'anno fcor,}. fo avvenne , cbe la voflra clemen^a defse al Mondo il Principe y e quefio del vojlro numéro, cbe fiete veramente i Principi, e fempre fojiey e ne'pojlerivoftrifarete. Rutilio,Ammiano , Claudiano , Cafliodorio , ed altri di quel tempo, Reggia deila libertà, Signora délie cofe, Padrona dell'Imperio chiamano ancora l'Italia, e Roma . Gildone, che machinava nell' Africa cote nuove, fu da Onorio accufato al Senato, e da quefto ';' 4' condannato fovranamente. Alarico, che volea Onorio depofto, afsedibRoma, minacciando afpramente i Romani , fe non creavano altro Imperadore; il Senato ftretto dalla famé elefsç Prifco Attalo Prefetto allora délia Città, e gli diede le Imperiali infegne. Invanito coftui, profefsb il dl feguente di voler conquiftare tutto il mondo; perb corne fi vede in Zofimo, non a fe,ma a'Romani. E quefta fenza dubbio fu la ragione , perché ne Odoacre, ne Teodorico non vollero chiamarfi Imperadori . Che mancava a Teodorico per efser taie nell' Occidente? e quanto volontierinonl'avrebbero acclamato i Romani, e non fi farebbero con cib mantenuti nell'antica giurifdizione? Re valorofo, che non folamente pofsedea l'Italia, çioè il vero fondo , e la bafe dell'Imperio, ma in apprefso la miglior parte délie Occidentali provincie : Pannonia con Sirmio, donde fcaccib i Gepidi; Norjço, ove mandb ordini ; Dalmazie, e in, Svevia, aile quali il fuçceflbre Atalarico (,« mandb un de' fuoi per Governatore; gran "c' parte délie Gallie,che difle aver foggiogate, 8- e nelle quali Arles fingolarmente fu da lui te- j l"fZ n?t 0 fempre; e la Spagnatutta, délia quale initm. diede pofcia il nome al nipote Amalarico fanciullo ; in una parola ogni nazion d' Occidente

Occidente ftata in qualche modo fogget- Ght. 1.1. ta, difle Giornande. Ben fi credette di ve- '<£„• derlo fra poco Imperadore Ennodio, quando lo chizmbfalute délia Republic a (jaluspz* in Vatug. rendo doverfi leggere, doveftatus hanno le ftampe) e quando gli difle, ch'era ftato preparato algoverno del Mondo: ma potendo egli in virtù délie fue conquifte gioired* autorità difpotica, ed aflbluta, non voile aflumere un grado, il quale giuridicamente altro non era che un Magiftrato, e lafciava per natura in Republica 1* Italia, c Roma.

Riluce da tutto quefto perfettamente, quanto falfa fia quel la volgar'opinione, che Coftantino trafportaflè l'Imperio Romano f°"ar-!- a Coftantinopoli. L* Imperio non era inar- «x«e»»T^ bitriodi Coftantino, ne confiftea nella fua J^£" perfona, ne era poflèflïon fua, o del fuo J,.™.- 1 fangue: confiftea nella Republica, cd era *9*"*- gius del popolo, e del Senato, di cui egli era Générale, e rapprefentante. Anzi nulla avea egli di fuo, fuorchè il particolar patrimonio, che corne abbiam veduto fi dicea Fifco privât0. Sede naturale ed unica délia Republica Romanafu fempre Roma, ne altra efler potea, Gl' Imperadori non ebbero refidenza determinata , e fifla, perché conveniva loro fecondo il debito dell' ufizio trattenerfi, dove i'ocçorrenza délie guerre piu richiedeflè, Che perb Coftantino ftimafle poter più facilmente far* argine aile nazioni Qrientali, dimorando fui bosforo Tracio, e ingrandifle per quefto, e nobilitafle Bifanzio, quai virtù potè mai cib avère perprivar Roma del proprio, infito, ed infeparabil diritto? Potè per quefto Coftantinopoli efler mai altro, che una Colonia di Roma, çome la confèfla Pletone? e non Orat. i* ebb'efla per grazia di confeguire il gius Ita- Ml' V'L lico, e che le fofle rinovato da Valentinia- c.Tb.i.t. no, benchègiàda tanto tempo un degMmpe- * '*'lt' radori fofle folitodi farquivi dimoraPCom» era mai pofïibiledi trafportar la Republica Romana, e la giurifdizion fua fenza trafportar Roma? anzi ne* tempi antichi, quando incendiata Roma da' Senoni, e ridotta un ammaflb di ruine,fi trattb di mutar fito, e di paflare nella Città de'Vej, moftrb Furio Camillo, non efler cib lecito, Liv.l. s. e non poterfi trasferir la Republica ne pur col trafporto di tutto il popolo, e di tutti i Magiftrati. Or da cib che fegue ? fegue, che quando da ftraniere nazioni fu fînalmente debellata 1*Italia, diftrutta la Republica, foggiogata Roma, l'Imperio Romano péri, fiannullb, s'eftinfe. Non continub, e non reftb vivo in Coftantinopoli ; perché il fignor d'Oriente non fu Imperador RomaI no fe non fin tanto, che da Roma fu eletto,

eletto,


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to, o approvato, e che riconobbe il Senato Romano per fonte dell'effer fuo, e che continuarono in tal grado i difcendenti di coloro, quai furon da'Romani ail* Impérial dignità fublimati.Ceflàtotuttoquelto, e cambiata lingua, Iuogo, governo,. e coftumi, divento quel di Coftantinopoli Regno Greco, fbrmato bensi con provinciegià foggette a Roma, ma il cui lmperadore non eflèndo più capo del popolo Romano, e non mantenendo più con la Tua applicazione, e col fuo valore la libertà, e il dominio ail' Italia, e a Roma, Imperador Romano non potea mai pretenderfi fenza una ridicola ripugnanza ne i termini. Vero è bensi, ch'eflendo Ior continuato aflai tempo il dominio di Roma, continuarono i fbmmi Pontefici a trattar que' Principi da capi délia Republica, e corne Imperadori Romani; non pero perché foflero, ma per eccitargli a moftrarfi tali, per averne difèfa contra Longobardi, per 1' antica confuetudine, e per la neceflïtà délia foggezione. Quefta verità, che ora forfe a taluno potrebbe parer nuova, fu conofciuta ottimamente ne' tempi antichi: poichè dove fi parla d* Auguftolo, chefu l'ultimodegl'Imperadori ocM;fe. Ub. cidentali, l'Iftoria Mifcella, Marcellino nel Vèrn G*t Cronico» Giornande nell' opéra di CatiWotZl t?m rio che çompendio, e in quella, che da fe Auguftui» fcrifle, chiaramente dicono, che con eflb fer'"' l'Imperio Romano péri, ed ebbe fine. IlConlib. i*. tinuatore délia Mifcella, effendo ceffato allôra l'Imperio àella Città di Roma, comincib a lafciar l'epoca délia fua fondazione, e a valerfi délia Criftiana. Gjà con la fola pre- . fa di Roma ejjerfi troncatoail' Imper'/o Roma* Elefè'" no il capoy avea detto S. Gerolamo, e fenza capo non c'è più vita. Vera cofa è,che i Greci cominciarono achiamarfi Romani, c a dar nome di Roma a Coftantinopoli, i nomi avendo ritenuti ancora di Confolo, e d* altre dignità Romane. Ma fe 1' eflerfi i Greci nel baflo fécolo cambiato nome, e fe l'averritenutealquante Latine voci, potea aver virtù di far di vendre Italia la Tracia, e di trasfondere i diritti di Roma in Bifanzio, virtù magicaera cotefta aflai più mirabil per certo délia fognata una volta ne i nomi. Perche fô/fe Imperio di Roma, dovea fenza dubbioimperarRoma , eda ell'a derivarfi negl'Imperadori I'autorità: or corne dunque potea eflere Impero Romano quello d'una ftraniera nazione, che mettea Roma in fervitù, e che quanto poflédeain Taui. Italia fottoponeva a un Governatore ? Con^'.Gotb'h txa Narfete difléro i Romani, effer loropiù potius fer. utilefervire a? Goti, cbe a' Greci : giogo di VGrJhm fcrvitîl quello de' Greci era adunque, niente meno, anzi più gravofo di quel de' Goti

Goti or corne mai col titolo d'Imperador R omano poteafi poi pretendere d'aver ragione fopra l'Italia, e di farla ferva, quando il vero Imperador Romano libéra ail* incontro l'avrebbe coftituita, e dominante fu 1* altre genti ?

Da tutte quelle premeffe il Lettore accorto ben vede cib, che per l'originaria Libertà di Venezia fe ne deduca ; e ben riconofce, venirne in confeguenza neceflariamente, che fe negli ultimi refpiri, e convulfioni, che pati la Republica da Valentiniano terzo ad Auguftolo, e tanto più fe dopo la morte di quefto, gente fu in Italia, che fapefle raccoglierfi in fito per natura, e per induftria da ogni aggrefiïone ficuro, e quivi fondar governo, ftabilir leggi, vincolar fozietà; quella fozietà, e quel governo nacqueroliberiinteramente,egiuridicamente : non potendo eflere ftati gravati di foggezione ail' Imperio Romano, che non c* era più, e non al Greco, ch'era dominio ftraniero, e non avea pero in Italia altrodiritto, che quello potefle nafeer dall'armi. Egli è manifefliffimo, che prefa replicatamente, e foggiogara Roma, e del dominio pnvata, e delJ'Imperio fuo,ne Greco lmperadore, ne Re barbaro gius ebbe in Italia veruno, fe non per via di conquifta. Gius pero ,0 dominio nell'ifole Venetenon ci fu chi avefle, perché contra di elle forze maritime non fi mofléro:e tra per ladifficoltà del fito, tra per non venir confiderata una Città, che ne pure avea proprio noine ancora, e una gente, che s) pocoterreno occupa va, e quefto perl'avanti abbandonato, ed incognito, rimafe il nuovo popolo in piena balte di fe fteflb; ne fu chi per nome di Principe alcuno ail' inftituzionc del fuo governo, e all'erezione délie fuedignità prefedelle . Alla dimoftrazione, che nafee dal tempo, altra fe ne pub aggiungere defunta dalle perfone. Chi furon coloro, che a cosi fatta fondazione pofero mano? furon gli abitanti d' Aquileia, di Padova , di Verona, edell'altre Città délia Venezia più efpofte a* barbari; vuol dire Italiani, ch'era quanto dir liberiper natura,e incorporati alla Republica Romana diftintamente, e fin dall'antiche età ; e vuol dire Cittadini Romani di quelle Colonie , che abbiam veduto da Strabone, da Polibio, e da CafliodoriOjCorn' erano le più infignitra tutte I'alrre d* Italia, e di Nobili Romani ripiene. Or chi potrà negare, che si fat ta gente, poichè Roma, ch'era il capo délia Republica, livide a terra,diritto nonaveffe di ufareogn'arte per confervarfi libéra? Chi potrà negare, che fe trovb modo d'af' ficurarfi. dall'armi, e dalla fervitù de' barbari ,


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bari aHa <lua^e Mmperador Greco impotente a difenderla l'avea abbandonata, 1* antica, e nativa libertà non fi manteneffe ineffa? E principio primo non folamente délia Giurifprudenza, ma délia natura, che inancata, ed eftinta anche ne'paefi foggetti la fchiatta dominante, non dovendo gli uomini correr l'iftefTa condizione de' terreni privi di fenfo, e degli armentiprivi dira«ione, torna la giurifcUzione al fuo natural principio,ericadene'popoli il dirittod'eleggerfi un Principe, o di fondar nuovo govern0: quanto piti in gente, che parte d' una Republica prima fbfTe, diftrutta quefta, tlovremo dire, che il gius rimanefle di formarfi ancora in Republica ? A i diritti délia libertà Ce ne accoppiô l'eftetto ; poichè cdificata già laCittà in gran parte, e ftabilito il governo, noi veggiamo dalla foprariferita epiftola di Caffiodorio, corne a tempo de'primi, che dominaron l'Italia, cioè de'Goti, Venezia da i proprj Magiftrati era retta, e veggiamo,che quefti il Romano nome portavano di Tribuni. Che fbfleroannui ha fcritto il Dandolo, e che uno fe n'eleggeffe in ogn'Ifola, perché qui viamminiflraffe giuftizia. Autori afîai poveri di notizie, e di raziocinio hanno pretefo, che que* Tribuni foflèr Prefidi mandati dal Re; ma tralafciando, che il Tribunato da lor maie intefo, e di cui fi ha la formola in Caffiodorio, non fu mai governo di tal forte ; egli è più chiaro del Sole, corne i Tribuni noftri eran Magiftrato proprio, e cittadinefco: si per efl'er più uno, e si perché ad efli parlafi corne a Veneziani, e corne a rapprefentanti il popol Veneto, dicendo, voi che pofîedcte quantïtà di legni, • e che navigate per la voflra patria. Ecco perb corne a' Veneti Magiftrati ,e non al Governatore che reggea la provincia, s'indirizzavano, alcuna cofa dal nuovo popolo volendo, i Re Goti. Che fi pretenda poi non per ferie di cofe, ma per atti, o fatti nulla in cio concludenti, contrafegni d' altrui ; dominio eflerfi nelle fufleguite età rinvenuti, cotefta è quiftion diverfa,ead altrotempo, che a que'llo di cui fi tratta,fpettante. Veia cofa. è, che noi crediamo poterfi anch' cfla con tre verfi rifolvere. Niuno è ftato ancora, e niun farà mai, che moftrar pofia avère in qualfifia tempo, e per veruna occafione, Imperadore, o Re mandato Prefetto alcuno con qualunque nome a Venezia :tanto bafta per render chiaro, ch'ef; fa non fu mai fotto altrui dominio, e fu femI pre libéra. Che fe verfo tal Città atti, o j parole furon talvolta ufate autorevoli, coI me quando abbiam veduto ordinb Caffiodo| no per nome di Teodorico di condur grani

a Ravenna; quefto è cib, cheavvien fempre tra il grande , e '1 piccolo, tra il forte, e'I debole. Si dice Venezia fempre libéra, non fempre dominante, o potence fempre: ma che fu Roma nella fua prima età? angufliffimo trattodi terreno ebbe anch'efTa, e crebbe anch'efla per aver Romolo de- Liv. 1. 1. putato a chiunque vi rifugiva un ficuro a^''r""&c% afilo. Vaglia perb il vero quai difterenza d* Dh».Hai. origine ? afilo fu quel colle a' delinquenti L 4* de'circoftanti paefi, e alla turba di nuove cofe vaga, corne Livio efprefîàmente infegna; e afilo furon l'Ifole Venete, alla più. feelta gente di nobiliffima provincia, che per fottrarfi al dominio de'barbari, e per mantenerfi Romana,vi fitrasferi con Iefue famiglie. Ma torniamo a Verona, dalla quaIe ancora corne Città Veneta, e délie più efpofte aile ftraniere iiri ûfioni,non èdubbio farà concorfa gente al ricovero délie lagune, e alla fonda^k.ie délia nuova Città, di cui abbiamo *inor favel'ato.

Per cciiinuare l'Ecclefiaftica Iftoria noftra da ianto Zenone in giù, dove termina l'Anonimo Pipiniano il fuo brève catalogo, trovandoci per le Veronefi memorie quafi fenza feorta, e fenza guida, negli e( terni, e comuni monumenti ci è forza d'andarripefeando i noftri Vefcovi ; di quelli folamente volendo parlar per ora, de' quali abbiamo il tempo in ficuro Che a Zenone fuccedeffe Siagrio,impariamo con certezzada due lettere di S. Ambrogio a quefto directe, délie quali ci accaderà di parlar di nuovo. Indica il Panvinio varie particolarità de i Sermoni di quefto Vefcovo; per loche /.*•<•• 15abbiam per certo,ch' egli da Giovanni Diacono le traeff'e, a tempo del quale dovean forfe confervarfi i Sermoni. Un Siagrio riponein fattiGcnnadioa queflaetàtra Scrittori. Gaudenzio fi recita tra noftri Vefcocovi; e al Concilio Romano del 465 fi vede preffo il Labbefofcritto Gaudentius Vecconenfu: ma Criftian Lupo ha trovato, leggerfi Veronenfis ne i Mfs Caffinefi. Al Concilio parimente Romano dell' anno 501, e ail'altro del 504 foferiffe il noftro Vefcovo Servus Deiy che i noftri hanno chiamatoS. Servolo, Ma infigne monumento ci rimane di S. Valente, cioè la fua lapida fepolcrale in S. Pietro di Caftello, benchè perdute, o nafeofte per fomma fventura le facre offa. L'Ifcrizione è per ogni contoapprezzabiliffima, e fe moite di cosi fatte ne avefTero confervate le Chiefe, troppo felice la Criftiana Iftoria farebbe. Impariam da effa, corne S. Valente campb intorno a ottanta- v.i»fcinqu'anni, e reffequeftaChiefaanni otto, LXIII< otto mefi, e giorni diecinove ; e corne man1 cb il di 2,5 Luglio dell'anno che fu dopo il

Con-


255 DELL* ISTORIA DI VERONA LIBRO NONO. 256

Confolatodi Lampadio, e d'Orefte> correndo

correndo nona, cb' è quanto dire il

531. Mal riferita, e maie intefa fi vede

Gr,,t. quefl'lfcrizione nel Grutero,nel Panvinio,

1060.7- e negli altri, che da efli la ricopiarono, fingolarmenre

fingolarmenre la nota numérale çambiata

da tutti in un cinque, quando ci fi ha tre

volte per fei ;e tal'efière ilfuo valore, nell'

Iftoria de' Diplomi abbjam poco fa dimor

ftrato. Nell* iftefla Chiefa altro epitaffio fi cuftodifce, per cui fi fa fède, corne riposo già quivi in pace anche il noftro Vefcovo Verecondo di fanta memoria. La qualità del marmo, la forma, e la fcrittura moftrano quefto monumento coetaneo ail' altro, onde arguir fi pofTa poco avanti, o poco dopo Valente aver Verecondo ammini. ftratala noflra Chiefa.

FINE DEL LJBRO NO NO.

DELL 1


DELL ISTORIA

DI VERONA

L 1 B 1(0 D E C I MO.

§g^3^l^fj'|É£) Iftrutti, o cacciatiiGo P j^^^^^^T ti > amminiftr^, ereflel' ; (? ^^^^^W Ita''a Per l'Imperador 1r ^Kîtëiij m ^reco Narfete a modo m PsKraPlf Ai diProvincia,e non fen" 3 jMgtifë^jffl za accumular gran ric^s^^^^^^^ chezze. Morto Giufti, W^BE:WW8F^^? niano nel 565,trovarono i lamenti degl' Italiani, e le loro accufè tanto luogo preflb il fucceffore Giuflino, che richiamb coflui; e Sofia Imperadrice, che dovea odiarlo per altro,ingiuriofà derifione , ci aggiunfe, s' è vero il grido , che di cib I î ne* tempi di Paolo Diacono ancor correa ; I ' cioè di volerlo corne Eunuco in Coftantinopoli, per difpenfar la lana aile filatrici: al che rifpos'egli, che le avrebbe adunqucordita una tela da non poterfi per effa mai più disfare. In fatti tratto dallo fdegnofpedi meffi a' Longobardi, invitandogli a invadere, e ad occupar Mtalia; e per piùec• citargli, corne Arunte già vino ai Galli, „;.cosi mandb loro varie fpezie di frutti, e d' »• altri prodotti del noftro clima. Giuftinonel '" S 68 per fucceffore a Narfete fpedi Longino col titolo in Italia nuovo d* Efarca. Nel tempo perb délia dominazion de'Greci, dalla cacciata deiGoti all'occupazione fatta da' Longobardi, fmarri 1" Italia ogni veftigio non folamcnte délia fua Republica univerfale, ma de' fuoi Magiftrati cittadinefcbi, che abbiam veduto continuati fotto i Goti, e délia diftribuzione del fuo governo nelle regioni ; fottopofta tutta ad un uomo folo, che prefê a far refidenza in Ravenna, abolit w nomi di Confolare, e di Correttore, edi Prefide,e inftituito un gran numéro di Governatori feçondarj, e fubordinati, che s'mcominciarono a mandar nelle Città con nome di Duchi.

Preifb Romani Dux fu nome di dignità militare; ma denominati dalle provincie ove V&, Illufir. Parte L

comandavano, fi veggon già in Tacito, che fà menzione de i Duci cielle G allie in tempo di Vitellio. Comincio poi ad accôppiarfiin loro anche il governo civile; onde co' Rcttori délie provincie fi pongono da Lampridio, ove dice,ch' Elagabalo fèce alcuniliberti Prefidi, Legati, Proconfoli, e Duci. D'Elio Vero dice Sparziano, che fu aile Pannonie Duce, e Rettore impojlo. Avvennc cio fingolarmente nelle provincie, e ne'paefidi confine,e ne*luoghi più fofpetti, per loche furon'anche detti Duci limitanei,e fi hanno i Duci del limite Retico, Scitico, Dacico, e d'altri; ed allora furon l'ifteflb cheiConti, onde Duce, o Conte di qualfifia limite fi dice in una legge di Zenone. Pofhimo,poi Tiranno, fu da Valeriano dichiarato a un Treb.Poii. tempo Duce del limite Trafrenano, e Preftde délia Gallia, e lodato del modo, con che fi portava nella Curia, enelcampo. Ma effereîlatofingolarmente coftume delMmpe- l,i'Zmf' rio Greco, che i Duci e a foldati coman- d^xâ», 4«* dafiero, e quafi Governatori a que'luoghi, s?*TP"?* ove foggiornavano, dichiara Zofimo. Eda T^ TI<. notare, che i Duci d' Italia in tempo del 5"-«>*- dominio Greco gênerai mente non fi manda- *"" vano dall'Imperadore, ma dall'Efarca,ne fi mandarono aile diciafette provincie Coftantiniane, ma ad arbitrio quafi in ogni Città . Punto è quefto per la Storia d' Italia effenzialiffimo; poichè credefi univerfalmente, che i Duci, e l'iftituzione di tanti Ducati venifle da'Longobardi, quandoveramente i Longobardi tutto cib trovaron già fiabilito, molto probabile efièndo, ch 1 | altra mutazione in cib non faceflèro, fenon che nelle Città da effi occupate in vece di '

quelli, che vi erano per 1* Imperador Greco, Duchi poneffero délia lor gente.Potea di quefio fareaccorti il nomedital dignità, non Longobardo,nèfetcentr'^nale, maRornanoj comeancora il Greco di Stratici,

R cioè


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DELL' ISTORIA DI VERONA

26c

cioè Strategi, rimafo in alcune Città dell' Italia méridionale: ma molto più 1* oflervare, corne ne' primi tempi de' Longobardi Duchi erano anche nelle Città non occupate da loro, ma continuate fotto il dominio de'Greci, le quali perb da* Longobardi per certo non gli aveano. Impariam percagion d'efempio dal Porfirogenito corne Gaeta, j<AJm. Amalfi, Surrento non furon mai de' Loni>»P-c.r7. gobardi, e pur di elle notô Camillo Pellej.-Tiuc. èr'laU com'ebber Duca. In tempo de'priBenJîjf.-}. mi Re Longobardi veggiamo in più epiMole di S. Gregorio il Duca di Sardegna, la quale era fotto i Greci, e quello di Napoli, che pur vi era , e alla quai Città, che fi mandafle da Ravenna il Duca,S. Gregorio moMra, a Giovanni Vefcovodi eflà nel f.z.ep.-tz. 59 * fcrivendo. Rcma non fli occupatamai, ne fîgnoreggiata da' Longobardi, e pure corne all'altre Città, cosi mandavaû* un Duca a Roma: fa menzione Anaftagio Biblioin Zaccb. tccario di quando il popolo di Roma non 9*- voile ricevere un Duca, perché Filippico

Imperadore era eretico; e fi vede quivi,corne quel Pietro avea ottenuto tal dignità fcrivendo ail" Efarca . Sagacemente ofiervo Wfi.Hb.%. tal novità de' Greci il Biondo, fe non che ne attribui l'iftituzione a Longino, il quale eiiendo venuto in Italia l'annoileflo, che fu occupata da" Longobardi, non avrebbe avuto agio di far tal mutazione, ne avrebbe potuto a tal modo di governo ridurla. Abbiafi perb per certo , che autore, e fondatore di tal fîMcma fu Narfete, il quale ferive Agnello, chereMe,eamminiMrbl'Italia per anni fedici, Scrive altresi I' ifleflb Autore , che richiamato ne ufc) finalmente con tutte le rkebe^e di effa, e corne fotto di in Ao*?r. Jui fi era fàtta ordinaxjone ne'popoli d'Italia; EP>1- z7' ]\ cne vuol' intenderfi ciel nuovo ordine introdotto ncl governo, che abbiam pur' ora accennato. Dice altrove, che ne'tempi di Bafilio il cui Confolato denomino gli anni dal 54.1 al 566, e di Narfete, e di Longino, mancb del tutto il Senato Romano, e gl'Italiani fi ridufîèro al nienteprivati attàtto délia libertà. Nota inoltre, che Narfete moriife in Roma, il chç accorda con PaoloDiacono, e con AnaMafio , da''quali fi •*J#, II. aMeri fee portato con tutte le lue nechezze a Coitantinopoli dopo morte; ma non accorda con quanto avea egli MeMb poco prima narrato. Confufion nacque forfe per 1* altro Narfete da Corippomentovato, e da Gotb.i.z, Procopio.

I Longobardi fecondo il teftimonio di S. Profpero, e di Paolo Diacono, che dal lor fangue difcefe, ufcironodella Scandinavia. Andarono in varie parti délia Germania, ora un paefe, ora un altro occupando, ed

ora una gente combattendo ora un'altra. Furon perb detti Vinili, che vien'interpietato vaganti,corne anticamente i Pelafgi. l\r autorità di Sigeberto furon nell'anno 5x7 condotti dal Re Audoino nella Pannonia. parte délia quale fecondo Procopio ebbeio in dono daGiuMiniano. Fu queftipadredcl rinomato Alboino, che uccife in battagl'm il figliuolo di Turifendo Re de' Gepidi, c fucceduto al padre , uccife in altro fatto d' armi il lor Re Cunimondo, e talmcnte gli disfece, che il lor nome non s' udï più. In quanta fama perb ne faliffe, appar maffîmamente da una Jettera di Nicezio Veicovo di Treveri alla fua prima moglieClotfinda ftgliuola di Clotario Re de' Franchi. Quinci Narfete nella guerra contro Totila il richiefe d'aiuto, e n'ebbe un buon numéro di gente feelta , quai traverfando 1Adriatico, pafsb a congiungerfî con gl' Imperiali: gli rimandb Narfete dopo la vittoria con molti doni, onde dice Paolo Diaco- /., no, ufando ancora gli antichi termini, che furon pronti anche in avvenire contra i nemici délia Romana Republica,ma Procopio, Q che non era lor nazionale, aggiunge, corne '"'■' rimandati furono ben' in fretta per gl'incendj, e per le feeleraggini, che commetteano e nelle café, e ne' Tempj ; e corne furon fatti accompagnare con truppe fino a' confini, perché altrettanto non faceffero anche nel viaggio. Giunto ad Alboino l'cccitamento di Narfete, non tardbpuntoadabbracciarlo; e parendogli non aver numéro di gente battante per tanta imprefa, richiefe i Sa Mon i antichi amici d'aiuto, e n'ottenne venti mila uomini, cMendovifi mifchiati poi anche altri Muoli di varie genti Lafciata adunque la Pannonia a gli Un 1 i, ne ufeirono i Longobardi con le lor fami^iic nel rnefè d' Aprile dell'anno 568. E créai - bile teneMèro la folita via dell'A!pi Giulie, per le quali difeefi nella Venezia, fenza trovar contra Mo occuparono Forogiulio, chiamato da Paolo ora CaMeîlo ,or Città ; principal luogo, dopo ruinata Aquileia , délia Venezia inferiore detta poi Friuli. Quivi avendo fenza dubbiotrovato, che fî reggea quella Città, e'1 diMretto fuo per nome de' Greci da un Duca fecondo la fudettadifpofizion di Narfete, un altro e' ve ne pofe,e fu Gifulfb fuo nipote. Non fece cafo di Oderzo, che ferrb le porte , e paMàta la Piave ,con félicita mirabiles' impadronï di Vicenza, di Verona, e dell'altre Città délia fuperior Venezia, eccettuate Padova, Monfelice, e Mantova. Di Monfelice non fî trova più antica menzione, ma il nome Latino indica, che a tempi Romani fu in A.f ' eflére.Con l'iMefla facilitaentrb in Milano, '"

e con-


2.6 I

LIB&O DECIMO.

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e conquiftà l'altre Città délia Liguria pia- I na, nia nongià le maritime, ne parimente Ticino, che nel fecolo appreflb fi comincib a dir Pavia. Quefla ftretta d'aflfedio fi difefe bravamente tre anni e mefi, nel quai mentre perb il groflb dell' efercito fcorfe la Tofcana, e buona parte ne fottomife. L' gfarca Longino non avea forze da opporfi, e fi tenea chiufoin Ravenna. Le Venezie, e la Liguria eran poco prima ftate afflitte dalla pefte, ed erano ancor dalla careftia. L' jtalia tutta avea difimparato di prender 1' i anni, poichè non fi trattava più di prenderI le per la propria libertà, ma per eflèr ferva l degli uni più toflo che degli altri.Efpugnb \ çero finalmente Alboino anche Pavia, dalï la quale efpugnazione defunfero I'epoca del 1 fiio regno quegli autori, che feriffero aver f lui regnato anni tre, e mefi fei, tra quali 1 è Paolo Diacono; corne la defunfëro dal fuo 4 ingreflb in Italia quelli che tre anni di più glidiedero, tra quali è Sigeberto. Afferma Ermano Contratto, per refidenza fofTeeletta da Alboino Pavia ; ma veramente ficcome il primo Re de' Goti avea divifo tra Ravenna , e Verona il foggiorno fuo, cosi il. '■ primo de' Longobardi tra Verona il divife, I e Pavia : anzi in Verona aver lui fermata I' I ordinaria fede, fembracon ficurezzaraccoglierfi da cio che Agnello, e Paolo hanno lafeiato feritto per occafione délia fua morAveafi

morAveafi quando uccife in battaglia Cunimondo Re de'Gepidi, fatto fare del fuo cranio unatazza, confervata poi per memoria finoagli ultimi tempi de'Lon1!. gobardi, eflendo che la offervb il Diacono in mano di Rachis, che la facea vedere a fuoi convitati. Non furon foli i Longobardi in cosî orribiIe,eflrana ufanzadi ber nel capo de'lor nimici. Un efempio ne'Gallin' adduce Livio: la rammentano negli Sciti antropofagi Erodoto , Strabone, Plinio, e Mela;e la moftran ne'Traci Floro,edAmmiano : da Traci Scordifci, corne paflati ad abitare nella Pannonia, forfe la prefero i Longobardi. Avea pofeia Alboino, mortagli la prima moglie, fpofata la figliuola di Cunimondo fteffo Rofimonda.Ora un giorno fedendo egli in Verona a folenne pranfo, rifcaldato dalvino, fi fece portar quella tazza, e dopo aver bevuto in efla infieme con gli altri, coftrinfe barbaramente a ber nel cranio del padre anche Rofimonda; per lo che d'implaeabil* odio coflei s' acce*e> e giurb vendetta. Abitavanel Palazzo Regio uomo di famofa bravura per nome Helmiche, e godea fegretamente gliamori d' una Damigella délia Reina . A coftui clla fece capo, richiedendolo d' ammazzaVer, Illuflr, Parte L

re il Re ; ma ripugnando lui coftantemente, tratta Rofimonda dal fuo furore, pofe ordine con la Damigella, ed occupando una notte in furtivo, ed affrettato congreffo il fuo luogo, fece con ingannocadere Helmiche in delitto da lui ne voluto mai, ne penfato. Scopertafi poi toflo, gli diè a vedere , çome dopo queflo o conveniva , ch' egli ammazzaffe il Re, o fi afpettaflè d' effer fatto fvenar da lui ; con che alla fine lo vinfe, e rimafero d'efeguire a prima occafione . Avvenne, che un giorno dormifle Alboino profbndamente, per aver bevuto nel definare fenza mifura. La Regina allora fatto allontanare o&nuno, gli Ievo chetamente l'armi dal letto, e chiamb ramico: ripugnb quegli di nuovo, ma poi s'accinfe, e benchederto Alboino fi difendeflè alcun tempo col fuppedaneo fcabello, pur finalmente l'uccife. Volleroi Loiigobardi trucidar l'omicida, e la Regina infieme, avendo perb faccheggiato il Palazzo; ma feppe- A^*.:» roeffi cuftodirfi nella Cictà. finchè il tumul- vf:''- '>:"• to s'acquietafle, avenao intanto fpedito ail' t0 yaia. Efarca Longino, che mandb fubito barca "'«• armata,con la quale fi fuggirono a Ravenna, conducendo Alfuinda figliuola d' Alboino , e portando feco tutto H teforo de' Lon- ,'/„'„,„,,'' gobardï, corne dicono Paolo Diacono , e Longobar. Agnello. Gli ricevè Longino con tutte le rie- t°b'(J",'lru,„ chezze da Verona trafportate : ma pafïan- A^H. nm do di misfatto in misfatto, incontraronnon C""".°P* molto dopo tragica, e miferabil morte,en* è il termine a cui le feeleraggini foglion condurre. In queflo modo nell* anno 574 ceCsb di vivere il fainofo conquiflator dell'Italia, e fbndatore del regno de' Longobardi. Si rende chiaro da queflo racconto, com'egliabitava, e rifedeva in Verona ufualmente, mentre vi tenea la famiglia , e tutto il teforo. E paru to ad alcuni eruditi, diferepanza trovarfi negli Scrittori quanto al luogo délia morte d* Alboino ; eflendo che Mario Aventicefe la mette in Verona, e Paolo i.r.f.xi. Diacono preffo efsa, che pub intenderfi in ef- aVud Vtm , fa fecondo il parlar di quel tempo; dove Agnello fembra indicarla altrove, dicendo in quel corrotto luogo, che dopo il fatto vennero gli uccifori in Verona : ma queflo ,„ p,„.# dubbio con la notizia dell* antichità noflra fi", vemt toflo fi rifehiara; perché abbiam veduto, eronom' corne il Real Palazzo era fuor dell* antica Città , onde e in Verona, e fuor di Verona fi potea dir quel fito. In quefla Città adunque ebbe fepoltura Alboino, che non parrebbe degna d'un tanto Re, mentre fi legge inPaolo, corne il monumentofucollocato fotto una fcaîa comigua al Palazz 0 • Ma doIvea

doIvea forfe ampia fealea, lavorata nella pietra perfalire fu la collina, fbttolaqua-^ R z le


2.63

DELL'ISTORIADl VERONA

2.0

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Je nobil nicchia potea molto bene incavarfi. Confervavafi tal fepolcro ancora dugent' anni tià.i.c.i%. dopo, cioèatempi di Paolo Diacono,quandoci fu chi per vanità di poter dire d'aver veduto Alboino, l'aperfe, e ne trafTe la fpada, e qualche ornamento, con cui quel K e era ftato fepolto.

Eftinto Alboino, che non lafcib proie mafchile, Longobardi eleflèroClefo in Pavia, uomo nobile, ma crudele, il quale molti de* piïi cofpicui Romani fece uccidere, o mandb in bando. Ammazzato quefto ancora un anno e mezo dopo, non vollero foflituire alcun altro: ma trovandofi inogni Città uno de' lor principali, che le reggeva con nome di Duca, penfarono baftar tanto fènz'altro Re ; con che l'autorità di coftoro afîàttoaflblutafi refe. Avremmoqui lanotiziadi tuttele Città tenu te allorada' Longobardi, e de'nomi di chi le comandava, fe Paolo Diacono dopo averne nominate cinque co' Duchi loro, cioè Ticino, Bergamo, Brefcia, Trento, eForogiulio; o fecondo alcuni codici fei, mettendovi anche Mila/.a. e. ÎZ. no; non avefle troncato con dire, e oïtre a qtiefti altri trenta nefurono nelle lor Città. In queflo tempo venne un' incurfione di Franchi iopra il Trentino , ed occupb Anagnia , '•3"Cw 9' Cajiello di là da Trento pofto nel confn dell' ïtalia : la quai fituazione dal Diacono efpreila pare indicar quello fteflb,che al prefente fi chiama Egna, benchè dal Geografo detto Anonimo di Ravcnna fi chiami Inia. Moflefi contra di loro Ragilone Longobardo Conte di Lagaro, ma fu rotto, ed uccifo da Cramniche comandan te -de* Franchi, il quale poco dopo faccheggib Trento. Ma infeguitoda Evino Duca diquella Città, e raggiunto a Salorno, luogo che fuffifle ancora poco di qua da Egna, reftb trucidato con molti de'fuoi. Quel Conte di Lagaro fembra farci intendere, corne la Val lagarina fofle cosl detta da terra, o Caftello di quefto nome, vane perb eftèndo lepopolari fa vole. Ci fa conofeere ancora, corne forma va governo dafe,e com'era iotrodotto fin da quel tempo, che qualche groffa Terra con parte de' diftretti délie Città fi reggefîè da Conte. La via d'Egna , e di Salorno da coft or tenu ta moflra, c\ie quella incurfione dalla parte di Germania ci venne . Ora il fudetto interregno durb dieci anni, ne'quali le miferie dTtalia affai più s'accrebbero. Sufa a piè dell'Alpi in Piemonte da Sifinnio Maeftro de' foldati era /. 3. t. s. tenuta in quel tempo ancora per l'Imperador Greco.

Ma conofeendo i Longobardi, quanto dannofo lor foffe un governo cosi divifo , dopo dieci anni fecero Re Autan figliuol

di CIcfo. Continub perb fëmpre in avveniie lo ftato-Regio, e fede a i Re fu pci lo più Pavia. Ma Autari, di cui fi ragiona, l'efempio d* Alboino feguitando, Tua ordinaria refidenza qui fece; il che oflèrvato , e raccoltodal Sigonio, partito da Ve- R.,„ rona lo dice nelle fue efpedizioni, e torna- 1'"; to a Verona dopo di effè. Due fàtti mira, colofi racconta S. Gregorio ne' Dialoghi, feguiti a tempo di queflo Re nella noftra Città, e nell' uno, e nell' altro di lui fa menzione, che qui fi flava. In efla ei celebro con gran folennità le fue nozze con Teodelinda figliuola di Garibaldo Re, o Duca di Baviera, cui dice Paolo Diacono ando incpntra nel campo S ardu fopra Verona . Se /.;.,. va letto Gardae, e intefo del piano, ch' è tra Garda, e l'Adige, quefta farebbe la più antica menzione, che di Garda fi abbia, Intervenne a quefte nozze fra gli altri Duchi Agilulfo, che fu poi Re , venuto da Torino. Pub offervarfi , com' anche i congiunti Regii, qui dimoravano , .poichc Anful cognato d'Autari in Verona fu uccifo. Prefe quefto Re Berfello, nel quale un de'fuoi Duci paflàto al partito de' Greci fece molta refiftenza, e lo fmantellb . Childeberto Re di Francia mandb contra di hii un* armata in ïtalia, ma che reftb vinta, e disfatta : mandb la féconda volta altro efercito, una parte del quale con fei Duci per diritta via fi condufTe a Milano, 1' ah tra con tredici iigirando, corne già i Cimbri, venne a riufcir nel Trentino, e prefe cinque Cajleliï, quali cojîrinfe a giuramento: i.v quefte parole di S. Gregorio di Tours fur ricopiate da Paolo Diacono,il quale aggiun- /.;■• ge, che molti luoghi furon poi ruinati da' Franchi con tradimento, e fotto la fede data. Alquanti ne nomina del Trentino, e alcuni del Veronefe ma co' nomi corrotti. Brentonico fu l'un de'noftri, e fecondo il codice Amb^ogiano Volargne via altro :giLifta l'emendazioni, e congetture del Cluvcrio fu in tal numéro anche Malfefine. Convien qui avvertir l'errore di tutte le (lampe del Diacono, benchè paîTate per mano di Grozio, Lindebrogio, Cluverio, e altri dotti; le quali portano, venifle queft'armata fino a Verona per Piaccnza. Corne tal marchia dovea farfi per l'Alpi Retiche, e corne prima de'villaggi Vevonefî furono affaliti i Trentini , cosi è da credere , che Paolo avrà più toflo feritto per Rbetiam. H Re Autari ftcfe anche nelle parti, ch' ora fi dicon Regno di Napoli, le fue conquifle, e fece Duca di Benevento Zotone. Labe- ;'?!' rinti d'ineftricabil quiftioni fono inforti fra Cronologi intorno al principio di quel Ducato, corne nella dotta Differtazione del

Pel-


2.05

LIBR.O DECIMO.

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Pellegrini pub vederfi : ma nate dalla falfa prevenzione, ch' altro che da Longobardi eflernon poteffe fondato. Percib trovandolo anteriore ad Autari, rinegaron l'autorità ai Paolo Diacono, e lo diflero incominciato da'Longobardi nel 568; quafi nel medefimo anno délia partenza dalla Pannonia, inentre facean contraflo ancora tante Città nella Venezia , e nella Liguria , aveflè la loro armata fino ali'altraeftremità delITtalia potuto portarfi. Ma perché dal codice Caffinefe di Léon Marficano fi vieil' a déduire, come a Benevento era giàDuca nel 561, fu penfato ancora, che forfe vi foffe venuta qualcbe centuria di Longobardi avanti la gênerai moffa délia nazione . Là dove fenza tali flravaganze la cofa toflo fi fvela, avvertendo,come il primo Duca vi era flato mandato da Narfete; ond'è, che il Diacono non dice, che Zotone poflovi pcr Autari fofTe il primo aflblutamente, ma che :, fu in Benevento il primo Duca Longobardo . Morto Autari in Pavia con fofpetto di veleno, i Longobardi permifero alla vedova Teodelinda di rimaner nel trono, e di fceglierfi per conforte chi le foffe in grado. Col configlio de* più favj reflb eletto da lei Agilulfb Duca di Torino, che fu ben toflo 34- inalzato fecondo il coflume a Milano. ReJ gnb coflui dal 590 a! 615 , ed ebbe moite guerre, non folamente co' Franchi, e co* Greci, che Roma , e Ravenna , e molt' altre Città dominavano, e co' quali poco flette in pace, ma ancora con più Duchi di Città, i quali gli fi ribellarono , e fpezialmente di Bergamo, di Trevifo, di Ticino, e con quel di Perugia, ch* era pafTato al partito de' Greci, e rinalmente con Zan.4. grtilfo Duca de' Véronefi', che non meno degli altri vinto ne rimafe, ed uccifo . Poco dopo da contagiofo morbo furon grandemente afflitte Ravenna, e Verona, di che Paolo, ed Agnello fecer memoria. Agilulfofinalmente s'accinfe a foggiogare alcune Città délia terrafèrma délia Venezia, che s' eran mantenute fempre, e col prefidioGreco contra Longobardi difefe. Ëfpugnbdunque Padova, e lafciati andare i bravi foldati, che v'eran dentro a Ravenna, la fe4. ce barbaramente abbruggiar tutta , e diflruggere : gli abitanti fecondo il Dandolo parte a Ravenna, e parte fi trasferirono aRialto, adOlivola, e ail'altre ifolette, che la nuova Città di Venezia andavan formando. Ottenne non molto dopo anche il Caftellodi Monfelice, che per efTer forte, come fituato fopra un dirupo, comincio allora a confiderarfi molto. Mando gente a i depredar Mflria tenuta da' Greci, e infè| «ataneU'iflefTo tempo anche dagli Avari,

e da Schiavoni. Fece pace,e ricevèinamiflà i Duchi di Trento,e di Forogiulio; ma fcce dar morte a quellodell'Ifola diS.Giu- wp.j. lio, che fi era unito co' Franchi : 1* ifoletta è nel piccol lago di Orta poco lungi dal Maggiore. Entrato novamente in guerra co' Greci , e foccorfo dal Re degli Avari cap.t9, con milizie Schiavone, prefe Cremona , e la fece interamente atterrare . Berfello refto abbandonato da'foldati, poflovi prima il fuoco. Prefe poi Mantova, che ancor fi teneva, gettati con gli arieti fue mura a terra, e permettendo al prefidio d'irnefalvo a Ravenna. L'anno 604, in ciù pafsb a miglior vita S. Gregorio, nota Paolo Dia- <•*/>■ 30cono, si grande effère flato il freddo, che ne morirono quafi in ogni parte le viri. Da^ gli Unni chiamati Avari, alcun anno dopo gran caîamità fofièrfe il Friuli, faccheggiato miferamente dopo effer rimafo fui campo il Duca Gifulfo. Romilda fua moglie, e i Longobardi fbpravanzati (i fecero forti in più luoghi di quel la regione, che ancor fulhfrono; e fpezialmente nel Cajtello Foro- HU. gudiano , perduto poi per tradimento di Romilda flella, che del Re nimico pazzamente s'incapriccib. L'aftètto alla patria operb, che lo Scrittor délie cofe de' Longobardi molto parlaffe del Ducato del Friuli ; c tanto più, che per eflere a confini fu piïi volte guerreggiato dalle proffime genti. Ne abbiam perb, come i figliuoli di Gifulfo da Gregorio Patrizio, quai fi trovava in Oderzo, e s'era ofïèrto a fare con l'uno d' efïi la folennità, ufata in Italia fin da'tem- «p. 40. pi Romani, di tagliargli la prima barba , furon traditi miferamente, ed uccifi . Fu Agilulfb il primo, che a perfuafionedi Teodelinda abbracciaffe finalmente la religion Cattolica,edècredibile, che col fuoefempio il fi mil faceflè la maggior parte de'fuoi. Negli ultim'anni di lui mori Secondo illuftrc, e pio Soggetto in Trento, che lafcib fcritta un'Iftona de'Longobardi con molto danno perduta. Dopo queflo Re, che per 25 anni tenne lo fcettro, fu mefïo in trono il fiolinolfuo Adaloaldo fanciullocon la madré Teodelinda; ma impazzito poi , fe al Diacono fi dee credere , o fparfa tal voce per Arioaldo, come il Baronio dalle epiflole di Onorio Papa raccoglie, fubentrb quefti, e regnb fino al 636. Pochiffimi, e confufï fatti fotto quefli due Re con difficoltà fi poflbn raccogîiere dagli Scrittori, Paolo, Sigeberto, Giona Monaco , e Fredegario. Succeflbr d'Arioaldo fu Rotari, per effère flato prefb per marito dalla vedova d* Arioaldo Gundeberga, fe a Fredegario fi dee preflar fede. Quefli fi re/e célèbre fopra tutto per le fue leggi, effendo

flato


2Ô7

DELL* ISTORÏA D I VERONA

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flato il primo nella fua nazione, che s'invaghifle d'aver leggi proprie, e fcritte. Le publicb nel 644 con nome d'Editto, e formarono il primo piano del corpo di tutte l'altre,che con nome di Longobarde in tre libri fur poi raccolte. Queflo Re prefe Genova, e tutta la Liguria maritima da Luni fino alla Provenza : nella Venezia efpugnbOderzo, che da'Longobardi non era flato occupato ancora, e lo gettb a terra. Paul. D. Terrninô Rotari il corfo délia fua vita nel •4-'-47- fin dell'anno 6 5 2., onel principio del 65?. Quai calamità fofîriflè 1* Italia in quefto periodo di tempo, e quai fovverfione , ed avvilimento, non fi potrebbe fpiegaresi di leggeri. Non ci vennero i Longobardi civilizati, corne Teodorico, ch'era flato allevato da bambino a Coflantinopoli nella Corte dell'Imperadore, e che fi fèce pregio di lafciar l'Italia co' fuoi coftumi , e con le Tue leggi. Vennero si barbari, che portaron fêco 1" ufanze degli Antropofagi , corne in Alboino abbiam veduto ; e di religion cosî ciechi, ch' adoravano un capo Diaki.s. di capra perDio,di che fa menzion S. Gre'*7-x8- gorio; licorne délia moka gente d a lor trucidata per ricufar d'adorarlo, e di mangiar carni fagrificate . Moltiffimi non pertanto fono, ch'efaltano la pietà de' Longobardi, perché procedendo il tempo fabricarono, e dotaronode'Monaflerj; in che mirab'il cofa è, corne non s* avveggano quefti tali, ch'effi non parlano più allora di Longobardi, ma d'ltaliani,e che malamente a quella nazione attribuifcono quello, che la noftra religione,ilnoflro clima, e lamifchianza del noflro fangue in più età rtagionarono al fine, e produffero. Nefandiffima gente Pelagio fecondo, e S. Gregorio gli chiamarono più d'una volta. Paolo Diacono , il quale la barbarie di coloro, ond' era difccfo , cereb quanto fu poflibile d' andar coprendo, ammirb la bontà di S.Gregorio, perché non voleffe mai dar mano a far di I.A.C.6. e(Ii ftrage , tuttochè foflero miferedenti, «30. e d'ogni cofa d'ijlruggitori. Il medefimo confeffa altresï, chene'dieci anni fingolarmenI.X.C.ÎZ. te de,i Duchi rimafero fpogliate le Cbïefe, ucctfi i Sacerdoti, diftrutte le Città , defolati ipopoli. /iutari fi crede fofîë il primo, che volette effer Criftiano , ma abbraccib la fettaAriana, talçhè fbtto di lui dueVefcovi erano quafi m; ogni Città, un Cattolico, ed altro Ariano. Verfo il fin di fua vita vietb il battezare fecondo la fede Romana i figliuoli de' Longobardi, corne fi ha pur da S. Gregorio . Dopo Agilulfo Rotari fece trionfar 1' Arianifmo di nuovo ; ed Ariano fu parimente Aricaldo, i»vh.\S, come fi ha da Giona. Ira i Duci veggiaBert.

veggiaBert.

mo I' altrove nominato Zotone , che faccheggib barbaramente Montecaffino, e Ariullo di Spoleto, che nella fine del regno d'Agilulfo era tuttavia Gentile. Finalmente de i Longobardi del regno di Napoli è fiato notato non eflèrfi finiti di convertire fe non per opéra di S. Barbato Vefcovo di Benevento dopo il 660.

Sotto quefta gente fi andaron perdendo l'orme délie famiglie Romane, e a poco a poco dell'antiche difeendenze , e généalogie fi fmani ogni traccia ; il che nacque dall'efser mancato l'ufo de'nomigentilizii, che in oggi chiamiam cognomi, per li quali manteneafi quafi per traduce tal notizia. Spéciale, e proprio de' Romani fu tal coftume; poichè dove non folamente i barbari , ma i Greci ancora non portaron cornunemente che un nome folo, dall' udire il quale niente perb coftava di lor profapia f i Romani ingenui ne portaron tre : e lafciando del prenome, che corrifpondeva al nome proprio odierno, col gentilizio, ch'era comune a tutta la fchiatta benchèdiramata e divifa, del lor fangue, e délia profapia faceano fede. Col cognome poi, che potrebbefi in oggi dir fopranome, e ch' era proprio, e fingolare di ciafcheduno, ogn' uomo fi diftinguea dall'altro. Ma venuti i barbari , benchè voleflèro in cib Italianizarfi i Re, con prendere il gentilizio nome di Flavii, al che Autari diede principio, Vgênerai mente perb feguitarono il lor coltume; e il fol nome proprio ufando, come in tutti i lor Duci fi riconofce,l'ifreffo modo anche negl'Italiani introduflèro;e tanto più con la mifchianza dell'una e dell'altra nazione pe' matnmonj feguita. Avea per verità fatto a cib ftrada l'ufoRomanodélia bafia età, quando introdotto effendo d' affumer molti gentilizj, cosi per diftinguer le varie famiglie dell' ifteffa gente , come ancora per indicar fucceflioni, e parentadi (il che fu poi da'Greci de' proffimi tempi imitato)volendo fuggir quella htania di nomi , s'incomincib a dinotare anche i gran Perfonaggi con l'ultime cognome folamente, come pub offervarfi ne' Fafti Confolari. S'vani in Italia adunque l'ufo de' cognomi , e forfe unicamente in Venezia, come di foli Italianianticamente comporta,efenza mefcolamento, e di pochiflimo commercio co'barbari, qualche traccia de' gentilij zii nomi non mancb mai del tutto, come faremo a fuo tempo offervare . Verfo il duodecimo fecolo fi tornb in più parti d'Italia a ripigliar 1* ufo antico, che fi ando poi difïbndendo, e régna tuttavia, fbrmâti di nuovo i cognomi o da nome proprio, o da paefe, o da fopranome j potendofi «1**

te,

P.S


2ÔÇ)

LIBllO D E G I M O.

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re cbe folamente in Italia i gentilizii no- j miallaRomana anche inoggi corrano; poichè fe ben'ora le più delJe nazioni due nomi praticano, quello pero, che fuor d'Italia di cognome tien luogo, o è prefo dal nome del padre, o è di fignoria; ufatoper confeguenza ^a chiun(îue venga a poffeder quel luogo, e non affiffo a un fangue, e a una difcendenza folamente, e non comune ao<m'individuo di queJIa . • Da' Longobardi fu portato in Italia il

primo feme de' Feudi giurifdizionali. L'al% tra fpezie di Feudi, che confifte in fbndi *| dati dal Principe , o vincolati a lui con 1 certe condizioni, ebbe origine da'Romani. '5 I Cimbri , e i Teutoni dimandavan loro terreno, con dire che avrebbe fervito di ^,, jï'rpendio; ch'era quanto dire, che farebber ;.;• rimafi con debito di militar per effi. RavJ vifafi taie origine in que' terreni, che fi l concedean talvolta dagl' Imperadori aile Colonie col nome di Benefizj, di che fanno menzione Dolabella, ed Igeno fcrittori d'agrimenfura; e ancor più in quelli , che a' confini dell' Imperio fi conquiftavano , quali Severo Aleffandro cominciô ad affèonare a' foldati, ed a' Iimitanei Duci con 1. indulto, che paffafïero ne gli eredi , quanJ" do gli eredi ancora militaflero ( tal dovendo effere il fentimento diLampridioinquel paflo corrotto) e dicendo , che avrebbero militato con più attenzione, difèndendole proprie terre . Più condizioni proprie de' Feudi fi affiffer poi a cosi fatti béni per leg'(,. gi di Teodofio, corne ben'ofièrvb ilPanci;?• rolo, replicate nella fua Novella. Vedefi >, in un Sermon di S. Agoflino, corne i militanti onorati di Benefizj, fi obligavano con giuramento a fervar fede a'Signori. Anche délie vocïfeudote infeadare, che molti hanno derivate dalla Saflbnia, o dalla Danimarca, abbiam noi offervata 1' orieine in 1. un îftrumento di vendita fcritto a Raven• na nel 591 in papiro, ove fi ha il Latino verbo ïnfeduciare , proteftandofi le fei once del fondo venduto effer libère da ogni vincolo publico e privato , ne infeduciate a chi che fia: abbiam quivi altresi notato da Paolo Giurifconfulto l'efîètto del contratto délia Fiducia,per cui reftavano obligati i terreni. Ma l'altra fpezie di Feudi, che confifre in fignoria fopra gli uomini d' un paefe, e in giurifdizione, fu cofa tutta fèttentrionale , e fu inftituto troppo conl trario a quei de' Romani, e degli antichi Greci, i quali tutta la fovranità nella Cornunanza unicamente ripofero, e nobiltà, ; ° gJurifdizione non conobbero, fe non nel| 'e dignità, e negli ufizj. Tal diverfocoftuI me degli antichi popoli Germanici nacque

dal loro ufo di non a ver Città , corne abbiamo accennato nel libro quinto con I'autorità di Polibio, e di Strabone, e di Tacito; perché divifamente, edifperfi in cafali abitando,non poteano da unfupremo,. Beii.GnU. e comune Magifrrato effer retti , onde / '• «■'*/*■

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prmctpalt de* villaggt, e délie regioni gturijdi- commune Zbne efercitavano ciatcun fopra i fuoL nelle eJIM"&'- quali parole di Cefare la vera , e pnmitj- feijpr,„dva radice de'Feudi di tal natura, fe trop- ?""&'<>- po non ci lufinghiamo , fembra a noi d' '"""plgT a ver ravvifata . Accorda va con quefto il «"« »»'«• non efîèr folite quelle genti di conferire a fyïlJ"' i Re loro potejîà libéra, e indefimta, ma li- Tacûor. mitata, e dipendente da molti . Or con- Qir,nquiftata da Longobardi gran parte d' Italia , in troppo maggior grandezza vennero i lor principali ; perché piena di Città efièndo efïa, anzi di gran Città, non diborghi, o villaggi , ma poffeffori diventarono di Principati: e Principi veramente furono i Duchi loro ; poichè non eran già , corne quei de' Greci, femplici Governatori per determinato tempo, anzi dipendenti da un altro Governatore ; ma godevano piena e illimitata autorità , e le rendite tutte, ed eran perpetui, anzi per lo più ereditarii , corne perfuade il trovar tante volte caduta la fucceffione in figliuoli , fratelli , o nipoti ; benchè forfe chiunque fuccedeva di nuova conceffionc, o conforma bifogno aveflè : ne pare , che i Re trasferiflèro ad altra linea , fe non mancata la prima , o per delitto di ribellione, il che moite volte avvenne. Corne Principi perb facean guerra, ed avean forza talvolta di farla con loflefibRe .Alboino adunque fegui l'ordine di governo, che in Italia trov6, quanto al mettere un Governatore in ogni Città, e quanto al chiamarlo Duce ; ma fegui l'ufo délia fua nazione, e il coftume Settentrionale nel lafciai" a coftoro libéra giurifdizione, enell'altrecircortanze proprie de'Principati feudali.

Non fi pub lalciar di riflettere fui bizarro fiftema del governo de' Longobardi. Che dovremmo rifpondere a chi ci richiedefle quai' era il regno , e dove il dominio del Re? poichè fe le Città co' territorj loro eran diftribuite a' Duchi , al Re che rimaneva? Ha veduto quefta difficoltà, e quefta ftravaganza 1' efimio ed acutillimo Autore di récente Opéra,déliaquale parleremo appreflb ; e pero ora fi è sfor- cfarogr. zato dimoftrare, che nell' iflefTa provin- lu cia alcuni paeii apparteneflero a' Duchi, p»g.\x.V' alcuni al Re; ora che de'Duchi altri foflèro 196-^. Urbani, altri Provinciali, e che degli Urbani altri foffero foggetti a' Provinciali, altri al Re j ora ha moltrato di credere, che infeudati

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DELL' ISTORIA DI VERONA

non fofTero fe non gliftati de 1 Duchi Provin- I ciali,e nelle Città dal lor Duca retteconfi fieffé il patrimonio Reale. Ma per verità pub dubitarfi, avère in quefti di vifamenti avura aflai parte l'ingegno; mentre fcmbra ,inftitutoeffere fïato délia nazione, di dareaqualcuno, quafi in modo di Feudo da reggere qualunquc Città piccola o grande che ii fo(îè col fuo diflretto, e non alcune folamente; e pare, niun Duca effere mai frato foggetto ad un altro, e niuno fecondo ordine avère avuto maggior dipendenza dcll'akro del Re, e niun Ducato nell' inftituzione originale avère abbracciato gran provincie, ma tutti una Città con fue appartenenze . Abl.i c. 3ï, biam da Paolo, corne aila morte del fecondo Re le trentafei Città de' Longobardi aveantutte il Duca; e confiderando i paefi, ne'quali fi erano fino allora avanzati , piccole e grandi eran certamente comprefe in tal numéro. Abbiam dal medefimo, corne fî è già veduto, che fotto i primi Re ebbero Duca Pavia , e Verona, ov'effi fêcero lor dimora: quai Città adunque non l'avrà avuto, e quai farà ftata d' immediato dominio de i Re, fe querte non erano, ove fucean refidenza ? Mainchedunque,dira(lï , confiflea il regno ? confifteva nella fovranità générale, e nell'autorità di creare i Duchi , e di valerfi in occafîon di guerra di efli, e délie lor fbrze. Cosi era negli antichi popoli Germanici, dove, corne abbiam veduto da Cefare , i villaggi , e le regioni tutte eran parimente fotto la giurifdizion d* alcuno in particolare ; e dove , corne oflervammo da Tacito , la podeftà de i Re era pur dipendente e riflretta. Potrebbefi opporre ancora : e dov' eran dunque 1* entrate , e dove le Régie foftanze ? Queflo ci vien'infegnato dal Diacono opportunamente : quando i Primati dopo 1* interregno inftituirono ancora lo flato Regio, ed elefsero Autari , narra egli , corne perché avefse onde mantenerfi, e con che tener Corte, e nodrir tanta gente,che occorreva per fuo fervizio, e dccoro,tut/j.n6. ti i Duchi, che allor vi erano, convenju"j}Z- nero di contribuire al Re la meta délie ùavum lor rendite, e deJle lor foftanze, e in quemJdiZa- ^° modo fbrmarono il patrimonio Reale. iet»Reg«- Rifulta da quefîo, corne niuna Città era ht"'ifii immediatamente de i Re, e corne i Dubmmf&c. chi quanto all'autorità d'ugual condiziopug.99. ne eran tutti, Una falfa interpunzione ha fatto credere vederfï il Regno feparato dalle Città Ducali con nome di territorio, rr,j. ove dice Fredegario, che la Rcgina GunRu,». p. Jeberga, quai fecondo ooni apparenza era .xDucbus in Pavia, tece ven;re a fe un Duca, che

fi tratteneva allora nel territorio di Brc- „■,.. fcia: niente ofta parimente, che percafo '''"■• ftraordinario fofse una volta dato al Du- ^.'; ca di Trenro anche il Ducato vacante diBrefcia. Che poi in progrefso di tempo Città e regioni fi ritenefsero i Re o ricadute, o conquiftate fopra Greci, queflo è credibile; ma le frequenti vicende, e la poca accuratezza degli Scrittori non lafcian modo di diftinguere in cib a baftanza ; edè altrettanto credibile , che fopra quelle Città non farà flato creato Duca. Per altro in Verona a cagion d'efem- '.i., pio vedefi il Duca fino a gli ultimi refpiri del regno Longobardo per Gifelberto , che fu a tempi di Paolo Diacono , e cobi in più altre Città piccole, e grandi ù vede. Quanto al trovarfi alcuni Duchi fïgnori di provincie, e molto maggiori de gli altri, non per queflo è da penfare, che quei di Città fbfsero ad efli, o al Re in particolar modo fottopofti ; e non è flata ben confiderata la cagion délia diilèrenza. Protrebbefi ofservar prima, corne tra' Provinciali alcuni fi computano, che non ebbero propriamentc più d' un territorio, o d' una regione délia Veronefe, o délia Brefciana niente più ampia, benchè la lor fituazione, e gli accidenti facefscro parlar di efli frequentemente, e più luoghi nominare in efli comprefi, che niente perb cran più di piccoli Caflelli , o villaggi. Ma vuolfi avvertir poi, corne nell' iftituzione a ogni Duca fu data una Città con fue dipendenze ; perb da una Città fi denominarono ugualmente tutti, e cosi i due fatti poi si grandi , cioè di Spoleto, e di Benevento : ma quelli che fortirono il Ducato confinante con altri Stati , guerreggiando i vicini , crebbero quai più, quai meno. Nulla perb s'ingrandiron mai quel di Verona, di Brefcia , e di Milano benchè maggior Città dell'altre, perche i lor diftrettieran circondati da dominio Longobardo , nel quale non fi permettea far guerra . Di Zotone primo Duca Longobardo di Benevento , il quai Ducato occupb dipoi quafi tutti i paefi, ch'ora formano il Regno di Napoli, dice Paolo Diacono, che ^ iu per vent'anni Principe nondi provincie, ,.,, ma di quella Città: ma trovandofi quella n regione attorniaca da flati Greci, e quefti pocodifefiperfoggiornar cosilontano l'Efarca,diè principioZotoneflefïba fcorrer d" intorno, fapendofi tra l'altre cofe, che faccheggib , e eettb a terra Montecaffino . Arichi fecondo Duca amplib poi grandemente lo Stato, e cosi i fucceflbri di mano in mano con replicate conquifte. Anche il primo


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LIBRO DECIMO.

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moDucadi Spoleto Faroaldo , circondato parimente dal dominio Greco, incomincib le aggrefîioni , ed ebbe ardire d'invader 1 Claffe, e di fpogliarla. Due figliuoli fuoi | combatterono fra di loro per la fucceffion nel Ducato dopo Ariulfb fecondo Duca : e ï di tutti più guerre fi rammentano contra I Greci. Il Ducato di Forogiulio non comI prefe più del territorio del Friuli, e non fi | dilato mai dalla parte di qua, fapendofi, i che non fblamente Trevifo, ma Cenedaan' ^ cora ebbe i fuoi Duchi, un de' quali da . u. Paolo fi nomina ; e non occorrendo penfa* re,che un Duca fbfTe mai ad un altro foggetto : ma eflèndo più guerre avvenutecon gli Schiavoni, attefla il Diacono, corne avendo dopo Gifulfb prefo a reggere il Ducato li due figliuoli fuoi, quefti occuparono un confiderabil tratto del lor paefe , e refero quella gente a i Duchi di Forogiu40, lio tributaria - Cosi i Duchi di Trento, ch'era per altro piccol territorio, corne da .,. Calfiodorio s'impara, cercarono d'ampliar"' fi, avendo Alachi tra gli altri fbggiogato il Graf Bavarefe ( che in Latino fu refo .;« Conte) di Bolzano, e d'altri Caftelli. I confinanti co' Franchi non lafciarono altresi di tentar lor fortuna, ma non trovarono da quella parte cosi buon fàre , corne di cinque Longobardi Duchi Gregorio di Tours ''■ ci racconta. Vittorie perb vi riportb forfe Audoaldo, di cui gran cofe dice i' epitaffio, danoi ofTervatoinPavia,nelquale vien chiamato Duca di Liguria, che vuol forfe intenderfi délia maritima,e montana,gran variazioni efTendo in cib avvenute continua mente.

Quai diftribuzione fâccfïèro i Longobardi ne i terreni, dagli Scrittori di quel tempo non fi raccoglie : ben dice Paolo , che nell'interregno molti de' nobili Romani, cioè Italiani, furono uccifi per avidità de'lor béni, e gli altri furon refi tributarj , col r- coftringergli a pagar la terza parte de' frutti délie lor terre . Ma fu peggio ancora l'avergli efclufi dalle fupreme dignità, quali fïa fe ripartivano, corne dai Duchi fi riconofce , che di quella barbara Republica fur gli ottimati . I nomi di efïi , che ci fono ftati tramandati, e particolarmente de' primi tempi, fànno conofcere, corne furon tutti di lor nazione, onde gl» Italiani in vera fervitù rimafero, ficcome efclufi non folamente dal foglio Reafe> rna da i fommi gradi, e dal governo , !l che non era avvenuto nel tempo de' Gotl> che fi valfero de'noftri in molti fupreyu inipieghi, e non avvenne per certo al|ora fenza irragionevol turbamento dell' orûine primitivo, e délia giuftizia univerfa"; Ver. Illufir. Parte l

le. La diftinzione délie nazioni, architettata dal fupremo artefice pertermini naturali, e per lingue, con varietà d'elementi, e di clima tal differenza influifce di collumi, e d'idée, che ben mofira , intenzion générale effere in certo modo ftata délia natura, che l'una non dominaffe 1* altra , ma per governo ciafcheduna ne'fuoi limiti fi conteneffe. Pare fe n' abbia un cenno nellefacre carte, dove vien'ordinato a gliEbrei Deater. di non farfi Re che fia d'altra gente , e a xriI quel Profêta di preftar fede , che tra effl xvm. ftefli, e del fangue loro fufciterebbe il Si- *sgnore. Gi^ifto perb fi puô rendere anche il dominio d'una nazione fopra l'altra, quando da efib gran benefizio, e vantaggio nella dominata rifulti.Quinci giufto era il dominio de' Romani ; perché lafciando , che le guerre fecondo l'iftituto loro non le moveano fe non per ghifie, e neceftarie cagioni, corne d'Augufto difiè Sveronio, col lor dominio portavano effi aile barbare nazioni Ang.cit. l'umanità; cioè ragionevoli coftumi, ottime leggi, le arti, icaratteri, e la lingua Latina , per cui poteano avère in ogni parte commercio. Perb difse il granTedefco, Criftofbvo Cellario , che per benediquel paefe nul/a era più deftderabile, quanto che ï THff.%. Germani fofsrro fiati da* Romani a]"sai prima P- 2" vinti, accioccbè Jcolsa la barbarie umant cojlumï avefsero più prefto apprefi. Giufto era quel dominio parimente , perché i Romani facean capaci dcgli Onori i méritevoli d'ogni provincia, e gli ammetteano al Principato fteflb, corne il vide in tanti dopo Traiano,che fu il primo Imperadore non Italiano, per avère ftimato Nerva, doverfi riguardar la virtù, e non la patria. Società perb era quella de' Romani più tofto che fignoria, eflèndofi Roma di tutte le genti dell'Imperio fatta patria ugualmente; ed pu». 1. ;. efsendo perb ftato il divenirle foggetto un c'?-hreconfeguir libertà, ed un participar del do- una m». minio; talchè ben meritava di fignoreggia- narur» re il mondo , chi a tutto il mondo si gran ^t'îT benefizio inferiva. Ma per tutte quefte ra- fi^et. gioni ingiuftiffimo fu il dominio de' Longo- J.',]/. 4' bardi fopra gl' Italiani ; perché non fola- ci. mente gli efelufero dal regno, ma dal minifierio fupremo ancora , e da i fupremi gradi, cioè da que' feudali Principati, ch' eran tra loro le prime dignità : délia quai condotta quel frutto ebbero , che confeguenza ne è inevitabile; cioè che al primo ftraniero efercito non per depredare, ma veramente per far guerra venuto , perdettero poi in una fbla ftagione, corne vedremo appreffo, quanto avean pofTeduto per dugent'anni. Ingiufto parimente fu, perche contrario al natural' ordine . Secondo

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DELL'ISTORIA DIVERONA

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natura fopraflar dovrebbe chi intende più; quegli effendo più atto a conofcere cib, che al publico è conferente. Quefto è il fondamento del naturale imperio, che fopra la donna dovrebbe tener l'uomo,e di quello, che nel compofto umano dovrebbe fempre avère la più nobil parte dell* efler noftro, cioè la ragione . Veggafi perb, s'era c*onvenevole,che gMtaliani da cosi roza gente fignoreggiati fofiero, la quale parve rapifte loro gran parte di quell' umanità, ch' effi a tutti gli altri avean data, e la quale per nativa barbarie, e per lunghezza di dominio parve ne trasformaffe anche l'indole, e ne travolgeftè la fantafia . Quai coftumi, quali opinioni, quali nuove idée portaffero in Italia gli ftranieri popoli, e vi radicaflero, non pub bene intenderfi da chi non abbia meditato alquanto fu la differenza, che in cib pafla tra il moderno mondo, e 1' antico. Prima radice di cosi deplorabil mutazione furon le leggi : come da quefte s'introducefle in Italia l'ufo barbaro, e fettentrionale di décider le controverfie, e le liti non fecondo ragione, ma con la forza; quai pazze manière fimetteflero in ufo dipruove; quai ftolide opinioni, che durano tuttavia in gran parte, in materia d* onore, e d' infamia ; quai travolgimento fi faccflè délia Morale, e come la Iode, e '1 biafimo çambiaffero i motivi, enuovo, e falfo afpetto le virtù, ed i vizj prendeflero; potrà chi lo defiderafle vederlo diftefamente nell* operetta intorno alla Scienza chiamata Cavallerefca già da noi fcritta . A travolger l'opinione, e *1 coftume , che fono la più efsenzial parte dell' efser noftro , e a confoniere le nozioni del bene, e del maie contribua non meno la depreffione, e la fervitù. Da quefta venne prima d' altro lo fmarrir l'idea del valore, benchè in niuna parte forfe nafcano gli uomini piu a cib per natura inclinati, come i fatti deeli anticni, e i tempcramenti dcmoderni dimoftrano. Ippocrate, che tanta ofservazione avea fatta fu la natura, infegnb non vederfi. valore negli Afiatici, perch^eran fervi; non potendo l'animo dell' uomo efsere fpinto con forza contra i pericoli délia vita, fe non dove creda di fatto proprio trattarfi . Allora fi comincib a fuggire il meftier dell' armi, ea ftimar pazzia il foffrir difagi e pericoli per mantener la poteftà altrui ; anzi nella guerra ancora a ftimar vergogna l'efporfi a certi gran rifchi, quai farebbe il portarfi oçcultamente tra'nimici a fpiar le forze, e i penfieri loro, il che prefso Ornero fanno gli Eroi Diomede, edUlifse. Col valore ottenebrato , e opprefso reftb 1' ingegno. L' eloquenza , di cui fi fmarrifce

ogni traccia da chi ha paura, e che fotto gl' Imperadori folamente per quell' immagine di regno fi era corrotta , foftituite le finte declamazioni all'orazioni vere, e nata 1* adulazionc, ch' è perpétua madré di parlar chimerico, e falfo, in que'tempi interamente fvan), e fi difperfe. Anzi imbarbarita la lingua per efserfi abbandonato quello ftudio di efsa ch'è neçefsario a fcrivere, e fatto ufo folamente délia fcorretta, e plebea , che baftava a parlare , fi venne a termine, çhe dirrîçilmente fi fapea mettere in carta in modo da fàrfi intendere. Conofçenda perb forfe gMtaliani per un certo ingenito fenfo dello llile, e del metodo, quanto lontani foflèro dalla proprietà Latina , e da ogni génère di buone lettere; impoffibilitata l'ifioria, per effer la verità di libertà hgliuola ; e ridotto fenza premio, fênza ufo, e fenza flima il fapere, ogni ftudio abbandonarono, ed ail' ozio, e a' piaceri , ed a private cure fi diedero. Quindi è, chç ne' mezani fecoli forfe niffuna nazione in Europa fi troverà per quanto fpetta aile memorie Iftoriche più povera di Scrittori délia noftra ,e que* pochi ancora furon per lo più di foraftiera fchiatta , come Giornande , Paolo , Erchemperto, ed altri di moite femplicitàripieni, e di gravita,e di fana idea mancanti dimoftrano. Cos) veggiamo ftranieri uomini, e pellegrinanti talvolta, del vero e colto Latin linguaggio non confapevoli, affai più pronti ad efprimere in lor Latino quanto fa lor meftieri, di quegl* Italiani, che la proprietà délia lingua fapendo, e e mancando délia prontezza per lo difufo, ripugnanza provano a guaftarne la purità, e a parlar barbaramente. Che diremo dell* ederfi principiato a defumer l'Onefto, non dal comun benefizio, ma dal privato riguardo?Tra'Romani, e tra'Greci antichi, che viveano in libertà, e dove per confeguenza nel contribuire a confervarla confiftean la virtù, e l'onore, buono era e lodevole tutto cib che al Publico giovava , e che féconda va le buone leggi : ma ridottal' Italia tutta in fervitù o de'Longobardi, o de' Greci; inftituito dominio,in cuigl" Italiani non avean parte; e incommeiate ordinazioni, che folamente a fpogliar miravano, e a'dominanti gio'/evoli, ma non al popolo; s'incomincib a ftimar' onorevole il contravenire aile leggi, e vergognofo in moite important! occafioni il tener col Governo, e col fuo vantaggio. Allora fu, çhe disfatta la propria focietà, e comunanza, e fvanitone perb l'amore, fi prefe a non farplaufo, fe non a cib che ftraniero fofle, e fi diede luogo a quel perfido fpirito d'invidia,

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LIBRO DEGIMO.

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che fopra ogn'altro nell'Italia s'invifcerb, e iaftillo di fervire a tutti più tofto che veder fovraftare un de' fuoi, onde mai più nonriforfe. Allora parimente ogni fpirito di ben comune, eogn'idea di vera grandezza e di gloria, talmente s' annichilb, che s> incomincio a ftimar pazzia lo fpendere fe non per fe ftefîo , e a creder virtù nobile il çonfinar la magnificenza in cucina, e oellc femminili idée di veftir da fcena; più lodevole riputando ancora il profondere in difutili, e private moli del lavorar per caoion d' efempio ail' ufo antico una permaI nente publica via con tanto merito preffo t tutti, e con tanto benefizio e decoro d'un intero Stato.

Paffando ora finalmente aile memorie noftre Ecclefiaftiche, e continuando la noti5; zia di que* Vefcovi, de' quali ci confia il tempo, noi troviam Solazio fottofcritto ad una Bolla di Pelagio, che diceû* data a richiei\z d' Elia Patriarca d* Aquileia, e in cuifi îegge, che un Féroce Abate fabricaffe il Monaltero di S. Maria in organo. Ma quel documente, dato fuori più volte comeil primo de* noftri, e regiftrato nell' Italia Sacra, non folamente è fàlfb, ma venne molti fêcoli fa con si poca avvedutezza finto, che perduta opra farebbe il farfi a moftrarne 1' infuffiftenza, la quale ad ogn'occhio mezanamente erudito da fè fi palefa. Baftar potrebbe il faperfi, che infuriava allora in quefte parti più che mai lo Scifma de* tre ) Capitoli, e che Elia fu in effo il più pertinace d*ogn'altro, e ricufava pero di comunicar con Roma, e il fbmmo Pontefice . di riconofcere. Il medefimo Solazio troviam fofcritto nell'anno 579 al Concilio di Grado. Vera cofa è, che non effer moka anche 1' autorità di tal monumento fbfpettar potrebbe chi altre confiderazioni tralafciando, rirletteffe folamente, effer foggetto anch • effo all'ifteffadifficoltà. Imperciochè corne mai l'antefignano de* Scifmatici, il quale apparifce dalle tre Epiftole di Pelagio fecondo, che in vano fu fempre efortato a ravvederfi, e a riunirfi, e il quai pero dagli Scifmatici , nella Supplica prefentata dopo fua • morte da effi ail'Imperador Maurizio, e publicata dal Baronio, vien detto lor Pa«• dre}e di fantamemoria\c nella quale profef,'m fano , aver lui fempre, e gli altri non meno I >h fin dal principio délia diflènfione,ed effianf cora con tutto il popolo fchifato dicomuntcar? col Romano Pontefice ; corne mai dico pub crederfi, ch' egli infieme co' Vefcovi del fuo partito volefle ragunar Sinodo per autorità Apoflolica, ammettervi un Legato di Roma, e ricercar decreti, e privilegi dal Papa? e corne, che il Papa fcriveffea 1 Ver. JHufir. Parte l

lui con dargli titolo di Patriarca, quale in quel tempo da fuoi fteffi non gli fi dava ancora , il che nella fteffa Supplica chiaramente apparifce?e corne, che nell' ifteffo ricevere si gran privilegio dal Pontefice, e con l'affiftenza del Pontificio Legato, lo Scifma fi confermafle, con la folita vana apparenza di venerare, e difendere il Concilio Calcedonefe ? Ne perb è da negare, che Sinodo da Vefcovi del partito non fi teneffe allora; ma di effo relazioneaffai piùfincera par foffe quella, che vide l'Ughelli nella Cronica de'Patriarchi di Grado dall' it.Sac,-. origine fino all'undecimo fecolo, da luitro- ^y^' vata in vecchio codice Barberino. Quivia tal Sinodo prefiede Elia, ne menzion vi fi fa del Papa, o di fuo Legato. Non fece a quefte cofe avvertenza il noftro Cardinal Noris nel fuo bel Trattatodel quinto Concilio. Ora il Sinodo Mantovano dell' anno Co"r- *• 817 fi è di nuovo dato fuori dal dottiflïmo 9'e' 5 P. Bernardo de Rubeis , nel quale parlafi parimente del Sinodo di Grado fenzamenzione di pontificio Legato, ne di pontificia Bolla. In quefto il noftro Solazio non ha luogo, ne fi nomina tra Vefcovi raccolti: ma corne nel Dandolo , cosi vien' egli annoverato con gli altri nella Cronica Barberina, onde pare con moka probabilità, e fondamento poterfi regiftrare tra noftri.

A Solazio fuccçdette Giuniore, che fu 1* un de' dieci , da quali fi fpedi la fopranominata Supplica. Eflendofi in quel tempo fatte dagli Scifmatici più radunanze, egl'intervenne altresi perteftimonio diPaolo Diacono al Sinodo di Mariano . Quefto A3. f.i6. luogo era preflb al mare , mentovandofi le jal'ine di Mariano in vecchi documenti: il v.Rtr.it. volgare n'ha fattoMarano, corneappunto f' l6pls* avvenne in altro luogo dell* ifteflb nome, ch'abbiam nella noftra Valpulicella: è nella maremma del Friuli, fortiflimo per le paludi, che lo circondano, ma non già vicino al fiume Celina, corne da molti fi è fcritto, il quale n'è diftante molto, e affai lontano dal mare perde il fuo nome: nacque 1*equivocodallaZelina,acqua chefcorre poco lungi da Marano, mentovata dal Palladio. Vien' a cadere nel tempo del Vefcovo Giuniore il miracolofo fattoraccontato a S. Gregorio da Giovanni Tribuno, affermando, ch'ei fi era troTato prefênte in quefta Città a quel tempo, infieme colRe Autari, e con Pronulfb Conte; cioèchein una furiofa piena dell' Adige arriva il fiume fino alla Cbieja di Santo TLenone Martire, e DM.C3. Vefcovo prejfo alla Città diVerona, ed eflen- fl 9' do l'acqua si alta ail' intorno , che toccava le feneftre poco più baffe del tetto,benchè la porta foffe aperta, non entrb per effa a

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DELUISTOR1A DI VERONA

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danneggiare il popolo, che v* era dentro. ! Quefta Chiefa non fu quella, benchè molto antica, di S. Zenone in Oratorio, che impariam dal nome efTere ftata anticamente Oratorio, e dal fanto Pontefice, il quale corne di cofa diverfa parla degli Oratorj più voîte, non farebbe pero ftata chiamata Chiefa ; ma fù quella non tanto prof lima al fiume, ch'era prima nel fito dell'odierna Bafilica, e che per efTere angufta fu poi diffàtta in gran parte, quando alla fontuofa fabrica, che ancor fuflifte, fi pofe mano. Non folamente Verona, ma gran parte d' Italia fu nell* ifteffo anno 589 travagliata parimente dalle inondazioni, e Roma in pari- j. e i3. ticolare dal Tevere. Paolo Diacono ci dàil precifo giorno délia maggior' efcrefcenza dell'Adige, cioèil decimofettimo d'Ottobre, e dice, che ne reftb ruinato un pezzo délie mura, e ritoccando il racconto di S. Gregorio, Bafilica di S. Zenone Martire chiama la Chiefa. Due mefï dopo il flagello dell' acqua pati Verona quello del fuoco per incendie, che ne diftrufle gran parte, corne l'ifteffo autore pur narra. Ma il veder Giuniore , e Solazio aver riconofciuto per Metropolitano 1' Aquileiefe, dove nel quarto fecoloda' Vefcovi di Verona il Milanefe riconofceafi, rende neceffario il farfi aricercare , quando tal cambiamento awenifTe, convenendoci perb la tanto dibattuta materia dell* Ecclefiaftiche Metropoli prender per mano.

La neceffità, qnal negli antichi tempi vi era, che fi avefTe in ogni parte chi ordinaffe i Vefcovi, o la Ioro ordinazione approvafle, e chi ragunaflè i Sinodi provinciali, coftrinfe a diftribuire i paefi Criftiani in ecclefiaftiche provincie,e ad inftituire in effe Metropoliti. Quincinacque, efidiramola facra Gerarchia, che fantamente fbndata, e promoffa, e tanto necefïària al buon' ordine, diede poi forfe motivo ad alcuni di patir non fb che di umano ; troppo acerbamente eflcndofi difputato talvolta dipreminenze, e non apparendo bene, fe nelle tante contefe in moite provincie corfe zelo del divin fêrvigio, premura dell' anime , amor del buon' online, e umiltà Criftiana avefïèro fempre, corne fi converrebbe , le prime parti. Stabilito, e diftufo giàil Criftianefimo, il nome di Metropoli pocofi uso più in altro fenfo, che nell' Ecclefiaftico. Di quefta fpezie di Metropoli intende il cataîogo délie provincie di Francia dato fuori f.*g. 1 Si. da Aldo co*fuoi Geografi nel r 519, e dopo da piùaltri, benchè corn' èiblitodicosi fatti monumenti,refti imbrogliato per qualche giunta; e di quefta intende il teftamento di Carlo Magno. L'indagar le origini di cosi

fatte Metropoli, e la regola, che nel cofHtuirle fi tenne, e il tempo, in cuiprendefié ciafcheduna cominciamento, fu occupazione di molti, e molti de* primi lumi délie ! buone lettere; li quali pero in varie fentenze fi divifero: perche altri voile, a norma del civil governo, e fecondo l'ordine del Romano Imperio efserdagli Apoftoli ftate fondate le prime, e principali Chiefe; altri che fi avefse più toftoriguardo alla grandezza, e frequenza délie Città; altri che alla ! dignità, di Metropoli goduta dalle Città nel civile. Vie ftato chi hacreduto,quelle dagli Apoftoli efserfi prefeelte, ove dimorava maggior quantità di Giudei, e dove i lor Sinedrii provinciali con giurifdizione erano ftabiliti ; e chi ha penfato, efserfi bensî feguitata la forma délia Republica Giudaica, ma con la confiderazione délie Sinagoghe ? e de 1 Capi loro. Non è mancato ancora chi giudicando l'inftituzion de*Metropoliti pofteriore a' tempi Apoftolici, dalle ordinazioni dc'Conciîii,e dalla volontà de' Papi, e degl' Imperadori effer nate 1' Ecclefiaftiche Metropoli, abbia foftenuto, Quafi tutte quefte opinioni fi verificano in parte, e in alcuni luoghi, e in alcuni tempi, corne niunadiefïèfiverificafempre, ed interamente, non potendofi per verità fbrmar fbpra cib fiftema certo, ed univerfale. Anzi ognun fa, che in Africa ordineteneafida tutti i fudetti diverfo, poichè col modeflo nome di Primo era Metropolitano nelle provincie l'anziano d*ordinazione,e più vecchionella dignità, con che il fupremo Vefcovo di tutta la provincia in piccol borgo fâcea refidenza fbvente. Non fa a noftro propofito di entrarein cosi vafto aflunto, e avvertiremo di paflaggio folamente, alcuni sbagli doverfi con diligenza sfuggire, quali in leggendo chi fi è in quefte materie aggirato, fpeflb s» incontrano: perché fàmofiffimi moderni Scrittori,che alla difpofiziondell'Imperio vogliono accomodato il governo ecclefiaftico da gli Apoftoli, in pruova di cib mettono innanzi il fiftema délie provincie di Coftantino, il quale quanto fbfiè da quello de'tempi Apoftolici diverfo, pubfacilmente da più luoghi di queft'Iftoria raccorfi; e quando a'fermano,che Je Metropoli civilifianoftate anche ecclefiaftiche, per civili non intendono Metropoli regionarie, ma Romane , onde affèrmantofto,quivieflère ftatalaftabil refidenza del Prefide, il che quantofia lontano dal vero, abbiam dimoftratoafuo luogo. Non mérita d'effer ricordata la ftrana opinionc d* alcuni dalla Cattolica cornunione divifi, i quali tengono a efempio de gli Arcifacerdoti de'gentili,e de'Prefidenti de'publici giuochi nelle regioni, efTere i

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LIBRO DECIMO.

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Metropoliti Criftiani ftati diftribuiti; benchè una falfa autorità, che favorifce cosi varia immaginazione, venhTe intrufa nel corpo del gius Canonieo da chi ebbe fède a mentita, e mal finta Epiftola.

Ma origine più d' ogn' altra fublime ebbe il Primato di quelle Chiefe,chenacque dall'averle fondate alcun degli Apoftoli, e dall' averle con la fua voce, co' fuoi fcritti, e col fuo martirio autorizate, e confecrate. Percib fopra tutte primeggio fempre la Romana, quale dal Capo degli Apoftoli, edal collega fuodifpofeladivinaprovidenza, che foffe eretta. Venire // Primato délia Sede <■ jpoftolica dal mer ko di S. Pietro Principe del"„ la corona Epifcopale, e in appreflb dalla dignità délia Città di Roma, e dall' autori/' ta del primo Concilio univcrfale, efprefferogl'Imperadori Teodofio, e Valentiniano nella lor Novella. Siccome pero abbiam vedutonella fine del libroottavoda un' Epiftola d* Innocenzo primo, che in tutto 1* Occidente, e nell* Africa altra Chiefa non fu per Apoftoli inftituita, che la Romana, cosi ne pur di fècondario Primato, cioè di Metropolitana dignità fi parlb in tutte quelle per lungo tempo. RiftrignendocialI'Ita• lia, ha dimoftrato l'AbateBacchinitragli altri, per tutti li tre primi fecoli ne pure in effa Metropoliti fcoprirfi. Nel quarto refa la Fede univerfale, e trionfante, e cominciato 1* ufo d' andare uniformando in qualche parte, e ne' gradi fupremi 1' EcIefiaftico governoal civile, uno ed altro Metropolitanoviforfe. Non fu per talmotivo, che Sant' Atanafio tra i Legati al Sinodo Sardicefè nominblî Vefcovo di Capua Metropoli délia Campagne*, perché intefe geografica ,e regionaria, non Ecclefiaftica, ne Romana. Ben ne'tempi di Sant'Ambrogio, Vefcovo di Milano gran menzioni, e gran rifcontri û veggono d'ampiagiurifdizione ecclefiaftica da lui efercitata. Concorfero a contribuirla il fommocredito, e la grancondizione del Perfonaggio, 1* aver lui eftirpato da moite Città l'Arianifmo, e il far la Città di Milano,allora in tuttala civil Diocefi d* Italia la prima figura. Verona certamente per fuo Primate lo riconobbe, perché veggiamo nell* Epiftole di lui, ch* egli chiama Jtioi carijjjmi i Veronefï, e come a lui ricorrean* eglino in occafione d' aggravarfi d' alcun giudizio ecclefiaftico ; mentre eflendouSiagrionoftro Vefcovo poco prudentemente condotto nella caufa d* Indicia vergine jacrata a Dio, approvata già dopo 1' accu-1 fa datale, e benedetta dal fuo anteceffore Zenone di fanta memoria, S. Ambrogio ne lo ^prefe, e col configliode'fuoiSacerdotiftaDilidiverfamente. Confermafi ancora,perché

ancora,perché vede in antichiflîmi Calendarj délia Chiefa Milanefe, come fi fece quivi fempre di S. Zenone, e alcun' altre fi celebrarono délie noftre Fefte; e perché fi ha da più memorie, come Chiefe a lui dedicate furono in quello Stato. Due documenti abbiam pofti in ferie, oiTervati già da noi, e trafcritti dall* originale nell* Archiviode' Padri Ciftercienfi alla Bafilica di S. Ambrogio in Milano, un de' quali rogato 1' anno otîavo del regno d' Ajlolfo, in cui Valderata donacerta terra alla Chiefa diS. Z*enone,fttuatainCampiglione ; 1* altro in tempo del Re Defiderio, v. Vocum. in cui Magnerada dona ail' ifteffa Bafilica IV- "vdel èeatijjimo Confeffor di Crijlo TLenone uliveto, e vigna: il villaggio fi chiama in oggi Campione al lago di Lugano, edètuttora pofleduto dal Monaftero. Poflbno in quefle membrane fpecchiarfi quelli, ch'hannodetto ignoto quefto fanto Vefcovo fuor di Verona. Ora quando, come, e perché paflàffe poi la noftra Chiefa fbtto Aquileia , né Scrittore, né monumento di forte aie una abbiam che infegni ; ma che poco dopo avvenifle, chiaramente s'impara dall'epiftola diS. Leone a Settimio Vefcovo d' Altino, i.AUin»- in cui chiama 1' Aquileiefe Metropolitano "!?? non

1 U n ■ ■ rr • - uni Alttnum.

deila Provmcta Vene%ta\ ne quell* epiftola, che fu mentovata fin da Fozio, patifee difficoltà. Imparafi parimente dal Sinodo Mi- cw.f.4. lanefe, tenuto verfo la meta del quintofe- '• 583» colo, nel quale le fbfcrizioni appaiono di tutti i Vefcovi fuffraganei di Milano, ma non già del Veronefe, né d'alcun'akro délia Venezia propria, né del Trentino. La fede d* Aquileia contaminata daFortunato,cheful fin délia fua vita vi fomentô l'Arianifmo, fu poi fantificata da Valeriano, e da Cromazio, i quali con fommo zelo, e valore in tutte le proflime parti lo fpenfero. For/e perb fottoqueft'ukimo,grandemente lodato da S.Gerolamo, e di Rufïïno, colconfenfo del fommo Pontefice fi eftefe verfb quefta parte la Diocefi d'Aquileia, per eflervi da lui promofla la purità délia Fede, e venendo volontieri riconofciuto da i Vefcovi Cattolici per lui propofti. Ma non accordera cosi antica giurifdizione alla fede Aquileiefe chi tiene la fua preminenza molto pofteriore, e nata dallo Scifma, in cui anche la Chiefa di Verona fu involta ; il che forfe crederà confermarfi dall' aver pur'oraveduto, come a tempo diSant' Ambrogio né quefta, né 1"altre Città déliafuperior Venezia gli eran fubordinate. Di quefto ancora ci convien perbalcuna cola dire. Tutti quelli, che hanno voluto foftenere incominciata fblamente al fine del fefto fecolo la Metropolità d' Aquileia , parrebbe non fifoffero fovvenuti, come quella Città

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DELL' ISTOR1A DI VERONA

alla meta del quinto fu diflrutta ; poichè ficcome molto ragionevole è il credere, che quel Vefcovo tal grado confeguifïè , quando fopra tutte l'altrede'fuoicontorni ricca, c popolata Città era la fua, ccsi malamente pôtrebbe crederfi il confegtufle , quando ridotta un ammaffo di ruine, ed abbandonata, appena fapea ove ricoverarli. Il foAyi. Ï.I.Z. pranominato Cromazio vien mentovato da S. Gerolamo infieme co* Vefcovi d'Aleflandria, ediMilano. Pelagio primo facendo menzione dell' ufo d' ordinarfi fcambievolmente per la difficoltà del viaggio a Roma i Vefcovi d' Aquileia, e di Milano, dice, pP«t"?h"' cne ^ ueft° efa cofiumg antico ; e dichiara, che rnor ami- non per que(lo dovea mai l'uno pretender w«'fi"t rnaggioranza fopra dell'altro. Veggafi il mctamen Cardinal Noris nel Trattato del quinto Con"cfofuhT' cluo- Ne 1'aver veduto, che a tempo di Jus'^c" Sant*Ambrogio Verona, e per confeguenza 1' alta Venezia, non era fotto Aquileia, dee far credere, che l'Aquileiefe Metropolitano non foffe ancora ; poichè la fua prima giurifdizione fu nell' Iflria ,e in buona parte dell' Illirico, e délia Pannonia; anzi 1* opportuna fituazione per invigilar fopra quelle parti fu fenza dubbio la cagion prima del diventar Metropolita. Ou incic, che Iflria fu fpeffodetta la fua Diocefi; la quai denominazione durô fino a tempi di Pelagio fecondo, che fcrive ad Elia Vefcovod' Aquileia, e infieme agit altri Vefcovi dell' IJiria\ e di S. Gregorio, che chiarna più volte nelle fue lettere Scifma degl' lfirtam quel dell' Aquileiefe co' fubordinati fuoi ; e fino a tempo del fefto Concilio générale, in cui Agatone fi diffe Vefcovo délia fanta Cbiefa Aquileiefe délia provincia Iflria. Per l'ifteffa ragione la I Diocefi d'Aquileia fu anche detta Illirica; cioè per la fua giurifdizion nell' Illirico ftrettamente prefo,e nellaPannonia,e nelNoriEp i.i\. co. Scrivendo S.Bafilio al Vefcovo d* Aquileia Valeriano ,non altramente l'intitula, che Vefcovo degl* Illirici. Nella Sinodica a' Vefcovi dell' Illiria mandata dal Concilio Romano, che danno AufTenzio , confervataci 1.6.1.13. daSozomeno, altri nomi non fi prefiggono, che diDamafb, corne fommo Ponterice,e di Valeriano corne lor Metropolita. Nella Supplica a Maurizio poco avanti mentovata nominanfi per accidente, corne délia Diocefï Aquileiefe,Tibornia,ofia Teurnia,corne lachiamano Plinio, eTolomeo,Città, ch' era fui Dravo di là dall' Alpi Noriche, c vi finomina Augufta ; e in altri monument! Scarabanzia Città délia Pannonia verfo il Danubio. Non bifogna perb maravigliarfi, fe diffe il Sirmondo, che quel d' i» Pn» Aquileia poteva appena fra i Paflori di no,,7. me Italianoeiter computato. Sembra confonderfi

confonderfi Geografia, quando fi leggeprcffo Stefano, e in Coftantin Porfirogenito, che région â' Italia foffe la Dalmazia; e in Ennodio, che-la Città di Sirmio nella Pan- ,„p nonia inferiore fofTe // termine dell' Italia; c <'■'"*''. quando fi vede all'incontrocomputata fucr l.'";> d'Italia Aquileia,trovandofi fottofcritto al primo Concilio d'Arles Teodoro Vefcovo d Aquileia délia provincia Dalmazia ; e computato altresï in Dalmazia quel Vefcovadoda certa Notifia, che abbiamo in antico codice del CapitoloVeronefe. Quefta variazione, ed ambiguità di nomi non altronde potè nafcere, che dall'ellèrl'Illirico Occidentale ftato già fottopofto al Pref'etto del Pretorio d'Italia nel civile, e lamaggior parte délia Pannonia, e délia Dalmazia al Vefcovo d'Aquileia nell' eccleiîadico. Qui puo per incidenza di nuovo avvertirfi , quanto erronea fia quella fuppofizion coin une ,deU" effere Aquileia flata Metropoli ecclefiaftica, a. perch'eraMetropoli civile, e refidenza del ":ï-{ Confolare. Secondo talregola non dueotre, ma diciaffette farebbero flati in quel tempo in Italiai Metropolitani ; e quel d'Aquileia avrebbe nel bel principio fopra la Venezia tutta avuto giurifdizione, e non 1* avrebbe avuta mai nella Dalmazia, ne di là dall'Alpi.

Non rimarrebbe di quelle offervazioni contento chi di quella fentenza da grand* uomini foftenuta andafTe imprefTo, che S. Ambrogio anche dell* Illirico Occidentale foflè Metropolitano, e Primate. Metropolita dell* Italia diffe il Vefcovo di Milano S. Atanafio, intendendo nel fenfo Coftantiniano ; e veramente, che délie regioni di effa tutte, e délia Venezia aveffe cura, ben moftra 1* Epiflola alla Chiefà di Vercelli : con che s'anche l'Illirico aveffe avuto fotto di fe, nulla rimaneva per Aquileia. L'Illirico proprio, fecondo cib che abbiam da Plinio, poco variava dal tratto, che diciamo in oggi Dalmazia ; ma quando Coflantino imitando la divifione di Diocleziano > in quattro Prefètti Pretoriani riparti il governo, nome d'Illirico fu dato alla quarta parte dell'Imperio, che comprendea Dalmazia, Pannonia, Dacia, Epiro^ Grecia, e Macedonia. Divifo 1* Imperio in Orientale, ed Occidentale, queflo Illirico fu affegnato a quel d'Occidente: ma in tempo di Graziano l'Illirico fleffo reftb divifo in Orientale , ed Occidentale : furon del primo Grecia, Dacia, e Macedonia, eil fuo Prefètto da Sirmio fi trafportb in Teffalonica ; furon del fecondo Dalmazia, Pannonia, e Norico, paffate fotto il Prefetto d'Italia. L' uno e 1' altro Illirico furon foggetti in ecclefiaftico al Patriarcato Romano, flaccato-

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catone poi I* Orientale tirannicamente a môjlvodell'ercfiainforta contra le facre imi pagini, come apparifce dall'epiftola di Ni^ colb primo, con cui dimandô la reftituzione di quelle provincie all'Imperaior Greco Michèle. Ora avendofi nella vita di Sant' s Ambrogio, convegli fi porto a Sirmioper *i confecrarvi il nuovo Vefcovo Anemio > il che | del Metropolitano era ufizio, n' è flato dedot1| to, che tal fofle il Vefcovo di Milano rifi petto all'IUirico occidentale. Ma è già ftaI to dichiarato a baftanza, che o vi ando per * efîèr da i Vefcovi délia Provincia (lato chia* inato,afEnchè rimediaflè col fuo credito a* difordini di quel tempo, come ftimb ilPaa\ ; 0 vi ando per eflervi ftato con privileoio fpeciale- fpinto dal Papa, come ftimb il Cardinal Noris: inconcufle perb rimangonole autorità, çon le quali ilgius ecclefiaItico d'Aquileia fopra Iftria, Dalmazia, Pannonia, e Noriço abbiam poco fa dimoflrato.Quantoal titolo di Patriarcato, quefto veramente venne in più baflb tempo, e quando lo Scifma bolliva, come Baronio, Sirmondo , JLupo, e Noris hanno ftabilito ampiamente.

E noto a gli ftudiofi dell'Iftoria Ecclefiaftica, come in quefti paefi più che in niffun" altra partequella diflenfionerifcaldb gli animi, e con oftinazione di più età fi mantenne. Prima origine di tanto torbido f u un cditto dell* Imperador Giuftiniano, il qualc in propofito d'alcuni fcritti di Teodoro, d'Iba, e di Teodoreto parea veniflè a pregiudicare alla maeftà del Concilio Calcedonefe. Vi fi oppofe perb il fommo Pontefice Vigilio: fi ragunb in Coftantinopoli il Concilio quinto, dal qualefi condanrmrono Teodoro di Mopfucftia, l'Epiftola d' Iba, c gli fcritti di Teodoreto contra S. Cirillo ; il che fi chiamb allora condannare i tre Capitoli: ma perché pare va, non efferfi potuto fenza offèfa del Calcedonefe metter di nuovo in campo si fatte difpute, ripugnb da prima Vigilio , e ricusb d'approvare il detto Concilio: intefa perb meglio la quiftione dopo alcun tempo, e lo approvb, e lafcib a fucceflbri fuoi l'efempio di propugnarlo con fommo ftudio, e di condannare quanto condannato in effo fi era. Ma in più parti d' Occidente, dove altamenteerapenetrata l'opinione, che la terminazionedel quinto Concilio fofle fatta in odio del Calcedonefe , cioè d'un dei quattro, che profefsb S. Gregorio venerare non meno de i quattro Vangelj, molti furono , che aflai tempo perfifterono ripugnando, e tra quefti Santi ed infigni uomini, che non per quefto furon riguardati come Scifmatici ; si perché nel Concilio quinto non fi era difcuffo

punto di fede, ma trattato folamente d* alcttne perfone, come replicatamente fcrifle S. Gregorio; e si perché non per quefto fi era- /•*•'/• Ϋ• no efli feparati dalla comunion Romana, e l'3m '^ 37, da coloro, che 1' avean ricevuto, Scifma adunque non fu veramente allora , non nella provincia noftra, perché iCleridi quelle Città fi fepararono dalla Chiefa di Roma, quafi contaminata dall'accettazione del quinto Concilio, e fi fecero unCapo, e ragunaron Sinodi, e in fomma alzarono aitare contra altare. Quinci è venuto forfe, che ottimo, e antichiflîmo efemplare di Facondo Ermianefe, grandifenfore de'treCapitoli, fi fia confervato tra le reliquie dell' antica biblioteca délia Chiefa di Verona. Non baflb, che i fommi Pontefici cercaffero con molto fludio di diluçidar gli equivoci, nati anche in parte, çome fcrifle Pclagio fecondo, dal non pofledere la lingua Greca ; e con umiltà fïngojare fpiegafléro çonc, 16 la lor credenza, e giuftificaflero replicata- c- "5. mente la lor condotta ,equelladi Papa Vi- v. c. 615. gilio ftatoprimadifentimentodiverfo.Nul- 6îsla giovb per vincer l'oftinazione:ofaron cofloro di fcomun'icare anche Narfete, e in vece di proporre alla prima Sede i lor dubbj, ardiron di congregare contra il quinto Concilio un Sinodo particolare , mentovato da Beda. Fu a quefto prefidente Paolino, contra di cui perb, e perché fofle ca- t. 6. c. fligato, fcrifle Pelagio primo a Narfete. *6BMa

*6BMa veniva rimproverata a gli Scifmatici la lor feparazione dalle Chiefe Patriarcali d'Oriente, e da quella di Roma, ch" era fola di tal dignità in Occidente, per non parer privi dell'autorità di un tal nome i Vefcovi délia fazione, e per moflrare d' aver Capo anch' efll di fuprema giurifdizione, chiamaron Patriarca 1' Aquileiefe. Patriarca, o Primate era veramente quello, che avea Metropolitani fotto di fe: cinque furono in tempo di Giuftiniano, corn* eoli infegna nella fua Novella de' Vef- in Nov. covi: Roma, Coftantinopoli,Aleflandria, ,l3-<--3. Antiochia, e Gerufalemme. Nonfacafo, che Caffiodorio attribuifca tal nome a'femplici Vefcovi, eflendo cib nato , non già yar, JX. da ufo, che aveflero i Goti , di chiamar «sPatriarchi i Vefcovi d' Italia , come ha fcritto il chiariflkno de Marca, ma bensl da enfafi Rettorica di quello Scrittore , per cui chiamb quivi parimente VefcoI vode' Patriarchi il fommo Pontefice. Tra Scrittori il primo, in cui fi trovi dato a* Vefcovi d* Aquileia il nome di Patriarca , è Paolo Diacono . Il Monaco di S. Gallo, che poco dopo fcrifle la vita di Carlo Magno, dice, che tal vocaboloera moderno. Non ebbe termine si lungo Scifma


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ma, e cosioftinata feparazione délia noftra provincia dalla Chiefa Romana, Ce nonintorno alla meta del fecol fettimo, corne ha moftratoil Cardinal Noris; anzi trent' anni più tardi fecondo la vita di Sergio primo , che fi ha in Anaftagio , e fecondo Beda feguito da Paolo Diacono. Nell' accettare anche Aquileia il quinto Concilio , e nel fôttoporû" di nuovo alla Sede Apofto- . lica, reito approvato, e confolidato, il ti- I tolo diPatriarca, e tanto più,che nonpre-1 tefe per quefto d'averne il gius, ne di fovraftare a Metropolitano alcuno. Anzi tal nome Ci raddoppio , venendo parimente » conceduto al Vefcovo di Grado . In quell' Ifola alla venuta de'Longobardi per timo/.i.e. 10. re di lor barbarie, corne fcrive il Diacono, fi cra rifugiato col facro teforo Paolo d'Aquileia, detto da altri Paolino. I fucceffori pero diedero a Grado il titolo d'Aquileia nucva, e vi trafportarono la lor Sede; l.x.ep, 16. per lo che dopo or furon detti d' Aquileia, /.ji.fp.40. or & Grado, corne fi vede in S. Gregorio, che fcrivendo a Severo fucceduto ad Elia, una voit a lo chiama Vefcovo d'Aquileia, un'altra di Grado. Non fu pero tal traslazion, di Sede da tutti i fubordinati approvata

approvata onde nacque fcifTura , e cominciara. no ad eleggerfi due Vefcovi,ambedue con nome di Patriarca, l'uno in Grado col favor dell' Efarca , c de' Greci, l'altro in Aquileia con 1' appoggio de' Longobardi. Dopo la morte di Severo, in Aquileia vec- » chia, corne la nomina Paolo Diacono, col confenfo del Re, e del Duca , fu eletto Giovanni Abate ; e in Grado da' Vefcovi ch'eran fotto i Greci, fu eletto Candidiano, o Candiano corn' altri fcriffe, e dopo lui il Patriarca Epifanio. Quefti furon Cattolici, e Candiano da loro ordinato non voile aver parte co' Scifmatici Aquileiefi : l'iftefïb fecero i fucceflbri. Quei d'Aquileia abitarono aflai tempo in Forogiulio, detto poi Cividale, onde fcriflè Paolo Diaco- /, no, che a fuo tempo detta Città era Capitale délia Venezia, intendendo dell' infèrioré, e la Chiefa or fu detta Aquileiefe, or Forogiuliana. Nel teftamento di Carlo Magno tra le Città Metropolitiche Forogiulio fi nomina, e Grado. La Chiefa di Verona non fi diftacco dalla Dioccfi d'Aquileia , e infieme col fuo Patriarca alla divozione dell' Apoflolica Sede fece finalmente ritorno,

FINE DEL LIBRO DECIMO.

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DELL ISTORIA

DI VERONA

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J^^^**Q^^^JJ Ella e preziofa mémo & Jl» t^ÈOI r'a naflno confervata Sju Yyn&JËSfësl Per l'Iftoria noftra alIr ^^^p^gfl cune reîiquie d'antico la oe&wl JWBl documenta in papiroEm EJSjjw JHPf gizio, chemolt'annifâ

'^L t^^iiMlMl c* ^uron cortefemente ^ Vf y ^f H fatte vederenelI'Archivio délia Chiefa Metropôlitana in Ravenna.Al tentativo di fcifrarîe contantomaggior'avidità ci accignemmo , quanto che ci fu detto eflere ignote ancora, e corne lacère, sfibrate, e veramente ail'eftremo ridotte, non eflere ftate'aggredite dal célèbre P. Mabillon, cui pure fur già prefentate, per averla fuppofta difperata imprefa. Contengono un finale d'iftrumento rogato nell* anno di Crifto 639, corne fi ricava dall'anno trentefimo dell'Impero d' Eraclio , e dalla decimaterza Indizione, che vi fi nota. Quel che rimane èl'ultima parte, e il fondo del Papiro,nonaltrocontenante che le moite fottofcrizioni de'tefti«. monj, corne ne* documenti, che al fine rapprefentiamo, fi pu6 per ognuno offervare. L' atto era di donazione fatta alla » Chiefa Ravignana da Paulacione, o vogliam dire Paolaccio, foldatodel Numéro de-I gli Arment, jigliuolo delfu Stefano Primicerio «■ del Numéro de Veronefi. Nella raccolta de' Papiri non prima publicati abbiam già notato, come Numéro ne' tempi Romani ancora tanto era quanto dir Coorte, e Coorfe a un dipreffo veniva a dir Reggimento, tcnchè fu piede molto diverfo dalle buone cfà .Abbiam notato altresï, come Primicerio fu dignità anche militare, nominandofi ]l Primicerio délie Guardie in una legge del codice Teodofiano, e Primicerio di Legme dicendofi eflere ftato S. Maurizio negU Atti fuoi. S'impara adunque dal Papiro ^ Ravenna, come nell' Imperjp Greeoufa Vtr. Illujlr. Parte L

corfe di denominare da Città, e da nazionii corpi militari, e come dalla Città di Verona uno fe ne denominb, e continua tal coftume, e le fi mantenne tal'onore,anche dopoefler da gran tempo ufcita dalla poteftà de'Greci. Nobil conferma di quefto fàrto ci dà Agnello; anzi impariam da lui, che il nome di Bando, cioè di veffiHo ( originato da'Longobardi, come s'impara da I-I-C.-LQ. Paolo Diacono) o vogliam dire diCompagnia Veronefe, fino alla meta del nono fecolo durb in Ravenna: poichè narra, che in tempo di Felice Arcivefcovo trigefinrottavo, eflendofi per cuf todir quella Città, e per afllcurarla da ogni pericolo, ripartito il fuo popolo in dodici parti, con formarne dodici Numeri, cinque di effi, continuando, com'è da credere, i vecchi nomi de" Numeri militari, ii denominarono da Città. Or le Città denominanti furon Ravenna, Claffe, che potea dirfi una parte '«F'/js. di Ravenna ftefia , Coftantinopoli , Mila- c„lf^tV no, eVerona: il qual'ordine, dice Agnel- diohmtn. lo, continué fino a tempo fuo, e moftra , ^",ryZ<" come in linea con le pnmane, e lupreme quefta Città era confiderata in que' tempi. Dopo Rotari regnb fopra i Longobardi Rodoaldo., e quinci Ariberto, pofcia i fratelli Godeberto rifedendo in Pavia, e Bertarido in Milano ; indi Grimoaldo prima Duca in Benevento. Sotto quefto Re Lupone Duca del Friuli fece riprefaglia del teforo délia Chiefa d'Aquileia, ch'era ftato portato a Grado ; e ïe dobbiamo in cib credere a Paolo Diacono, andb a quell'ifo- A 5. e. x7. la con fue fquadre di Cavalleria per una ftrada, o argine, che allor vi era nel mare y al che perb per più ragioni non cosi facilmente pare il pofla preftar fede. Ribellb coftui pofcia, e reftb oppreflb da gli Avari, che gli vennero adoflb a iftanza di Grimoaldo. Fu dopo alcun tempo ammazzaT

ammazzaT


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DE LL/ISTOR1 A. DIVERONA

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to anche il figliuolo, che volea fuccedergli:fatto DucaVettari originato da Vicenz.a, tentaron gli Schiavoni in tempo ch' era attente, di forprendere il Caftello di Forogiulio; ma ritornato lui prontamente, gli fugb , e difperfe . Convien dir che i Greci fi fofTero di nuovo impofTeflati d'Oderzo, perché avendo effi per tradimento uccifi in quella Città due fratelli di Grimoaldo, egli per vendetta la diftrufse del /5.c.as. tutto, e divife il fuo territorio traCeneda, Forogiulio, eTrevifo. Mono queflo Re, tornb Bertarido in trono, venuto di Francia, dove ricoverato fi era. Dopo fetf anni fece riconofcer per Re anche il figliuolo Cuniberto . Avendogli Alachi Duca di Trento alzatacontro bandiera, 1' andb ad afiediare, ma gli convenne dar volta con moltodanno. Segui poi pace, e ad iftanza di Cuniberto, ch'era fuo amico, fu ad Alachi accrefciuto Io Stato col Ducato di Brefcia, Città, in cui fu fempre al dire di Paolo Diacono gran quantità di nobili Longobardi. Ma trifto rimerito Cuniberto n' ebbe, perché dopo la morte di Bertarido fi follevb quel Duca di nuovo , e occupô Pavia; quai ricuperata dal Re,fu coltretto a falvarfi verfo la parte orientale, cioè nella Venezia ; dove batte i Vicentini, che ufciti fe gli opponevano , c occupb Trevifo, e altri luoghi; conchetirato ilFriuli al fuo partito, andb incontra al Regio efercito, che veniva per combatterlo. Cuniberto per rifparmiare il fangue di tanti, e far moftra del fuo valore, siidb il ribelie a fingolar certame ; ma rifiutata dal codardo per vergognofo timoré la sfida, rimafe foccombente nel fatto d* armi, ed uccifo. Anche Ansfrit dopo ufurpato il Ducato del Friuli, tentb di farfi Re, ma prefo in Verona fu acciecato, e mandato in efilio . Dopo Cuniberto fufieguirono per brève tempo Liutberto, Ragumberto , Ariber^ to, che con arieti, e machine prefe Bergamo, il cui Duce volea rapir Io fcettro, indi Afprando, che morl dopo tre mefi, e nell* anno -jix il figliuol fuo Liutprando. Sotto il coftui regno S. Petronace Cittadino Brefciano riftaurb il Monaftero diMontecaffino, che da più di cent'anni era abbandonato. Affedib quefto Re Ravenna, e la prefe, îafciandovi Ildebrando fuo nipote, e Peredeo Duca di Vicenza a cuftodia. Ma effendo fuggito l'Efarca a Venezia , follecitati i Veneziani dal Pontefice Gregorio fecondo, aggredirono d'improvifo quella Città, e la ricuperarono a Greci, fW.D. uccifo Peredeo, e fatto Ildebrando prigio'f' 54' ne. In quefto tempo infuriando Leone Ifaurico contra le facre Iinmagini, quai voleva

anche dall'Italia sbandite, e in ogni parte conculcate, e non volendo il fommo Pon. tefice a' fuoi defiderj aderire, anzi opponendoft con fommo zelo, fece ogni sforzo per farlo irccidere col mezo dell' Efarca, del Duca di Roma, e d* altri Ufiziali fuoi Per lo che inafpriti i Romani, e gli altri Italiani foggetti a' Greci , feacciarono da ;„<;. per tutto i Greci Duchi, altri da lorocrea- ll^i ti foftituendone ; ed afpirando a libertà , ^ corne nel libro Pontificale, che vafottono- f4, nie d' Anaftagio Bibliotecario fi legge, e j^'- fovvenendofi che la dignità Impériale da uC,' Roma, e dall' Italia dovea dipendere, vol- f':*■ lero eleggerfi un Imperadore, ma fu dal fît-.. Papa impedito. Si era Leone concitaticon- f""'^ tra gl* Italiani anche per l'ecceflive gravez- ;2".' ze; poichè nella Sicilia, e nella Calabria ««/ teitatico impofe alla terza parte del popo- ^ lo fecondo léofane • fe pur non voile dire 'fm*. quel Cronografb, che a imitazion de'bar- '£'" bari la terza parte délie rendite ei richiedeffe: ed è facile folledeli'ifteffa impofta,che volea gravare anche 1' Efarcato , dicendo Anaftagio, corne il Papa fi oppofeal cenfo, ch' ei volea mettervi . Molto guerreggib Liutprando ora contra i fuoi Duchi, ora invadendo le Città, ch'eran fotto i Greci; echiamato in aiutoda Carlo Martello pafso anche in Francia contra Saraceni. Una voU ta aftàli Roma per eflervifi ricoverato il Duca di Spoleto, e occupb quattro Città, quali reftitul poi a iftanza del fanto Pontefice Zaccaria; ampli patrirnonj alla Ro- H mana Chiefa o donando, o rendendo anco- ZJ ra. Nel Friuli afîai difturbo fu per la difcordia del duca Pemmone col Patriarca Califto, che rifedea in Cormons, non eflendo ficuro in Forogiulio per le incurfioni de' Greci. Avendo il Duca fâtto prigione , c voluto gettar'in mare il Patriarca , il Re lo privb dello Stato,evi foftitu) un figliuolo dell' ifteflb Pemmone, cioè Rachis, il quale portb poi bravamente l'armi inCainiola contra gli Schiavi . Finalrhente queflo valorofo Re, fotto del quale giunfc al piu alto fegno la grandezza, e la fbrza de' Longobardi, e il quale Chiefe anche fondb, e Monafterj, nell* anno 744 terminé il fuo corfo mortale, dopo avère pertrentun' anno e fette mefi tenuto con moka gloria lo fcettro. A tempo fuo fiori in Verona ricordato da Paolo Diacono uomo di fanta vita, e dotato di fpirito profetico per nome Teodelapio.

Avea Liutprando deftinato fucceflbre IIdeprando fuo nipote, prefo già da lui per collega, ma i Longobardi lo efelufero, ed eleflero il fopranominato Rachis Duca del Friuli.Stringendo quefliPerugia d'affedio,

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LIBRO UNDECIMO.

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c minacciando altre Città de* Greci, il fanto Pontefice ando a pregarlo di defiftere, e talmente Jo vinfe, e gl* inftillb délie mondane cofe difpregio, che poco dopo paffato ,„ a Roma, depofe a piè di Zaccaria la corona e vefti abito monacale infieme con la rtioolie, e figliuoli . Fu foftituito Aftolfo fratello di Rachis , che deliberato al tutto di ridurre tutta l'Italia di mezo in dominio fuo , s' impadroni di Ravenna , e dcll' Efarcato , corne dal Bibliotecario fi raccoglie nella vita di Stefano fecondo , che i moderni dicon terzo . Minacciava già Roma fteffa , e volendo imporre a tutti il pagamento d' un teftatico indifcretiffimo, teneva il Papa in affànno; e finalmente non dando orecchio a preghiere, ne fêrvando fede a convenzioni, ne a patti, il coftrinfe,poichè da Coftantinopoli non veniva fbccorfb, a cercarlo in Francia . Trasfèritovifi adunque in perfbna , moffe Pipino figliuolo di Carlo Martello, già con l'autorità, e configlio del fommo Pontefice Zaccaria dichiarato Re di Francia, a venire in Italia contra Longobardi : dove riportando vittoria, edarrivato fino a Pavia, sforzb Aftolfo a promettere, di non moleftar più la Scde Apoftolica, edi render Ravenna, e le Città che ne dipendevano : in che poi non tenendo fede, e in vece di quefto eflèndo andato ad aflediar Roma, tornb Pipino, e fegul l'ifteffo giuocoper la féconda volta, come 1'ultimo Continuator di Fredegario racconta. Fu allora, che per folenne donazion di Pipino reftb confolidrato, e dalla potenza délia Corona di Francia afficurato, quel dominio temporale de'fbmmi Pontefici fopra 1* Efarcato, e fopra le Città ftate poco avanti de' Greci, e perb fopra Roma fteffa, che incominciato era, quando in tempo di Leone Ifaurico fcoffero quelle Città il giogo Greco,e fcacciatiilorDuci in libertà fi pofero : il che giuridicamente avean fatto, non meno pel tirannico , e infoffribil modo ufato allora da' Greci, che per la violenza, quale in favor dell' erefia voleano far nella feligione, e per 1* impotenza a difenderle dalle invafioni ,e dalle continue oppreflionide'Longobardi. Ben traluce perb da quanto accennanogli antichi Scrittori, che Roma, e l'altre Città non meno , cominciarono a riconofcere il Papa per lor Capo anche nel temporale , e a riguardarlo come lor Principe. Quindi fu, che tanto poi fi travagliarono i Papi dell' °ccupar quegli Stati, che faceano, o volcan fare i Longobardi ; e quindi fu , che quando i Mefli dell' Imperador Greco pregavan Pipino di concedere a lui Ravenna, c le fubordinate Città, rifpofe quel Re, v». Ittuftr. Parte L

non poterfi quelle dalla podeftà di S. Pietro} e A**ft'!» dal gius délia Chiefa Romana, e del Pontefi- ^tZT ce délia Se de Apoftolica in nifjun modo aliéna- aliénât i. re. PafTate per altro per gius di guerra in poteftà di Pipino, che le conquiftb fopra Longobardi, potè fàrne, come fèce, alla Chiefa Romana libero don©; ne menzione fi trova alcunainmonumentodi veruna forte, ch' ei le donafle con reftrizione, e con riferva di fovranità, come fi è poi fpeculato modernamente ; e ben'avea egli benefkio aflai maggiore da i fommi Pontefici ricevuto. Non è mancato chi abbia fcritto ancora, che per efler légitima tal donazione dovea effer fatta nonda Pipino, madaCoftantino,perché di Coftantino eran quei paefi; dov'è mirabil per certo, che'di Coftantino foftero anche a tempo di Pipino ; e niente meno il non avvertire, che invalida, e ridicola

Ifarebbe ftata tal donazione, fe fbffe venuta da Coftantino, il quale come Imperador Romano, niente avea di fuo fuorchèil patrimonio privato; e privati patrimonj furono quelliin fatti, clregli donb, cioè terreni, e fondi. Ritornandofi adunque Pipino in Francia, lafcib Fulrado fuo Conflgliere, per ricever la confegnadi Ravenna, e délie Città dell' Efarcato, délia Pentapoli, e dell' Emilia, e per portarne le chiavi a Roma > dove ricevute dal Papa, infieme con 1'atto délia donazione alla tomba di S. Pietro Anaji. lecoilocb. g/'*'-

Morto nell* anno 756 Aftolfo fenza lafciar proie, dopo qualche iotervallo di tempo, e non fenza contrafto, fu fatto Reda* primati de'Longobardi Defiderio,Duca allora in Tofcana, e cib col fàvore anche del Papa, cui promifé di rendere, come fèce, alcune Citta per Aftolfo trattenute, tra le quali fu Faenza, e il Ducato di Ferrara. E notabile, come allô Stato délia Chiefa, che fi andava dilatando, Anaftagio dà il nome di Republica, con cui s'intendea prima il Romano Imperio. Ma poco durb la buona fede di Defiderio, che afpirava a ricuperare il perduto, e voile con violenza mettere un de'fuoi per Arcivefcovo in Ravenna, c molto travaglib i Duchi di Spoleto, e di Benevento, perché nolfêcondavano. A fine di fortificarfi con l'aderenza de' Franzefi, diede una figliuola per nome Defiderata in conforte a Carlo detto poi Magno , che infieme col fratelb Carlomanno, era fucceduto a Pipino. Notafi da un Annalifta, che fu condotta in Francia da Berta madré de i due Re; ma o la ripudib poi Carlo apretefto d'infèrmità fcoperta, o non fu valido il matrimonio perefler già lui legato con altra donna. Comunque fofle, fdegnatoDefiderio volontàeri accolfe la vedova di CarT

CarT lo-


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DELL'ISTORIA DI VERONA

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lomanno, venuta a ricoverarfi da lui con due figliuoli; i quali avendo ragione fu la meta del Reame, fperb di poter con efficagionar divifione, erivoltain Francia. Procurb perb a tutto potere, che foflero unti, e dichiarati Re dal Pontefice Adriano primo, il quale non volendo con cib inimicarfi, ed irritare il Re Carlo, Defiderioandb con arttiata fopra gli ftati délia Chiefa, e già minacciava d'attaccar Roma: ma nel prepararfi Adriano alla difefa, fpedi concelerità a dar parte d'ogni cofa a Carlo, invitandolo a venire in Italia per liberarla una volta dal dominio de'Longobardi, e per fare acquit to di si bel Regno. Carlo per più vittorie, e conquifte gia potentiflimo, venne fenza frappor dimora l'anno 773 con numerofo efercito. Si oppofe Defiderio ail' imboccature de' monti ; ma per non £0 quai confufione, e terror panico nato nella fua armata, abbandonb poi con precipitofa ritirata tutto il paefe a'nimici, e alla difefa di due foie piazzefi ridufle; Pavia, dove andb egli a rinchiuderfi, e Verona, che per in Hair. detto d'Anaftagio era fortiffima fopra tutte le foniffimM Città dey Longobardi, e nella quale venne a buscivi- ricoverarfî il fuo figliuolo Adelchi già dichiat""i"' rato Re: vennero con lui la vedova, ei due j™um?~ figliuoli di Carlomanno, con Auctarioperfonaggio Franzefe , che gli avea accompagnati. Di Adelchi niuno Scrittore fa motto, che fofTe dal Padre (lato prefo per collega nel regno; ma ficcome trattandodegli antichitempi abbiam veduto,corne piùcofe infêgnano le Ifcrizioni, e le Medagl ie, che dagli Autori non fi hanno, cosld'ora innanzi moite notizie vedremoftarfi rinvoltenelle cartepecore, e da i documenti degli archivj doverfi trarre,che in darno ficercherebber ne'libri. Le membrane adunque quefta verità infegnan tutte: otto fe neconfervano preffo di noi originali, oltre a un' antichifiîma copia, ed ognuna ha nel prin*. Docum. cipio Regnanti i Re Defiderio, et Adelchi, VI' overo, Regnanti i fignori nojiri Defiderio, e

il di lui figliuolo Adelchi: ne porremo alcune a piè dell'Opera perfede di verità, e per compiacere al genio del fecolo. Vi s'impara altresï, corne fa proclamato Re nel fécond'anno del regno del padre, efïèndo quelle carte fcritte gli anni del regno lorojefio^e quarto, overo fejlo, e ter^p, fecondo i diverfi mefi; e cosi duodecimo, e nono , decimofefto, e decimoquarto, decimofettimo, e quindicefimo. Il nome di quefto Re dagli Autori fi fcrive Adalgifo, ma ne'documenti Adelchi. Uno perb de' noftri dice Adilgis, onde appare, che la varietà di quefti nomi nafceva dalle diverfe pronunzie popolari. Venne dunque a Verona queft* ultimo

Re, quafi per celebrarvi i funerali del regno de'Longobardi, come vi era venuto il primo , quafi a portarvi la fondazion di eflb in trionfb.

I Duchi tornarono aile lor Città, e umiliandofi al Papa, cercaronod'afficurarfi col fuo favore ; ma Carlo cinfe Pavia di ftretto afledio, e pafsb in eflb tutto l'inverno, al fin del quale, vedendo l'imprefa tirare in lungo, fi porto rapidamente, fe ben con molta comitiva, a Roma per la folennità Pafcale, dove fu ricevuto come in trionfo. Pochi giorni vi fi trattenne, e tornb a Pavia per confumar l'imprefa : piï. ma d' altro perb fentendo , che Verona pure ancor fi teneva, prefo feco un groffo diftaccamento di gente fcelta , venne ad attaccarla. Ma poche Longobarde mi. lizie in effa eflendo, e non avendo voluto gli abitanti prender 1* armi per confervare un dôminio, nel quai efîî niffuna parte aveano, fu fbrza, che Autcario abbandonafle ogni difefa, e co'figliuoli di Carlomanno fi rimettefle nelle fue mani. Come fi conteneffe Adelchi , e che di lui avvenifle, Anaftagio non racconta, ma fuggi per acqua, e fe n' andb a Coftantinopoli, il che Agnello, Eginardo, il Poeta Safibne, l'Annalifta di Metz, e Sigcbcrto ben fanno comprendere: ne lafcib poi di ritornare, e di far' in vano qualche tentativo. Cadde quafi negli ftefn giorni Pavia parimente, avendo forfe l'efpugnazione del I* una di quefte Città tolto l'animo a chi difendea l'altra : rimafovi Defiderio prigionc, fu condotto in Francia, ove ilrimanentcde fuoi giorni privatamente condufle : vi fu con lui condotto tra gli altri anche Paolo Diacono, ferittor dell'Iftoria de'Longobardi. Variano quantoal tempo Anaftagio,e i modérai Scrittori ; ma il penultimo documen- J-r'"' to, che da noi a diftefo fi adduce, fu rogato nella Città di Verona , regnanti Defiderio , et Adelchi gli anni del lor regno dicioticfimo, e decimoquinto, indi^ion duodecima, nel mefe d'Aprile. Eccoperb, come giunfe il mefed'Apriledell' anno 774,avanti che ne Pavia, ne Verona foflero prefe, e Defiderio, et Adelchi perdeflero il regio norne,e l'autorità ; ed ecco come a Verona non venne Carlo nel 773 , ne prima del vjaggio di Roma, contra cib che la vita d'Adriano ci rapprefenta, e che da tutti finor fi è creduto, per non efler più dato fuori monumento feritto in Verona di que* giorni, con note di tempo cosï certe, e cosi precife.

In tal modo fignori di quefto regno rimafero i Franchi , e il dominio de' Longobardi in Italia ebbefine. De' molti Duchi, fotto quali fu in si lungo tempo Verona, tre

foli


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LIBRO UNDECIMO.

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foliabbiam faputo raccorre. Zangrulfo,di cui g'* parlammo, ne'tempi de'primi Re; Gifelbertone'tempi dell'ultimo, di cui ci g fa noto Paolo Diacono, che aperfe il fepolcr0 d'AIboino, e ne tolfe la fpada, ed altro che dentro vi era ; e Lupone di tempo jncerto, che fece qui una pia fabrica, •«■ come in un rotolo abbiam trovato, di cui parleremoapprelIb.Che fotto i Longobardi fi battefle qui moneta, non è da dubitare per più ragioni ,chetoccheremo altrove, benchè non ci fia venuto fàtto d'incontrarne una cosi chiara pruova, quai' è quella che ci dà per Trevifo un documento, che abbiam pofto in ferie, nel quale fi nomina in cotefta CittàLopulo Monetario^c^ttocczM»- fion di confini la publica Z,ecca. Di Padova '''* non fi parla, ne Duca alcuno di effa fi nomina, perché diftrutta, che fu da Agilulfo , trasferiti ail' ifole Venete la maggior parte de' cittadini, giacque per più età, e folamente gran tempo doporiforfe. Manon baftando più 1* ifblette délie lagune alla quantità di perfbne,che da ogni parte delb antka VeneTJa ad effe concorreva per falvarfi dallafiereiga de* Longobardi ; cominciarono, dice il Dandolo, a. crefcere tumbas in liibro; le quali parole come vadano intefe, non è ftato chi ci dichiari. Tomba fu detto in que'tempi pertumulo, o rilevamento di terra, eperaia, o campo; e lubrum fi fpiega da Papia per kgno rafth , quai voce fignifica torniato, e la dichiara egli altrove per acuto: potrebbefi perb intendere dell' aver dilatato il fito col piantar nel fbndo acuti, e rotondi legni, come fi fa tuttora, per fabricarvi fopra,o per far terreno,dov* era acqua : fors' anche per Lubro va intefa una délie quattro principali ifolette, che la Città di Venezia compofero, cioè Olivola, • Rialto, Dorfoduwj, e Rupio, che in altri codici (j legge Lupro. Atterrato Oderzo,quegli abitanti condotti dalloro Vefcovo, fi ritirarono preflb al mare , e quivi nuova Città formaronb, chiamandola Eraclia dal nome dell' Imperador Greco, che avea pur' anco in quel tratto di paefe un' ombra di dominiorpocolontano anche altro luogo poi forfe chiamato Equilio. Cosi Altino, Concordia e altri luoghi in varie ifole fi andarono trafportando. Fu in quefto tempo al dire del Dandolo, che pafsb al 7- tratto maritimo efente dalgiogo de* Longobar<*> e confidente in ifole daGradofinoa CaP° d'Argine, l'antico nome di Venezia. E perb offervabile il vederfi in più Scrittori, come quei dell' Ifole, e fpezialmente délia Città, per diftinguergli dalla provincia terreftre, venivan çhiamati Venetki. Verfo la fine del fecol fettimo cominciarono

cominciarono Veneziani a metter piede in terra , avendocomprefa Eraclia nel lorocorpo. Reggeanfi ancora co'Tribuni, un de' quali creavano in ciafcheduna dell' ifole; ma nafcendo emulazione tra quefti per pretender più d* uno la maggioranza, e ricevendo perb danni da'Longobardi, penfarono di mutar governo, ed'eleggerfi un Duce, preflb il quale ri fedeffe la fomma del governo, e che avefle autorità di convocare la gênerai raj gunanza del popolo, e di coftituire ne'varj luoghi Tribuni, e Giudici. Concorfero per tal' affàre in Eraclia, e quivi nell' anno 697 Paoluccio nobile, e faggio Cittadino d* Era- Paulmius. clia fteffa, reftb inalzato a tal grado, e quivi fèce fua refidenza. Quefti patteggib col Re Liutprando,e del fuo territorio confinante co' Longobardi fifsb i confini tra la Piave, e un ramo di efïà . Oltre al Duce per la foprantendenza del militare creavafi un Maeftro de'foldati. In tempo di Pao- Matf/^ luccio fu in tal dignità Marcello, che nel 717 fu poi fcelto a fuccedergli nel Ducato. Scriffe coftui in nome publico a Papa Gregorio fecondo, perché impediffe l'ufurpazione,che volea fare il Vefcovo di Forogiulio, cioè d' Aquileia, fopra il Patriarca di Grado; il che avergli perbvietato, afferma Gregorio nella rifpofta , attefa la rela- Cow.t.t. zione, che la Comimità di Venezia gli avea c*I««. mandato. Succeffor di Marcello fu Orfo, nita< vein tempo del quale prefa, come fi diffe, da fra ®e' Liutprando Ravenna, e fuggito 1* Efarca a Venezia, il fommo Pontefice caldamente fcrifté al Duce Veneto, di fupplir con lui le fue veci, e di fàre ogni sforzo, perché f" X77fi ricuperafîè quella Città ail' Imperio Greco . Cosi fecero i Veneziani con fbmma félicita; e ben'apparve in quella lor prima imprefa la prontezza délie forze navali, e quanto poco temefTero di provocare i Longobardi. L' anno 737 accefo civil tumulto, Orfb vi reflb uccifo, né vollero più Magiftrato perpetuo, ma che il governo fi am» miniftraffe dal Maeftro de' foldati d' anno in anno. Fu primo Domenico Leone, poi Felice Cornicola, indi Deufdedit figliuolo dell'uccifo Duca. Appreffo Gioviano,onorato del nome Confolare dall* Imperador Greco ; e Giovanni Febriciaco, che fu depoftoavanti di terminar l'ufizio, e infieme condannato a perder gli occhi : dopo di che fi tornb a far Duchi in vita, ed eleflero il fudetto Deufdedit in Malamoco, e quivi ordinarono, che rifedeffe. Quefti ancora per la fua nobiltà porto titolo di Confole. Sotto di lui confermb il Re Aftolfo i confini già ftabiliti délia Città d1 Eraclia dalla Piave grande alla Piave fecca : ma mentre attendeva allacoftruziond'unCaftello prefio

prefio


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DELL' ISTORIA D1 VERONA

3oc

fo il porto di Brondolo, peraver quivi ficuro ricovero, aiftigazione difceleratouomo per nome Galla, délia dignità fu privato, e degli occhi, il che a coftui parimenteavvenne, che rapï dapoi la Ducal corona . Crearon perbDomenico Monegario ne! 756 in Malamoco; ma il popolo inftabile, einquieto voile allora, che fi principiafle a fare anche due Tribuni annuali , quali aveffero parte nel reggimento . Dopo ott' anni fu degradato, e accecato anch' eflb. Succedette Maurizio nell'anno 764, il qualeper pregiudiçj délia Chiefa di Grado, e per danni fatti ail' Iftria da' Longobardi, mandb Legati al Papa, Magno Prête e Scriniario, e Coftantino Tribuno. A tempo fuo lamaggior frequenza d'abitazioni, e di popolo era già nell'ifole interne nominate poco fopra. Fu pero inftituita una fede Vefcovale nel Caftello d'OlivoIa, aflègnandole una parte del Clero, edel popolo, ch'era primatutpw. p. to fotto la paftoral cura del Vefcovo di Ma1AS' lamoco, e primo Vefcovo vi fu eletto Obelerio figliuol d* un Tribuno. Guerre di poco grido ebbero i Veneziani ne* due fecoli Longobardi, délie quali chiara notizia non c' è rimafa. Nota Agnello, che in tempo di Sergio Vefcovo quarantefimo Ravenna era travagliata e da* Longobardi, e da Venetici : dunque co' Greci erano allora in lihiHair. te. Toccafi nel libro Pontificale, cheilRe Defiderio aveaprigioneun figliuolo di Maurizio Duca: dunque con quel Re aveano avuta guerra; e narra, corne fu fuggerito di non mandar per Venezia Paolo, reo condannato dagl'Imperiali giudici, per evitare, che Maurizio nol facette prendere, e nol mandafle aDefiderio in ifcambio del figliuolo : nonera dunque Venezia ftato Greco,nè vaflallo inniflun modo del Grecolmperadore il fuo Duce . Troviam nell' Iftoria, che l'Efarca fu con armata nell* ifola di Grado, e nell'Iftria, ma non mai che in Venezia; quale da ogn*ombra, o pericolo di foggezione , o di fervitù fi guardô fempre con fomma cura, corne da quel maie, che nell* umana focietà tutti gli altri mali trae feco. Eferciti di Venezia nomi1.6. t. 49. na Paolo Diacono, che fi oppofero a gli editti di Leone Ifaurico; ma in quel luogo veramente non altro intende che popolo, e turba , nel quai fenfb ufa quella voce anche Anaftagio più volte ; come ove ha , che Carlo magno andb con moltiffimi eferciti a Roma, che vuol dire con gran turba d'accompagnamento. Queft'autorefa menzione del traffico che alla meta dell'ottavo fe;» z*ek colo faceano i mercanti Veneziani in Roma, piuresve- e con 1'Africa.

%'"'""" Non farà inutile il far qui alcuna rifieffione

rifieffione fu quefti tempi. Il norric Italia continué in quefti due fecoli, anzi per gran tempo ancora, ad efler talvolta ufato nel fenfo Coftantiniano. Non bifogna perb maravigliarfi, fe nell' ifcrizione délia gemmatacorona di Monza, Agilulfo fi chiama Re di tutta Italia, benchè l'Imperador Gre- v p,.. co nepofièdeflè allora cosi ampia parte ; per- '■'•;.;■ chè Italia è quivi detta quella di qua,e col dirfi Re di tutta, allude Agilulfo all'aver lui finalmente efpugnate Padova , Mantova, Cremona , e altre piazze, che nella parte, detta fotto Coftantino Diocefi d* Italia , non erano mai ftate da' Longobardi fottomefle. Liutprando nella fua Storia difïè più fecoli dopo di Lodovico, che vedutal* /.;.,. Italia voile vedere anche la Tofcana ; e i Vefcovi d'Italia da quei délia Tofcana di- H. ftinfe, all'ifteflb modo appunto, cheLucio ^' da Italia Vefcovo di Verona, e Fortuna^mno «T.-.., da Italia Vefcovo d1 Aquileia fi eran fotto- ^; fcritti al Concilio Sardicefe . Cosi Epiftola del Clero Italiano fi chiamb quella del Milanefe publicata dal Sirmondo ne' Concilj Gallicani, a quel ragguaglio che Metropolitano d'Italia fi era detto S. Ambrogio. Tutto queftotratto fu poi detto ancora Longobardia, ma non prima del tempo de'Franchi: nel téftamentodi Carlo Magno par che tal nome fi attribuifca ail'Italia tutta; ma generalmente Longobardia fu quefta, e fu anche detta Maggiore a diiierenza di quella di là dal Tevere; e ne* tempi bafll fu anche diftinto talvolta con chiamar Lombardi quefti, e Longobardi quelli, di che vcgganfi le belle note,(quali ben fi conofcono del P. D. Gafparo Beretti,) a Otton Mu- *<-\ rena. Parve al Dandolo, che Longobardia ',! fi chiamafle diftintamentc 1' antica Venc- <. <■■ zia. Longobardia fu detto, benchè fi ufaf- ";'• fe di fcrivere Langobardi, perché taie era ( . lapronunzia, come fi èda noi in altr'ope- <i ra dimoftrato. La novità del governo introdotto da' Greci dopo la cacciata de'Goti, e le varie vicende avvenute per le continue guerre tra Greci, e Longobardi, refero prima fenza ufo la diftinzione délie Provincie Coftantiniane, poi fecero finoall' eftinzione del regno Longobardo varia fempre ed incerta in que' due fecoli 1' Italica Geograiia.Non eflèndofi in primo luogo da Giuftiniano ricuperata laRezia Alpina,nc gran parte dell' Alpi Cozie (intera notizia délie quali fi è finalmente acquiftatatre anni fono con la publicazione dell' Arco di Sufa) perch' erano occupate da'Franchi; fi trafportb il nome di quefte ne' monti Liguri, e s* inftitui una nuova Provincia nell' Apennino detta nona,e recitata in nonoluogo da Paolo Diacono; alla quale una Vcrona

Vcrona


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01

LIBRO UNDECIMO.

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I rona per errore fu afcritta, corne abbiamo I oflfervato altrove. Mandato poi ail' Italia ï un'Eferca, ed occupatanc da'Longobardi é cosï gran parte , cib che rimafe a' Greci di qua dal Tevere fu detto Efarcato, che andb perb mutando più volte i confini. Non pochi Ducati gli erano fottopofti , de' quali nomina l'ifteflb Autore fin negli ultimi tempi quelli di Fermo, d'Ofirrro, e d' Ancona. Se dobbiampreftar fede al PorfiM rogenito, alla parte méridionale un altro ! patrizio fi mandb poi da' Greci per Governatore. L'Italia de' Longobardi non fi divife in Provincie, amminiftrandofi da'Duci per lo più di Città in Città : grandiflimo ftato diventb fblamente il Ducato di Benevento, che moite regioni abbraccib , ed i Cui limiti fecondo le guerre andaron variando: dopo quefto fu quel di Spoleto, di cui pub quafi dirfi il medefimo. Anche la dignità di Conte ritennero i Longobardi ; e quefti ora gli vediamo Rettori di piccol luogo,corne fu il noftro Conte di Lagaro, or di gran Città, corne quel di Capua, due de' quali nomina il Diacono.Strano pare,che acquiftata Capua dal Ducadi Benevento, non paflafle a rifedere in efla, e non la facefle capo del fuo dominio, ma forfe per l'ifteflb riguardo nol fece, per cui diqua fu antepofta a Milano Pavia, cioè d1 anteporre le Città fbrti aile grandi. Furono in quel tempo i Gaftaldi ancora, nome , che il Ferrari crede derivato dal Latino, e ch' altri deduce dal Tedefco : furon propriamente cib che in Latino fi difle Villicus, nel quai fenfo nello ftato Venetoufiamotal nome ancora ,e furon negli fteffi luoghi ove Duca comandava, o Conte , onde non fi computarono conle prime dignità de* 1 Longobardi da S. Gregorio, ove diflè, che s'egli avefle voluto dar mano a far di loro ftrage, non avrebbero avuto più ne Rey nèDucbiy ne Conti: ma dalla cura délia cafla fifcale, e dell' economico paflaron poi più volte ad eflere anche Rettori, e giudici di Città, e paefi . Ufo fu délie nazioni Germaniche di denominarfovente le regioni dalla pofitura rifpetto a' quattro venti cardinale : quinci abbiamo l'Auftria in Germania, che in quella lingua vien' a dir paefe orientale -, la Normandia in Francia, che fignifica paefe fettentrionale; e fu già divifala Francia tutta ne' regni d'Auftrafia, Borgo8na, e Neuftria, cioè parte occidentale. Anche i Longobardi perb chiamarono Aupia, e Neuftria laLombardia, corne da ] proemj d' alcune leggi fingolarmente s* ln^para; per Neuftria intendendo la parte occidentale, cioè principalmente la Liguria, cper Auftria la orientale, cioè la Vcnezia.

Strano perb parendo di trovar I* Auftria in Italia , equivoci fono ftati più volte prefi. Narrando Paolo, che Alachi dal Pave- '• :• «■• 39fe (i porto per Piacenza ncll' Aaflria, Lindebrogio, e gli altri editori cambiarono in Iftria; del quai errore ben potea fargli accord il nominarfi quivi, corne Città dell* Auftria Vicenza, e dopo Trevifb. Sbaglio fu del Baluzio ancor più grave , dove nei Capitolari fece parimente in una legge di M. p.543. Pipino diventar' Iftria la Neuftria. Auftria fu poi fingolarmente nominato il Friuli,corne parte più orientale délia Venezia, e fu ancora con tal nome indicata moite volte la fua principal Città Cividale,come alla Città , e alla regione fu altresi comune il nome di Forogiulio. Ma i nomi d" Auftria, e di Neuftria poco furon ricevuti dagl* Italiani, e perb non ci fon rimafi, ma fi difperfero; e in que' tempi ancora non eflendo fondati in fiftema di governo, non ne furon diftintii confini.Vuolfiavvertireinoltre.chenon fi obliteraron mai i nomi Romani délie regioni Italiche: diefli, e dell'iftefTa divifione menzione avendo fatta, ed ufo Paolo Diacono, e più altri dopo lui, corne di norma Geograficapiù regolata, e più fiffa.La medefima li ritenne parimente nell' Ecclefiaftico, di che bel documento ci prefta il Sinodo Mantovano dell' 82-7,diftinguendo- Conc.t.g, fi in effb i Vefcovi dell' Emilia, e délia Li- c- 65s>- guria, e délia Venezia; dov' è anche notabile, che il Vefcovo di Brefcia fi computa nella Liguria, e quel di Verona nella Venezia; con che fi conferma, che il Brefciano non fu délia Venezia propriamente, ma corne adiacenza, e appendice. Confine tra 1' unae l'altra provincianon era perb il Mincio, corn'altri ha fcritto, ma il Chiefio, corne fièdimoftrato a fuo luogo. Tantopiù rimafero i nomi délie Città, e de* Caftelli: eflerfi mutato quel di Verona in Berna, malamente ha credutotaluno perqualche ferittura Tedefca, dove la falfa pronunziafece cosï trasformar quefta voce. Ma non occorre intorno ail' Italia de' mezani tempi afïàticarfi di vantaggio, dopo che il dottiffimo Benedettino da noi poco fa nominato ce ne ha data una cosi bella Carta, e con tanta Rir Ir> bravura illuftrata. Imprefa era quefta in- t. »o. tentata ancora, e non poco malagevole,ed ardua. Avea promeflb la Geografia mezana il Cellario, ma fe ancora l'aveflè data, appare in più luoghi, ch'egli intendea con tal nome la Coftantiniana. Originale èperb l'Opéra di cui parliamo; e vaglia il vero tante importanti feoperte in efla s'incontrano, e tante nuove notizie, edutiliffimeo£ fervazioni, che dee fenza dubbio tra quelle , che fanno più onore a quefta età, compu-

compu-


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DELL' ISTORIA DI VERONA

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putarfi. Vera cofa è, che non manca chi qualche neo imputar levorrebbe;opponendo per cagion d'efempio, che nuove oflervazicni ci fi trovino bensi, ma gran contrarietà infieme ci fi moftri a quelle, che per alcun altro fi fbfTer fatte: che fi affermi

h;. 161. corne cofa indubitata,avanti Coftantino la Gallia cifalpina , che pur' era Italia, effere ftata retta da' Proçonfbli, quai faceflero

tag. 14. refidenza in Milano : che fi attribuifca al P.

Bacchini 1' efcluder le Metropoli Romane,

quando di tal punto ei nontrattb ne punto,

ne poco, ond' altri di tal fua dottrina ne

„. abufo potè fare, ne ufo: e quando quel

V. Hier. j r nn >

Ecci.p.i9. grand' uonao ltette in queito con lacomune e volgar prevenzione, tenendo corne gli - altri la refidenza de' Prefidi nelle Metropoli geografiche : che trattando de' tempi Longobardi gran cura fi ponga nel dïfputar dell' origine de'Vcneti awenuta nell' età incerte ed incognite: che uno de' più lunghi Capi délia Geografia mezana fi aggiri non giàintorno a'tempi Romani, quali conefsa hanno relazione, ma intorno a' primi abitatori délia Tofcana, talcbè convien poi dagl' ignoti Lucumoni,e dal tempo mitico faltare ad Alboino, ch'è aflai maggior falto di quello, che l'Autore rimproveracon ragione a gli Storici délie Città, quando da' Romani paflano a' proffimi fecoli. Ma quelle ,e fimili oppofizioni fonfuori di fuamateria, e di fuo argomento, onde poco cafo è da farne; e folamente è da defiderare, che il chiaridimo Autore agio abbia di ritornarvi fopra, e di rifàr quefia fua belliifima faMf. 314. tica, corne promette; veri(fimo eflèndocib che in fine accenna, d'averla dovuta lavorare con molta fretta, e fenza quel comodo, che a si fatto aflunto fi conveniva.

Toccammo nell'anteriorlibro d'alquante cofe, le quali co' barbari , e fpecialmente co' Longobardi in Italia vennero; ora con maggior frutto di moite favellar conviene, che non ci furono altramente da efli recate, benchè ne'moderni tempi cosi generalmente fi fia credqto, e fi creda. Non farà un deviar dal propofito il diftbnderfi alquanto in cosi fatte offervazioni ; poichè non bifbgna penfare, che ufizio dell'Iftoria fia il parlar folamente délie guerre, e de' dominanti: ne farebbe perduto il maggior benefizio , e il principal frutto, quando de' cambiamenti nell'ufo délie cofe avvenuti , e délie inftituzioni più importanti l'origine, il tempo,e gliautori non fi venifferoper effa a fcoprire . Cofa è fommamente maravigliofa, come con tutto il lume di quefia fèlice età, e con tutte le dotte fatiche in difotterrar monumenti, e Scrittori de'mezani fecoli in si gran numéro, ideapur corra

corra dello fpazio di mille anni cosi diftorta , e délie cofe d'Italia in que tempi, per quanto fpetta a moite parti, colarità, immaginazion regni cosi contraria al vero, che ficcome incidentemente in certo Trattato abbiam detto, feçondo effa. p, t converrebbe dire, all'entrare in Italia de ^-. barbari uno fpirito lapidifico avère occupati gl'Italiani talmente, che impiçtriti in un momento tutti, cofa alcuna nonaveficro più operata , onde tutto cib> che in Italia o di buono o di reo da poi s' è fatto aslifiranieri attribuir fidovefiè. A loroc' è in primo luogo chi attribuifee anche l'eficr noftro , quafi per progenitori debbanfi da noi riconofeere, edaeffidifcendanola maggior parte degl'Italiani de' nofiri giorni: il che quanto fia fàlfo, puo apparire in primo luogo dal rifiettere, come ne Teodorico , ne Alboino ebbero nelle loro aggrefiioni dagl'Italiani contralto; onde firage nonfu fatta alcuna : e apparirà in fecondo dal confiderare, quai diftèrenza di numéro correffe tra gli abitanti, e gl* invafori. Chi ha fatta rifleffione fopra molti monumenti municipali délie prifche età, ben fa qualfofsc 1' antica popolazione in Italia anche nelle Città di poco nome, e ne'più afpri monti, e ne'vici. Vera cofa è, che nel bafTo feculo guerre,pefti, e altri malanni l'afflifleio; ma per quanto ne foffe pero la gente fecmata, in maggior quantità forfe che al prefente non la veggiamo, è inolto ragionevoleilcredere, che ancor rimanefle; poichi: infinita era prima, e fe ne puo prender f;i^ gio dalla Città di Roma, che ognun fa, come più millioni diperfone dentro fe conteneva : e benchè i mali de' tempi d'Ono- prio tanto fi efaggerin da Procopio, abbiam ' ; da Claudiano,ch' anche inquell'età i gran: d* Africa, e dell' Egitto ci volean per no- £ drirla. Ma il numéro de'barbari, che in Italia allignarono , minor certamente lu, ch' altri non crederebbe. Lafciando gli Eruli, che furon ben tofto o trucidati, o elpulfi da Teodorico , venne quefti con gli Oftrogoti ; i quali che non foflero immenfa turba , fi pub raccogliere , perché dopo la lor feparazione da Vifigoti, viiïero il' affài tempo fbtto il dominio degli Unni. Che veniflè Teodorico con grandifiima quantità di gente, niuno ha notato di que'Scrittori, che cib d' Attila ben notarono. Ne qui moltiplicaron gran cofa , poichè con mediocri armate venute per mare furon finalmente vinti, e disfatti da* Greci ; e quel ch'è più notabile, terminé) la guerra con ^. pattuire, che ufeiffero d'Italia co' loro arnefi per fempre que' Goti, ch' eran fopravanzati a i conflitti. Senfibileadunquer>on

pote


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00tè efTere la quanti ta di quelli , che per Lventura ci rimafero. Ecco perb, corne ci riduchiamo a' Longobardi . Ma di quefti fu fing°lar proprietà fin d'antico l'efsere in oochi; il che impariam da Tacito, ovedire che facea onore a Longobardi il lor poc0'oumero, mentre con tutto cib fi fapean difendere da tutti i vicini con l'armi. Che fin quando eran detti Vinili, poca brigata foflero, narra Paolo Diacono. Quando Alboino fu per prendere verfo Italia le mo/fe, conofeendo di aver poca gente per invadere e per tenere tanto paefe, dimandb aiuto a' Saffoni , che venti mila uomini gli mandarono con le famiglie Ioro ; quefti qui non riinafero, perche a* lor paefi tornaron poi malcontenti de'Longobardi. Nonvennero coftoro adunque in numéro , cheaveffe proporzione con que'millioni diperfbne, che abitavan l'Italia da un capo all'altro: ne per quefto è da far maraviglia, che ne ocaipaflèro,e ne riteneffero poi sigran parte. Difle Agrippa preflb Giofeffo, che le Gallie eran tenute in fervitù da i Romani con mille, e dugento foldati, quando avean tpiaft maggior numéro di dît à. Non fu per 6 da'Longobardi ripopolata 1' Italia di nuovo, e chi l'ha fuppofto finora, non ha penfato in oltre, corne coloro non occuparon già mai l'Italia tutta; perché non ebbero mai Roma, che n'era capo, ne più Città di Tofcana; non Napoli, ne alcun' altre di queltratto, ne la Calabria inferiore; non Ravenna, ne tante Città e regioni dell'Efarcato, e délia Pentapoli, fe non ne gli ultimi tempi, c con doverne far ben tofto reltituzione; nonVenezia,ne l'ifolediSicilia, Sardegna, e Corfica ; non i paefi Alpini, ne Mflria: anzi ne pur tutta la provincia Veneta non dopo Agilulfo , ne tutta la Liguria fe non dopo Rotari . E pure non fu altramente difabitata quella meta d'Italia, che i Longobardi non poffedettero, e corne gl* Italiani in effa fi mantennero, cosi fi mantennero neli* altra ; e corne anche le fchiatte nobili in quella continuarono, cosi non mancarono in quefta . InPavia iteffa, principal fede,e quaficentro de' Longobardi, continuate fempre illuftri famiglie Italiane veggiamo in Paolo Diacono, dove parla di Teodota, fanciul\ la di nobiliffima febiatta Romana in tempo di Cuniberto; e noi l'imparammo ancora da I "ifigne documento letto già in quella Cittt, dove fi vede la fbndazione del Monaîtero detto del Senatore, fatta quivi nell* ultime età de' Longobardi , cioè 1* anno teJzo del Re Liutprando , da Senatore fil»uolo dell onorando Albïno. Ne i nomi bar- I ton baftano talvolta per far fede délia di-1 ver. IHufir. Parte I.

feendenza, perche gl'Italiani ancora alcune volte gli aflunfero, fofl'e per parentadi, fbffe perché dique'nuovi, e ftranieri fuoni fi compiaceflèro. Molto meno bifogna per quefto conto fbndarfi in généalogie, gli autori délie quali non credono d'aver fatto nulla, quando le illuftri famiglie d'Italia non fanno venir di lontano. Cosi la più antica, e la più grande di tutte, cioè la Real Cafa di Savoia fu derivata dalla Safîbnia ; ma l'autorità d'Otton Murena , che fola in cib meritava confiderazione per l'età di quell'Iftorico, fi è trovata fvanire, quando offervando i manuferitti fi è veduto il Conte Umberto dirvifi de Savogna, cioè di Savoia, non de Saxonia , com'era (lato ftampato ; e Savogenfis Comitis leggerfi in quell'ifteffo paflb citato da vecchia Cronica, corne pub vederfi nella Prefazione ail' Opéra pregiabiliffima délie Antichità E- p*s- 1* fienft : per verità dalla Savoia, e non mai dalla Safîbnia fon denominati que' Principi negli antichi document! ; e per credergli d' Italica origine rifleflion mérita una Carta del 1098 publicata dall'Ughelli,incui(Jm- t. 4. <•. berto primo Conte , figliuolo d'Amedeo, 1C43> profefla la legge Romana. Il nome d* Amedeo non eûranco, ma Latino, corne Quodvultdeus, Servideus, e fimili, raro fuor di quel Regio fangue, ma quafi ad eflb proprio, e particolare, congettura fuggerifee di derivazione da quell' Amedeo, che l'anno 940 accompagnb Berengario Marchefe d'Iurea, quando fuggï in Germania ; e il quale dolendofi del Re Ugo, che le dignità, e gli Stati a'(Iranien dava, non a Italiani, osb in abito mentito di venir a cfplorare i penfieri de* Principi d* Italia . Lo chiama Liutprando nella fua StoriaMilite di fmgolar nobiltà , e per fagacità, e bra- /. 5. ,.f. vura non inferiore ad Uliffë. Forfé Beren- MMum gario fatto poi Re d'Italia inpremio délia *^7/^î. fua afîèzione, e del fuo valore gli donb la Savoia , o gran parte di efl'a.

Veduto corne ne fi fpenfe la nazione Italica per la venuta de' barbari, ne lafeiô corne prima di propagarfi, pafliamo a vedere, corne non lafeib parimente di operare quai per 1* avanti, ne tutti a quel tempo in Italia fi trasformarono gl* inftituti, ne tutte per effi avvennero quelle mutazionida tempi Romani che nacquero. Principiando dalpunto piùefienziale,non cambib per effi l'Italia di religione, ne un fol borgo fi trovb , che a imitazione de* Longobardi la Gentile abbracciaffe, o l'Ariana; ma effi all'incontro rinegaron col tempo la propria, e la noftra prefero. Con la religione venivano a mantenerfi negli Ecclefiaftici la legge Romana, la lingua Latina letterale, e

V mole


3°7

DELL'ISTORIA DI VERONA

3c3

molt'altre cofe.Non cambiaron parimente gl'Italiani d'abito, ne di fembianza , ma all'incontro i barbari fi adattaron col tempo, e s* uniformarono a gli ufi noftri. Portavano i Goti, e i Longobardi la barba, e gl'Italiani no, onde fi rife Ennodio di coc*rm. lui, che due cofè ripugnanti accoppiando H.i. jnfieme, con vefti Romane, e con faccïa barbar'tca, cioè imbofchita , compariva . Quanto ftrano e diverfo dal nofîro fbiTe il veftimento de'Longobardi, Paolo Diaco/.». f.i3. no ci defcrive , avendolo raccolto da una pittura del tempo d' Agilulfb ; e dicendo lui, che imparb da efta, quai fofle allora il lor'abito, e 1'acconciatura de'capelli, moftra, corne avean poi cambiatodeltutto, e abbracciato l'ufo del paefe: anzi accenna quivi, che cominciaron già dopo Agilulfb a prendere dal veftir de'noftri. Varj monumenti, e fingolarrnente le figure che fi trovan fu i codici, infegnano, comc gl'Italiani folamente verfb la fine del 1400 prefèro a imitare il veftimento di ftraniere nazioni. Credefi ancora volgarmente, che le arti del difegno foflero guaftate da' barbari, per cagion de'quah fi foftituiHè anche in Italia la lor maniera alla noftra , onde Gotici , e Longobardi fogliam chiamare i goffi , e ridicoli lavori de' mezani i?». ir. fecoli, e délie deformi Longobarde pittu.M.p.332. re ^ece men^jone anche il Pellegrini. Ma quetta è opinion falfilfima ; perché i barbari a cosi fatte opère non ponean mano, ne le praticavano in niflun modo, e folamente in Italia le videro. L'idolo più rinomato de'Germani detto Irminful, era un gran tronco d'albero collocato in alto, onde apparifce, ch'arti figurative non ebbero . Il corrompimento dell'arti incominciô molto prima del regno de'Longobardi, e de'Goti , corne da quanto û ha del quarto e del quinto fecolo fi pub vedere, in che lafciando altre ragioni, ebbe moka parte la pie- I ta de' primi Criftiani , i quali eflèndo allora la pitcura, e la fcoltura tutte dedicate ail' Idolatria, e non potendofi apprender bene fenza frequentar quelle fcuole, ch'eran piene di fimulacri, e d' opère di Gentili, lafciarono d'applicarfi a quell'arieiiol ti, corne ben da Tertulliano fi accenna, e c'%' fenza avère altro maeftro che la natura,

corne fi era fatto nel primo nafcere del difegno, grofïàmente le efercitarono.

Sopra tutto a'barbari fi attribuifce l'aver trasformata , e guafta 1' Architettura, per aver portata in Italia, e méfia in ufo la propria loro, onde quafi nuovo ordine venifle a ftabilirfene informe e fregolato , che chiamiam Gotico . La radicata prevenzione, e la confuetudine farà parère affai

affai fe diremo efler cib parimente falfo, e l'architettura Gotica non eflerealtramente venuta da' Goti, e niuna parte avère i barbari in efla: la verità non pertanto è taie. I barbari non aveano architettura ne buona ne cattiva: eran nativi di paefi , dove pochiflimo era conofciuto il fabricar di muro. Abbiamo in Vitruvio , che dalle nazioni fi facean gli edifizj di tavole, e di paglia; in Plinio, che i Set- h. tentrionali coprivano le lor café di canna ; in Tacito, che i Germani non adopravano M, nel lor fabricare ne tegole, ne faflî , ma G"i legname roxp fen^a alcuna cura di venujlà '"' ne digracia; inErodiano, che fin nel terzo fecolo Criftiano le Città de'medefimi ;,,,, Germani rari cafamenti aveano, dove fof. fero mattoni , o fafii, e poteanfi abbrug. giar facilmente per effer di tutto legno; c abbiamo nella legazion di Prifco, che la più fontuofa abitazion d' Attila era di tavole parimente, e di travature. I Goti adunque, e i Longobardi degli ornamenti per certo, ne' quali l'arte principalmente confifte, non poteano avère notizia alcuna, e tanto de'buoni quanto de'cattivi . Si 11dean coiloro di tutte 1* arti, fuorchè délia militare: vennero in Italia foldati , e non muratori, ne architetti , e vennero fenz.' altri arnefi o ftrumenti, che gli fpettanti alla guerra. E perb intàllibile , che que' medefimi artefici i quali opéravano in Italia prima délie loro invafioni , operarono anche dopo, e che in si fatti meitieri non pofer mano Longobardi o Goti, clv eran venuti per impoflèfiarfi de i terreni, e per dominare, non per lavorare. Ne erano già in tanto numéro, ch'oltre al fupplne alla euftodia di tante Città, e Caftella, ed oltre al formare eferciti per le continue guerre, aveflero anche potuto fbmminiftrar perfone per impiegarfi nelle fabriche, e ncll' arti : che fe col tempo i difeendenti loro vi s'impiegarono, cib fu dopo efler diventati Italiani, e per avère apprefb qui l'efercizio di que' lavori, che ne paefi dagli avi loro abitati non fi conobbero. Confermafi quefta verità mirabilmente dall' oflervar nella Citcà , e diftretto nofiro, corne gli architetti, e fcultori de'mezani fecoli,che fi fon potuti rinvenire , non di ftraniera gente, ma d'Italiano fangue fi manifeftan dal nome. In tempo del Re Liutprando , che regno, corne abbiam veduto,dal T^ al 744, nobil tabernacolo di pietra fu lavorato, e inalzato in S. Giorgio di Valpulicella, con inciderne la memoria in due colonnette, nelle quali abbiamo i nomi del Gaftaldo, de' Cuftodi, e degli artefici, co- * me nelle riferite Ifcrizioni fi pub vedere .

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Ora da i nomi di Refol, e di Tancol barbari d'origine fi riconofcon fubito il Gaftaldo e l'un de'Sacerdoti; corne all'incontro' il H^ejlrOy e i due fuoi difcepoli, che unitamente in quell' opéra fi adoprarono , per Italiani fi ravvifan tofto da i Latini no[ni Orfo, di Gioventino , e di Giov'iano. Vedremo parimente nel'fecolo appreflb , tome famofb fi re(e qui Pacifîco per ogni forte di lavoro in legno, in marmo, e in métallo; e in più bafîb tempo, corne fi diftinfero nell' architettura, e nella fcoltura B'ioloto, e Adamino: ne altri abbiam de* noftri, che ci fien noti. E perb fuor di dubbio, che il nome di Gotica , dato a quella cattiva maniera d' ornar gli edifizj folamente nelle proflime età, quando fi coniincib a rimetter la buona,e l'antica,non altronde nacque, che dall'ufo di chiamar con nome barbaro tutto cib ch' è rozo e malfatto, e nulla più dee perb valere tal denominazione per farla crcder portata da' barbari, di quel che vaglia il nome, che parimente fu dato di Gotiche, e di Lon<iobarde aile ftampe di brutti , ed abbreviati caratteri, per far credere tal modo di ftampa portato in Italia da Longobardi , o da Goti. Quanto allô fcadimento dell' Architettura, non perché fofle avvenuto a lor tempo farebbe tofto da attribuire a loro ; poichè non declinô tal'arte folamente in quelle parti d* Italia ove furon* elïi, ma in tutte. Ma il fatto (la, che ne pure è vero, che decadeflèro a lor tempo, ma molto prima, e chi le antichità ha oflervate , ben fa, corne fin ne' tempi di Traiano, fegni già s*incontrano di peggioramento, e corne nel terzo fecolo Criftiano fi vedecorruzion grande; ma del quarto moftruofità fi trovano, e tanto più del quinto; e pur folamente nel fin di quefto fi (labili in Italia il regno de* Goti. La cagione di tanto corrompimento ( da noi fteifi nata, e non già da'barbari) fi moftrerà nel terzotomo di queft* Opéra, ove fi parlera degli Artefici. Ma non è qui da tralafciare cib che awercir non fi fuole; cioè che fi corruppe ne 1 bafli tempi 1' edificatoria per cib che fpetta aile grazie dell' arte, ed a gli ornamenti, ma per quanto riguarda la perfètîa compofitura délie muraglie, e la (blidita, e la magnificenza, fi ritenne in Italia «on folamente dopo la venuta de' barbari, ma fino a gli ultimi fecoli la fteffa maniera de* Romani ; grandi, e perfetti materiali iifando, frammifchiando poca calce, ecos» efattamente , e pulitamente commettendo, che a fronte degli edifizj fatti ne' rnezani fecoli ridicole fbno le più délie no»re muraglie , piene di cattiva malta, Ver. lUufir. Parte I.

mal'archeggiare fopra i vani, e alla rinfufa, e quafi a cafb comporte, ond' è neceffario intonicarle per coprirne i difetti, e la deformità . Anche quell' antico alternare di ftrati, che fi offerva ne' mûri interni del noftro Anfiteatro , continua pur fempre . Se ne ofTèrvi per /âggio il fianco efteriore délia Bafilica di S. Zenone : veggafi con quai perfètta conneffione, e con quai vaghezza vi fi alternin le piètre, e i mattoni, ma poco men duri délia pietra ftefla , e fi riconofca la fuccedione, e la difcendenza de' Romani artefici. Anche il mifchiar con minuta ghiaia la calcina fecondo 1* ufo Romano, e l'ufare intrifb, che col tempo impietrifce, fi vede qui durato fino al decimoquarto fecolo. Potrebbe aggiungerfi , ch'anche nella fimetria générale , e nelle proporzioni non mancb mai del tutto l'antica idea . Di maniera belliffima affèrmo perb ilVafari eflertrâ l'altre l'anticaChiefa di Sant'Apoftolo di Firenze, Iodandone anche il girar degli archi, e i fufi délie colonne, e i capitelli : non poche fon le fabriche in Italia anteriori al riforoimento dell'arti, nelle quali oltre alla ftruttura , fe poteffimo levarnc i fefti acuti degli archi, e l'irregolarità de' capitelli, e délie colonne , gli ornamenti ftelfi non mancano di grandezza e di grazia; talchè odefi talvolta chi tali edifizj rimirando, fi volge a lodarne i Longobardi, o i Franchi, purcoll' impreffione , che dopo i dominii (Iranien gl*Italiani andaflero in nebbia, e non operaflèrpiu, edaque*pochi forallieri tutto fi facefie.

Ma che diremo délia noftra lingua volgare? comuniflima dottrinaè,chefene debba 1' origine a' barbari, e che nafcefle dal mefcolamento délie lingue Ioro con la Latina. Con tutto cib indubitato a noi (embrà, che niuna parte aveiïèro nel formar l'italian linguaggio ne i Longobardi, ne i Goti, e ch'eflo da cosi fatto accoppiamento non derivaffè altramente . Ne proporremo in fuccinto alcune ragioni, perché que* faggi, quali ne da preoccupazioni fi lafcian rapire, ne le opinioni in riguardo délie perfone , o de' partiti, ma unicamente in grazia délia verità approvano odifapprovano, ne faccian giudizio. Mirabil cofa è, corne l'aftètto a Roma faceflé a^iâtto difperdere l'antiche e primitive lingue, non folamente in Italia, ma nella Francia, e nellaSpagna, abbracciata da per tutto la Latina , benchè nel popolo variamente corrotta, fecondo il genio, e la pronunzia de'paefi , e délie lingue, che vi erano avanti ; onde quelle che vi fi vennero formando, fi chiaI maron prima Romanze, o Romane ruftiV

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D E LL' ISTORIA DI VERONA

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chc. Per quanto ail' Italia fi appartiene, bifogna dunque prima d'altro iupporre,che Goti, e Longobardi, e più altri popoli ufciti dalle parti fettentrionali , e famofi fotto diverfi nomi per le invafioni loro in que'tempi, ebbero l'iftefîâ lingua, corne B.uvani. infegna Procopio, e da lui Teofane, e che /I'" 2" quefra fu la Germanica, comune a Franchi parimente. ïal lingua in foftanza fu la Tedefca; e benchè in cosi lungo volger di iecoli, e in tanta eftenfion di paefi granvariazioni, e alterazioni patiflè anch'ei(ia,con tutto cib ne mutb d'indole, ne di genio ; anzi oltre al nome di Teutoni, e di Germani, che fon pur meri Tedefchi, corn' t,r- ancodiMarcomani ,efimjli, c cosi il nome

tbum erd, fa Longobardi, e di Goti , quafi tutte le """>- voci , addotte per buona forte nel libro di

nurn man _ . ' ni- i i- n

*cfttt eft. lacito corne allora di quellinguaggio,neir land ifteiTo fîgnificato fon pur de' Tedefchi al gît- gjei- bel giorno d'oggi.U nome, con che dal H»» rifp]endere chiamavan 1' ambra , fi ha in Plinio ancora, il quale nell' ifteiTo luogo l-n-'%. infegna, corne chiamavafi Aujïravia da' barbari un'ifola dell' Oceano fettentrionale, nominata da lui anche in altro luogo , /•4 c. 13. benchè le ftampe vi portino Aujlranui\ onde veggiamo quanto antico fia prefio quelle nazioni anco tal génère di nomi prefo da* /. 1. r.10. venti. Rugjland y e FWIt/abbiam nel Diacono corne antichi luoghi de' Longobardi. E* foverchio far' ofièrvazione fu le voci Tedefche, quali nel le Longobarde lcggi fpar lamente furono ufate. Or porto che lingua Alemana ufafsero le genti venute in Italia, a chimique penfa la hngua Italiana dal lor parlare, e dalla pronunzia loro efser nata, potrebbe chiederfi, fe Alemani udiffemai, che traefïî ragionafsero. Probabil percerto è, che cib non gli avvenifse ; poichè riflettendovi, avrebbe facilmente conofciuto, corne niuna parte potè aver nella nofîra una lingua cosi diverfa di genio, cosi lontana di voci, cosi contraria d'accenti, e di fuoni. La lingua Latina era un onefto temperamento di vocali, e di confonanti, preyalendo alquanto quefte : 1' Alemana, e l'Italica fi poffon computare per le due eftremità oppofte : 1' una per la quantità délie confonanti, l'altra per la quantità délie vocali: S[uella quafi tutte le parole termina in cononante, e fpefib çon più d'una, ufando d'addoffarle; quefta le termina quafi tutte in vocali, e nelle fue voci per lo più non minor numéro di vocali mette, çhedi confonanti , e qualche volta anche maggiore . Corne mai dunque potrebbe l'una avère avuto parte nella formazion dell'altra? egli è chiariffimo, che fe la corruzion délia Latina fbiTe nata dal mifchiarvifi la lingua de*

] barbari, e dall' ufo délie lor pronunzie, ! moite vocali fi farebber tronche, e moite S confonanti accrefciute , con che la robu! ftezza farebbe degenerata in afprezza ; quando tutto ail* incontro, avvenne la cor, I ruzione principalmente, pertroncarlecon, ! ionanti, onde la favella fi refe tutta dolce, corne a molti pare , o degenerb in molle , ! corne pare ad altri. Ne fia çhi s'inganni ! per nomi barbari Italianizati da noi ; per| chè Agilulfo per cagion d' efempio nella corona di Monza è Agilulf; Liutprando in più membrane di quel tempo è Liutprand; vl Cuniberto nella fua lapida in Pavia è C«- u.r< I n'wgpert. Tanto parci poter bafîare, e tan- z.Ar \ to almeno a noi certamente bafta, per co- £/■:' \ nofcere quanto c'ingannammo, quando af! ferimmo in altr'opéra e 1' abito, e la lin- £•,-,„ i gua per la dimora de'barbari efîèrfi in Ita- '■■■' j liacambiati. L'iftefïb diçemmo quivi an! che de i nomi de' paefi, quando délie lor lingue ne di Città nome abbiamo , ne di ! villaggio. Che rileva, fe forfe una venti! na di vocaboli ufiamo originati dal TcdefI co? che monta cib nel corpo e nell'impaj fio d'una lingua? afiai più n'abbiamo dal I Greço, e aflai più ne abbiamo dal ProI venza'e. E avvenne fbrfe tal mutazion di : linguaggio folamente nell'Italia, che da' i Longobardi fi tenne? ognun fa, che fegul i l'iftedifiimo anche in quelle parti di efia , I dove çoftoro non furon mai. Ma da chc dunque diranno , provenne la trasformazione délia lingua Latina nella volgare ? provenne dall'abbandonar del tutto nel f'avellare la Latina nobile,gipmaticale,ecorretta, e dal porre in ufo generaîmente la plebea^ , fcorretta , e mal pronunziata . Quinci quafi ogni parola alterandofi , e diverfi modi prendendo, nuova lingua vennc in progrefïo di tempo a formarfi. Ne ficreda che da' barbari rccata fo(i'e cosi fatta fcorrezione , e fa lia pronunzia ; si perche abbiam già veduto, corne del tutto oppoflo fe ne farebbe per eifi indotto il cambiamento; e si perché molto prima de'barbari era già tutto quefto in Italia, corne faremo ora in pochi verfi conofeere.

Scrifle Q^uin.tiliano, aver fovenre in Ro- ' ma gtinteri Teatri, e tutta la turba del Cir- ';) co gndato barbaramente, cioè fatto applau- < fo, o chiefto qualche cofa in cattivo Latino: era dunque comune in Roma avantile irruzioni de* barbari un linguaggio plebeo, différente dal rimafioci ne' libri. Saminonico, che fu in tempo di Settimio Severo, J\ nomina ilparlarvolgare.Plinio,e S. Gerola- , mofannomçnzionedel linguaggiomilitareper < l'ifterTocheilîw/^n? dichiaratodal fecordo. , Tal modo di favellareè quello, che ne'me- 1

zani


\ v3 L I B R O U N D E G I M 0.

anj tempi'fa detto ntjlîco, cioè rozo , c ,, oloprio délia gente idiota, e rufticana ; ma -he tal corruzionenonfioriginaflealtramenda barbari, ma correffe in Italia molto avanti,chc i barbari ci capitaflero, puoimpararfi da S.GeroIamo; dalqualeabbiamo, come in lingua rnfiica fcriflè un' opéra Forr;'. tlUia7.iano Vefcovo d'Aquileia in tempo di • Qjftantino; il che fu per altrd di nuovo, e non feguitoefempio,noneficndofi tal lingua îidoprata quafi mai nelle fcritture. Nonbi(oo\rà adunque credere, che quando un Concil'o in tempo di Carlo Magno ordino di trafpoi'tar le Omilie de' Padri in lingua Romand ruflica, aljincbè più facilmente fojjero intcfe ,quefta diitinzione in Latino letterale, e plebeo foflè cofa nuova ;e tanto menoquando neîl'epitaffio di Gregorio V fi diflinfe la vol^ar lingua dalla Latina.

Per intender cofa fbffe quefto parlar del I volgo, è prima da fa père, che di moite cote v eran due vocaboli ,unde' quali fi aùopiava dalla gente colta, e dagli Scrittori, l'altro era proprio délia plcbe, ed ufuale. Per cagion d' e/êmpio caput era la voce no. bile; tejla, che abbiam per capo in Aufbnio, era la popolare; propriamente cosîdiceafi il cranio per la fimilitudine, onde te■„,. ftam capttif difle Cafficdorio. Os fi diceva da chi parlava con pulitezza; buccay che abbiamo in Plauto, e in Giuvenale, da chi trivialmente. Equus, ed Equinus crano délia favella élégante; caballus, che fi ha in ,;■ Orazio, e caballinus, che in Perfio, e in Giuvenale délia plebea. In vecedifimmfcrii ve Servio,che volgarmente fi dicea loetamen: '5 gli uomini gentili dicean pumilio, il volgo in?- peritOy come parla Gellio,dicea nantis: per fignificare il tuono, vi era tonitrus ,c viera | < tonus, come da Seneca ; vi era dies, e vi era 36 iornus, forfe trasfèrito da bornus, che dinotava cofa di quefiV anno: vi era pulcber, e kllus, rubeus ,e rujfus ,che fi ha in Catullo; vi era lus, e vi era brodïum , che troviamo in S. Gaudenzio; vi era cupidus, e vi era bramojvs, ch' è due volte in S. Zenone. La voce becco preffo la gente roza par che avefié anche ne'tempi Romani 1* una e 1* altra hgnificazione, ch' oggi le diamo : che fi ufafle per roftro d'uccello, indica Svetonio; che per animale un' antica lapida d' uomo dital nome,ïu la quale fecondol'ufo *i*alludere al nome con la figura, è fcolpito un irco. Lineatuntca proferivano le perfb«/. "e coke; camifia i mihtanti, come fi vede jn S. Gerolamo: placenta, ofpira era il parw pulito ; tort a, che fi vede nella verfion ^°lgatapiù volte, era Y ufuale. Per craf . ./*' comunemcnte fi dicea groffus, onde Cafiloio^ogrojftjfima; e di qua grojft t che ab- I

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biamo in Plinio, e nella Volgâta,'non "ik forfe per fichi immaturi, ma per que'-primi, che da noi fi dicono fior di fico, epotean cosî chiamarfi per elfer più grofll degH altri. I dotti diceano byems, e la plèbe vernus , onde noi verno, einverno, délie quali voci niuno ha mai affegnatala derivazione: abbiamcio imparato da quel preziofo codice del noftro Capitolo, che contiene il Salterio d' antica verfione, eanteriore alla Volgata, perché in eifo in vece di <ejlatem et ver, fi legge <eftatem, et vernumy il che cor- p/. 83. rifponde ail' Ebreo, e con più propriété, per dinotar tutto 1'anno, fi dice l'eltate, e'l verno, che 1' eftate, e la primavera. Nell' iftefîa verfione fi legge ancora nùnrtoa in luogo di comminatio, voce, di cui fi valfe Plauto non una fola fiata. Battcre è molto lontano da percutere, ma il medefimoCo- crf. 1•/■• mico ufaneii'ifteflb fenfo batuere: menoerec '^.,"..,r molto lontano da ducere, ma in Apuleio, til» *-. e nella Volgata più volte fi ha minarc: travafi in Apicio, e in Palladio cribellare, che pulitnmente era cribrare; e lafciamo d* addurrepiù, come ne pur tanti n' avremmo addotti,fe troppo ftrano non parefîe il fondarsi fattecondderazioni in unefempioodue com'altri ha fatto; per lo che non è per cagion d'efempio da arauire veflioio di limma Goticain Italia nel nonofecolo, pertrovarfi in un Sermon di .Ramperto la voce atta\ e tanto più, ch' è molto probabile dovcrfi qui legger tatayche fi dicea dafanciulli Romani volgarmente per padre, come mamma per madré :diceafi ancora per vezzopopolarmente puta, c putilla, onde noi putta, e putella.

Aile volte ancora le vocibuoneeranoufate dal volgo in fignificaziondiverfa.cosî/'^- rentes, che propriamente volea dir gcnitori, impariamo da S.GeroIamo che volgarmente fi ivfava nel fenfo Italiano diparenti ,cioè ni!v R"fcongiunti: cosi tomare, che volea dir lavo- pr)'„'"co. rare al tornio, e da eHb retornare, veniva °**tetet ufato per redire; il che apparifce in Tcofa- "fl'"e!- ne, ove racconta,che nell'armatadell'Imperador Maurizio per efîerfi gridato torna torna fratre, tutti voltaron faccia, e fi mifero a fuggire: voce degli Ungari 1* ha creduta il Cangio, ma farà data de' Valachi. »'» RetorCofa è tra gli Ufiziali dell'Imperadore,che nare' in quella parte furono, afïai divulgata, t narrata come maraviglia, che in Valachia, ed anche in Moldavia fi parli Italiano : fàttà perb particolar ricerca, molto veramente abbiam ricavato, effer rimafo in quel paefe del linguaggio délie milizie Romane, che quivi, come in paefe di confine, foggiornarono ftabilmente; il quale non già Italiano, ma fecondo militanti era Latino plebeo, e

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DELL' ISTOR'I A Dl VERONA 3l6

fcorretto, con che veniva ad accoftarfi ail* Italiano. E quanti de'noftri vocaboli,edélie noftre forme non fi vedrebbero di più nel Latino , fe quellalinguacifoflè arrivata tutta? quanta parte polfiam credere ce ne refti occulta, come non confegnata a* libri? fpezialmente délie cofe ufuali, e délie fpettanti ail'arti,e tanto piu che dell' arti non fu chi fcrivefle: pero ancora alcune voci non le intendiamo, come più cognomi , quali per altro eran fopranomi fignificativi: in efli qualche voce ravvifiamo non riricevuta nelle fcritture , come bafjtts, che C è rimafo. Da quefto non faperfi la lingua tutta nafce il creder fovente di ftranieraderivazione parole, che e da noi, e da quelli, che ne crediamo autori, fi prefero dal Latino. Dei vocabolo jproni a cagion d'efempio l'originazione fi fa da tutti Tedefca : ma nella Sinodica del noftro Raterio un buon manufcritto in Frifinga legge cttm calcariis , quos fparones rujlice dicimus: onde noi fermamente crediamo derivafle àzfpara, ch' erano rninim punte, o dardi piccoliflimi, come infegna x-Mrit Fefto : fi pub imparar da Virgilio, ch' era arme rufticana,onde non è maraviglia,che 'jFrntr-' ^e^a rufticana lingua ne fofTe il nome. Ab</u-m.- biamo Garda in quefto territorio, luogofor»"' a,mat te in altri tempi, ficcome dirficilmente acj?arus. cellîbile, il cui nome fi fa venuto dal Tedefco, col fbndamento di fuppor voce TeWant. defca anche guardia : ma bel pafloèinPlutarco, dal quale poffiam conofcere, tal voce eflere ftata in Roma fin da tempi di Matofqiftut ri°> narrandofi da quell* Autore, come Ma;:,«», o»c rio fiera fatto unaccompagnamento di fer]l]li^'i°r wx aftati > a* quali dava egli il nome di rouai-. Vardie: cosi porta il tefto Greco . Gran ri fa ko a quefte oflervazioni dar fi potrebbe, fchieiando i nomi, e i verbi, e i modi, che fon particolari al dialetto Veronefe , e facendo oflervare, come fon tutti dal Latino, fuord'alcuni pochi, che abbiam dal Greco; e come ni un ve n'ha, che alla lingua Germanica fi riferifca: poichè fe in Verona, che con la Germania quafi confina, e la qualeabbiam veduto, come dal primo regnar di Teodorico fino a gli ultimi giorni di Defiderio da'Gotifu tenuta, e da' Longobardi, veftigio non c' è rimafo délie lor lingue, tanto meno farà rimafo nell' altre parti.

Ma 1*Italiano non tanto vcnne a incamminarfife a produrfi per li vocaboli piùtrivialidel Latino, quanto dalle fcorrezioni gramaticali, e da i modi popolari di pronunziare. Non bifogna credere, che fi parlaffe comunemente ne pure in Roma, come troviamo fcritto ne' libri. Lafciamo 1* ufo nella plèbe fempre famigliaredi mangiarle

fillabe, del quale vefligio rimnne forfc in alcuni compendj ricevuti anche dagli Scrittori , come a dire fis per fi vis, a'in peraifnc? firemps per fimilis re ipfa; e dove cauneas veg. giamo in Cicérone, che fi pronunziava per E,.., cave neeas. Ma frequentilfimo era il tagliar le confonanti, con che per boc di ventava pe>-6 fie diventava si ; benchè fie, e non fi , come fenza fenfo hanno le ftampe, debba leggerfi in Cicérone, dove rifponde Cotta, si pcr Ercole; po'tchè fie era délia lingua di Cicc- '•'<•• rone, eyîdi quella de'copifti idioti :iFran- j";. zefi hanno fatta la loro affermativa non tla <«<Ï fie y mzàz utique. Quanto fpeflb fi tronca ffêla, sy poffiamo arguire da Ennio, e da Lucilio, quando finifeono coslgliefamctri: Aelius Sextus : optimus longe . Troncavanoralvolta ancora intere fillabe, come abbiam toccato, dal quai coftume è rimafo a' Vcronefi ra per rat'ts, e via maggioa' Fiorentini per via maggiore : tagliavano anche nel niezo,ondefecero i Veronefi piro da pigrito:pho a levarme. Ma frequentiffimo era fingolarmente il tagliar la m finale, quale che non fi pronunziafte ne pur da i dotti, fanno fofpettare i verfi, ne'quali s'elide fempre, c non fa fillaba. Con quefto amorem diventa amore, fanum diventa famay e cosi degli altri; e ficcome non era poffibile, che la gente idiota fenza ftudio di Gramatica rcgolarmente fecondo la varia efigenza de' verbi ufailè le infieflioni de i nomi, e dovea quafi fempre valerfi dell'accufativo, odcll' ablativo, cosi da que'due ca(i venne 1* Italico. De i nomi délie Città ufati fempre in un cafo folo, cioè nel fefto, abbiam pruova nelle lapide, ed in Vopifco: anche in Idazio leggefi contra Acinco, et Bononia. Dell' aceufativo riman veftigio nel Veronefe plebeo, quando dice ancà per oggi, cioè banc badie, o fia quefto giorno, qttejl'oggi, troncate 1'ultime lectere. Prête Dante da Veronefi quefta voce, che ha tre volte nel Purgatorio, ma doveafi allora pronunziare anche l'i dell' bodk.

Tempo vegg* io non molto dopo ancoi. Nel principal pronome è credibile che in Lombardia fi valeffero fempre del Dativo rigettata la féconda fillaba , corn' anche gli Scrittori talvolta fecero,onde mi rimafe a quefti dialetti per to , e per tutti i cafi'- gli odierni parlari certamente afiai vennero dal modo di pronunziare il Latino, e di ufarne variamente i cafi, e i genen : tre fecero i Tofcani da très, e tri fêcero i Veronefi da tria : nel regno di Napoli lapide fi trovano, nelle quali per carmina, conditur fi vede fcritto carmenay condetur, e ^ fimili. Molto comune altresi tra Romani t,,,\ fu, il voltar l'u in o,el'i in e: connettencio

connettencio


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LIBRO UNDECIMO.

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do quefto difètto con l'antidetto, ecco che 3 /^r## fi facea //£ro, Mundum fi facea Mondo, I &/#», fi fa.cca.fede: e connettendogli con troncar le confonanti, )?«/'/ reiïava fine }gallus reftava gallo. Medaglie fi trovano, che dicon Volufiano per Volufianus, e G^Z/o per £,,//«;. Pronunziavano ancora au per o,con i -he aurum diventava oro; e amavit diventavzarnoit, che frodate l'ultime fecondo 1' ufo, reftava amà. Scambiavano il b e 1* u COntinuamente, onde fcr ibère pafTavain fcrivere, habere in avère, laborare in lavorare. Tutte quefte mutazioni, che tanta parte cbbero nel coftituire la Iingua noftra, nacquero non da' barbari, ma dallo fcanfare , che naturalmente fi fa, délie pronunzie alquanto dure, declinando nelle più facili, e molli ; per lo che al bel giorno d'oggi, chi f tara a fêntire le povere donne, quando infegnano orazioni a lor fànciullini, le udirà proferire, Dominus teco , Credo in Deo pâtre, e altretali.Quantofofle in Italia quefto coftume anteriorea'Longobardi, eda' Goti, fi pub apprendere da Caffiodorio, che infegna, !.)■ corne gli anticbi avean detto colpa per culpa ; e da Plauto, che ha falvomy fervom, enel bel primo verfb in voftris volth ; ed ha parimente quom, che fi pronunziava con , ritenuto da' Veronefi per quando; con fe poffa: cosï pronunziavano anche il cum, onde in ». lapida preflb il,Fabretti è con tut a per cum tota, poichè qualche volta mutavano anche 1' 0 in u, corne Caffiodorio avverte, benchèafTai più fpeffo l'u in o. Ci torna in quefto punto a mente, corne in erudita converfazione capitammo già, dove bella lapidetta, che haConfbli del 741 di Roma,eche per cortefe dono venne poi nel noftro Muleo, fi feartava perla voce manfum, interpretata per podere, e perb riputatadi bafîo tempo. Ci fu alîora preftata fede, quanto ail'afficurar noi, ch'era antica, e fincera; ma abbiam veduto poi, che non ci fu preftata quanto al fignificato délie parole, hoc manfum vent IIIJ Kal. &c. quai veramenp. te non è quefto podere fu venduto : ma bensi venni a fîar quay cioè fui fepoltoil tal gior, 101 poichè il giorno funerale fi nota va negli epitaffi talvolta, non quello délia vendita de'terreni; e hoc flaquivi in Iingua popolare ;; per buey corne in altre lapide s'incontra. ^e alcun altro volgarifmo debbefî ricordare ancora, impariam da Fefto, che gli anticjù Latini diceano coday e non cauda; da 4 Gellio, che dell' i,e dell' e fi valeano indif^ feentementej da Quintiliano, che dicean ' tre per trèsy e dua ( rimafo a' Fiorentini ) c pondo in tutti i cafi, che fe bene autorizat0 dagli Scrittori, venne da barbarifmo : lmpariamo dalle lapide, che gl'.idioti fcarpellini

fcarpellini bibenti per viventi, e Fabnt.p. fufum y prefo da' Veneziani perfnrfum, cin- 546;-"-5** que per quinquey nove per novem, fedici per fexdecim: troviamo anche mefe per menfe, e Qr. i7i. pefat per penfat, fecondo il perpetuo coftu- tHtfme di mangiar la n nel mezo, per cui veggiamofempre Cojjfper Confulibusne'monumenti ; e dal quale reftô mifurare per menfttrare, e a queidelcontado Veronefe andar a mafon per ad manfionem. Si riconofee nelle lapide ancora, che l'i confonante fi pronunziava aile volteper zêta > trovandofi Zefus, onde venne al noftro dialetto %obia per Jovia, fottintendendo dies\ e tutto quefto è nulla rifpecto a i frequenti volgarifmi, che gl' idioti copifti hanno lafeiato in antichi codici, corne ben fa chi n' ebbe molti tra mano.

Anche la maniera più fréquente de' noftri avverbj era ufatiffima dalla gente cornune, e trafpira in Ovidio, ove per efprimere, che ftarà fortemente a cavallo, dice Infiftam forti mente \ e in Apuleio, ove ha iu- Am.i.i. cunda mente refpondit. Tal vol ta ancora fi t ra f- ,l- 2porto per proffjmità il fignificato , corne quando i Veronefi (e poco variano gli Spagnuoli ) da maffa,c\oe cumulo , fecero un avverbio per lîgnificar troppoy onde Fazio degli Uberti Fiorentino difte nelDittamondo, che il Giordanoera i.6.e.tj.

Al modo Veronefe grojfo majfa. Quel noftro dire andar via c dalla formola Pretoria ite viamy riferita da Cicérone: ma prtMur. troppo fi dilungherebbe chi voleflè entrare nel frafeggiareItaliano,che quafi tutto dal Latino ufuale fi pub riconofeere. Ben tralafciar non fi poflono due proprietà délia noftra Iingua, che fingolarmente fi tiene aver* effa tolto dalle barbare, non avendoleavute la Latina, e in primo luogo gli articoli de* nomi : ma che il Latino plebeo gli aveflè, pub arguirfi dal non aver gl'idioti fervatc le varie , e gramaticali terminazioni de i cafi, il che rendea necefTario d'antepor loro qualche fegno per fargli diftinguere. A indicar perb il primo cafo fi valfero del pronome illay prendendone la prima parte per lo mafeolino, e per lo femminino la féconda . llla accompagna Tullio col nome di Me- /*» h&- dea, dove altro non opéra, che ciô che la in volgare. In quefte noftre parti nel numéro del più da //// fi prefe la prima Jettera folamente icrede. Aindicare il cafo fecondo fi valfero délia prepofizione dey corne trafpira moite yolte anche dagli Scrittori. Plauto per dire parti di notte\ de notle abiit\ Cefare, de média noble per di me^a notte: Orazio de medio die per di me^o giorno ; Fedro De credere in un titolo, cioè Del credere\i %.f*h. Plinio gênera de ulmoy cioè dell* olmo : Vo-£6#,.17.

pifeo


3*9

DELL' ISTORIA DI VERONA

310

pifco tantum de cartis per dire tant a carta ; e notô il Salmafio quivi, corne volgarmente •>. 443. co<i folean parlare y dicendo caput de aquila, vejiis de altari, per fi gni fka r dell 1 aquila, de //' aîtare. L'ifte/Ta prepofizione de ufavano per ; fegno delfefto cafo:Terenzio, de Davo audiviyV ho intefo da Davo. Catullo de tuo ponte y per dal tuo ponte; Cicérone, audiebain de pâtre noJîroy altrove de parente meo nell' ifte/To fenfo ; l'epitome Liviana impetra/;.'-. 5i. re de maritOy cioè dal mark0. Anzi da per de vide fcolpito due voke in una lapida 1* /. i c i6. Arringhi: veggafi perb, fe c'erano articoli avanti i barbari. I noftri fegni del terzo cafo vennero dalla prepofizione ad y dalla quale troncava il popolo la confonante: le ifcrizioni, ove fono ufizj , portano fpeflb adflatuas,ad veflem, cioè deputato al vefti.. mento, aile ftatue: il metterfi a piedi de'

foldati a cavallo efprime Livio con dire ad pedes.

L' altro ufo délia nofrra lingua, che fi. crede paffato in effa dalla Germanica, fi è il valerfi dell' aufiliare, o fia del coniugato ne' verbi ; ma che il popolo anticamente fe ne valcffe, pub raccoglierfi dalla neceiïità che avea d'indicar più tempi, quali fenza difïïcoltà, e fenza ftudio malagevolmente potean faperfi ; e pub raccoglierfi dal Pfn. A, vcderfene aperça rraccia negliScrittori. Say ' tis iam d'tliumhabeo fi leggc in Plauto,coè ho già detto a baftan^a: ecco manifeftamente 1' aufiliare alla maniera noftra. De Coefarehabeo dïEîum è in Tuilio parimente per d'ixi, onde non è da far maraviglia ,fe dïftumha- j Àp«r. x. yey0 per auro- detto è in Apuleio. In Tuilio v_f. 1.1. pure trovafi auditum habeo, e trovafi babere cognitum Scoevolam per a ver conofciuto, ufato anche da Columella nella Prefazione , e da Plinio, che dille cognitum habeo infulas &c. Prelfo l'ifteffo Cicérone trovafi. nelle Vevv'me babuijh fiatutumy habere notata y conduclas baberet, onde non dee parer punto ftrano, quando leggiamo nel noftro Raterio, cum m'ibi babuijfet prumiffumy e cum habuerofaclum. Non è datralafciare, corne tteJfiiien. tenneilSalmafio, l'ufodegliaufiliarj, contra P- 3g3- cibche fi crede, Latino più tofto ellere che Germanico, ele anticlie lingue Germaniche non gli avère avuti, ma preli poi dal Latino : laben. Latini in fatti veramente paiono l*avère t e 1' eff'ere de' Tedefchi. Awertiam per ultimo, corne il grand'ufo délia coniugazione che venne in gran parte dal modo Greco,e da quody e quia y cbe i Latini men colti foftituivano all'infinito. Servio■': h'mcprobatur, j quia d.cuntur &c. Cosi il che relativo venne t*vi*dx*> da qui ; perb in rariflima noftra Ifcrizion volZl'S&e gare del fecol° d-eî 1300, fcolpita in gran '"" ' marmo, fi fa Quai per Cb" al:e appare corne

corne pronunzia era l'iftefla anche antica- t

mente, ove infegna Cafliodorio, che quotidie

quotidie cotidie fcnveafi indifterentemente; on- •

de doveano anche fcriver comodo per quomodo

quomodo e perb rimafe a' Veronefi comôdo , del

che fogliono efler dileggiati, per in cbe

modo.

Ecco perb corne tutta da capo a piedi è Latina la lingua noftra, ne ftupir ci dobbiamo, che cambiafTe tanto, eflendo quefta un' inevitabil confeguenza dell' umana inftabilità, e délie vicende de'tempi. Scrive Quiniiliano , corne a fuo tempo quafi ,m. del tutto era mutato dall'antico il linguag- ; »>: gio ; e pure non v* erano ftati ancora ne '{'„'■ Longobardi , ne Goti. Corne nelle prime età variafïe in pochi fecoli molto più, ab- pj(,, biam moftrato trattando degl' Itali'primitivi. Ma non avvenii'egli l'irtefla cofa nella lingua Greca? non fi trasfonnb anclv ella parimente di letterale in volgare, difperdendofi l'antica, che rimafe folamente ne' libri ? Veggiamo fin da' tempi di Giufliniano ufate anche da' Scrittcri infîeffioni, e modi, che fanno ftrada a una nuova lingua: nacque anche quella dallo fmarrir ]a fintaffi, dal non lafciar' intere le parole , e dall' adottar le fcorrezioni , e le manicre de! volgo: quella ancora non déclina i nomi , e ngettate in gran parte le diverfe terminazioni de i cafi, ufa quafi fempre l'accufativo : quella ancora fi privb di moite variazioni, e pafiioni de' verbi, e abbandonb i verbi, e i modi délia più difficil maniera; quella parimente contra 1' ufo délia Greca lingua fi vale dell'aufiliare; anzi affai più necefrario e fréquente fe lorefe dell' «V Italiana, perché due ne ha, cioè avère, e £ volere, e con elfi efprime anche il futuro, 4 e anche l'infinito. E pure tutto cib avven- ; '; ne fenza alcun mefcolamento di lingua Gotica, ne di Longobarda. Per quai ragione poi il volgar del Greco riufciffe lingua fciapita, e povera, e il volgar del Latino venifle col tempo a formar lingue nobili, corne l'Italiana,la Franzefe, e la Spagnuola, non è qui tempo di ricercare. Ne punto pregiudicb a que/te lingue il venir dacorruzione , e da plebeifmo , poichè nuova generazion fi fèce, e nuova cofa nacque, regola acquiftando, e ricchezza , e perfezione col tempo. Cosi non pregiudicb al Latino, che il molto paffato/i dal Greco foffe dal Dorico, e dall' Eolico , dialetti, quai prerfo gli Attici , che abbracciavan più tofto l'Ionico, paflavano per goffi, e ridicoli, corne ci par di ravvifarein Ariftofane, che nelle Nuvole i lor genitivi in an ufa per deflar rifo, e gl'infiniti fomiglianti a i Dorici sfugge. Farem fine con ricordarc

ricordarc


»ii

LIBRO UNDECIMO.

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che non bifogna per quanto fi è detto I darnell'eftremità, in cui fi vede nel principe délie Profe del Bembo, fi diede per alcuni altre volte, cioè di dire, che l'Italiana favella fofle già fin dal tempo de' Romani; perché que* volgarifmi non baftavano a formare una lingua, ne a renderla taie che potefTe ufarïi dagli Scrittori . A miefto venne folamente dopo ilcorfo di non pochi fecoli. Molti fi maraviglian perb , perché cosï tardi fi ufaffe il volgare nelle feritture, giachè avanti il 1300 poco fiusb, epochiffimo, fe non forfe nulla, avanti il noo: fi computa tra'primi, che a cioponefl'er mano l'Imperador Federigo fecondo di cui rime amorofe fi hanno : ma feCondo noi per quell' iftefïa ragione non fi ferifle in volgare ne'mezani fecoli, per cui non fi ferive in oggi ne i Lombardi, e neoli altri corrotti volgari ,cioè perche fi hanno per imperfètti,e cattivi: e ritenendo in oltre il Latino la fua giurifdizione più fortemente che altrove nel proprio fuolo, e nativo, non fi adoprb l'Italiano nello feriverc, fe non poichè fu quafi perfetto, e nia bellifïïmo linguaggio: al chearrivbmolto prima di tutti gh altri volgari ; eflendo che fe bene il Franzefe per efempio, ilquale afl'ai più fi accoftava ail' Italiano in que' tempi, comincib alquanto innanzi a ufarfi nelle feritture, non venne perb a tutta perfezionc, che nel pafTato fecolo , là dove Scrittori ebbe l'Italia nel 1300 , quali in fatto di lingua riguardiam pur* ancora corne i migliori efemplari, e maeltri.

Veduto corne niuna parte ebbero i Goti, e i Longobardi nel parlar noftro, veggiamo ora per ultimo, corne niuna parimente n'ebbero nello ferivere. Allora che nel decimoquinto fecolo la nuov'arte délia Stampa fece afTai più di prima ricercare, e ferutinare i vecchi codici ; alcuni incontrandofene in carattere ofeuro, imbrogliato, e difficile , e offervando tal modo di ferivere molto diverfo dal chiaro , e pulito de'marmi Romani, e d' alcuni antichi libri, furon fubito creduti opéra barbarica, e fecondo il coftume poco fa accennato, a cosï fatte feritture nome di Longobarde fu dato . Vedefi quefto termine '■' più volte nel Poliziano ; e cosi in epiftola a lui Matteo Boffo un Aufonio feritt0 m carattere Longobardo dice mandargli. Anzi notb il Biondo come particolar cofa ûe* Longobardi, che nuovo metodo voleffero inventar di ferivere per ufarlo in cambio del Romano. Continub queft'opinione nel fecolo apprefib, fe non che nonfempre Longobardo, ma più volte anche Gotico *u chiamato da noftri quel génère di ftraVerJIIufir.ParteL

na, e imbrogliata ferittura . Nel pafTato fecolo un terzo nome fu meiTo fuori oltra monti, cioè di carattere SafTonico, o AnglofafTonico : finchè venne il P. Mabillon , che avendo ampiamente trattata quefla materia nella fua grand'Opéra de' Diplomi, affirmb la divifione de'generi dello feriver Latino, che allor comunemente correa, cioè in Romano, Gotico, SafTonico, pag. 45. e Longobardo, non e^ere adcguatay e aggiunfe perb il Francogallico, quai chiamb ancora Merovingico. Qiiinci filtema venne p*&- 49« a fiflarfi in ogni parte abbracciato, in virtù del quale di cosi fatti nomi fon pieni i libri . Ma fe pub effer lecito in materia letteraria anche contra le univerfali prevenzioni di dire il vero, noi fenza derogar punto alla flima che abbiam di tutti, ci faremo lecito d'alîèrire, come tal fiftema è falfo in tutte le fue parti, e come non ci fu mai carattere Gotico, non Longobardo, non Saffbnico, non Francogallico ; anzi da quefte falfe idée molti errori in materie importanti, e di gran confeguenza fon provenuti, e moite quiflioni fra dotti uomini fervidamente agitate, che pof a vano in falfo di parte e d' altra . Rillringeremo in poche pagine, come alla prefente Opéra fi. conviene , quelle ofservazioni in tal propofito, che potrebbero dar materia abbondante ad ampio volume; e cib non fenza il difpiacere d'allontanarci inquefta parte maHimamente da quanto ha feritto un Soggetto, la memoria del quale, eper la rara dottrina , e per la fantità de' coflumi amiamo, e veneriamo con fomma diftinzione tra i grand* uomini délie profïime età: ma alla fua gloria fopra tante eccellenti fatiche fondata niente pregiudica, ch'ei feçuitaile in materia de'caratteri Latini la comune idea ; anzi non per quelto cade il pregio ne pur dell' Opéra Diplomatica, utiliffima per tante ragioni, edottilTima.

Prima rifleffione adunque farà, che i quattro generi da ftraniere nazioni denominati non quattro diftèrenti generi, ma fon pure un folo . Piena pruova di cib recar ci pofsono gli ftefli efempj per faggio di quelle varie manière in ampie tavole nella grand' opéra Diplomatica rapprefentati. Ben fi pub quivi riconofeere, come colui che in leggere per cagion d' efempio i lunghi documenti in Papiro , quai fon tutti dell' ifleffo génère di ferittura , fi farà fatto franco , le carte date per Gotiche, Longobarde , Safïbniche , e Francogalliche intenderà facilmente tutte. Il fondo del caratterifmo, e la cifrazione è pur fempre la medefima, e le difïèrenX

difïèrenX


3*3

DELL'ISTORIA DI VERONA

3U

ze, o fono accidenta li , corne di grande i e picciolo, di grofso e fottile; o confiftono in alcune poche lettere folamente, ed in qualche tratto , corne avvien fempre nelle diverfè mani; talchè afsai maggiore è la varietà, che fi troverà fpefso correre fra lo fcritto de' noftri odierni Notaj, di quella che fi ofservi nelle carte battezate con tanti nomi. Si tiene, che nella Spagna fingolarmente correfse il Gotico : ne diede la forma da un codice délia Chiefa di Cordova 1' Aldret nella dotta opéra fopra la lingua Caftigliana ; ed è pur l'iftefso nominato si variamente, ben~ chè più chiaro per efser di mano meno antica , e più diligente . Del papiro CeRe Dip/. fareo dubitb prima il Mabiglione in quai P"&. 460. genere di fcrittura tbCse ; poi la chiamb Jtalogotka , e la difse ufata in Italia avanti l'ingreflb de'Longobardi : ma il genere di fcrittura è pure il medefïmo interamente degli altri Papiri ; e di quel modo fon le membrane da noi poflèdute, e qui addotte, degli ultimi tempi di Defiderio; e documenti in effo fi trovan molti del nono, e fin del decimo fecolo, e ancor più innanzi. Ben fi avvide di quefta uniformità il dotto Autore ; perbdiflèuna p*z- 43*- volta il carattere Gotico accoftarfi al Lon"&cH"nt gobardo; édifie un'altra il Saflonico efler !•■■?, 49. projfimo al Gotico ; e diflè ancora quel de' C«fi,-,7' papiri di Ravenna non molto allontanarft dal p. 460". Franccgallico: e fbrza era che il dicefle , non mai- mentre ncll* ifteflb ferivere deel* iftrumenccdtt. ti ed atti, che abbiamo in papiro, ion pur tutti i Diplomi Regii, ch'ei mette innanzi. Qualche volta ancora per la fimilitudinc or diflè d' un genere or d* un altro l'iftefio codice; tanto finceramente confeffa egli fteflb d' un Gennadio, cui prima p. 34R- flimo Longobardico , poi Merovingico . Chi fi prenderà piacere di rifcontrar qua e là varj faggi e del 1* Opéra, e del Supplemento, troverà variar più talvolta due attribuiti alla nazion medefima , che due dati in diverfo luogo coll* ifteffo nome: e chi fi prenderà cura di ferutinar molti codici, troverà talvolta ufate nel medefimo indiftintamente quelle diverfe figure dell* iftefla lettera, che vengono afsegnate quafi per diftintivo de* generi. Cosl avvien ne' marmi. Lapida abbiam qui in Santo Stefano , di cui molta menzione farem tra poco, nella quale tre manière di M apparifeon più volte, che fi fbglion battezare con nomi diverfi, ed aver per indizj d'età molto différente ; cosï di N, e di V, e di E. In fomma niente più certo del venir tutti da un folo modo, e del non efïer tali", le diverfità che han fra fe, che pofsanocoftituire

pofsanocoftituire diverfo.

Ora è da vedere, corne a niuna dcl|c i

genti da cui fi fon denominati gli antichi caratteri Latini , pub mai attribuirfi tal genere di fcrittura. Quefta verità è per fe patentiflïma, mentre di nazioni fi tratta aile quali lo ferivere, in qualunque modo fi fbfse, fu cofa Itraniera, e nuova, e perb o non praticata punto, o pochiffimo, e da pochiffimi. Non bifogna credere, che lo ferivere fofle comune' in ogni parte, e che viver non potefse, e reggerfi un popolo fenza ufo di caratteri. Per quai ragione nulla fappiamo di tante e tante genti ? perchè Scrittori , o monumenti non ebbero ; e quefto perché ? perché non ebber caratteri . Sappiamo da Strabone, corne tra gl- ;, Indiani cognizion di fcrittura non era , e perb avean leggi,ma non giàfcritte, Qualité genti nel nuovo Mondo dal Colombo, e dal Vefpucci feoperte, fi trovb non aver avuto mai caratteri di forte alçuna ? A tempi di Sant' Ireneo moite genti barbare, /., benchè refe già Criftiane, attefta egli, che p pur fi ftavano fenza carta, e fenza inchio- n-,[ ftro, feritta portando folamente nel cuore la tradizjone. Leggefi in Eliano, che i bar- ,s bari d'Afia aveaneoftumato anche ne' tempi antichi di ferivere, ma non cosi quei d' Europa, i quali ftimavano all'incontrovergogna tutti ufar lettere . Per verità nelle parti fettentrionali molto tarda troviamo la pratica de' caratteri : fembra afsai probable per molti rifeontri, che ne notiziaavanti ildominioRomano,nèufo ve ne fofsc i avanti la religion Criftiana. Non c'è ignota la flupenda antichità da tanti prerefa délie note Runiche, ma di tali foie foverchio è favellare. La prima menzione, clic fe ne ritrovi, per quanto la memoria ciaffifte, è in Venanzio Fortunato, che fiori verfo la fine del fecol fefto. Le lettere cosï dette fon le medefime che quelle de'Latini, e de'Greci; lo notb già anche il Sal- f[. mafio, e ultimamente il chiariflimo Gian Pietro Ludevignell'Introduzione aile monete Germaniche. I Goti, che fi refero affai più civili degli altri barbari, ftettero fino alla fine del quarto fecolo Criftiano fenza caratteri : il che ben fi rileva dal fa- ( perfi per teftimonio di Soçrate, che Ulfi- ; JU la Vefcovo fu preflb efii il primo autordel- ^ lo ferivere; e che avendo tradotta in Jinguaggio Gotico la facra Scrittura, invento lettere, come da tutti vien detto, perconfegnarla allô fcritto; ma confiftè l'invenzione nel portare a fuoi paefi da Coftantinopoli l'alfabeto Greco, come fi pub raccogliere da Ifidoro ; fe forfe qualche lette- ^, I ra non ci aggiunfè per efprimer fuoni par- Û >

tico-


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LIBRO UNDECIMO.

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W ticolari alla nazione. Se i caratteri del dc'&■ catitato codice argenteo quei d' Ulfila ci \fe' ranprefentino, non è qui luogo di ricerca«: re. Ma nella Germania, ove fu il domici$ lio de' Saffoni, de' Franchi, e de* Longo1 bardi, che ne uomini, ne donne aveflèro . c0onizion di caratteri, fappiam da Tacito. Che a tempo d'Ammian Marcellino noti. zia alcuna dello fcrivere non vi fbfJè ancot ra avverti efpreffamente ilReinefio. La % lnTJua Germanica fi comincib a mettere in lï. jfcritto folamente nel nono fecolo , corne | da Eginardo s'impara : fu un de* primi f Otfrido Monaco, che in efla traduffe gli à Evangelj , e premife, corne non era data fïn'aliora ripulita mai conufarla nellefcritture: per cominciare a farlo fi adottarono i caratteri Latini. Cosi fin* a tempo di Traiano veggiamo in Tacito, che non aveano i Germani ancora ufo di propria moneta, ma fi valeano délia commutation délie merci , e folamente i confinanti co' Romani ricevean le monete loro: notando Strabone il medefimo de* Dalmati, dice , che cib cra lor comune con molt'altri barbari.

E poichè più fpeflro degli altri nomi quel di Longobardi vien dato a i documenti de* mezani fecoli, diremo ora, corne tanto è lontano, che poteffe da Longobardi efler recato in Italia nuovo carattere, e trasfbrmato il noftro, quanto che di effi appunto poffiam con certezza aflerire > che vennero ienza faper cofa forte fcrivere in niffun modo, e fenza notizia di verun carattere. Si 1 rende cib patente da Rotari, che avendo „. il primo, corne abbiam toccato , porta '<• mano nell* anno 64$ a formar" un codice di Longobarde leggi, di (fe in fine del fuo , Editto, che l'avea fàtto con rammemorare l'anticbe confuetudini, e quelle leggi de* padri i lora, cbe fcritte non erano. Cosi notb Paolo H Diacono, ch* ei fece mettere in ifcritto quelle leggi che non fi fapeano je non fer memoria e per ufo. Quai pruova perb potrebbe defiderarfi più certa del non avère avuto mai ufo di fcrittura, ne lettere di forte alcuna quel la nazione, che non avea fcritte mai le fue leggi, nel le quali codifie il vincolo, e il fondamento délia focietà ? Cosi degli Unni, alla quai nazione lafciarono i <. Longobardi la Pannonia, quando vennero *• m Italia , narra Procopio, che a tempo di ,. Giuftiniano niuna notizia di caratteri avea', no, onde effendo da un Re loro venuta le-,; gaz.ione a Coftantinopoli, ne lettera portarono, ne altra carta, ma tutto riferirono in voce, e a memoria. Il medefimo Rotari . recitando nel Proemio i nomi de' Re fuoi „,. antecetfori, difTe, che gli avea apprefi, e di' ricavati da i vecchj ; onde ne pur quefti û Ver.Illuflr.ParteL

trovavano per anco fcritti. Ecco perb, corne i popoli, che invafer 1* Italia dopo decaduto 1* Imperio, non furon già Fenicii, o Cananei, che ufi a fcrivere nella lor lingua, aveflèro nell'imparar Latino potuto corromperne, e cambiarne il carattere con mifchiarvi la cifrazione del proprio loro : furon genti, che la fpada ufar fapeano, ma non la penna, e che non avean mai formata lettera in niffun modo. Ne poffiam creder per certo, che occupata 1"Italia,lafciando la profêffion dell* armi, fi defl'ero fubitoque' feroci uomini aimparare a fcrivere; e ne pur che facefïèro imparare a lor fanciulli , quali fuccedcr doveano nel cuftodir le piazze, e nel fupplire aile guerre. Ben col tempo fattafi connaturale la Iingua, e divenuti Italiani, fu comune anche a'Longobardi lo fcrivere; ma avendo imparato qui, non altramente potean farlo che al modo de'lor maeflri, e corne qui era in ufo. Cosî le monete, e le Ifcrizioni de'Re Goti, e de' Longobardi, da chimique lavorate fi fofsero, certo è, chedi lingua, e di carattere Latino, anzi maiufcolo fon pur tutte, e la più parte anche di fumciente maniera . Di maniera più che fufficiente , perché di chiaro , grande , e afsai ben fatto carattere ofservammo già l'ifcrizion fepolcrale di Seda , cui titolo fi dà di Sublime, Eunuco e Cameriere del Re Teodorico,quale abbiam pofta in ferie per non efser mai ftata divulgata. Fu fcolpi- *• Mta l'anno 541 in arca di marmo convertita ora in altr' ufo, e collocata perb con la contraria parte in profpetto alla porta latérale del Duomo di Ravenna , onde la prima ifcriziohe refta occulta, quandol'arca non il faccia allontanar dal muro. Egli è indubitato, che fe cotefte genti avefsero avuto caratteri, e ufato di fcrivere in lingua loro , qualche monumento fe ne vedrebbe. Avendo Annibale , quand'era in Italia, ordinata un* Ifcrizione per memoria délie fue imprefe, fu fatta in carattere Punico, e apprefso anche in Greco, per- L^-it. chè fofse più comunemente intefa. Torna- cZ'eîfjui ci a mente una femplicità di Paolo Diaco- i>urh. no, che potrebbe unicamente far fofpetta- •*•*•"• re d'aver'avuto i Longobardi ufo di fcrittura; cioè dove racconta, che Alboino ne' primi giorni dell' invafion dell"Italia, e nel pafsar la Piave con l'armata , deflè un diploma al Vefcovo di Trevifo per confermargliibeni délia fua Chicfa.Ma ripugna quefïo a cib ch'egli altrove narra, cioè che in tempo di Teodelinda tornarono final- l.^t.t. mente in iftato le Chiefe, i béni délie quali eran primi ftati occupati quafi tutti da' Longobardi per efser Gentili . E potrebb'

X z egli


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DELL'ISTORIÂ DI VERONA

2^ '1

egli crederfî , che ail' arrivo d'un furiofo efercito di barbari , quando altri fuggiva precipitofamente, altri prendea l'armi, avendo in quel pacfe ifiefso Oderzo, indi Padova, Monfelice, ed altri luoghi ferrate bravamente le porte; e quando il Pa/. i. c. io. triarca d'Aquileia lafciando la terrafèrma fi ricoverb a Grado, ne fi tenne ficuro 1' Arcivefcovo in Milano , ma fen fuggî a Genova ; il Vefcovo di Trevifo fofse andato incontra ail' armata per dimandar Privilegi ? ç potrebb' egli crederfî , che Alboino nell' iftefso correr la Venczia con ferro e fuoço, avefse quaii Re Cattolico e Latino, e che Cancelleria conducefse feco, e miniftri dell'ufo diplomatico inftrutti, fatto rilalciar documenti di concefiione? e dove troveremo , chel'ufo di confermar con diplomi aile Chieie i lor béni nel fecolo del 500 fofse già nato? e corne previde quel Vefcovo, che coloro venivano a fondare un nuovo Regno, cb'era per fuffiftere cosi a lungo, onde fofse efpediente procurarne Privilegi ? Preftb veramente fede a tal diploma, e a tal fatto infieme con gli altri anche il P. Mabiglione ; ma pag. 19. nelle grand' opère non ç' è tempo di confiderartutto, ne fi pub ponderare ogni cofa. Ben fi pruova con quefto, che a tempi di Paolo Diacono erano già cominciate in tal génère le impofture ; di che non è da far maraviglia, perché il falfo incomincib /.tcp-71. quafi col vero. Refcritti Imperatorii dinon ftiiu*éiam çerta fede vennero prefentati fin' a Plinio

non ceriat ■" i «• ■ •

f,,i,i vi. mentre reggea la Bitinia. d.ba»tur. Or poichè apparç del tutto évidente, corne niuna fpezie di caratteri fu propria délie fopradette nazioni, dove dunque diraffi, e da cui nacque il modo di fcriver Latino, che fi è finora attribuito ad efse, e che dal Romano è cosi diverfo ? rifponderemo a cib francamente, che nacque in Roma, e che fu proprio de'Latini niente meno di qualunque altro. Si generb tanto inganno in quelra materia dali' avère ofservato il diftinto , e maeftofo carattere, di cui fi valfero i Romani ne' marmi, e ne' codici più nobili, e fontuofi, e dall' aver perb çreduto , che qijefto folo fofse da loro ufato, onde l'altre manière di fcriver Latino venifsero da eftranie gentiprodotte. Ma quefto fu appunto l'iïtefso errore,in cui caderebbe in oggi chi ofservando parimente le noftre ifcrizioni in pietra, e i libri ch' efcono dalle più pulite Hampe, e poi prendendo in mano gli atti d'alcuni notaj, e le miffive di molti, che con fbmma difficoltà fi rilevano , giudicafse quelio efsere il carattere degl' Italiani , e qnefto d'altre nazioni. Corne mai non fu

confiderato,ch'era affatto imporfibile, che i Romani con tanti negozj, e con tanti tvibunali poteffero fupplire con un carattere cosi lento , e cosi tardo , com' è il maiuf. colo.' quante epiftole conveniva aile volte fcriver di corfo corne diee Simmaco! ern /.. pero naturale ed inevitabile nel perpetuo, ?■-, e fpefso aff'rettato fcrivere 1' andar prima ^ impiccolendo le lettere, poi accomodandone la figura a poterfi fare con un fol tratto dipenna, indi l'attaccarle fra fe per continuare fenza levar mano. Noi fappiamo la grandiffima quantità di fcrivani di profeffione, ch'erano in Roma, mentre ogni Magiftrato avea i fuoi; fappiamo in quante claffi, e con quanti nomi fi diftingucano, e quante fpezie d'iftrumenti, ed'atti per lor faceanfi tutto giorno: e gli uomini occupatifllmi, che lunghe Orazioni, e quantità di lettere fcriver talvolta, o dettardoveano, crediam noi, che col maiufcolo fe ne farebbero fpicciati bene? poichè nonbifogna confiderar folamente la grandezza délie lettere, ma il doverfi a ciafcheduna itaccar la penna, anzi il non poterfi fare per modo d'efempio un' A, oun'E, clic di tre o di quattro pezzi : penfi chi nelle gran Segreterie, o nelle forenfi fcrittorie s1 impiega, corne fupplir potrebbe , fe veniife folamente cofiretto a far tutto in carattere fiampatello . Indubitato perb è , ch' anche in Roma minor carattere, ecorfivo fu in ufo,

Confermafi quefia verità mirabilmente con l'efempio de'Greci. Anche il primitivo carattere di quella nazione ognun fa , che fu il maiufcolo, e lo veggiam ne'marmi , e in alcune reliquie di codici : non pertanto infiniti ne troviamo in minori lettere , e di figura diverfa, ed altri in carattere più ftretto,attaccato infieme e imbrogliato, e inclinando i tempi refo ofcuriflîmo dalle frequenti abbreviature: ne percib fi è mai dato nomed'altra nazione a quelio fcritto,o fi è detto,che venifie daftranieri tal mutazion nellofcriver Greco. Quantod' antico metteiTero i Greci in ufo il minor carattere, ben trafpira dalle lor lapide, e dalle Medaglie altresî, com'anco dal chiariffimo P. Montfaucon nella fua dotta Paleografia fi èavvertito. Abbiam nel Mufeo quell'efimia Ifcrizione, çuividegiàlo 'r Sponio nell' 11\ mo di Corinto: la tribu Romana, cheLicinio Prifco vi profeflà, e i Giuochi, che fi célébravano allora ail' Iftmo, fanno conofeere, corne fu feolpita nelle buone età;e pure tre o quattro lettere ci fi veggono fempre di forma interamente minufcola. Singolar rifleflione mérita l'epitaffio diquel I Gordiano Martire , publicato dall' Arrin-


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LIBRO UNDECIMO.

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i, „{,•, ch'efTetido in Iingua Latina , e in carat teri Greci, corne pià altri, fii creduto ', ' barbarico, e giudicato d: antico carartere 'R' Gallico rnifto col Runico, non per altro , 037 come n" pu° ben conofcere, che per avère aîquante lettere di forma minufcola non confuete a'marmi, e fingolarmente la n: veoaafi il dctto epitarfio nel Fabretti. Non di fcrittura minufcola , ma délia corfiva oiù fpedita, e congiunta infieme, pare a t noi doverfi intendere il meftier délia tachi*h <>raf<t> c'oe de* profèflbri. di fcriver veloce , >l diverfo dalla ca/ligrafia, ch' era bella , ed élégante fcrittura . Abbiamo de' tach'igrafi menzion fréquente, e veggiam distinguera" quefte due fpezie di carattere fin da tempi *;• à'Origene, al quale racconta Eufebio,co:Z me c'era chi mantenea più copifti di fcrifm-ver veloce, e più altri di fcriver nobile; 'rl quefti chiama ancora ferivani librarii , perf* chè era Io feritto che fi adoprava ne'libri , come quello era 1' ufuale ; al quai modo ougi da'Calogeri Greci vien dato nome d auto, quafi a difterenza del rotondo, e perche in eflb alcune lettere finifeonoacutamente, e difeendono, o fopravanzano. Il medefimo nome fu dato allô ferivere fpedito, e corrente anche ne* tempi antichi; di che bell' efempio ci s' è prefentato in Filopono nel principio del fuo comento fopra •. l'Analitica d* Ariftotile, ove dice, efler' impolfibile, che fappia ferivere m carattere acuto chi non fa aflblutamente ferivere; e più pregiabile ancora in Filone, ove no«. mina coloro, che feriveano a mercede, ed . efercitavano,g// ocebi, e le mani, quelli per far vijla acutay quejîe per diventare acuti, ' cioè pronti ferivani: dal quai paflb s'impara, come fino fotto Caligola lo fcriver minuto, e cor/îvo tra Greci era in ufo. Cosï tra gli Ebrei quantod' antico s'introducefle ua modo di fcriver Rabbinico, cioè corrente, adiffèrenzadelloScntturale, e maeftofo, il moftra la menzione à\fcriùa veloce, che t, fi ha in Efdra, e nel Salmo, dove il Greco rende coll" ifteffo vocabolo pur 'ora accennato di ferivano acuto ; Aquila > e SimmacodifTero veloce.

Che fe cib avvenne fenza invafioni ftraniere fra' Greci, quanto più è da credere avveniffe tra' Romani, i quali dal dominio, e dalla quantità degli atti fbrenfi eran pofti in molto maggior neceffità di fcriver celeremen» îf ' evPre^° qwali il meftier de'fcribi fi vede già in corfo trecent' anni avanti la venuta del Salvatore? Nell' andar perb dimi"uendoil maiufcolo, indi cercando di farioancor più fpedito con attaccar più lettereinfïeme, due nuove fpezie di carattere Vennero a produrfi, minufeolo, e corfivo. I

Del primo come più diftinto epulitocominciarono a valerfi ne'codici, foftituendolo al maiufcolo, maffimamente dopochela Religion Criftiana tante opère e tanti monumenti comincib in ogni parte a produrre: dalla maniera di efîb meglio formata, epiù uguale , ch'era in ufo nel fecolo del 1400, fi prefe il carattere délia ftampa. Del fecondo fi valfero nelle epiflole, e negli atti notariali, ed altri documenti, e qualche volta per ruggir fatica, e più prefto sbrigarfi, fu chi fe ne val fe ne'libri ancora , edè quello cui nome fudato ordi Gotico, or di Longobardo, or di Saifonico, or di Francogallico. Che quefti moii tolfero anticamente in ufo, ne fanno prima fede le Romane lapide in moite délie quali fi ofTervan più lettere di forma minufcola, e in alcune ancora qualche tratto del corfivo; per accertarfi di che bafta veder le addotte dal Senator Bonaroti co' fuoi caratteri nella Prefazione a' Vetri CimiteriaJi. A' Goti fi attribuifeono que'compendj, che in moite piètre fi v. M«ù. trovano d' una lettera nell'altra, e d'alcu- tab'^- ne piccole tra le grandi: ma veggafi qui tra le Ifcrizioni Romane del noftro Mufeo da noi date,la fefta,e la fettima,che poffon fervir d'efempio di cotai modo. Gotica c* è chi vuol quella nota Greca del fei, ufata nel fecolbaflb anche in monumenti Latini, VytJ""T' quando fi vede in lapida dell' anno di Cri- /•><•/. fto 295. Vuolfi, che foflè introdotto da bar- P-18bari anche il legar le due lettere nel dittongo JE, quando abbiam tal legatura fin nella Medaglia Confolare, ove fon le Fortune Anziatine. Dell'iftelfa maniera roza e mal fieurata, quale il Gudio preflo il Grutero difle

T t. J il'i 1090. X 4non

4non ,maLongoDarda , abbiam noi due lapidette di liberti d'Imperadori, e fon quafi dell'iftefla alcune noftre colonne migliarie. Fanno poi di cib teftimonio gli Aurori, ove mentovano lo fcriver minuto , e minutifllmo; come Vopifco, Svetonio, Seneca , Plauto, ed altri : parla Marziale dell' opère di Virgilio, e di Tito Livio ridotte in brève membrana , dove per altro in maggiori lettere occupa va quefto fblouna libreria: non pare, che potefle mai ridurfi a tanta piccolezza la figura maiufcola. Di Plinio narra il nipote, ch'oltre a ; 3-«?-s. tanti e tanti libri da luicompofti lafeib 160 comentarj di ftudiofememorie feritti di parte e d' altra mïnatijfimamente ; in uomo 00 cupato fempre da impieghi grandi non bafta va un'età per far tanto in carattere lento, e ftaccato. Scrive Plutarco, che Catone diede al figlio le fue Origini feritte di propria mano in lettere grandi; con che par dinotafle délia maggior forma, eche tal non folTe lo fcriver comune. Abbiam mortrato

nella


33*

DELL' ISTORIA. DI VERONA

33i

nella Prefazione ail' edizion Veronefe di i Sant' Ilario, corne il nome d' Antiquario, ch'Eutaliofi diede da fe nello fcrivere in lettere maiufcole un e/îmio codice, e il renderfi Antiquarioper Calligrafo in Greconelle antiche Glofê, fa intendere, corne Antiquarj fi chiamavano color, che icriveano al modo antico in maggiorilettere, e corne ufualmente fi fcrivea in carattere diverio. J Ma niuno fa piùchiaramenteconofcere, corne fi fcrivea comunemente in corfivo, di Quintiliano, dove riprende il trafcurar d' .'. if. i. imparare a fcriver hen?, e velocemente, che tanto giovava per 1' epijlole famigliari; onde dopo le lettere eforta, che s'infegni a'fanciùlli a formar le filUbe, cioè quelle lettere congiunte, che fi fpedivano con un fol trat„i/i mm to di penna ; e cosi nell* infegnar loro aleginrfjr.fa gere ? non VoIea che fi facelTero profeguir "h'h'.rà";!*- celeremente, fe non dove la congtun\iondelr«mm in- h lettere era chiara e fuor d'ogni dabbio: chi ''r,i'J?' non vede qui chiaramente il corfivo, dicui ] folamente era propno r attaccar le lettere j infieme? Ora poichè vi era ficuramente il corfivo, quai direm che foiïè, fe non era quefto, tante fillabe delquale veggiamoappunto congiunte, e delineate quafi unafola lettera? Ma per troncar finalmente in que- ', fta materia ogni difputa, bafta oflervare quegli antichi documenti in Italia feritti, ne* quali più che in altri quel modo fi ravvifa, al quale tanti nomi barbari furondati; c fon que' poclii, checi fon rimafi inpa1,1. D;pi. piro Egizio. Veggafi nella raccolta da noi publicatane . Cinque del iefto fecolo ve n* ha fra gli altri con le note dell* anno, che fon tutti anteriori ail' ingrelTo in Italia de' Longobardi, e che fon pure in quel medefimo difficil carattere: come potea dunque attribuirfi tal carattere a* Longobardi? Diranno cbe faràftatointrodottoda Goti.Ma anche quefto rifugio vien tolto da quel primo famofo Papiro, che preflb noi fi conserva , e che ha pure la fteffiillma ferittura ; poichè firaccoglieda eiïbconficurezza,comefu feritto pocodopo V anno 444, vuol dire quafi cinquant' anni avanti la venuta di Teodorico, primo Re in Italia de Goti-, e quando imperava in Italia Valentiniano terzo ; con tutto cio è pur dell'iftefliilinio carattere, Dopo quefta offervazione, comefarebbe pazzia il creder più tal maniera di fcrivere venuta co' Longobardi, e co'Goti, e il non confeiTar l'evïdenza dell' efser quefto il corfivo de' Romani , cosi farebbe un perder tempo 1' apportarne altre pruove . Aggiungeremo folamente come tre altri de' Papiri da noi quivi addotti, mancanti di nota certa del tempo, çioè il fecondo, il terzo, e '1 quarto, grand' indizj moftrano

d'elTere anteriori al fopradetto , e feritti nel principio del quinto fecolo, e forfe nel. la fin del quarto . Pontico Virunio nel le premefie alla Gramatica Greca del Guarino , afferma che a fuo tempo, cioè nella fine del 1400, fi confervava in Ravenna un documento in papiro di non intefo carattere, ch'era de'tempi dell 1 Imperadore Adriano; il che non è da riputare impoffi. bil punto.

Strano veramente fu l'equivoco, che in quefta materia nacque , e per certo cosi tuor di ragione, che fembra impolTibiîe , come fi potelTe traveder tanto. Come fep. pero nel 1400, che tal carattere folTc Gotico, oLongobardo, mentre di cib antica autorità non fi avea veruna , ne per lofpazio di tanti fecoli cosi era ftato chiamato mai? dato ancora, che i barbari venuti in Italia notizia aveffero avuta dello fcrivere, rariffimi certamente farebbero ftsû fra loro, che fi roflero in quefto occupati. Il Re Teodorico, ch'era ftato allevato a Coftantinopoli, non per quefto voile in> parar* a fcrivere. Abbiamo dagli Eftratti dell' Anonimo Valefiano, come impadronito dell" Italia, per fegnare le prime quattro lettere del fuo nome fotto gli Editti, fi valea dell*invenzione di certa lamina d'0ro ; e da Procopio in oltre, come non per- c mife a fuoi di mandare a fcuola i fanciulli, ;; e perô i principali délia nazione gran que- ^: rele fecero poi con Amalafunta, perché fa- v cea ftudiare Atalarico, come di cofa contraria a gl* inftituti délia lor bellicofa nazione. Or come dunque avrebbero que'pochi potuto fcriver tanto , che fe ne fofle tofto abolito 1* ufo del carattere, che in Italia correa ? come non fu penfato, che folamente con la fucceffione di più età, e col giro de' fecoli potrebbe farfi in una nazione tal cambiamento ? Ma chi prenderà a leggere il contenuto de'fudetti documenti da noi divulgati, potrà mai credere,che gli autori loro Goti fbflero, o Longobardi? poichè inftrumenti fono,ed atti legali, che poffon dirfi gli ultimi depofitarj délia Giurifprudenza Romana, e délie antiche formole, e délie abbreviature folenni . Sono in oltre feritti quafi tutti in Ravenna, dove non entrarono i Longobardi, che fu 1* ultimo, e dove quando fi feriflero, col nome dell'Imperio duravano ancora gl'infh* tuti antichi : a tempo del primo vi teneva ancora la Ceàc l'Imperador d' Occidente. Cosidicafi de'documenti tutti de'mezani fecoli, ne* quali le interlocuzioni Romane, le formole Pretorie, le giudiciarie cautelc tra i barbarifmi del dettato, e nell' ofeurità del carattere ottimamente trafpirano ;

le


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LIBRO UNDECIMO.

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^ Je fteffe te&SÏ ^c^c var>e nazioni a rifcrva ! il' alcune lor coftumanze particolari dalle ' Romane effendo pur tratte. Scrive il P. Mabigli°ne ch'ei ftette ambiguo un pezzo nello ftabilire quai foffe il carattere LonAobardo , ma che finalmente lo fcoperfe ^elle antiche Bolle de' Papi. Or corne mai poteau" credere, che lo jfcriver de' Longobardi aveffe.appunto fiffeta la fua fede in Roma, dove i Longobardi non furon mai ? ! e che fi foffe abbandonato più che altrove i l'ufo Romano appunto in quella Corte, ed * in quella Chiefa, che délia lingua Latina, e délie Romane tradizioni continué fempre aefler madré, e nutrice? gli Ecclefiaftici furon tutti Italiani per lungo tempo, e ritennero i nomi, le leggi ,e tutti gli ufi Romani. Da un pafso per l'ifteffo Mabiglione quivi addotto appare, corne nel fecolo del mille quell'ofcuro carattere Romano veniva i- (limato , e chiamato, non Longobardo . u't Ma corne mai perfone, che tanti antichi codici rivoltarono , non conobbero da efli chiaramente, corne j diffèrenti generi di fcriver Latino, vennero dall'ifteflb fonte, e dagli uomini fteffi fi praticarono? imperciochè avvien non di rado di trovar nel manufcritto medefimo i diverfi generi di fcrittura, effendo il corpo del libro in corfivo, e i titoli, e aile volte il primo verfo ancora in maiufcolo : taie è fra' noftri Capitolari quello che contiene la collezion di Canoni di Crefconio. Diranno qui, che lavoraffiero unitamente un Longobardo, e un Romano? Ma egli avvien talvolta di vedere un codice principiato in maiufcolo declinare in minufcolo, indi pafTare al corfivo, e cosl çontinuar fino al fine. Abbiam tra'noftri Topera d*Ifidoro de fummo bono> dove dopo çinque carte di maggior carattere fi paffa al minore, e quafi ftampatello, indi a poco a poco fi viene in corfivo fchietto, e benchè alcuni capi fi comincino ancora fin con fette verfi di maiufcolo, pur fi ripiglia di nuovo il corfivo. Quai dimoftrazion piïi certa, che non da diverfità di fecolo, o di nazione tal variazion veniva, ma dalla pigrizia di quel che ferivea , o dalla fretta, che gli faceva abbandonare il carattere piu faticofo e tardo, e palTare al piùagevole, e più fpedito? Cosi ne'noftri codici in maiufcolo più fontuofi fi veggon P^i volte pagine ch' erano reftate in bianco, coperte di corfivo d'ogni maniera, avendovi qualche buon uomo di que' tempi yoluto mettere ora pezzi di libri facri, ora dl apocrifi, onde fi pub conofeere, che tal carattere riè vien da quelle quattro nazioni> nèèForenfe, Ravennate, Lodovician°> Longobardo vecchio, Longobardo pofteriore,

pofteriore, o con quanti nomi è ftato nella grand' Opéra Diplomatica contra fegnato.

Termineremo quefto ragionamento con avvertire, corne col fiftema qui propofto di dividere in Maiufcolo , Minufcolo , e Corfivo,- tutti fi vengono a comprendere i modi d'antico fcriver Latino, varietà folamente apparendo talvolta, per trovarfi mifchiati infieme più d'uno di efli, e fpezialmente i due ultimi, nello freflôfcritto. Ail' incontro co' cinque generi, e co' tanti nomi per lo pafî'ato ufati confufion fi gênera,e la maggior parte de' codici non ci reflava altramente comprefa. Mancato il corfivo ne'proffimi fecoli,gli fi foflituiil minufcolo con breviature, che riefeon talvolta più difficili del corfivo antico, il quale ha figura certa, regolata, e uniforme. Cosî nel Greco la divifion légitima farebbe in Maiufcolo , Rotondo, e Abbreviato. II rotondo corrifponde al minufcolo, e da effo fu prefo il carattere per le ftampe;l'abbreviaco è il corfivo, che cosi puô chiamarfi per la frequenza délie breviature: abbiam già detto,corne gli fu dato nome d' acuto. Sotto quefti tre generi vengono a comprenderfi parimenti tutti i caratteri de'Greci ; e oggi giorno ancora in Levante fi diftinguon da'Calogeri le feritture de' lor codici in Rotonde, c in Acute; e men bene perb çmrj\„. manca quefta diftinzione nella Paleografia, »*§»'?""'■ dove in vece fi fà fpefTo menzione Hel carattere quadrato, ch' è termine ignoto a* Greci, e che non efprime il vero. Cosi in altr'opéra l'iflefso Autore dice fpefsoeffere i codici feritti in carattere quadro, e roton* BM. do, il che fe non è un mifchiar quadrata Co"L rotundis, corne colui dicea , non {o quai Ig6i4i. farà. Nome di carattere quadrato fu ufato fpeffo anche parlando di codici Latini maiufcoli , corne délie Pandette Fiorentine , v.it.itai. aile quali veramente convien pochiflimo , e meno ancora quel di carattere Pifano, D;/)/ p# ch' altri lor diede . Il termine di lettere 636. quadrate non fi trova ufato anticamente, che una volta per ifcherzo da Petronio Arbitre di due parole feritte fui muro. Ma con quefta idea molti sbagli anche fi fchiveranno faciliffimi per altro a prenderfi ; perché non ci farà più chi giudichi ferittura difeordante in fe ftefsa, e dubiti dell' antichità di que'codici, o documenti, ove vjP.derm. nell' iftefse parole vegga lettere a ftampa- ££"' tello mifchiate con altre ofeure, e imbro- p.450. gliate; ne fi farà di cib maraviglia, fapendo corne tutto è carattere Romano, e corne nel corfivo non tutte le lettere fono firane, e diverfe, ma alcune folamente con le attaccature loro, rimanendo 1* altre pur

belle


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belle e chiare . Non ci farà parimentechi per certa forma délia lettera r,ufata in moltifiimi de' noftri manufcritti minufcoli, o mifti, battezi un carattere per Safsonico. Ne ci farà in apprefso chi cosï facilmente precipiti il giudicar dal carattere il precifo fecolo d' un monumento ; poichè conofcerà che nell' ifteflb tempo, e dall'iftefsa perfona fi fcrivea in un génère, e nell'altro: molti documenti fi trovano, in cui délie fofcrizioni nell'ifteflb giorno fatte, e nell' ifteflb luogo, altre fono in maiufcolo, altre in minufcolo, altre in corfivo, ed altre in miflo , e fecondo le mani variante. L' Autore del Diario Italico per credere in carattere Longobardo un' alfegnazione di fpezial tup*i. 64. tore fcritta in Rieti, la giudicb dell' ottavo fecolo, e forfe del nono; quando eflendocifi da noi rilevato 1' anno, fi trova fcritta ». ifl. Dipi. nel 557, vale a dire undici anni prima, che ?> ,6a- alla volta d'Italia moveffero i Longobardi. Non farà parimente più chicredaGotiche, o Longobarde le lettere ,che vedrà in marmo mal difegnate, e rozamente fcolpite. Fin dagli antichifllmi tempi gran varietà fi vede tra pietra e pietra, e più tra pietra e métallo. Abbiamo olïervato più volte nell' ifteffa lapida in bel carattere le prime righe, e in brutto e déclinante le ultime. D' nb. 7. una legge fcritta in antkbe lettere fa ricordanz,a Livio, e non efler le antiche ftate / ,.,. 7. fimili aile ufate poi, dichiara Qiiintiliano : Hr-rftmi- ecco pero cne fi mutano i caratteri anche nàjfr'h&t. fe°za mifchianza di ftranieri popoli. Molto più che da nazioni nafce talvolta ladiverfità, e la fparutezza dall'eflere incife non inCittà, ma in villaggi: di qua viene la cattiva maniera, che ii puo oflervare nell' ifcrizion noftra mentovata innanzi, e lavorata fotto il Re Liutprando; poichè degli flefli tempi altre fe ne hanno in Milano, e in Pavia di carattere affai ben formate L' imprefîion volgare fèce chiamar Goti7r. itai. che anche le lettere fcolpite fotto le ftaP- 39- tue degli ApoUoli alla Rotonda di Ravenna, che fon per altro in bel maiufcolo . Nella Prefazione al corpo del le Antichità figurate, dicefi,che il carattere Gotico cominciaffe nel fecolo del mille, quando veramente ne*marmi il carattere, cui i\ diede poi nome di Gotico, regnb nel fecolo decimoquarto, e comincio folamente verfo la fine del précédente, donde fi puo intendere , quanta parte in eflb aveffero i Goti ; e nacque dall'infaflidirfi di feguitar fempre la forma ufata , e dalla pretenfionedi far meglio, e dalla libidine di ornare ; per lo che fi comincio a torcer le linee, e ad aggiungere alcuni tratti nell'eflremità délie lettere, che prolungati poi,

ed accrefciuti trasformaron tutto , conie appunto per l'ifteffa ragione nell' architettura avvenne.

Ma non fi pub far fine fenza parlar del carattere Gallicano: tal nome fu dato a quello, che da noi fi è chiamato minufeolo. Se ne fliamo alla preoccupazion cornune, dal P. Mabiglione efpofta ed approvata, fu Carlo Magno, che comincio a ripu. lir la ferittura , e a famé abbandonare i quattro barbarici generi, fofiituendo que(to bel modo di ferivere dillinto, e chiaro, quai pero fecondo vien detto, non i Fran%efi da'Romani, cbe fi flavano col carattere hi Longobardo, ma i Romani prefero poida' Fran- fF' Tiefi. L' età di Carlo fi arguifee adunque talvolta ne' monumenti dalla pulitezza di *■'•• cosi fatto ferivere ; e fi ripete efferfi da gl* Imperadori délia ftirpe Carolina fatto prendere il carattere Gallico a gl' Italiani, lafeiando il Longobardo ; a' Spagnuoli , la- ,^, feiando il Gotico; a' Tedefchi , lafeiando il Teutonico ; a gl' Inglefi , lafeiando il SafTonico.Or quefto è un errore nientemen bizarro, e niente men mirabile di tutti o]i altri; perché l'impiccolire, e l'agevolare in tal maniera il maiufcolo, 1' abbiam vedutoin Italia meflb inpratica fin nell'antiche lapide : il famofo Virgilio Mediceo ha note interlineari, e poftille in quefto carattere , che fi credon dell' iftefla età. Subito che la religion Criftiana non meno pe' libri Sacri, e per l'ufo délie Chiefe, che per la quantità de'Sinodi, e degli atti, e per 1" infinità de'trattati, e degli Autori, pofe in neceffità di feriver tanto, e fingolarmente a Roma, il minor carattere fu pofto in fréquente ufo ne'codici. Molti e molti fe 11e confervan pero in ogni parte feritti in Italia a quel modo molto avanti che Carlo Magno veniffe al Mondo . Ne* faggi flefli dell'opera Diplomatica i due, che fi adducono di bolle Romane del fecolo del 600, fono in quefto génère di ferittura, benchè alterata alquanto per la caricatura nel difegno di qualche lettera . Nel medefimo génère alcuni manufcritti fi hanno tra gl» avanzi délia noftra libreriaCanonicale,che per tutti gl'indizj fon parimente di tempo anteriore. Ma di un folo menzion faremo, che bafta da fe a metter quefta facenda in chiaro, e a far conofeere in quanto inganno fiamo finora ftati intorno a quefto punto. Serviremo nell'ifteffo tempo all'Iftoria Veronefe con far rivivere il nome , e ia memoria d'uno ftudiofo Cherico di quefta Chiefa. Codice fi conferva adunque feritto in perfetto minufeolo, che contien 1' opère di Sulpizio Severo fuorchè l'Iftoria , e crediam fia unico in tanta antichità, che

porti


3V

LIBRO UNDECIMO.

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porticosî preci fa mente il tempo, il luogo, * c il nome di chi Io fcriffè ; perché leggeû ■ nel no di cuo> come fu Tcritro in Verona , il di primo Agofto (in cui s'intende terminato) effendo Confole Agapito , e correndo Y'mdi^ion décima, per Vrficino Lettore délia V" Cbkfa Veronefe. Quefle note di tempo in'g^/.dican l'anno 517. ecco perô come tal génère di fcrittura correa già in Italia dugento cinquant' anni avanti Ja venuta di Carlo Magno, e fi praticava in Verona nel 517, (love abbiam veduto non venne Carlo co' Franchi fe non nel 774. Trovafi perô tal carattere nominato Italico, e Romano fîngolarmente: veroè, che Gallico fu chiamato ancora in lontane provincie, perché quelle, come più proflime alla Francia che ail'Italia, dalla Francia l'ebbero; ma in Francia era fenza dubbio alcuno fîato portato dall'Italia. Forfê il primo efempio n'ebbero i Franzefi in que'codici, cuiPaolofecondo, come fi ha nelle fue epiflole, mandb da Roma ai Re Pipino padre di Carlo magno, tra quali ve n'era fingolarmente di gramatica, e d'ortografia. Carlo, che con la fua gran mente anche di più dottrine voile informarfi, non perô feppe ferivere, e in darno fe ne invaghi, e fi provbd'imparare in troppo avanzata età : tanto chiaramente infegna Eginardo nella fua vita, e poco applaufo meritarono in quefta parte il Lambecio, e '1 Pagi, volendo interpretarc, che non fapefse ferivere in grande, e cancellerefcamente . Pare, che il P. Mabiglione inclinafle a credere, che . i monogrammi,o fia le cifre del nome,che s' imprimevano , principiafTero da Carlo magno, appunto per la fua imperizia dcllo ferivere. L'ufo per altro di que'compendj, e di collegar le lettere infieme, fi Fl oiïèrva fin nelle lapide Romane, come appare da due noflre ; e appunto ne' nomi (i vede rîno in alcune Medaglie Coniolari ; ed anelli figillatorii col nome in breviatura riconofconfi tra Romani, ove chiede Simmaco al fratello , fe 1' epiflo»• le avelfe rïcevute figillate con quell* anello, ove tlfuo nome r intendeva più toflo che fi leggeffe. 11 MonacoEngolifmefe autor coeraneo,chc di quel grand* Imperadore fcrifTe la vita, narra, come il Papa cosl da lui richiefto, gli diede alcuni profefïbri di canto ecclefiaMco, e 1* Antifonario in note Romane; e convegli condufTe in Francia quefti Canton> dove infegnarono 1' arte loro, e dove «- quelle note Romane ( appunto come le let\ tere)fi chiamaron poi Franciche. Narra altresi, come vi condufTe replicatamente p Roma maeflri d' arte gramatica , fra e parti délia quale computavafi a tempi vtr. Ilhjlr. Parte L

antichi Io feriver bene, e diflintamepte. Ecco pero quai foiïe di quel génère di fcrittura la fonte, e comeinFrancia fotto Carlo, indi nell'altre provincie fi propagaffe. Non meno l'accennato Scrittore, chealtri citati dal Cangioaffèrmano, come avanti in'v^f. lui ogni ftudio di Gramatica, e d'arti li- acd^fberali, fioritevi fotto l'Impero Romano, in Francia era fpento;ed è pero patente, come quell' Eroe tutto vi fece rivivere dopo d'effere flato in Italia, e con l'idée imbevute a Roma, e co' profefïbri di là condotti. Troppo fbrfe ci fiam dilungati fu quefto fatto, ma importa anch'efîo moltiffimo a prendere una giufta idea del le cofe, e de' tempi, che dovrebb' efïère delMftoria il principal frutto. Per prenderla intorno a tutti quefti punti giuftiflima, molto gioverà una rifieffione , che fuggeriremo. Al giorno d'oggi, mentre fliamo quefti fogli ferivendo, ottanta mila ben numerati foldati Alemaniinquella parte d'Italia dimorano, ch'è dominata dal régnante Imperador fempre Augufto. Aggiugnendovi i fervidori degli Uiiziali, niun de' quali fecondo l'efattiflima difeiplina che corre, è rimeffo, e le donne , e i fanciulli, e quelli dell* iftefla. nazione, ma d'altra profeffione, ch'abitan qtiivi, abbiafi per îndubitato, che non è punto inferiore il lor numéro a quello de* Longobardi, che altrettanta parte d' Italia tenendone* medefimi luoghi già furono. Ora veggiam noi per quefto, chegl'Italiani tralafcino d'attendere come prima a gl'impieghi loro, e che s'adoprino gli Alemani in fàbricare, in dipingere, in meftieri di penna, o in altri tali? e che fe ne cambi perô in quelle parti la maniera nell* arti, e vi fi muti la lingua, e vi fi trasformi il carattere, e la fcrittura Pnulla afratto di quefto; perche gli Alemani in quanto a loro importa, e in quanto a loro appartiene, unicamentes'impiegano, ch'è appunto ciô, che a'Longobardi ancora unicamente importa va, e s' apparteneva.

Secondo l'ufo noflro ehiuderemo il libro con la ricerca délie notizie Ecclefiaftiche Veronefi. Miferabilecofa è il non ritrovarfi de* noflri Vefcovi monumento certo, e contrafegnato di tempo da Giuniore, che fu nella fine del fefto fecolo, fino a Paterno, che tenne fotto Liutprando la fede. Son cosî rare le memoric del fecol fettimo, che aile cofe noflre fpettante ne documento, ne lapida ci è mai venuto fatto di rifcontrare. Ben preziofe iferizioni abbiam dell'ottavo indue colonette trafportate nel Mufeo da S. Giorgio di Valpulicella, e qui rapprefentate col fuo carattere; nelle quali 1 fi legge, come in tempo del Re LiutpranY

LiutpranY


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DELL'ISTORl.V DTVERONA

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do, e del Vefcovo Paterno, eflendo Cuftodi di quella Chiefa, che allora era dedicata a S. Gioan Battifta, Vitaliano, e Tancol Preti, éd. eflendone RefblGaftaldo, nobil tabernacolo fu in efla eretto. Vi fi ha in j oltre il nome di Gondelmo Diacono autor dell' ifcrizione , e corne abbiam toccatoinnanzi, quelli degli arcefici. Tre altri nomi fon nel fine Vergondo, Teodcal, e Fofcari, che moftrano, com'alcun'altra cofa feguiva, e lo fcultore non tutto incife, ma lafcib il dettato imperfetto. De' Cuftodi délie Chiefe moite menzioni fi hanno : l'ufizio c 19. loro da Sant'Ifidoro nella Regola vien defcritto. L'ifteffonome aveano appuntoufato anche i Gentili, corne s'impara da una Iapidetta del noftro Mufeo pochi mefi fono v.inf. fcavata a Pozzuolo, dove fi nota d'un folVvMïmr ^ato, ch'era prima ftato Cuftode d' un ex N<io- Tempio. Paolo Diacono nominail Cuftode fiiaee. d>una Bafilica in Pavia, ch'era folamente nel grado del Diaconato; i noftri eran Sacerdoti, ed è fingolare che fbffer due. Veggiamoqui, com'anco le Chiefe ebbero il lor Gaftaldo, detto comunemente Economo, e Vicedomino. Il nome di Tancol fi Ait. fcrive Thancolf ne'documenti di Fulda , ne' FuU.l.i. quaij moiti ne fono di fomiglianti. Il Ciborio, ch* or diciam tabernacolo, folea farfi pofare fopra quattro colonne ,ond'è feritto di S. Gregorio, corne îecc il Ciborio a S. Anajl. Pietro con le jue quattro Colonne d* argento puro : facil cofa perb è, che le noftre fien due di quelle, che lo foftennero in cotefta Chiefa. Fu fatta l'opéra co' Dont di S.Gio&C°H" vanBattifta. Solenne fbrmola è quefta, e cheinmoltiCriftiani monumentiapparifce, ma non fempre nell' ifteflb fenfo. Aile volte vien' a dire, che fi ofre a Dio cib ch'è fuo, e che c' è (lato donato da lui ; ed allora è tolta dal Canonc délia Meffa, più chiaramente efpreflb nelle antiche Liturgie ritenute fino in oggi da' Greci : perb le paroC/iV.r 1. le medefime, che Ci dicon dal Sacerdote , peJ°y'„ fèce por Giuftiniano intorno a quella facra «'«,'» menfad'oro ornata , e di gemme, da lui fflviSvToi'. dedicata nel maggior Tempio, che ci vien Tfc^6?o defcritta da Cedreno. In quefto fenfo fuie coperte di gemme e d'oro del libro, che farà ftato probabilmente un Evangeliario , dato da Teodelinda alla Bafilica di Monza, Ieggefi effigiato in ben formato carattere, che de' Dont di Dio quella Regina 1* offre. Altre volte quella fbrmola fignifica, cib che a Dio fi confacra, efferfi fatto con le offerte prefentate a qualche Chiefa da' Fedeli, ufo che in moite parti dura tuttavia in tempo délia Meffa. In quefto fecondo fenfo parla 1' ifcrizion noftra , dicendo che quel Ciborio è ftato edificato de' Doni

fatti alla Chiefa di S. Gioan Battifta, cioè con le volontarie oblazioni del popolo, e col ritratto da effè. Cosi fui labro d'un pulpito di pietra di forma circolare, e rabefcato, che ora ferve per vera di pozzo alla cafa del Paroco di Voghenza ( già Vicohabentia) nel Polefine di S. Giorgio, territorio Ferrarefe, fi legge , corne fu fatto in tempo del venerabil Vefcovo Giorgio de i Doni v. 1, di Dio, e di S. Maria, e di Santo Stefano. ^> Riferifce Agnello un'ifcrizione, in cuifidiceva, corne certa tribuna de' Santi Mattco e Giacopo fi era lavorata a Mofaico co' do- i.„.; nidi Dio, e de* fervi fuoi, ch' ejji avean pre- £v fentati per /' onore , e omamenîo de" S ami tl,.; Apojïoli.

Corne in tempo di Liutprando Paterno, cosi in tempo diDefiderio, refle la Chiefa Verone(e il fanto Vefcovo Annone. Parla di quefto I'Anonimo Pipiniano, dice, clv era famofo per opère pie in ogni parte, e racconta , benchè manchino in quel luogo due verfi, corne eflendofi allora ricuperati i corpi de' noftri fanti Martiri Fermo, e ;. rr. Ruftico, ei gli ripofe con moltiaromatiin (U"d arca dorata, e quefta coperfe con tapczzaria, diftinta in lifte bianche, purpuree, c nere. Abbiam detto nel libro fettimo, tome dopo il martirio furono i corpi per alcuni mercanti Criftiani condotti via in una barca. Ora riferiremoquanto fi-narra nelia leggenda publicata da noi a piè degli Atti, u.:- che fe ben d'altro ftile,è perb aftai antica. ': Furon dunque portati in Africa, ma dopo gran tempo mercante per nome Terenzio ne fcce acquiito, e gli trafportb nella fua patria, ch'era Capri, detta poi Giuftinopoli, i indi Capo d'Iftria. Di là per tema d'incurfioni barbare furon trasfêriti a Triefte, dove portatofi il noftro Annone con accompagnamento di molti Ecclefiaftici, a fbrzadi denarogli ottenne, e riportb infieme anche altri fanti corpi , cioè di Primo , Marco, Apollinare, eLazaro. Abbiamdall'ifteflb autore, corne quefte reliquie con balfaini, ed altri odori furon pofte in arca di pietra, ornatane la coperta con oro, argento, e piètre preziofe, e collocato il facro depofito fotterraneamente nella Bafilica in onore de' SS. Fermo e Ruftico eretta già molto innanzi fuor délie mura, vuol intenderfi délie antiche, e prime. Quivi ancora ripofano le facre ofia, da quando per Sant' Annone vi furon ripofte , fa vola eflendo fenzaalcunfondamentopenfata, che foffero poi rubate, e portate altrove. Preziofo documenta fu letto dal Mofcardo, cioè il teftamento di J" Radone Prête rogato 1' anno 774, mentre Carlo magno affediava Pavia . In efto trovo nominata la Porta di S. Fermo ,inftituito un'

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LIBRO UNDECIMO.

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Qfpitale, e fatti efecutori per fempre coloj-o che di tempo in tempo aveflero la cuItodia de' corpi de' noftri Martiri. Orazione in antico Sacramentario, che fa délia Chiefa di S. Bovo, nomina i corpi qui venerati. Ifcrizioneabbiamo feoperta dell'an•'•" n0 r 13 9, in cui le reliquie di effi, e degli altri quattro nella leggenda regiftrati, e in1 fierne più altre fi notano: fu incifa dal riverfo d' una lapida gentile, e fi pub vedere nel giardin Giufti prefib la pefchiera; non mai per 1' addietro ofïèrvata , effendo in piccole , e quafi confumate lettere nel bafaniento oppofto, eco'piediin fa, perché l'ufaron rivolta: in profpetto fi ha una votivamemoria di Licinio aile Giunoni.Stette foi'fe già quel la pietra in qualche Chiefa , che parte di quelle reliquie ottenute avca.L'annor 197 il Vefcovo Adelardoeccito con efortazioni, e Indulgenze il popoio Veronefe a riparar la fâbrica délia Chie5- fa di S. Fermo e Ruftico, in cui, dice, ri. pfano i corpi loro. Del fudetto Vefcovo Annone fi euftodifee il corpo nel Duomo fotro l'altare di Sant' Andréa , efièndo ftato venerato daimmemorabil tempo per Santo. Ma non di que* Santi folamente, e non de' fol i Vefcovi, che abbiam recitati finora, andb ambiziofa ne'primi otto fecoli la Chiefa Veroncfe. Molr altri n'ebbe, de' quali non s' èancora fatta menzione , perché ne il tempo fe ne pub aftegnare, ne l'ordine. Non fli Verona cosi fbrtunata corne Novarra, nella quai Città dueDittici Confolari d'avorio fi confervano , nell' interno de'quali trasfèriti ad ufo Ecclefiailico , fi vennero notando i Vefcovi di mano in mano, onde non pochi de'primi nomi in antico maiufcolo fi veggon fegnati. Ne pur fu cosi felice corne Aquileia, de' Paftori délia quale rimane almeno un bel catalogo in Cividale , fervandofi quivi ancora con cfempio forfe unico un faggio d'antico rito, nel leggerfi tal catalogo ogn'anno folennemente al popolo; e non è da dubi tare, che i nomi da monumento più. antico iaranno ftati traferitti, onde tra Ermagora, e Fortunato cinque foli fi hanno, efclufo Quirino, e pofto più baffo Benedetto . Nelle memorie Veronefi ne Dittico , ne catalogo fi rinvenne; onde raccolti diverfi nomi qua e là da i monument! di varie Chiefe, del tempo , délia fucceflione , e délie azioni fu arbitrato a fantafia da chi nel decimoquinto fecolo, e nel fufTeguente prefe a mettere infieme la noftra Ecclefia"ica Storia. Quinci intera ferie venne poi regiftrata nell* Italia Sacra ; quanto erro^amente, fi pub già riconofeere dal confronto de' Vefcovi da noi riferiti finora . Kr.IlluJlr.Partel

Pare che da moderne iferizioni, da equivoci di nomi, e da replicazione, alquanti ne nafcefiero; e che ali'incontro alcuni de 1 legitimi fi tralafeiaflero, o fi collocaflero a rovefcio. Délie vite poi, accettate fpeflb, e replicate da moderni raccoglitori, non accade altro dire. Il primo, che de'noftri Vefcovi Santi defle fuori raccolta, fuFrancefco Corna nelle fue roze ftanze volgari terminate nel 1477. L' aggiunto di Santo fi usb per aiïai tempo corne titolo , e cosî quel di Beato,come fi riconofee in piùluoghi di S. GeroIamo,e fu fpezialmente proprio délia dignità Vefcovale: perb di San v.Conc. Liber ato Vefcovo délia prima fede neila provin- t.^.c.-jii. cia Bi^acena tanto fi lamentavan que'Monaci. Agnello chiama indiftèrentemente Santi tutti i Vefcovi di Ravenna, de'quar li fcrifle le vite: non bifbgna perb da taie attributo ne'monumenti argomentar fempre canonizazione, o cu'to. II fare in Verona ufizio di trentafei Vefcovi Santi ebbe principio da una cortituzion Sinodale del 1503: è certo,che da memorie allor ricevute comunemente il noftro Clero fu indotto; ma 01 a tre cofe anderemo rintracciando: i nomi, che da' iolidi document! ritraggonfi; il culto, che veramente a non pochi (in nelle antiche età fu preflato; e 1* ordine, con che li più di quelli di tempo incerto fi poflon collocare.

Ampia ed efimia lapida fi conferva in Santo Stefano, che per difgrazia nota di tempo non porta, ma fecondo il completfo degl'indizj puberederfi dell'undecimo, o duodecimo fecolo; non negando perb, che pub anch'efière anterior non poco . II fuo contenuto nelle Antichità Veronefi del Panvinio vien riferito. In cotefta pietra a pag.iri. gran lettere notizia s'incife délie reliquie quivi euftodite; e prima d* altro i corpi fi regiftrarono de* Santi Vefcovi di Verona Simplicio, Petronio, Innocen^o, Felice, Salvino, Teodoro, Senatore, Probo, Androhico , e Mauro. Eccone già dieci venerati corne Santi fin negli antichi tempi. Più di venti fe ne pretendono da' moderni Scrittori in quella Chiefa, ma il marmo non ha che i fudetti. L'ordine di recitargli è moltocredibile ci additi quello, non già délia fucceflione, poichè più altri vi fi frammifero, ma del tempo fra loro, talcbè di efii Simplicio foflèil primo, Mauro 1' ultimo, e cosi degli altri: in fatti Simplicio abbiam veduto dall' Anonimo Pipiniano, come fa il terzo fra tutti . Probo , Andronico , e Mauro furon ricordati dall' ifteflo autore ancora come Santi, e come fepolti a SanIto

SanIto e furon da lui ricordati in oltre Florenzio, e Vindemiale, quali anzi che

Y % noftri


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noftri Vcfcovi, parrebbero i noti Martiri. Ma fe dovefle leggerfi Gaudenzb, 1' uno e 1' altro di tai nomi fon regiftrati da noftri : cosï menzione fa egli di Marna , il qualc nella pur'ora rifèrita lapida pare fepararfi da Vefcovi, e la cui memoria fi nota ne'vecchi Calendarj al giorno, in cui ora fi fa S. Momafo.

Paflando da i marmi aile membrane, efatta ricerca abbiam fa*tta fopra i vecchi libri liturgici, e rituali di varie Chiefe, poichè a quefti fpeffo Calendarj fi trovan premeffi, da' quali s'impara, di cui fi celebrafle qui la memoria, e cui fi rendefle culto . Vera cofa è , che pochi nomi n' abbiam raccolti a motivo, ch' effendo gli antichi Prelati in varj luoghi ftati fepolti, e coftumandofi per lo più di rare in ogni Chiefa (blamente di quelli, che quivi erano, per accertarfi di tutti , converrebbe aver di tutte i facri codici, là dove niente ci rimane di S. Stefano, di S. Pietro in caftello, di S. Procolo, e poco di S. Zenonc, nelle quali fappiam di certo, che fanti Vefcovi fur ripofti. Il più che abbiam rinvenuto, è ftato ne'manufcritti délia Cattedrale, tra'quali alquanti fe ne confervano di tal génère, che fi poflon congetturare fcricti dal 900 al 1200. Molto è traquefti notabile un'Ordine Veronefe con titolo diCarpfo, compilato da Stefano facerdote, e cantore : parimente un Martirologio di Beda più depurato da giunte di quanti fe ne fian veduti finora,fopra il qualequalche nota s'incontra alla noftra Chiefa fpettante di féconda ma antica mano. In quefti codici adunque, oltre a Fermo e Ruftico, a'quali da due fi mette Vigilia ,S. Zenone comparifce fempre, benchè non come Martire : vero è, che a più Martiri fi dà nome in quefte membrane di Confèflbri . Qtiefto Santo 1* abbiam trovato anche in fomiglianti Calendarj d'alcun'altra Città, efïèndofi venerato in più parti diftintamente, onde fappiamo, che Piftoia in Tofcana molti fècoli fa l'eleflè per Protettore . Di eilb fi folennizava qui anche in que* tempi la Depofizione, la Traslazione, e la Dedicazion délia Chiefa , alla quale fu poi foftituita 1' Ordinazione . In quafi tutti quefti Martirologi fi prefenta altresi S. Procolo: nel premeflb a un' Orazionario, che ha qualche contrafegno de* tempi di Berengario, Zenone , e Procolo foîamente fi hanno de' noftri . Antiche litanie in verfi , tratte dal Monaftero d' Augia maggiore, e publicate dal Canifio, e dal Cardinal Tomafi, hanno anch' efle. S. Procolo i e S. Zenone : e cosî gli ha quel pog.iost. pregiabil Calendario di Lucca publicato

dal Fiorentini, nel quale è notabiliffimo come fi regiftra de' noftri S. Valente an. cora, cui per non eflerfi confervato alcun codice di S. Pietro in caftello non veggiam nominato in verun degli accennati Calendarj Veronefi; e come vi fi regiftra al fu0 proprio giorno , cioè al nono avanti le Calende di Agofto , ch' è quanto dire il di 24 Luglio, là dove dal martirologio Romano comune fi mette alli 26, e cosi fi célébra ora da noi, perché lacifra> che val fèi nella lapida, fu per gran tempo cre-Mi.. duta un cinque, come abbiam norato nel LXji fine deliibro nooo, e lo fvario fi fece poi di due giorni, perché fotto li 25 cade S. Giacopo Apoftolo . Ma nel Carpfo oltre alla Depofizione di S. Procolo fi nota anche la Traslazione, onde appare, che non fu fempre ov ora fi venera. Si ha nell'iftcffb libro 1' Aflunzione di S. Lupicino Vefcovo , e di Sant' Annone ; la Depofizione di S. Mauro, di S. Teodoro, di S. Felice, c il Natale di S. Cricino: fi ha in più altri S. Maflimo: ne veruno oltre a quefti in documenti anteriori al 1300, e forfeal 1400, ci è venuto aile mani. Di S. Teodoro è notabile, che la Ifcrizione di S. Stefano lo rammenta tra ripofti in quella Chiefa: non vi ftava forfe collocato decentemente, onde fu trafportato al Duomo. Il Carpfo mette perb di lui oltre alla Depofizione anche la Traslazione: da cib l'infigne antichità di quella lapida fi confèrma; poichè il corpo di S. Teodoro,che fi euftodifee al prefente fotto l'altare délia Madonna, era già nel Duomo certamente al principio dcl 1100, e probabilmente non poco innanzi. Siccome le facre ofla erano ftate pofte in grand* avello Romano, ufato già da un Giulio Apollonio per fe e per la moglie, ferivono i noftri , che nel 1225 pofto da tal'ifcrizione in fofpetto il Vefcovo, kcc aprir 1' arca, e lamina vi fu trovata col nome di S. Teodoro. Di tal funzione memoria fu feolpita in pietra, parte délia quale ufata da più fecoli in muraglia d' ofeu- 1 ■ ' ro luogo, ci cadde a cafb fotto gli occhi. Notafi in un libro liturgico, come /« confier ato l'ait are del beato Teodoro nel 12.64Ordine Romano feritto fotto gl* Imperadori Lodovico , e Lotario, che fi conferva nella biblioteca Capitolare, in certe invocazioni , che ha fui fine, mette S. Procolo, S. Zenone, e S. Teodoro.

Ora d'altri Santi è da far menzione. H marmo di S. Stefano dà a quella Chiefa le reliquie di 40 Martiri : fece il medefimo gran tempo prima l'Anonimo Pipiniario. molto probabil perb fi rende, checonfegui'; fero qui la palma. L'ifteflb marmo le da

quel-


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LIBRO UNDECIMO

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quelle d> Placidia Vergine, regiftrata anche nel Carpfo: l'unifbrmità de! nome la fecegià credere Placidia di Valentiniano. L' antichilfimo Martirologio dato fuori si dottamente dal Fiorentini, e quel di Notkero, ed altri mettono in Verona il Natale ch' è quanto dir la morte, di Felice, e jsJicezio, oNiceta Martin, ignoti a* noftri, cde'quali non è qui rimafa notizia. Nel nrincipio del fecolo decimoquarto fi cominciba parlare d'una Santa Tofca, detta fbrella di Procolo, délia quale a noi non fi è mai prefentato monumentoalcuno. Venentio nella Tua vita in verfi mifchiato Ofualdo Red' Ingbilterra, ben videro i Padri gollandifti, che non potea efler vifluta a tempo di S. Procolo, epenfarono, fe forie un fecondo Procolo avefle tenuta queita (càc nel fettimo fecolo; ma veramente altro di quefto nome non la tenne. Con Tofca fi unifce in que' verfi Santa Tcuteria, che fi trova notata in Calendario premefTo a un aflai vecchio codice Canonicale. Del tempo , e délia vita non fi pub pari mente render conto alcuno, già che la perfecuzione patita da Ofualdo. detto da Beda uomo caro a Dio, e più altre circoilanze di que' racconti troppo ripugnano : la piccola Chiefa a quefte dedicata non è di si antica ftruttura, che poteflè eller confecratada Sant' Annone; anzi fi ha , che in fua vece una cappella già fofle, congiunta alla Chiefa de* Santi Apoftoli. ïra le notifie , che in quefto génère dieder fuori di nuovo moite in tempo di Tebaldo Vefcovo nel decimoquarto fecolo, fu quella di Santa Confolata, o fia Maria Confolatrice forelladel Vefcovo Annone, délia quai fi racconta, corne foiTe da lui mandata a Triefte a procurar l'acquifto de* corpi di S. Fermo e Ruftico. Ma noi abbiam veduto poco fa dall* Iftoria délia traslazione annefla a gli Atti, corne il fanto Vefcovo andb per tal'affarein perfbna a Triefte, non vi mandb la forella. Di efla non fi vede ne' vecchi Calendarj menzione. Ma ben fi vede nel teftamentodelnoftro Vefcovo Raterio, che abbiam preflb noi ricopiato dal codice di Frifinga, menzion triplicata délia Chiefa di Santa Maria Confolatrice. L'efler più Chiefe alla beata Vergine dedicate , rendea neceflàrioildiftinguerle con qualche fopranome; quinci avvenne, che ne' po«eriori tempi Ci trafportafl'ero poi tali aggiunti qualche volta dalle Chiefe aile Imroagini; la quai cofa il Concilio di Rovano dell-anno 144.5 ftimb bene di proibire, af,nche gl' idioti non credeflero efler tal virtu "i far grazie, e di eonfolare in quefta o ln quella immagine. Di S. Metrone, célèbre

célèbre i noftri, non folamente fi ha il nome nel Carpfo, ma ancora proprie antifone, e non comuni. Vien creduto d' aflai baflb tempo, e di nazion Tedefca ; ma il Mtrt»» nome parrebbe più tofto Greco, e il tempo è molto credibile fia da riferire al da noi in quefti libri comprefo; poichè eflendofi poco fa ritrovato, e dato fuori un fer- V.LH.;U. mon di Raterio fopra quefto Santo, veg- f* v*rgiamo, che fe ben' ei ne riferifce il volgar p* * 31, grido, fi querela pero di non averne notizie certe, e del non efl'erne ftate fcritte le gefta: molto anteriorepar dunquech'eifoffe anche al fecolo del 900; poichè le cofe délie proflime età anche fenza Scrittori fi fanno. Sembra, che Raterio l'indichi di quefta patria più. tofto che ftraniero , e fi vede che fin d' allora in S. Vitale era ftato collocato il fuo corpo. Pub da quefto piccol faggio arguirfi, quanto poco fia da fi- Epif.rtr. darfi dellaraccolta de'noftri Bagatta, e Pe- M«. retti, che fècero con merito cib che fecondo le idée di quel tempo fi potea fare; e quanto defidcrabil farebbe, che veniflècriticamente depurata 1* iftoria de* Santi d* Italia in Italia, già che nelle lontane parti non è mai polfibile averne informazion baftante; e la pregiabile univerfal compilazione ,che dottamente vien fatta, tralafciatoper le moite contrarietà l'intritutoprimiero, fembra prendefle poi a raccoglier tutto. Non fi pub parimente dire, quanto farebbe commendabile ed importante un'Italia Sacra,o fia un*Iftoria délie fueChiefe, porta infieme con gufto fodo, e con le fatiche di molti dotti nelle varie parti. Lodar non fi faprebbe a baftanza il degno Soggetto, che a tempo, de' padri e degli avi noftri fece a cosî grand' imprefa la ftrada ;ma converrebbe ora , valendofi del teforo da lui pofto infieme di tanti belliflimi documenti, tagliarne le premeflè aile favolofe origini délie Città fpettanti, afficurarfi délia fincerità di non pochi degli atti, che gli furon mandati, e lavorar fempre fui fondamento de* Dittici, o de* cataloghi da effi derivati, e d' autori coetanei, e d' antiche lapide, e d'originali membrane

Délie Chiefe di Verona la prima, che fi trovi anticamente mentovata, è Santo Stefano, quale abbiam veduto nominarfi dall* Anonimo Valefiano a tempi di Teodorico. Il fapere, che tanti Vefcovi fur quivi fcpolti, e il confervarfi quivi cattedra antica di pietra, fa indizio che fofle già la Chiefa matrice : di cib veramente non fi trova nel fuo Archivio memoria, ma le carte non vanno oltra il fecol decimo : non favorifce per altro tal congettura l'Anonimo, quani do chiama tal Chiefa Oratorio. La féconda


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34»

da, di cui fi trovi menzione, è 1' anticadi S. Zenone, che abbiam veduta ne' Dialoghi di S. Gregorio, e che tu disfatta quando fi fabricb ivi prefTo la gran Bafilica, per collocar più nobilmente il corpo del Santo. Quando aqueftafofle dato principio, èignoto. Del ripofar quivi il fuo corpo fa menzione un Giudicato preftb noi originale dell* anno876. Più. Scrittori hanno detto, che fofle poi trafportato a Ulma in Germania ; Rriiqui* ma quello da cui cio prefero , cioè Erma-' • no Contratto, non diffe il corpo, ma alcune

alcune di eflb. Carte del 1200 nominando la Chiefa, e '1 Monaftero, continuano quella claufbla, dove iljacro corpo di S. Z,enoneripofa. Ne' verfi ritmici compofti verfo la fine del 700, o nel principio del fuffeguente fecolo , più Chiefe fi recitano, quali per confeguenza nelieanteriori età erano ftate edificate: non Ci pub da i verfi accerrar di tutte, perché è facile equivocar con le reliquie indicate all'ifteflb modo,ma v. Do- vi fi hanno ficuramehte tra I' altre Santo e"m'L Stefano, S. Pietro incaftello , S.Giovanni in valle, S. Nazario, Santi Apoftoli, S. Lorenzo, S. Martino (ora nel Cartel vecchio) e la Madré del Signore; quale è facil cofa fia il Duomo, detto poi Chiefa madré, e Santa Maria matricolare: era prima piccola Chiefa, délia quale rimane unaparte ancora a canto délia prefente, appunto corne di quella di S. Zenone. E notabile corne tutte 1'altre fon fuori délia Città antica: forfe la gran popolazione,e il contrafto de* Gentili non permife da principio di fàbricarle dentro le prime mura . D'altra Chiefa, e infieme di Monaftero, che fu qui nel fècol fêttimo,o principio dell* ottavo, hanno daro lume alcune parole trovate in antichiffimo codice, e riferite da noi nella Prefazione a Sant'Ilario. II codice ètutto in pulito maiufcolo, ma nel vacuo d' una pagina fi vede notato d'altro inchiortro in corfivoantico, corne fotto il Re Ariperto vi fu vera giuftixia\ e appreflb il nome di Bailio ( fbrfe Bafilio ) Abate del Monajîero di S. Tomafo fopranominato Pineolo; dal che ben fi pub arguire,che in tempo di quel Re Bailio fu quivi Abate. II ponte , ch* è vicino alla prefente Chiefa de' Padri Carmelitani, dedicata a S. Tomafo diCantuaria,fi chiama tuttavia Pignolomotb il Mofcardo,che fofle già ivi preffo una Chiefêtta dedicata a M- 9- S. Tomafo Apoftolo, e data dal Vefcovo Giovanni a' Monaci di S. Nazario : ma non cra mai trafpirata notizia, che Monaftero con Abate vi fofle ftato. Ariberti regnaron due; il primo dal 652 al 661. il fecondodal 702 al 712. Quanto alla Chiefa di S. Zenone, dell' averla i Monaci avuta incura non

fi trova memoria anterioreall'Soo.Benfup. pofe il P. Mabiglione nella grand'Opéra degli Anriali Benedettini, che fotto Defiderio /,;,, fofle fabricato dal Vefcovo Annone il Monaftero di S. Fermo, dove i noftri Martiri fur collocati : ma il Mofcardo trovb , che ftettero quivi Sacerdoti fecolari fino ail'un- H; ; decimo fecolo, e che poftafi mano allora alla fabrica di nuova Chiefa, vi furon chiamati i Monaci. Cotefto par verifimile foffe il Monaftero chiamato ad Leones, di cui fi è trovata menzione in un Nécrologie- Au- !;A; gienfe ,e del quale fênzaragione è ftato cre- wl duto fofle nel Brefciano; poichè la contra- ''"'■'■ da per due Léon iantichi di pietra, chetuitavia furtiftono, fu fempre chiamata de Leoni. Altro Monaftero di S. Benedettod» Leonh vien nominato in un bel Giudicato dell» anno 806 già da noi nell' Archivio Capitolare traferitto, e altresi in permuta pubiicata dal P. Bacchini; ma di nome poco diverfo ne furon due, corne dal fudetto Nccrologio. Porremo fine aile memorie, che J.-.4 fi fon per noi potute porre infieme de'tem- il' pi Longobardi,con la notizia dell'origine, e del fondatore del Monaftero,e dello Spedale di Santa Maria in Organo, rimafo î\- nora occulto mal grado la particolar curiofità, che fe n'è avuta per li falfi documenti tante volte publicati. Parlb di quelto Monaftero anche il Coinzio, el'Autordc- c gli Annali fopramentovati. Nel Friuli pu- ><ni re diploma fi predica di Carlo magno, che foggettafle a Paolino Patriarca d' Aquiicia una Chiefa di Forogiulio, ove rifedeva, e un*Ofpitale,e nell'irteflbtempo quello edificato da Féroce Abate a Verona. Ma piacereci prendemmo noi gran tempo fa ditraferivere dall' Archivio del Monaftero un belliffimo Giudicato dell'anno845, nel quale Aud'tbert Abate del Monaftero di S. Maria, fituato non lungi dalla Città di Verona alla Porta deW Organo, chiama in giudizio alquanti uomini del contado di Trento, che u-.A volean fottrarfi dalla fervitîi, e dal far l' ";. opèrey che doveanb al fopraferitto Monafte- „•;... rio , e Ofpital de' pellegrini di S. Maria , ^"' quali edijico Lupone Duca di buona mémo- ' ^ ria con la conforte fua Ermilenda . Ecco j.. perb fînalmente il vero autore di tal fon- ^';; dazione, cioè un de'noftri Duchi in tem- f;„, po de i Re Longobardi. Forfe dovea feri- <'■■■• verfi Ermelinda . Dell' ufo di fare ofpizii a' pellegrini preflb le porte délie Città, e a canto d'alcun Monaftero , dandogli perb in cura a" Monaci , parla dottamente il P. Abate Bacchini nell'Iftoria del Mo- ^ naftero di Polirone . Si riconofee qui_> com' anche da più altre carte , che H Monaftero fu già alquanto più bafib, e

fuor


H9

LIBRO UNDECIMO.

35o

f 0r délia Porta , dove efpofto a' perico1 c f'orfe ruinato, fbrza è credçre , fofre' poi rinovato di qua dal fecondo reinto benchè confiderato fempre in boroo corne fuor délia Città antica. Il noue di Porta dell'Organo, e di S. Maria in Organo a tempo de' Longobardi , e de' Goti, fa riconofcere , che non manco •,n Verona mai 1* ufo di tal mufiço ftrumento da Sant' Agoftino mentovato , e <ja Caffiodorio , e di cui non Ci ebbe notifia in Francia, fe non in tempo di Pipino

Pipino di Carlo Magno, cui 1' Imperador Coftantino ne mandb uno da Coilantinopoli, çome I* Annalifta di Metz racconta. Non lafceremo di ricordar per ultimo il nome di Giufeppe Vcronefè , che fu. il terzo Vefcovo di Frifinga in Baviera , e che nel 758 erefse in quella Diocefi una Chiefa a Santo Zenone; délia quai notizia fiani debitori a Viguleo tom.i. Hund , ove tratta délia Metropoli di Sa- ^7°? lisburgo,

Fine con l'aiuto c grazia del dator d'ogni bene dell'Iftoria di Verona, e infieme dell' antica Venezia, dall'origine fino alla, venuta in Italia di Carlo magno.

]\f On fi è dair Autore progredito più innan%i per due motivi : T uno , che P?r t* fuffeguenti fecoli /' Iftoria e di Verona ^ e delf altre Città, è flata pire in qualche modo già lavorata \ dove quella degli anticbi tempi pub dirfi per verità 5 che ancor non fi aveffe: l'altro, che dovendofi dora innan%i pefair per h più nelle Cartepecore^ ed effendo que fie 0 inédite, 0 mal public ate^ (arebbe ftato neceffario aggiunger qui un gran tomo di documenti , ;/ che non era del prefente atfunto, e fidema . Terchè fi poffa adunque continuar /' im~ prefay conviene, che alcun de dottiy quali al prefente in que fi a Città per certo non mancano, fi prenda cura di publiear prima un Document ario Veronefe, al quale riferir fi poffa quanto fi dovrà dire . Wlolto ricopib da noftri Arçbivj più infigni il Canonico Carlo Carindli ,• molto hanno prefo da' medefimi il Cancellier Campagnola , e 7 Canonico Gntfcppe Bianchini, la cogni^ion de quali fa 9 che fi poffano avère i lor fogli in conto d orig'mali , Moltijfime copie altresï fece Lodovico Verini, délie quali pure fcrgliendo, e ri\contrando, da cbi abbia buona cogm^ione fi potrà far ufo . A chimique taie utiliffima fatic a foffe per intraprendere , offre /' Autore tint a la race oh a del medefimo génère , che ha preffo di fe , délia quale da quanto in queff Iftoria è andato più volte additando y fi pub prender faggio.

ÏSCRfc



353

VIII

net Cafiel di Brefcia'.

L- VIBIVS VISCI LIB ARIODOTVS

BERGIMO VOTVM

C. ASINIO GALLO

C MARCÏO CENSOR

COS

C. SALVIOAPRO

C. POST

IIVIRISQjrINQJ/ENNALIBVS

IX

SEX- ATILIVS- M. F- SARANVS- PROCOS

EXSENATICONSVLTO

INTER- ATESTINOS- ET- VEICETÏNOS

FINIS- TERMINOSqyE- STATVI- IVSIT

X

P ARC I S ATG

P. FALERivS

TROPHIMVS

OR N AMEN TIS

DEGVRION ALIB

RESTITVTOR R VER

XI

Q. ASISIENO O^F

TRO. AGRIPPAE

AED ÎÏVIRO

PONTIFICI

EX AERECONLATO

DECVRIONESET PLEPS

XII

H O N O R I

M- G AVI- M- F.

POB- SQVILLANI

EQ; PVB- IIII VIR- I- D

CVRATORI- VICETINOR

APPARITORES- ET

LIMOCINCTI TRIBVNALIS- EIVS

XIII

GN- ARRIVS- GN- F

CAETRONIVS. II H VIR I D

VF APO^AER. SlBl- ET DM

CLODIAE- HEDONI- CONlVGi

SANCTISSIMAE- CVM- QVA

VIXIT- ANN- XXXVIII

354

XIV

Qj MINICIO Q, F. POB

MACRO

iTlI. VIRVERON

Q^VERON. ET-BRIX

MINICIA- FORTVNAT

MATER FlLlo PUSSIM

L- D- D- D

XV

ITEM DEDIT COLL

N AVT- ARILIC-TBXII N

VT- EX- EIVS- SVM- REDITV

ROSAL- ET- PARENT- IVSTOF

IVSTAE- VXORI- ET- SIBI- OMNI

AN- IN- PERPETVOM PROCVR

ET ADIECIT- PONTIA- IVSTA-ISD #

COLLEG- INMEMOR' FORTVN A TiE

LIB. OB EAND. CAVSAMHSNDG

ET VT MON1MENTVM- REMVNQ

XVI

c. VETTIDIO

C. F. TRo

MAXIMO

EQVOM PVBLICVM

HABENTI

PO NTIFICI- VIR o

Il V IRO- QVINQ^

PATRONOCOLON PATER

XVII

a Sefiino nell'Vmbrra

LDENTVSIO- L-F-PAP APPOCVLINO- EQ; P CVRAT- TIF- MET-DA TO- AB- {MPP- SEVERO* ET- AN TONINO- AVGG AED- "II VIR FLAM- AVGVRI- PATRONO

COLL- CENT- IIHII- VIRI- AVG ETPLEBS-VRBOB PLERAQJTE MERITA. EIVS- PATRONO CVIVS- DEDICATIONE DE -*•* * III. SEVIR- ET- PLEB- * II CVM« PANE-ET-VINO-DEDIT

L- D- D- D

Z XVIII


355

xv m

neîla rocca d'Anghiera al lago magghre.

c- METELLIo

C» FIL- POMP

MARCELLINO

EQj.R EQ- P

IVDICI EX V DEC

INTER SELEGTOS IIVIR

<^FLAM-DIVI TRAIANI

PATRONOCOLLEGIORVM

OMNIVM PATRONOCOLO

NIAE RIENSIVM

PATRON* CAVSARVM FIDELISSIMO

OE INSIQNEM CIRGA SINGV

LOS VNIVERSOSQVE CIVES

INNOCENTIAMACFIDEM

HOMINIOPTIMOClVIABSTINEN

TISSIMO COLL FABR DERT PATRONO

OB MERITA- D D

XIX

SOLI ET LVNAI

Q- S E R T O R IV S Q_F

FESTVS FLA MEN

XX

C- AFRICAN I vs

C- F- CAPITO

FLAMEN

XXI

FERONIAE. SAC IN MEMORI AM M INEI- PRISCI. . . T-KANIVS- IANVR. SAC- GR ATVITVS ANNO XXXX D D

XXII

p. NVMITOR1VS- P- L- ASCLEPIADES IIIIlI V1R MEDICVS- OCVLAR- SIBI- ET SEMPRONIAI- L- F- CAlLlAl VXORl TESTAMEN TO- FIERI IVSS1T

XXIII

C VEROîJ VS CAR PVS

VI V I R C L • M A I

VERONIAE

TROFIM E- SACER

MATRI S- DEVM

MATRI

S ANCTISSIMAE

ET VERONIO PRIMO

356

XXIV

Q; OCTAVIO

Qj L- POB- PRIMO

VI VIRO A VG

SAC IVVEN

OCTAVIA TlGRISPAT

CONIVGI BM ETSlBl

V F

QVAERERE CONSVEVISEMPER NEQVE PER.

DEREDESÏ NVNC AB VTROQVE VA

CO DECASAPAV- VOLVIT HICMEA

COMPOSITO REqVIESCVNT 0«A SSï'VLCRo = LABOR A PVERO QVT MIH1 SEMPER ERAT

NVNC LABOR OMNIS CVRAEQVE Mo

LESTE NEC SCIOQVID NVNC SIM NEC SCICOV

PARVATAMEN NOSTRO REMANENT

SOLACIA FACTO VIVENT QJI -- - VIVI QylA f(

DON VVNTVR VIVITE FELICES QVliiVs

EST FORTVNA

XXV

OFILLIAE

QVINTAE

SACRO RVM- RO

MANIENSI- C- IVLIVS

HYMEN AEVS- CON

T VBERN ALI

XXVI

XAPI NOS

1HTPOE

KOPIN© IOE

XXVII

nella mur agita latérale del Duomo tli Brefcia.

DIVVS AVGVSTVS TI-CAESARDIVI

AVGV STI Y- DIVIN AVGVSTVS A QV A S IN COLONIAW PERDVXERVNT

XXVIII in Brefcia.

SEX VALERIO SEX

FIL FAB POBLICOLE

VETTILIANI ECV R- EQ_P

FLAMINIS PERPETVI SACERD

VRBIS ROMAE AETER CVRA

TORI ET PATRONO CWITATIVM

VARDACATENSIVM ET DRIPSïN

ATIVM PATRONO COLLEG- OMNIVM

OM-


357

OMNIBVS HONOUIBVS PERFVNCTO

V- B- QVI VIXIT SINE VLLA QVERELLA CVM

C0HIVGË SVA INFRASCRIPTA ANNlS N-XLV

ET NONIAE M F- ARRIAE HERMIONILLE

SVMMA PIETATE AB EIS DILECTVS AVIS

RARlSSIM ANNlVS VALERIVS CATVLLVS

NEPOS

XXIX.

nelV Arco di Si/fa.

!MP- CAESARI- AVGVSTO- DIVI- F- PON TIFICI- MAXIMO- TRIBVNICIA- POTES TATE,- XV- IMP- XIII-M. IVLIVS REGIS DONNI- F-COTTIVS- PRAEFECTVS CIVITA TIVM- QVAE-SVBSGRIPTAE-SVNT SEGOVIORVM- SEGVSINORVM • BELACORVM CATV'RIGVM. MEDVLLORVM- TEBAVIORVM ADANATIVM- SAVINCATIVM- EGDINIORVM VEAMINIORVM- VENISAMORVM. IRIORVM ESVBIANIORVM- OVADIAV1VM- ET- CIVITA TES qVAE- SVB- EO- PRAEFECTO 1 FVE RVNT

XXX

SEX-NAEVIO L- F- PVB VERECVNDO- SIGN

COH- XÏÏÏÏ. NATO

VERON AE- OSS A

RELATA-DOMVM

CI NI S- HIC- ADOPERTA

QVIESCITHEREDES TITVLVM-VERSICVLoS

CORNELIVS- EROI CONLEGAE-ET-AMICO

358

XXX IJ da Mfs. il marmo fu del Cohcc't.

QVART- ANNIVS- QVAR- F- POBL

SATVRN INVS

VER ONA

MIL- LEG- V- AVG- PRAEF- VIGIL

PROGVRATOR- VICE SI M- HERED

ET- Q_V A R TI N I A BABAERIA

UXOR- FECERVNT- H- T- I. S

H • M • D ■ M • A B E S

IN- FRPED- XVIII- IN AG- P- XXV "S

XXXH1


359

XXXIII a Bovarno mile montagne Brefciane.

P-ATINIVSLF-FAB

HIC SITVS EST

SI LVTVS AVT PVLVIS TARDAT TE FORTE

VIATOR ARIDA SIVE SITIS NVNCTIBI ITER

MINVIT P£RLEGE CVM IN PATRIA TVLE

RIT TE DEXTERA FATI VT REQVIETVS

qVEAS DICERE SAEPE TVIS FlNlBVS ITA

LIAE MONVMENTVM VIDI VOBERNA

IN QVO EST CORPVS ATINI CONDITVM

XXXIV

LOC SEPVLTVRAE F AMILI AE XX LIB REG TR ANSPAD THEOPOMPVS ARK DSP ETTRYIO .... ET Q_SICINI

XXXV

IOVI I VNONI

M INERVAE IVA VSLM

XXXVI

■ • • . DICQ.

... OM- ET A VG

... CONCIVIVM ROM ....

. • . TANNIA- ANN V*ïï

... EQjriT CYREN ANN VÎ

XXXVII

IMP CAESM AN

TONINIPIIGERMSAR

FIL DIVI Pli NEP DIVI HA

DRIANI PRONEPDIVI TRA

IANl PARTH ABNEP DIVI NERV ABNEP M AVREL COM MODO ANTONINO PIO FEL AVG- SAR M- GERM- MAX- BRIT M A X TR I B P o T- XIIII. ÏM P ^««COSVP'P' NOBI L1SSIMO PRINCIPI

BENACENSES

36o

XXXVIII

COLoNIA- AVGVSTA- VERONA • NOVA- GAL L1ENIANA- VALERIANO- II' ET LVQLIO. CONS- MVRI- VERONENSIVM- FABRICATI- Zx DIEIIINONAPRILIVM DEDICATI- PR- N0N DECEMBRIS- 1VBENTE- SANCTISSIMO- GAL LIENO. AVG- N- 1NSISTENTE AVR- MARCEL LiNO- V- P- DVC- DVC- CVRANTE- IVL- MAR €ELLlNO

XX XIX

L RAGONIO L F PAP- VRINATIO L ARCIO- QJMNTI ANO COS- SODAL HADRIANAL- LEG LEG- XIIII GEM DONIS MILITARI B- DON AT

ABIMP

ANTON IN O AVG PRO COS PROVING- SARD IVRIDICOPERAPVLIAM PRAFF. FRVMDAND

PRAETOR AEDIL- <£ PROVING AFRIG

SEVIR CHRYSOPAES EVTY CHES ,

SERVI DOMINO OPTIM

XL

preffo AveU'mo nel Regno.

T A T I A N I

C- IVLIO RVF1NIANO ABLA BIO TATIANO C- V- RVFI NIANl ORATORIS FILIO FISCI PA TRONO RATIONVM SVMMARVM ADLECTO INTER CONSVLARES IVDl CIO DIVI CONSTANTINI LEGATO PRO VINdAE ASIAE CORRECTORI TVSCIAE ET VMBRIAE CONSVLARI AE MILIAE ET LIGVRIAE PONTIFICI VESTAE MATRIS ET IN COLLE GIO PONTIFIGVM PROMA GISTRO SACERDOTI HER CVLIS CONSVLARI CAM PANIAE HVIC ORDO SPLEND

DIDISSEMVS ET POPVLVS

ABEL.MNAVIVM OB INSIGN

ERGA SE BENIVOLENTIAM ET RELI

GIONEMETINTEGRITATEM EIVS STATVAM

CONLOCANDAM CENSVIT

XL1


XLII

tiel fotterraneo S. Procolo.

HIC CITO CoNSENVI IAM ME PRE CEDET LONGIOR AETAS

VIVAMQVE DIV MEHORI

BVS ANNIS PRoÇVLl EPÎ CoRPVS ET SANCToRVM MAC TYRVM COSME ET DAMIÀNI SED ET CoNFESSoRES MARTINI RELiQVlAE qylESCENT IN PACE

XL III

in S.Pktro di Bedqzplo prejfo al Cbiefto.

DD. NN. FL« V ALENTINIANO

ET FL- VALENTI DIVINIS

FRATRIBVSETSEMPER

AVGVSTIS DEVOTA VENETIA

GONLOCAV1T

XLIT

Q^CAICILIO CISIACO- SEP TICIO PlCAI- CAICILIANO PROCVR* AVGVSTOR- ET PROLEG-PROVINCIAI RAITIAI- ET-VINDELIC ET VALLIS- POENIN- AVGVRI FLAM1NI DIVI AVG ET ROMA] C- LIGVRI VS L- F- VOL- ASPER

3CoH- ï- CRINGENVORVM

XLV

HORTANTEBEATITVDINE TEMPQRV M >-DDD-v NN N GRATIANI^VALE^TINIANI

ET THEoDOSI"> AVGGG362

AVGGG362

ISTATVAM IN CAPITOLIO DIV IACENTE M IN CEREBERRIMO FORI LOCO -.CONSTITVI

IVSSlT<-> VALPALLADIVS VC^CONS- VENET w,ETs HIST

t

XLVI

I O M

CONSERVATO R£

P-T^^i PONIVS

CORNÉLIANVS

CON*SVLARIS

CVRATOR RERVM PVBLICARVM

XLV II

in Brefcia.

COR GAVDEN TIVS V P COM ET CORR VEN ET HIST CVRAVIT

XLV III

in Modana,

L- NONIVS- VERVS- V- CONS- BIS- CORRECT APVLIAE- ET CALAB VENETIARVM- ET ÏS TRIAE COMES PATRONVS MVTINENSIVM AQVILEIEN BRIXIANORVM ET VNIVERSA RVM VRBIVM APVLIAE CALABRIAEQVE VI NICIAE MARCIANAE C F FIL CAECILIANI P V BIS RATION VRBIS ROMAE ET AFRI CAE PRAES LVSITANIAE CORR APVL ET CALAB VIC PRAEF PER ITAL CONIVGI SAN CTISSIMAE AC BENIGNISSIMAE CVIVS VITA MORVM STVDlORVMQ^ LAVDIBVS ET VNl VERSIS VIRTVTVM ANIMI TAM CLARA EX STITIT VT ADM1RABILIA VETERIS PROBITA TIS EXEMPLA SVPERARIT QVOMERITO OM NIVMQVE IVDICIO SINGVLARI PRAECONIO INLVSTRIVM MATRONARVM DECVS ORNA MENTVMÇVE EST ABITA

Sopra un lato

M c F V C P

NONI

FAVSTINI

LAVDICIAB

1 A a IL


1*3

I

Difottertata tteiîa Stkiay e ffdfpôrtata con

pià altre alla Bibîioieca Cefarea in Vienna ,

pêr otdlûe precifo det régnante Jmperador

fefnprè Aùgufto , dette pth nobili anticbità

protêt tore incomparabile, e perpetuo vindice.

Prefa con tutta efaitezz* corne fia nelmarmo

nelmarmo dowfftmo Cavalier Garelli Protomedico

Protomedico

IMP. CAES L. SEPT. SEVERVS. PIVS PERT AVG ARAB.ADIABPART MAXPONT MAX TRIB POT VIII-IMP XIIPPCOSPROCOSETIMP CAES- MAR- AVR- ANTOltf NVS PIVS FEL AVG PART-MAX BRIT-MAX-GERM- MAX-PONT MAX-TRIB- POT- XVIIIMPTÎÏCOSIIII PP PROCOS MILIARIA VETVSTATE

CONLAPSA RESTITVI IVSSERVNT V I

L

IMP- CAESG- MESSIVS- Q. TRAIAN- DECCIVS P- F- AVG- P-M. TRIB POT

fi COS- II PP

xvim Ll

IMP CAES-CAVREL-VAL-DIOCLE

TIANVS P- F- INV- AVG- ET

IMP- CAES- M- AVREL VAL- MAXIMIANVS

P- F- INV AVG ET

nfod'sn* FL- VAL- CONSTANTIVS

ùco. NOBILL-CAESS

XVII

LU

IMP- CAES- C- VAL- DIOCLE

TIANVS P- F- IN VICT- AVG- ET

IMP- CAES- M- AVREL- VAL- MAXI

-, M1ANI P F. INVICT- AVG- ET

FL-VAL- CONSTANTIVS

ra(» pari* '

mimt, NOB .. CAES ..

M-P- vnii LUI

IMP CA ES M- AVR- VAL MAXENTIO P FEL INVICTO AVG M P XI

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«aONSANIXNVXSNODTD JL3 SA4SIMDTAlNNaa

364

LIV

D N FLAVIO CONSTANTINO

MAXIMO PIO FELICI

INVIOVAVXÏVSTO

MPXXÎH

LV

D N CON'tif ANTINVS

MAXIMVS IMPER AT

VIIII

A P

XXXX

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IMP- CAES

DN- FL- CL- I VLI ANO

P- F- V ICTORI- AC- TRIVMP

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vri* COS- IÏI. BONOR-P

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P N CL IVLIANO P F VICTORI AC TRIVM F SEMPER AVG P M IM P VI

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IMPP AVGG DD NN MAG MAXIMOI J-ET

FL V1CTO

PERPETVIS

PRINCIP1BVS

MPV

XX




369

37o

DOCUMENTI

CITATI NELL' I S T O R I A.

Magnd et praeclara polkt Urbs baecinltaliaî

In partibus Venetiarum, ut docet IJidorius,

Quae Verona vocitatur olim ab antiquitus.

Pcr quadrant efl compaginata, murificata

fir miter,

Quadraginta et oïïo Turres praefulgentper

circuitum, Ex qu'eus otlofunt excelfae, quae em'ment omnibus. Habet altum Laberynthum magnum per circuitum , In quo nefcius egreffus mmquam valet egredi, N'tfi cum igné lucernae, vel cumfiliglomere. Foro lato fpaciofo (lernuto lapidtbus, I

Ubi in quatuor cantus magni infiant Fornices ; Plateae mirae fternutae de Jeclis lapidibus. Fana et Templa confiruila ad Deorum nomina, Lunae, Martis, et Minervae ,fovis, atque

Veneris , Saturni, five Solis ,quodpraefulgct omnibus. Et dicerelingua non valet hujus Urbisfcbemata : lut us nitet yforis candet circumfepta laminis, In aère pondos deauratos, met alla baud communia. Cajlro magno et exceljo, et firma pugnacula, Ponteslapideosf undatos fupraftumen Adefis, Quorum capita pertingunt in orbem ad oppidum. Ecce quam beneefi fundata a malts bominibus, Qui nefciebant legem Dei, et nova atque

vetera S'tmulacra venerabant ligne a, lapide a. Sed pojlquam venit plenitudo temporum, Incarnavit Deitatem fuam nafcendo ex

Virgine, Exinanivit femetipfum, afcenditpatibulum. hde depofitus ad plebem fudeorum peffimam, In monumento conlocatus, ibi manjit triduoy Inde refurgens cum triumpbo , fedit Patrts dextera. Gentilitas hocdum cognovit, feftinavit credere, Quia vere ipfe erat Deus, Caeli et terrae

conditor, Qui apparuit'm Mundoper Mariae uterum. Ex qua ftirpe procejferunt Martyres, Apoftoli, Confejjbres, et Dotions, et Vatesfantlijfimi, Qui concordaverunt Mundtim ad fidem Catbolicam. Sic faftus adimpletus ejîfermo Daviticus, Quod Caeli clariter enarrant gloriam AU

tijftmi, A fummo Caelorum ufque ad terrae terminum. \

Primum Veronae praedicavit Euprepm Epifcopus, Secundus Dimidrianus, tertius Simplicius, Quartus ProculusConfeffor, Paftor egregius. Quintus fuit Saturninus, et fextus Lucilius, Septimus fuit Gricinus Doèlor et Epifcopus, Otlavus Pafior et Confejfor Zeno Martyr inclitns. Qui Veronam praedicando reduxit ad baptifmium, Amalo fpiritu fanavit - - - - Gallifiliamt Boves cum plaujlro vergente reduxit a pelago. Et quidem multos liberavit ab bofie pefiifero

Non queomulta narrare hujus Santli opéra, Quae a Syria veniendo ufque in Italiam, Peripfumomnipotens Deus ofiendit mirabilia. Ofelicem te, Verona, fie ditata et inclita, Qualibus es circumvallata cujlodibus fantlifftmis,

fantlifftmis, te défendant et propugnent ab bojle ne~ quiffimo, Ab Oriente babes primum Protomartyrem Stepbanum, Florentium, Vindemialem yet Maurum Epifeopum,

Epifeopum, Andronicum, et Probum cum quadraginta Martyribus. ■ Deinde Petrum , et Paulum , et Jacobum Apoftolum, Praecurforem Baptifiam Joannem, et Martyrem

Martyrem UnacumCelfo' - - - - et V'tfiore f et Ambrofio. Inclitos Martyres Cbrijli Gervafium, et Protafium, Fauftinum, atque Jovitam, EupolumtCalocerum.

EupolumtCalocerum. Matrem Mariam, Vitalemt Agricolam. In partibus Meridianis babes Firmum et Rufticum, Qmin te olim fufeeperunt coronas Martyriï, Quorum corporaablata funt in maris Infulis. Quando complacuit Deot Régi invifibili, In te funt fafta renovata per Hanmnem

Praefulem. Temporibus Principum Regum Defiderii^t 1 Adelcbiis.

Qui diu moraverunt Sancli non reverft

Quorum corpora, et infimulcondidit Epifcopus Aromatat galbanum, ftaffen, et argoido,

Mir»


37*

Vf Mirrha,gutta, et cafta, et îhtis luàdijfimum.

XLvi 9. Tiimulum aureum coopertum circundat centonibus ; Color interjîincltis mire mulcet fenfus ho.

minum, Modo albus ,modo niger intcr duos pur pure os. Haec ut valait, paravit Hanno Praefulinclitus, • Proba cuius fama claret de bonis operibus Ab Auftriae finibus tenae ufque Neuftriae \ terminos. Ab Occidente cujîodit Sixtus, et Laurentius, \ Hyppolitusy Apollinaris, duodccim Apofloîi : Domini, et magnus Confeffor Martinusfan- ' tlijjimus. j

f. ,ijf,mi- jam \a udanda non ejî tibl Urbs m Aufonia, Splendens, pollens, redolens a Sanclorum

corpore , Opnlenta inter centum fola in Italia. Nam te conlaudat Aquilegia, te conlaudat Mantuay Brixîa, Papia, Roma, et fimul Ravenn'ta : Per te portas eft undique in fines Liguriae. Magnus habitat in te Rcx Pippinus piijfimus Non oblïtus pietatem) aut reèlum iudicium t Qui bonis agens femper cuntlisf.icitprofpera. Gloriam canamus Dco Régi invifibili,

Qtii talibus adornavit tefloribns myftïcis, In quantis et refplendesy ficittfolis radiis.

I I.

Finale d'iftrumento, cioèSofcrizioni de*

teftimonj alla donazione délia quarta

parte d' un fondo.

Papiro in pitt pe^Z' nell* Anhivio délia Chiefa [ Metropolitan a di Ravenna. I

«nno 639.

T./I- devotur ."*'". \

mu,.-s. principalium fentiegoqui fupraPau- ■

Nwuri îacio v d mil Niim. Arminiurum .... voArmenio- Djs Germano notario, et Scriniario auri penuni'oJed-

penuni'oJed- foledos triginta fex in menfe

ma im-.e- Nobembrio Indirtione tertiadec Imp sto

rut are fit- 1

prajeripto. ' ' " ' * " " ".*." * ' " '

natione dati iunt fupraferipto Paulacio forte Vri. folidi triginta fex penfantes praefente Jo~

'?'/"'". banne pr Gen . . fuiiri in ferinio

Gemttn- antearmano in menleiNobcmbrio.. . octafium. va dje fecunda fin .. . Imp dd nn Hcracli JX'."*'r>ftr. m£ù ^iriP anno tricenfimo indirtione tertiaH«yaii

tertiaH«yaii etfarti funt ex très uncias

T'T". libelli ernfiteutici predirto Paulacio in foliris. do uno pcnlante .... anno uno in Indicuone

Indicuone tertiadecima.

Vitalianus ex Num huic

chartulae donationis a praefenti diae . . . unciarum principalium in integro cum omnibus ad le pertinentibus, ficut fuperius

371 legitur, fada a Paulacio vd mil Num Arminiorum fil .... Primi Veronenfium

Veronenfium nobis legitimus eflèpro. <»<,■,

feflus eft .. . Ravennate Paulads

fufciib .... rogatusabeodem teftis fiibfcn. bfi , et hanc" chartulam donationis aucto. ribus praenominate fanrtae Raven Ecclcfiae

Ecclcfiae omnibus quae fu,

perius Evvangelia prae.

buit facramenta.

Germanus

principalium in integrum fundi Terriaticus cum omnibus ad (e pertinentibus ficut fuperius legitur faéta a Paulacione v d mi! num Arminiorum, fiîioqd Stefani Prim n )!,' | Veronenfium, qui quoram nobis légitima <•'■. | fe elle profetfus eft, in Sanéta Raven. Ecclc- "''•'' t fia, me praefente antedidtusPaulaci fufaibfi,

fufaibfi, ei relidtum eft '.•■'.:

.. . Theodor fufcribfi, et hanc cliurtulam

cliurtulam me praefente adtoribus ft,: praenominatae fanélae Rav Ecl traditam r vidi, adque de confervand fuperius fcribta legitur ad fandfca Evangelia

Evangelia praefentia praebuit Sacramenta.

Johannis v d fcl facri Pal huic chartul do- : nationis a praefenti diae trium unciar::m " principal in integro fundi Terriatic, cum ]'.\ i omnibus ad fe pertinentibus, ficut fuperius legitur, fa£ta a Paulacione vd mil Num '

Arminiorum, filio quondam Stefani

Veronen.quicoram nobis legitimus fe

praefente antedidtusPaulaci

donationis mea praefentia adriinbus

adriinbus Rav aeccl traùitum

traùitum adque de conferbandis omnibi;-:, quae fuperius adfcripta leguntur, ad farta Evvangelia in mea prefentia prebui: Sacramenta.

Theodoracis v d et ferib Num Eq .. . • ^ huic cartul donationis a prefenti die trium unciarum principalium in integro fundi 1 crriaticus cum omnibus ad fi pertinentibus, ficut fuperius lcg;rur, farta a Paulacinen ,

v d mil Num Ami. filioqdSte n Vc- „

ronis.qui coram novis legitimus fi efleprcfc-ffus eft, in fanrta Rav Ecclefia prciéntc antedirtus Paulacisfufcribfe,et ei îelictum eft: rogatusabeodem teftis fubfcripfi, et | huic cartulae donationis mea prefentia achiribus prenuminate fee Rav Ecclefie traditam vidi, adquem de cunferbandis onmi- «

bus, quae fuperius obtule ad fancta

Eubangelia me prefentia prebuét Sacramenta .

1 heudorus v d •

. . . unciarum principalium in integro fuwii Terriaticus cum omnibus .... pertinentibus, ficut fuperius legitur farta a Paulac • • mil Num Arm. filio qd Stefani Prim Num

Vc-


Vcroncnf, qui coram nobislegitimus fêeiFe rofeffus eft in ssta rev Rav Eccl et me ' Laefente antedidlus Paulacis fubfcripfi, «t ei reli&um eft, rogatus ab eodem teftis fubfcripfi >et ^anc cartuladonationismcapraefentiaaâxjribuspracnomenatc fce Rav Eccl traditam vidi, atquede conferbandis omnibus, que fuperius adfcripta leguntur

me praefenti praebuit Sacramenta.

Vitalianus forens civitatis Ravennatis fcribtor huius chartulae donationis a praefenti die trium unciarum principalium in integro fundi Terriaticus ex omnibus ad fe pertinentibus, ficut fuperius legitur, poft roboracione teftium complevi, et abfolvi.

Notitia teftium, ideft: Vitalianus Germanus Ex .. Johannes v d Scol Sacri Pal Theodoracis v d mil et Scrib Num... Theodorus v d Johanni Numerario —

III.

Vendit a di Candiana ad Agrefth d' un

Artale, cioè tratto di terreno

aperto, e vacuo.

fy In Chrifti nomine régnante Domino noftro Liutprando Rege in Italia anno quartodecimo indidlione nona féliciter. Confiât me Candiana, releva quondam Felici ....

hbd vendedeflem et vendedit,

adquetradedeflèm et tradedit,tibi Agreftio

Ariale meo, intra Civitate,

ante cafa veftram , qui mihi ovenit, denter

denter meus , quod eft mecietas

defuper tota mea porcionem, pro quiamanefeftaffem, quod per mea volomtate vobis anteam venondavet Eraclius gêner meus meciaetate de predic~to Ariale. Abenteefta porcio de predeâo Ariale denantea petis undece, etexalia parte de traverfo petis tredece: puflèdente vero de uno capiteipfo Agreftio, et de alio capite tenente Predicerno, con nepte fuaTiciana: ex uno latere puflèdente hered ex alia vero parte procurrente via comune com jam dedto Predicerno. Precio placito , et defemto adque in prefenti coram teftebus percepto, dato precio auri folid. bonus penfantls n?mcro quinque tantum .De quodomni Precio perceptum nihel fibi ssta vendetrex ad te emtore amplius reddeberi dixet: fet ab ac çpfo ^rjaje abeas, teneas,pufe(jeas, tuifque pufterisfeliciter derelenquas : Vel quecquid exinde facerem volueris, live374

live374

ram, et perpitem inomnebus habeas pote- btrtdet ftate ; nullo homine contradicente, neque me neque heredes meus : et fi qut non credo, fi alequisaliquando te, aut tuos hrd quoquod tempore pul/avit, aut quod abffet, aeviceret; tonc fpondeo Ego qs vendetrex, heredes pufterifque meas, tibi Emtur he- ?«-* Ç"Pr* redibus pufterifque tuis doplom precio, et rem coque meliorate Ariale edefècacionis fatis efle redditura. Aéto Tarbifi Regno, et Ind. ssta.

Signum*3* manus ssteCandiane vendetrici, que hanc pagina vendicionis fieri rogavit. Ego Lithorx uc rogatus ab ssta Candiana in hanc vindicione mano meam teftis fufcripfi.

Ego Rimigis Gafundius rogatus ad vircUrijf^ Candiana in hanc pagina vindicionis fuser. """•

Ego Iraclius uc rogatus ad ssta Candiana in hanc pagina vindic. teftis fus. Signum ^ manus Sonoaldo teftis. Ego Juvenalis rogatus ab ssta Candiana hanc pagina vindicionis ex declato barbani mei Lithorx fcripfi, et fufcripfi , et pus tradita complivit.

I V.

Valderata dona a una Cbiefa di S. "Lenone fei fiante d' tdivo.

In nomine Domîni régnante domino no- «/»»» 757. ftro Aiftulf viro excellentiflimo Rege anno regni eius in Dei nomine oclabo die oitabo Kal. Novembris per Indicé, décima féliciter. Bafelice Sancti Zenoni fita in fundo Campilioni ego Vualderata, reliéta qd Aro- f«W*» chis, de vico Artiaco , confentiente mihi Agelmundo filio meo,dono adquecedoego q f Vualderata ad Oracolum fancli Zenoni, fU* fupr* pro luminariaet mercidem anima bmquon- '"•*. mt~ dam Arochis vel mea, Oliveto in fundo Campilioni, loco qui dicitur de Gunduval in mea rationem, quod melegibus contanget avère de inter foxore et neptas meas. etjt0rt Quoerentem ex uno latere, et de ambascapitas ,olivas vel vites Arochis germano meo : quarto viro latere oliveto Gunderate germana mea . Ea viro rationem hd donoad- bue du que cedo ipfo prenominato oliveto, quod funt olivas fex, ficut fuperius dixi, ad Oracolum fanéli Zenoni, vel ad eiusCoftodis pro luminaria et mercidem anime noftre, ut remedium aveamus hic et in fbturum fècolum omni in tempore ex mea pleniffima largitatem. Et qui hune meum factumdifrumpere requefierit, nobifeum aveat iudicium ante tribunal Dei et Salvaturi mundi et beati fandli Zenoni. Aéhim in Campilioni diae, Rege, et Indiél. ssta féliciter.

Si-


375

Signum ■*$* manus Vualderat, qui liane donationera iudicati fieri rogavit; fignum fecit.

Agelmundus in hanc cartola donationis me confentiente fubfcripfi.

Arochis in hanc cartola donationis rocatus ad Qualderada germana mea me confentientes et telles fubfcripfi

Gavofert in hanc cartola donationes rogadus ad Vualderada et adeonfentiente Agelmundo me teftes fubfcripfi.

Sign. +$* manus Honorati filioquondam VivirodiÇcn- taliani de Blexioni v. d. telle.

Ego Vrfus feriptor huius donationes rogatus ad Vualderata et adeonfentiente Agelmundo fcripfi et fubfcripfi pofl tradita complevi et dedi.

Donaiionc ai Magnerada air tjtejja Lbteja di S. Zenone.

«'"» 76p. «£* Régnante domino noftro Defiderio, v,ro vero excellentiflTimo, Rege anno pietatis

regni eius in Chrifti nomine tertio deeimo, et gloriofifT. dom. noftro Adelchis Rege fllio eius anno undecimo , nonadecima diae menu Novembri indic~l. ocïaba.

Bafilica beatiffimi et Confeflbris Chrifti Zenoni in vico Campellione, a parentibus meis edificata, Magnerada dei ancella, reliéla b. m. Anfcaus,donatrixeiufdem Orafrtfunm

Orafrtfunm ^ ^ dïîci quidquid bomo in loca veneravia contulerit, centublum accepiat, et infuper vitam hedernam pofredevit. Quatjutjiçra

Quatjutjiçra ego q. s. Magnerada Dei ancella dono in ipfo fanclo loco et eius ius dominiumq. | tranferivo, atq. trafcripfi donacionis tetulo

,uga pro Mifla et luminaria mea, vel pro iocaîe,

iocaîe, pro parentib meis, ideft Olivatello meo in ipfo vico Campellione, fimul et

v*n m vjtjcej]a in fimul fe tenentem de qd Gundoald avius meus ex integrum. Qoheritde una parte olivetalloGaitrudae neptemeae, et de alia parte oliveto fuprafcripti Oracoli: capite uno tenit in vites Otoni, et alio in felva, fimul et ad vites ut fupra. Que Qlivetallo, et viticellas, ficut pedaturavel goherentia legitur, vel a me poffeflum eft a prefenti diae, in ipfo fanélo loco dono et cedo et confero, et per praefentem cartulam donationis confirmo ut dixi pro Mifla Ct lumina mea; fub ço ordine, ut dum

375 ego advixero q. s. Magnerada Dei ancella in mea refervo poteftatem ufufruétuario nomine, non alienandi licentiam habi. tura, nam pofl meum deceflum a praefen. ti diae in jura et poteftatem fuprafcripti Oracoli permaneat, et Cuftus qui ibidem pro temporc fuerit, faciat ex eis canonico ordine quidquid prévident jnecmihi leceat ullo tempore noîle quod volui, fed quod a me femel fa&um eft, inviolaviliter confervare promitto. Quam enim cartula donationis meae Alfrit Notarius,amicomeo ferivere rogavi ,in qua manu mea fubter fi. gnum feci, et teftibufque obtoli rovorandam. Acloinvico Soflbno fub die, regno v et iijd.fuprafcripta oétaba féliciter. c,

Signum 4* manus Magnerada Dei ancei. f& la reliéla bonç memoriç Anfcaus qui hanc cartulam donationis ficri rogavit.

♦£. Ego Aunefrit uû Presbiter in hanc cartulam donationis rogatus a Magnerada Dei '«< ancella confenfi interfui

Signum ♦$<• manus. Tagipert de Catriaco teftis.

Signum +$* manus Ambrofii filius quond. Gaidoaldi de Catriaco teftis.

Signum 4*Otto manus Ottonifiliusquond. Ottoni de Catriaco qui nomen fuum fcripfït.

*$<• Ego qui fupra Alfrit Notarius Scriptor huius Cartulç quam poftraditam cornplevi et dedi.

V I

Dona^îone di Lobaîdo Cherico a Forcoîane in Povigliano.

4* In nomine Domini noftri Jefu Chrifti „ Régnantes dom. noftris Defiderio, et Adelchis. Regibus, annis regni eorum fexto, et quarto, per Ind. prima féliciter. Dilecliffjma mihi femper adque amanteffima Forcoîane, hanp. ego Lopuald Cl qui Pitovo- h. caturdomitartusppdefcrivere profvidi di- «« leélionis tueex meo donoegoqui fupraLu- £•; puald CL tibi Forcoîane concedere vif LIS fum modica de terra in vicoPubiliano, infra Curte tua, in longo pedes viginti, ex uno capite pedes undice, ex alio capite pedes oéîo ad brachia exthinfa. De uno latere ipfa Forcoîane, feo ex ambo capite ipfa Forcoîane, ex alio latere ipfo Donatur cum germanisfuis, Infra ipfa donatione fibi nulla refervans, ut ssta mea donatio in tua Forcolani, vel heredum tuorum feà pote" i> flate fàtiendi in quod volueres, donandi, vendendi, comutandi, vel in cod volueres faciendi, ex mea pliniflîma largietate, et pro ssto dono meo acepi ad te mihi adeeptabilç Launiçhil fani. .. uno, ut sst dona-

dona-


377

natio meas in te firma permaneat. A&o I Pubiliano de m Marcio Regnû et Ind. ssta féliciter.

Lobadus Cl. in hanc pagina a me faéta ssi. '"" Sign-*î*m Grimoald filio qd Urfo teftis. à'ign. +$* m Porfuald filio qd Forcolla. Sign- *î* m Gaudiofo da Bafelica Teftis. §ign. Efude presbitero rogatus ad Lobaldo

Cl. in hanc donationes mano mea teftis ssi. Sign. *$<• m Tontolo de Pubiliano teftis. Domnefemus Cl. rogatus ad Lubaldo Cl.

in hanc donationem teftis ssi. Ego Theudemar Cl. hune paginam donationis

donationis et conplivit et dédit.

V I I.

Vendit a d't Ebone a Lopuîo.

773 In Chrifti nom. Régnante dom. noftris Defiderio, et Adelchis filium ejus, viris excellentiffimis, Regibus, annis pietatis eorum in Dei nomine fextodecimo, et quartodecimo, menfe Januare, per Ind. undecima fel. Conftat me Aebune magiftro Calegario M hbd vindediflè, etvindedit, atque tradediflè, et tradedi tibi Lopulo Monetario aliquantula terra, qui eft a ftarfbra et porta, iiliect ad juxta Monita pupliga, unacum arboribus, et pomeftèris fuis: abentem in longo ipfa terra petis viginti,et in latitudinem abentem petis viginti et quinque: ab unum latere, et uno capite ssto Lopulo poffidcntem,etabalium latere ssta Monita pupliga percurrente, et de alium capite tenentem Grimualdo, filio quondam Matzolo. Et confiteor me ego qui fupra vinditur, quia recepi a te emture exinde preciumauri folidus duo, et tremiflès duo novos tantum : quathinus ad prefenti die ssta terra, qualiter fuperius legitur inter defignata loca, et circumpoiïidentibus, vel ipfa minfura, in tua ssto Lopulo, et heredib. tuis, oinni in tempore permaneant, et efle debeant potiftatem, faciendi , et judicandi quod vobis exinde placueritnullo hominem contradicente, neque me vinditur , neque " hrd meus . Et ficuti fieri non credo , ut aliquis aliquando te emture, aut tuus heredes de ssta vinditione pulfaverit , aut quod abfit evi6ti fueretis, et non potuerimus vobis exinde ab unoquenque hominem defenfari ; tune conponam ego jam diclus Aebo, et mei heredes, tibi ssto Lopulo, et ad tuus heredes dupplum precium, et rem quoque meliorate aedifficationis ipfa terra quod magis valuere fatis efïemus reddituri. Acto Tarbifi per Ind. ssta féliciter. Signum *$* manus ssto Aebuni qui hanc

37»

vind. pagina fieri rogavet. ufitt

Aego Erfo rogatus ab ssto Ebuni in hanc vind. tt fufe.

Ego Staveli rogatus ab ssto Aebone in hanc vind. pagina t fus.

Aego Odibertus rogatus ab ssto Ebone in hune vind. t. fus.

Aego Petrus rogatus ab ssto Aebone hune vind. pagina, qualiterfuperlegitur, fcripfi, et poftradita compl.

VIII.

Permtttoetfone tra Ermoaldo, c

Scnatore.

■»$<• In Chrifti nom. Régnantes Domini «nn» 774. l noftris Defiderio, et filioejus AdaelchisRe! gis, annis regni eorum in Dei nom. feptimo decimo, et quintodecimo, per Ind. duodecima féliciter. Placuetadque convenet inter Ermoald Gaft. nec non et ex alia parte Se- G*JI«'M natore, ad interefse aliqua comudationem facere de beritlta, et de prefenti fecerunt: fc danfq. Ermoald ipfi Senaturi anales ad Vado, que mihi obvenit ex comparationem de filiis quonuam Durodo ancepofîro: in mea refervo potiftatem pudeo ad aqua oriendo, qui inibi eft, ut ad ipfa aquaori- **»•■>.*- endo introire debeat per via poplica. Ex uno "* latere et uno capite tenente ipfo vScnatore , et de alio latere tenente ipfo Ermoaldo, et de alio capite percorrente via poplica. Ad vece invegarioreddedet ipfe Senatur ipfi Ermoal fimilique terram,qui eft ortus m ipfo loco Vado ad non longe: ex uno latere et uno capite tenente ipfoSenatore, et de alio latere tenente ip/b Ermoaldo, et de alio capite percorrente ssta via poplica : et hocconfted, et inter eis, ut vegafationis inter fe traditur fecuri et quieti valeat pofledere, ut quis de eos aut hrds eorum contra pre- ttredibus fente pagina vegafationis quandoque agere, aut caufare prefumferit, et non permanferit in hoc qualiter fupra legitur, vel non potueret ab unoquinque homir.e defenfare, tunecomp. pars îlla, vel hrds ejus, qui empmat hoc facere prefumferit, ad partemilla, qui coftodierit, vel ad ejus heredes ferbantibus fede,pene nomine auri folidos dece, et rem quoque meliorate ediflicationis terre,etpos pêne oblegationis prefens cartola in fuamaneat firmitate : duo cartolas uno tinore feriptas fibi ab invice tradiderunt. Aclo Tarbifi per Ind. ssta.

Signum *$*manus ssto Senaturi, qui hanc pagina vegafationis fieri rogavet.

Ego Bonto 1. p. rog. a Senadori in hanc/"";',e§uni vegafationis car t. teft. sscri. pentus.

Ego Galo rog. ab ssto Senadore in hanc vegafationis paginam teft. ssi.

B b Eco


379

Ego Varnefre rog. ad ssto Sehatoré in hanc vegafatione tef. ssi.

Ego Oduald rog. ab ssto Senatore hanc vegafationis paginamefcripfi, et pofttradita complevi.

IX.

Vendit a di Orfo a Forcolano.

*nm 79 < »§*In n. D. J. C. regn. dns Defideriom, et Adelchis, virus excell. Régis, annis regni eorum o&abo decimo, et quinto decimo, per Ind. duodecima, de menfe Abrile. Vrfus, quique Fadettus, vendedefe, et venditùr qui fupra Vrfus, filius quondamBru- I nuri de vico Pupiliano tibi Forcolani, Dei «im^i" ancem> unoCafale, et locum po foras in «mpo. ° fundi Pupiliano: qui habet ipfe petia per longo perticas plenarias de petis duodecenas numéro dece, et petis octo: de uno capite perticas quatuor, et de alio capite perticas duaset petis quinque: de uno latere via

38o

puplica percurrente, de alio latere heredes Draconi habent: de uno capite ipfo emto. rem habet, de alio capite viapercurret. Un* de fpondedefe sst venditur, vel ejus h'd}fi non potuerit firmare, aut defenlâre ab uno. quemquem homine , ab ipfo emtore vel ejus heredes sta terra doplu reprometto fub extimationem : pretio placido, et defenido, ficut inter eos convenet, auri très foli. di tanto de prefenti adcepet : coram teftibus folemniter celebraveram : quam viro pagina vendetionis Audelberto Notario fcrivere rogavi, et tefti fimiliter.

A&o Civitatem Verona féliciter.

Sign *J* m Urfoni qui hanc pagina facere rogavet.

Sign. *$* m Hoderado filio Stadoaldo de Pupiliano tellis.

Sign *fa m Maninolum de Pupiliano teftis

*J* Juhannes Cl. rogadus ad Orfone in hanc pagina vindicione tt ssi

*$<• Ego Audelbertus Notarius fcripfi, et fubfcripfi, et poftradida conplevi.

Quefti document i fono tutti in corfivo antico : cinque di ejji fi confervano prejfo T cditore.

ADDENDA NELL' ISTOI^IA.

pag. 6. il fecondo profonda. Anche il no*!i<rty me del noftro fiume pub parer Greco, e aei».». crecier{i venuto dail' efler rapido , e frcgolato.

p. t$. f\i ediflcata. Potrebbe per altro fofpettarfi fbrfe, che Verona, Trento, e Vicenza non fbfTeronel teftodi Giuftinoanticamente, ma per note marginali vi fiano /. t.f.13. poi ftate intrufe ; poichè dove Paolo Diadono riferifce (e pare da Giuflino) gli ftefû fatti,edificate da Gallinon altre diceche Milano, Ticino, Bergamo, eBrefcia.Nè dee tacerfi corne

p. 36. Emilio Lepido, ha creduto non /. 3.5.5*, cjje aitrj jj panvinj0 ancora, e finoin Aquileia

Aquileia dal Bergierio defcritta. Di quefta

p. 48. fàcean frontiera : corne pure s'ini.%.e.ç. ganno il Cellario, quando dal venir aflegnate provincie col nome di Rimini, e di Modanaarguî,che prima l'una poil'altra foffer Capitali délia Gallia cifalpina ; quando è chiaro,con tali nomi la cura délie guerre doverfi intendere,che in quelle parti bollivano, eflendo data alcun tempo in Rimini , ch' era a confini contra Galli, la piazza d* arme. Quinci mirabil fu ilpenfamento

ilpenfamento chi fuppofe, che 1* immaginato ordinario Proconfole délia cifalpina in Rimini rifedefle, o in Ravenna; fiti opportuni certamente per regger la Liguria , e 1* Infubria. Anche il Cuiacio sbaglib, dove dal leggere in Salluftio, ed in Livio deftinata OJV ad alcun Confole 1' Italia , dcduflè , che l6•'• non eflendo 1* Italia provincia, debba intender/I délia Gallia togata; e quinci avviluppandofi di bene in meglio, fpeculb che alcune parti d'Italia foffer provincie,e ricordô Prefidi pofteriori di più fecoli all'antica deftinazione , che fi faceva a' Confoli délie provincie. Voile emcndarlo il Gotto- ti c fredo, ma quivi anch'egli poco vide, al- 1.1.1 tro fïgnificato non avendo conofciuto nel no- ""•" me di provincia, che queldi regione quando in que' pafli, non amminiflrazion di regione , ma di faccenda intendevafi , alla quale fi dava la denominazione dal luogo, dove per taie imprefa, o negozio il Confole dovea portarfi. Or per qualunque mo tivo &c.

p. 57. i Cimbri in Italia : délia fteffa guerra Gotica feguita in tempo fuo, e di cui trattava, più cofe difle Claudiano quivi ficuramente falfe.

p. 63. ed'eftraneicongiunti. Principe

Ro-


3Si

Romolo , fecondo avverte Dionigi, a far i.i. Romani anche i prefi in guèrra, e ad ammettere

ammettere conforzio le Città vinte . De' ! ,. Volfci, degli JEqui, ed' altri notb Cicerone,

Cicerone, erano ftati ricevuti in Roma, e

tra cittadini ; e de Sabini diffe

jpm 81. le regioni noftre, talchè nella Gallia diffe Vibio Sequeftro effere il Benaco del Veronefe , e il Timavo, cb' è oltre j Aquileia ; e Gallia citeriore chiamo quefta ,f. fin Simmaco. Gallia perô &c.

p. 89. il nome degli ufizj: veggafi fopra 0 tutto la legge délie Cariche, e degli Ono5 ' ri. In &c.

p. 93. de' Bergamafchi. Nella Città di Vicenza nobil memoria fu anticamente dedicata, e iî conferva ancora, in onore di /• Gordian Pio, che fi dice eretta dalla RepuMica, es'intende la Vicentina, con Decreto de' Decurïoni, e per liberalità délie M*tidie, avendo alcune cittadine di tal gente fatta in quel tempo la fpefa.

p. 105. dà il nome. Che foflè terra grande e confiderabile fi puô arguire anche dal vederla in un antico Iatercolo militare confervato aFirenze, in cui oflervammo già v. Caio Geminio Vitale, che Dripfino profef fa per patria, com' altri vi profeffa Butrio . E Triffino nel montuofb del Vicentino.

p. 110. de' noftri Scrittori. Quefti imperando Tiberio fu Confole foflituito;madopo il Confolato fu da lui fatto cacciare in prigione, dove flette fetf anni interi, liberatone da Caligola fubito dopo la morte di Tiberio, corne s'impara da Dione. Pare poterfi ricavar da cio, che il fuo Confolato cadeffe nell* anno di Roma 782,anno fopra tutt* altri memorabile,per la morte del Salvator noftro, fecondo 1* autorità di Tertulliano, di Lattanzio, e di S. Agoltino in e(fo accaduta , e che ail* un de i Gemini Confoli ordinarj foftituito foffe : poichè Caligola comincib il fuo Imperio nel Marzo del 790. e perb i fetr anni interi cominciaron nel Marzo dei 785. dunque nell' anno avanti, principiato dalle fefte Palilie d* Aprile, aveq Secondo foftenuto il Confolato, terminato il quale fu meilb in carcere; 1 anzi 1' avea foftenuto ne* mefi anteriori al Gennaio, deputato fecondo 1' ufo a gli oroinarj Confoli, che fuccedettero. Vera co& è , che contracta in quanto al tempo 1' autorità di Tacito , il quale motivo délia prigionia fcrive fofle 1* accufa d'aver Pomponio dato ne' fuoi Orti ricovero a unamU j

381

co di Seiano caduto in difgrazia; per loche di diverfo parère furono in quefta parte i Duumviri délia Confolar Cronologia Panvinio, e Noris, il quale ancora in una lapida fi fondb, che non fo quanto fia ficura ; ma cosi fatte quiftioni al propofito noftro non fervono. Sfuggi Pomponio la capital condanna per la coftante infiftenza un fratello, che Ci fece fuo mallevadore. Dell' equanimità con cui tolerb la fbrtuna averfa, e per cui fopravifle a Tiberio, e à\gran Ann /.5. puïitezza ne' cojiumi, e d'illujire ingegno dall' ""•l'a Iftorico fu commendato. Il fratello per trat- X-"'*;*, j tener Tiberio dall'infierire in lui,andbcon- «»»£<■«/» ciliandofi la fua arazia conleaccufe, in- ''J'""", ,

\ r i rr Ann. I 6.

quieto pero e torbido anche per fe lteflo. «„.{„, D' una cena data dal noftro Secondo ail' Im- '"''""" peradore fa menzion Plinio. A tempo délia /. ,'4 x. ^ morte di Caligola egli era Confole di nuovo, foftituito all'Imperadormedefimo, che il Confolato per cinque foli giorni ritenne , corne Svetonio infeena. Avanti la morte di Caligola, che fu trucidato il di 24 Gen- q'„ei'„ naio, Pomponio era certamente Confole, vii.ntus afièrmandolo Dione ; il quai dice ancora , iib ' 59. corne in quell' ultimoconvitroei giacea proffimo ail' Irnperadore. Uccifb Caligola, abbiam da Giofeftb, che i Confoli Scnzio Sa- 1.19. turnino, e Pomponio Secondo fuggerirono al Senato di deputar tre Coorti urbane alla cuftodia délia Città ; e ragunatolo in Campidoglio, prcfero a perfuader fortemente di non far* altri Principi, ma di rimetter l'anticogoverno: un'orazione in tal propofito mette l* ifteflb Storico in bocca di Ant.i.i9. Saturnine Anche dopo rimafo fuperiore il **•*■ partitodiClaudio, non ceftavaPomponio d' aceufare i foldati, e di raccomandare la Iibertà del Senato, per lo che ne farebbe fia- **p- 4. to da' foldati uccifo, fe non l'avefie Claudio impedito. Alcuni anni dopo per I* ufizio fuo di Cenfore riprefe Claudio la popolar licenza nel Teatro, eflendovi ftata detta villania ad alcune illuftri donne, eal noftro Pomponio Confolar Poeta, che dava Tac. Ann. Tragédie,everfiallaScena. L'ultima men- An.f.13. zione, che di quefto Perfonaggio fi abbia, ce lo fa vedere nell' 803 Legato Confolare délia Germania fuperiore, e vittoriofo de i Catti, che l'aveano invafa ; nella quai*oc- m. 1». cafione furon hberati da fèrvitù alcuni Ro- '• *7mani, che quarant' anni avanti nella ftrage di Quintilio Varo erano Itati prefi. Furon tiecretati a Secondo gli Onori Trionfali, il che equivaleva al trionlb , dopo gl* Imperadori non più vedutofi concedere a* Cittadini. Aggiunge Tacito, corne con tutto cib più che per altro ei fu noto a' pofteri per la gloria délia Poefia. Ma in fomma egli meritb che Plinio Secondo il vecchio ne B b z feri-


3Ȕ

fcriveflè a lungo la vka. QuaJche confufione nelle menzioni, che fanno diqueftoSoggetto gli autori, potrebbe generare 1" incoftanza de' prenomi, trovandofiora Lucio, ora Publio, ora Quinto; onde ancora dubitar fi potrebbe, che talvolta dovefle intenderfi del fratello: ma in quefto più cafo è da far de' Scrittori Greci, che non inabbreviatura, ma fcrivono a di ftefb i prenomi : leggendofi perb Quinto non meno in '• 59. Dione , ove mentova il primo Confolato, A»t.!.ï9. che in Giofefïb, ove tocca del fecondo, c »• fembra rimaner comprovato, che 1' uno e l'altrodebbanoattribmirfi ail' ifteflb.Ora non Pomponio folamente

p. 115. col nome di Trevifo . Si vede

Trevifo due voke nel latercolo milirare civ.

civ. tato poc' anzi, ch' è de' tempi d'Antonin'Pio. p. 301.

p. 129. e 95. dovefta fcritto Ardelicay è da fcrivere Ar'tîica. Ardelica fcrifle chi Am. Ver. diede fuoiï certa lapida gran tempo fa ; ma %r 11^.6. ^ R°flï fece Arelic ; e offervata meglio la noftra XV affai logora, abbiam trovato, fcriverfi veramente in effa Arïlic. onde cosï va fpiegato anche il Vico  nel la VII. il che s' accofta più ail' Anolica délia tavola Peutingeriana.

/,./.-. #.33. p. 130. ed altri. Antichi fon per lo più li denominati Borghi, o Caftelli, venendo dalli fatti per difefa ne' tempi baffi , corne (i ha inOrofio,einaltri. Antich. fonquelli ,che

p. 130. Herbetum: abbiamo Afparè, che

.'3. /. i7. fu Afpretum, nome che indicava luogo afpro,

afpro, faflofb, e dovea efTer voce particolare

particolare Venezia,perché fi vede in Livio

più vol te, e non fo che fi vegga in altri

/.«.«MI. Scrit'tori. Anche Cerea fù cosi detta per

p. 132. délie genti barbare, poichè a

tempi di Paolo Diacono fi fàcea Monza dodici

dodici da Milano, che ora fi hanno

per dieci ; e fçrive Liutprando, autore del

Svtt.Aug. decimo fecolo

'•77p.

'•77p. alFalerno. Auguflo fe ne compiacque fingolarmente. Fa fede

p. 145. di Sefto Vittore . Abbiamo in alcuni codici, e cosi nel Dandolo, che

p. 175. a chi per quella parte veniva in

effa. Che per altro arrivafse fino all'Adda

la Venezia con fue appendici, una fimil

lapida dimoftra, quai trafcrivemmo gran

v. inÇ. temP° fa > corne ci è fovvenuto poi, incaLXXX

incaLXXX nel muro di piccola Chiefa campe3S4

campe3S4

ftre dedicata a SS. Cofmo e Damiano , cinque miglia di qua dalla Canonica , nel diftretto di Verdel maggiore , in temporale fotto Bergamo, in fpirituale fotto Milano.

p. 202. corne in Aquileia . Cosi aflai più che d'altre Città monete ci rimangono in copia di Viminacio, che non fu mai Capitale .

p. 210. nell'anno 304. Del monumento di quefto Vefcovo abbiam già parlato nel libro antécédente. Succefle a S. Procolo Saturnin©, e a Saturnino Lucio, o fia Lucilio, oLucillo. Intervenne quefli al Concilio di Sardica, e fi vede fofcritto tra' primi. Tra'primi fi nomina

p. 228. ter^a parte del Romano. Procopio veramente fcrive, che avendo già i barba- Gri coJlegati co'Romani chiefto sfacciata- " mente in tempo d'Auguftolo, che fi défie loro una terza parte de' campi dell' Italia, e ricufando Orefte di confentire , Odoacre, che ferviva nelle guardie dell' Imperadore, fi oftèrfè a contentargli ; per lo che fatto Re s'infignori dell' Italia , e divife tra'fuoi la terza parte de' terreni. Poco dopo facendo l'ifteflb autore elogio di Teodorico , dice , che niuna ingiuflizia commife, fuorchè d'aver permeffo, che i fuoi Goti ritenenero per fe quella porzion de' terreni, che Odoacre avea diftribuita a'foldati; ond* è probabile, che in Italia la terza parte folamente venifiè da' barbari ufurpata.

p. 254. il tempo in ficuro. Nono Vcfcovo adunque fa ppiam di certo che fu Siagrio, imparandoû da un'epiftola fcrittagli da Sant' Ambrogio, com'ei fuccedette a S. Zenone. Sue lettere nomina il Santo in effa , che fe fi aveffero, lo farebbero aver luogo tra gli Scrittori, e dovrebbe forfe arerlo anche per Sermoni , mentovati dal Panvinio con tai particolarità , che pub crederfi le traefle da Giovanni Diacono, a tempo del quale forfe fi confervavano. Un Siagrio a queft'età regiftra Gennadio corne Scrittore. Notabile fu il cal o, per cui tra S. Ambrogio, e Siagrio paflaron lettere. Era in Verona una Vergme confacrata a f>; Dio per nome Indiçia : eravi ancora un Mo- 'Mi?,; naftero di donne, di che farà difficile trovare più antico efempio; ma délie aggre- cy gâte quivi, altre in eflb abitavano, ed altre nella propria cafa, e fu l'antidetta tra quelle. Eflendofi una fua forella maritata eon trifto uomo chiamato Maffirao, nw '•"'

vo-


3*J

volendo Indicia ftarfi con eflb m villa y adirato coftui, divife con muro ir> Città la cafa toglicndo aile forelle il poterfi vedefg e tentb di muover lite. Crefcendo poi l'odio, forfe per altro occulto motivo, or&\ calunnia indegna, accufandola al Vefcovo corne caduta in delitto contrario alla fua profeflione, e corne aveffe occultato , ed uccifo il parto. Adduflè quaKteftimonj Renato, Leonzio, ed altri fcelerati, che non poteano aver'acceflb in fua cafâ, e alcuni de* quali favorivano la calunnia per ifdegno del non viiitar Iei, e non far corte alle lor matrone, quali per alterigia il face(fe, e non per modeftia, e ritiratezza . Il Vefcovo Siagrio diede orecchio ail*accufa , e ordinb, che per venire in chiaro délia verità foffe vifitata Indicia dalle mamniane; ripiego, che fu ufato anticamente più volte, ove caddie dubbio di virginità violata, onde ne fanno menzione S. Cipriano, e Sant'Agoftino tra gli altri, ma che non potea porfi in pratica fenza ingiuria,e fenza fommo dolore délia facra Vergine , che percib appellando al Metropolitano , fece a Sant* Ambrogio ricorfo. Dovendofi adunque far quefta caufa a Milano, Maflimo cercb di fottrarfi dalla figura d'accufatore, e fèce che il Vefcovo fcrivefïè, non da lui efferfi divulgato tal fatto, ma da femine, che l'avean nferitoal Monaftero, ond' era poi giunto a notizia anche di lui fuo congiunto. Si portarono a Milano Renato, e Leonzio, dove interrogati parlarono difïerentemente, e fi contradifièr tra loro : tre viliflîme donne Mercuria, Lea , eTeodola, che doveano far teftimonio, fi trafugarono, onde innanzi al confefTo de* Vefcovi ragunato per cib dal fanto Arcivefcovo, neflun comparve . Deputato il giorno al giudizio, ne accufatore apparendo, nèteftimonj, due fante donne efaminb Sant* Ambrogio, una délie quali avea conofciuta Indicia a Roma, e 1* altra ufa cra di conviver feco; certa nutrice in oltre di condizion libéra, cui era parimente molto ben nota ; e da tutte riportb ampia teftimonianza degl* irreprenfibili coftumi di quella Vergine; onde pronunzib finalmente, affolvendola del tutto da ogni fofpetto, e condannando Maflimo , Renato , e Leonzio ; con quefto, che al primo non fofie toi ta la fperanzad*efïerrimefro,quando emendafTe il fuo errore; ma gli altri due nmaneffero fcomunicati per fempre , fe forfe ton penitenza notoria, e col lungo piangere il lor peccato degni di mifericordia non fi rendefTero.

9^unta quefta fentenza a Verona, fcrif*e U noftro Vefcovo a Sant* Ambrogio aver

3U

temenza, che di efla non mormorafTero i I.7.I5.I7 Veronefi ; reftare in dubbio la caftità d'Indicia non feguendone l'infpezione, trovarfi chi lo minacciava di non comunica-r più con lui, fe l'arometteflfe fenza effer prima oflervata; ne poterfi dir Maffimo accufatore per aver moftrato dolore délia fama fparfa contra la fua parente. A quefta Jettera rifpofe Sant'Ambrogio con quella, da cui abbiam tutta la notizia di quefto fatto. ; Premeflb, non credere che / faoi carifjimi Ve- c x. \ ronefi foflèro per parlar maie contra il lor ufo délia fua fentenza, e tanto più che col parère, ed approvazione d'altri fuoi confratelli era ufcita, dov' egli ail' incontro fenza configlio d'alcuno fi era arrogato di giudicar folo; riprende Siagrio, perché a fuggeftione, e a richiefta di perfone trifte e cattive fenza accufator manifefto, avefle creduto doverfi dubitare dell'oneftà difanciulla, approvata già molfanni avanti dalla cognizion di Z,enone di fauta memoria, e *.i. dalla fua bened'vçione fantijirata: dove apparifce, che col confènfo, e benedizione del Vefcovo prendeano il vélo quelle che fi confacravano a Dio. Rapprefenta poi, corne contra le leggi e publiche, edellaChiefa avea fatto, procedendo fenza manifefta accufa, e teftimonj ammettendo malevoli enimici: vero accufatore benchè palliato ben ravvifarfi Maflimo : non doverfi per cosi fatte malignità efporre all'orribil ludibrio dell'infpezione una facra Vergine, la cui modeftia venerabile efser doveva, e ficura : aflerirfi in oltre da' primi Medici tal' efame e tal giudicio riufcir fallaciflimo , per lo che dopo di eflb fi era in fatti difputato talvolta ancora : non eflere Indicia ftata occulta in Verona, o nafcofta, onde corne avrebbe potuto celare la gravidanza ? poterfi forfe tal forte di pruova ammettere in perfone fervili, che combattute da i , forti indizj non avefsero vergogna d'ofïèrirla, ma non mai coftringervi una facra e vereconda Vergine : faperfi , che molti riprovavano in Verona cotai calunnia, e fra fe ripugnanti efler le pruove , e non concordar bene ne pur le lettere dall'iftefso Siagrio a lui, e ad Indicia fcritte, ond'efser per ogni conto giuftiflima la fentenza. Un'altra epiftola ancora indirizzb Sant'Ambrogio all'iftefso Vefcovo, amichevolmente, e con un fatto délia Scrittura moftrandogli, quanto rifpetto alla facra virginità aver fi debba. Nel fecolo apprefso &c.

p. z6<). dicognome tien luogo, in alcune parti è prefb dal nome del padre, com' anco anticamente Paolo Diacono fi era deno-


3»7

nominato dall'efscr fiigliuolo di Varnafrido; in altro è di fignoria,

riz. p. 270. d'aver ravvifata. Accorda Ta.

f„7*«ïf cit 0» ovefcrivc, che tra'Germani fi eleg, per rji&ot gevano i Principi ne' concilii, cioè quelli VÙOI^UI çfaç doveano avère il reggimento de' bor*

ghi, e de'villaggi; e dove nota non efser

iblite quelle genti

p. 28 r, Primate lo riconobbe, come abbiam veduto fui fine del pafsato librp da quell' epiftola di Sant' Ambrogio , in cui perb chiama fuoi cariflimi i Veronefi. Çonfermaft ancora perche fi vede

38S

p. 306. o gran parte di efsa. Cosi i no. ftri Scaligeri fi vogliono di nazion Tedef. oa; ma ne'più antichi documenti profefsano la legge Romana, e in una vendita di certa terra nel tener di Montorio, fatta nel 118 7, Arduino de Scala fi dice ex gc nere Romanorum.

p. 314. nell'iftefso fenfo batuere y onde !• efercitarfi de' foldati , e de' gladiatori fi chiamava batualia , e volgarmente battalia dice Cafïiodorio. Menare délia noftra lin. 0r'' gua è molto lontano ""*'•

ERRATA

CORRIGE

pag. 43 Aulio 46 confufe 50 darfe 55 mea 58 e perché 66 del Lazio 91 Grut.438. 98 ove di Carino. 101 antica 112 fi dice 116 vallefque 132 dall'inglarea

134 diTeodorico o con

135 poffa tu 152 cifalpina 353 cifalpina 185 raccolto 189 arti

zoo Natifone

2.05 fi cancellino tre

b'iam pofta. 216 il Palladio 221 Ardelico d'autore

2.30 da Fozio 243 il penultimo as 3 fi fuggerifce 314 qui

congiunti

Aulo

confufe infieme

fcdar

men

perché

Latino

v. Inf. XIV.

v.Inf.XXVI. antichifllma

fi dichiara

Callefque

da in gl are a,

d'Atalarico

e con

tu poffa

circompadana

fubalpina

emendato

parti

fiume righe principiando Abm

Enrico Palladio

Arilico

di fincero antico au*

tore. addei Cod. 54, Tultimo fuggerifce quivi per congiunti

I numeri marginali délie Ifcrizioni citate dalla LX in giù hanno qualche errore.

INDICE


3^9

39°

INDICE

A |

A Bbondanza délia Lombardia 169

Adelchi o Adalgifo Re 295

Adi*e fece fempre l'ifteuo giro 38

A<mcoltura ftimata nobile anticamente 128

AÎa z4°

Alarico prende Roma 219

Alboino rifiede in Verona 261.262

Alcino- vi muore L. Vero. 127

Ancô de' Veronefi onde venga. 316

S.Ambrogio. fua fentenza in caufa Veronefe.

v. Addenda. Annone Vefcovo 341

Ansfrit prefo in Verona . 291

Antiquario chi fi dicefle 331

Appellazioni. 175

Aquileia 32. 113. 128. 198. 199. 193.201.

203. 216. 220. Metropoli Ecclefiaftica 283 1 Architettura Gotica non da Goti 308

Architctti, e Scultori Veronefi antichi 309 Archi alla piazza 123

Arcode'Gavii IZI

Arilica dov'è Pefchiera 95. 129. v. Addend.

Arti non corrotte da* barbari, che non le aveano 307

Articofi e fegni de'cafi 319

Aruns nome Etrufco 5

Arufnati 5. 98

Atilio Sarano 50

Attila 220

Augufto fece che le Città deflêro voto fenza andare a Roma 117

Aufiliarj ne' verbi 319 I

Auftria Neuftria. •• 301

Autari Re ftette in Verona 264

Autonomia 46

B

Badia fu del Veronefe 140

Barche corridore in Oftiglia 229

Battaglia co'Cimbri. 59

Batter moneta in Itdia 148

Becuni . 23

Benacefi 138

Benaco 140

Benevento 265 P- Beretti 299. 302

Bcrgimo Dio de'Cenomani 26

Bernefi di Plinio fono i Breuni 115

Brcnno 24

Brefcia quando acquiftaflè le Valli 102

C

Campagna di Verona 224

^ampidoglio di Verona 121

Umpo marzo 92

£«P« in materia Geogr. che fignifichi 101

baratter! Latini 322. non fono di cinque ge*}en

ge*}en non vi fu mai carattere Longobarcd 0 nèGotico. 332

*racalla fuo motivo di far cittadini tutti. 114 10 magno in Italia 295. a Verona 296. quando

quando prendeflè. 297. non feppe fcrivere 337 Carpfo 344

Caflio Severo Veronefe 120

Catalogo d'Aquileia 341

Catullo 16. primo Veronefe dicuinotizia fi abbia

81 Câtulofi accampa all'Adige* 55

Celina, e Zelina 278

Ceneda 114

Cenomani 6. 10. 12. corne foflèro fottomeflï da* Romani 269

Cefare fa Cittadini i trafpadani. 66

Chiefa antica di S. Zenone 347

Chiefa Veronefe dopo S. Ambrogio fotto Aquileia 280 Chiefa di S. Stefano 236 Chiefe antiche di Verona 347 Cimbra nel Trentino 93 Cimbri 51. non vittoriofi a Noreia corne tutti hanno detto 52. Ior ordine di battaglia . 58. lor difcendenza nel Veronefe 60 Circondario del Iago già Veronefe 139 Cifalpina non fu provincia 43. trattata da provincia dopo i Cimbri 71 Cittadinanza Romana fâtta odiofa , e quindi tutti i mali 223. Serviva di mura 227 Città d'Italia non eran mai fotto un'altra 92 Città forti prefe per refidenza 230 Cividale 114 Civitas che fignifichi 104 Codici dell'ifkfla mano maiufcoli e corfivi 333 Cognomi 207 Cologna fu nel Veronefe 14° Colonia Veronefe detta florida, e ricca da Tacito. 119 Colonia ultima fu la condotta a Verona da Gallieno 14* Colonie migliori délie Fortezze 35 i Colonie militari 83. a Verona 84 Comizii 68. 127. 245 Compagnia Veronefe in Ravenna 290 Concilio di Grado fofpetto 277 Concilio di Rovano 34S Condizioni varie fotto Romani 64 Confine antico tra Cenomani e Veronefi 14 Confini antichi del Veronefe 13** Confolari. Correttori 153 S. Confolata 345 Conti délia Venezia 178 Coni . Storia di tal dignità 179 Contventi giudiziali 21 Coperte da letto di Verona 133 Coitantmo in Italia 287. afledia Verona 120. fua vittoria contra Ruricio 15° Corpi de'SS. F. e R. 34° Cjrrettorifi mandavanprima ne*paefi liberi 158 Corfivo de' Romani 328 Criminale aveafi dalle Città 94. dalle libère anche di morte. 95 Criftiana religione 162 Criftiana Ifcrizionê antichifllma. 163 Cuiacio 197 Curatori délie Città 181 Cuslano Dio nel Veronefe 5 . Cuftodi délie Chiefe >36

De-


39*

/ K D I C E.

3 9:

D

Decurioni $9

De donis formola 2.36

Dei municipal! 149

Dempftero 3

Defiderio Re 295

Diocefi Veronefe va fîno al Chiefio. 14

Diocleziano quanto fatale all'Italia 161

Diploma d'Alboino fuppofto 327

Dittici. da efli unicamente conftano iprimi Vefcovi

Vefcovi

Divifion dell'Italia in undici regioni 113. non

fervi a governo 115. 118

Donazion di Pipino 294

Duchi Longobardi da principîx) furon tutti d'

una Città 272

Duchi di Verona 297

Duchi. floria di tal dignità. 258. inftkuiti da

Narfete non da'Longobardi 260

Duomo 347

Duumviri antichi 90

E

Edifizj antichi 120

Emendati . Catullo.19. Cicérone 316. Caffiodorio

Caffiodorio Ennodio 250. Livio 20. 176. Marziale

Marziale Novelle di Giuftiniano 21. Plinio

81. 113. 115. 127. 131. 312. Polibio 50. Plutarco

Plutarco Strabone 21. 37. Tolomeo 21. ^^>■

Vittore 21» 51. 200. Zofimo 22.

Equivoco di nomi 101

Equivoco in una lapida da cena a Ceneda 114

Errori grandi in materia di caratteri 327

Eue 49

Etrufci . donde originati 3. detti Lidi, perche

Lidia fu detta l'Afia. 3

Euganei 6

F

Fabrica d'armi in Verona. 141

Feltre 229

Fefto Centurion Veronefe 112 Feudi 26-j. quali nafcefïèro da*Romani, e quali

quali 2.70

Filippo Imp. morto in Verona 141

Fine del regno de'Goti 2.39

Flamini corne veftiuero 06

Fori mal creduti luoghi giudiziali 75

Foro de'giudizj in Verona 15 Forogiu!io ÏI4-X37

Forum Allktii quai fia 75

Forum ]uliani nel Veronefe 76

G

Gallia cifalpina fatta libéra di nuovo 78

Gallifparti cominciaron la guerra a Rivole. 54 Galli g

Galli, e Germani eran rifteflb 102

Galli non avean Città 103

Gaftaldi délie Chiefe 337

Gavardo IO6

Gentili che fignificaue 205

Giudici j-.

Giuliano Correttore délia Venezia 145

Giufeppe Veron. Vefc di Frifinga o4q

Gins Italico ^

Gius Latino ^

Gius degli Onori accomunato 10(,

Governo Romano poco finora comprefo 154

Greco carattere acuto, e rotondo 3^

H

Hatriano' fiume 2>

I

Ildebaldo Comandante in Verona fattoRe z^j

lmperio Romano non fi potea trafportarr altrove

altrove r

Indizione ebbe origine dalla vittoria di Verona

151. Dove, e cofa imponelfe Coftantino coll 1

Indizione 152,

Ingiuftizia del dominio Longobardo 274

Inverno. donde fia tal voce 314

Invidia quando invalfa in Italia 277

Ifcrizioni falfe 159

Ifcrizioni del tempo di Liutprando 339

Ifcrizion di Triefte moftra la condizione délie

Città 126

Ifcrizion Greca infigne non più publicata al

n.LX Italia libéra, e fenza Prefidi. 44. 45

Italia Sacra defiderabile 346

Italia prima, cioè Etrufca, e Pelafga 171. Seconda, cioè Gallica 173. Terza cioè Romana 174. Qiiarta cioè Colïantiniana 175

Italiani fcuotono la fervitù de'Greci 292

L

Lagaro 139

Lapida di S. Stefano 342

Legati provincial! s'indirizzavano ugualmentc a grimperadori e al Senato 336

Leggi importe a'Prefidi 183

Leggi d'Imperadori date in Verona 204

Leggi Longobarde da' Rotari. 266

S. Leone fi abbocca con Attila nel Veronefe ' 2» Liberalità pia de'Veronefi 211 Libertà in che confiftefTe 47. 48. 79. 69. Intera non fempre utile. 49 Lingua Saflbnica ne i monti Veronefi 62 Lingua volgare non da' barbari ma dagl' itlio* tifmi de'Romani 316 Lingua Italiana in Valachia 3*5 Lifonzo non nominato dagli antichi 22° Livio difefo i°° Liutprando Re 291 ■ 29z Lonato fu del Veronefe vr Longobardi non ebber caratteri 325 Longobardi 260. quando fi convertiffero 260 Longobardi furono in poco numéro 3°5 Lucilio Giuftino 9° Ludo publico in Verona I2,> Lugana confufa con la Lucania l&

M

Magiftrati municipali 89. continuati i°tK> Teodorico . nl

Magiftrati ftraordinari in ufo tra* Roman» J5


,gj INDICE. 394

ftlanjm che fignifichi in lapida 317

Mantova non Cenomana 10

Marano in Friuli 278

Martirio de'SS.Fermo e Ruftico 164

MafTenzio e Coftantino in lapida 180

jvledaglia, cioè moneta, di Maflimiano battuta in Verona 147

Mcllo nome falfo 19

S. Metrone 113

Metropoli 182. confufe finora le regionarie con le Romane 183. Metropoli délie genti 193 Metropoliti Ecclefiaftici 279

Mi «lia Romane un quinto più corte délie noifre 132

Milite 164

Milizia fnggita dopo perduto 1' afletto a' Romani 224. Non profeuata più.dagl'Italiani fotto Goti. 228

Mincio 130

Minicio Macro fu Veronefe 92

Minière di ferro 206. di oro preflb Aquileia

206

Miniftn délia Vigefima aveano il monumento

in Verona 118

Miracolo racccontato da S. Gregorio 289

Monaftero di S. Maria in org. 277. da chi

fondato 348

Monaftero al Pineolo perduto 347

Monaftero ad Leones dove fofle 349

Monfelice 260

Municipio e Colonia maie intefi 85. che foflèro

foflèro

Mura di Gallieno 142. fatte come quelle d' Atene

Atene

Mura di Teodorico 233

Mutazion del governo venne da Coftantino 153

N

Naumachia di Verona è favola 39

Neccfiïtà d'un'Arte Critica Lapidaria 160

Nome d'Italia perché dato a quefta parte 170. 171. dato fingolarmente alla Venezia 172 Nomi di Gallia , e Italia 79

Nomi gentilizii non provano fangue Patrizio I

124 Nomi da Vico 131. da congerie d'alberi ivi

Note Romane chiamate Franciche 338

Numéro de'barbari venuto in Italia 304

O

Oderzo 261. 267. 291

Odoacre Re 221

Oppido che fofle 100

Origine di moite voci 313

Oftiglia 119. 136

P

Paclova 49.133.140

"alazzo di Teodorico 232. corrifponde la figura aile notizie 233

P«piro dell*anno 444. 331

Pataviefi IOo

raterno Vefc 339

1 atr'a . a tempo de' Romani ognun n* avea

Plinio ni

Politica vera mancô dopo i Romani 190.

v. Rifleifioni. Pompeo Strabone 67

Pomponio Secondo 110

Porta de'Borfari • 144

Porta fabricata in Verona da Maflimiano 147 Poflêflbri Veronefi 135

Pofteri di Probo nel Veronefe 145

Praecurrit non è l'ifteflb che praefluit 19

Prefidi non furono in Italia prima di Coftantino

Coftantino

Prefidi délia Venezia 177

Primato Romano neirEcclefiaftico 281'

Primicerio de'Veronefi 289

Primo afledio di Verona 119

Procolo Vefc. cerca il Martirio 165

Protettori délie Città, ede'Collegj 95

Provincia che fofle 47. mal' intefa da uomini

grandi 48. v. Addend.

Provincie ordinarie, e ftraordinarie. 47

Provincie Romane confufe con le geografiche.

184

Q

Quartumviri 75

Queftor di Verona 91

Queftori 115

R

Rafo il nome di Galerio 205

Re di Danimarca in Verona 6i

Recinto fecondo mal' attribuîto a var) tempi. 234. feioslimento di tal'enigma 23$

Republica Veronefe 89

Republiche antiche potenti benchè piccole, perché intereflavan tutti. 15 Refidenza fifla non ebberoi Prefidi Romani 186. né pur neir età inferiore. 188. ne dopo Coftantino 189 Reti. S Rezia fin dove eftefa 176 Rifleflioni politiche 15. 33. 35. 45. 50. 63. 69. 70. 87. 107. 109. 127. 182. 221. 228. 230. 274. 276. Riva del Veronefe 138 Ruuiche note 314

S

Sacri Romanienfi 97

Santi di Verona 342. 345

Sarmione 87

Savoia 81

Sbaglio in lapida 205

Scifma de'tre Capitoli 285

Senoni 24

Seviri Auguftali 96 Siagrio Vefeovo 254. v. Addend.

Silio Italico 36

Sirmio non fu detto Vico 99

Solazio Vefeovo 278

Sorprefa di Verona 238

Sproni da [para 315

Stefano Papa va in Francia 293

Stoni 101

Strade antiche 100 Sulpizio Severo feritto in Verona del 512. 337

C c TA-


J95 I H D I C E. ,Q6

T

Tachigrafi 3 29

Tartaro 119. 129

Teodorico 225. vince Odoacre fui Veronefe 226. dfetto Veronefe 227. ftette, efabricô inVerona 230. non feppe fcriverc 332

&Teodoro 344

Terme di Teodorico ^3°

Territorj délie Città 118

Tillemont îg4-l 66

Tolomeo difefo 22

Trento non più délia Rezia, ma délia Venezia 229 Treflino 105 Trevifo *37 Tribu délie Città Venete 71. niuna n' ebbe [

due 76

Tufculano, e Sacri Tufculani 138

V

S. Valente 225

Valerio Palladio Confolare fa trafportar unaftatua

unaftatua Campidoglio in piazza 177

Val lagarina ^ 139

Valore perduto in Italia per la fervitù 2.75

Valpenina 176

Vdifna Dea nel Veronefe. 5

Veneta fazione nel Circo 9

Veneti 6. ebbero lingua diverfa dalla Gallica 7.

tenean razze di cavalli 8. muovon guerra a*

Galli 27. quando fi deflèro a' Romani 32

Vènézia déliziofà 56. quanta comprendefle 174.

I dut in ta m alta e bail a J7

Venezia Città 240. monument© fondamentale dell'Ifloria di Venezia 242. fu libéra fin dalla fua origine 244. Sua prima imprefa 298. fua ftoria per l'ottavo fecolo 298

Verecondo Ufizial Veronefe 264

Verona. Euganea, e Retica nonCenomana.i. 6. 177. Etrufca 2. Veneta 8. non mai Gallica 33. fatta Colonia Latina 66. uguale a Milano og

Veronefî 11 difefero da' Greci 240

IVeronia famiglia donde nata J26

Verfion falfa nelle Novelle di Giuft. 201

Veruca 229

Vefcovi 206. difcendenti dagli Apoftoli 207.

da prima non eran fiffi 213. d' Aquil. Pad.

Ver. Bref. Milano. 214

Vicarj di Verona erronei 1Z1

Vicenza ng

Vicentini hanno caufe a Roma 76

Vico non fu Verona 99

Vin Retico detto a Roma panacea Veronefe nz Vin Santo 135

Vino Acinatico del Veronefe 154

Vitruvio Cerdone Architetto 121

Ulfila 325

Vobarno fu Voberna 105

Vocaboli volgari in antico 313

Urficino Lettore nella Chiefa Veronefe 337

Z

Zangrnlfo Duca di Verona 265

S. Zenone 210

IL FINE.